Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8457 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8457 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23547/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in INDIRIZZO presso lo studio indicato nella PEC, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente- nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato elettivamente presso lo studio indicato nella PEC, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRENTO n. 104/2022 depositata il 24/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 16/24 febbraio 2018 NOME COGNOME esponeva di essere proprietario di un trattore agricolo e citava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trento, NOME COGNOME, deducendo che il 18 agosto 2016, mentre il mezzo di sua proprietà si trovava in prossimità di un frutteto in località Mechel, era stato violentemente urtato da uno scavatore cingolato Caterpillar TARGA_VEICOLO di proprietà e condotto dal convenuto COGNOME. A seguito dell’impatto il trattore era stato sospinto in avanti finendo in una stradina sottostante un muro di contenimento, riportando danni quantificati in €.66.755,77.
Si costituiva COGNOME NOME rimettendosi al Giudice in merito alla valutazione sulla responsabilità del sinistro. Contestava sul quantum le richieste attoree e chiedeva la chiamata in giudizio della RAGIONE_SOCIALE, società con la quale il mezzo era assicurato.
Autorizzata la chiamata, si costituiva l’RAGIONE_SOCIALE contestando la dinamica così come dedotta, eccependo, in ogni caso, un concorso di colpa del conducente del trattore che non avrebbe spento il motore del veicolo né tirato il freno a mano.
La causa veniva istruita con una consulenza tecnica d’ufficio all’esito della quale il Tribunale, con la sentenza del 16 giugno 2021, rigettava la domanda attorea compensando le spese di lite tra attore
e convenuto i quali, in solido, venivano condannati al pagamento delle spese di lite in favore dell’RAGIONE_SOCIALE.
Secondo il Tribunale gli esiti della consulenza tecnica escludevano che il trattore fosse stato urtato dal cingolato Caterpillar, sia per la posizione del mezzo agricolo, sia per la posizione delle forche e del telaio elevatore e sia per la massa del trattore osservando, al riguardo, che tale veicolo della massa pari a Kg.3.090, fermo in sosta, a motore spento e ruote bloccate non poteva facilmente essere smosso da altro mezzo che andava in retromarcia e che aveva sostanzialmente la medesima massa.
NOME COGNOME con atto di appello impugnava la sentenza chiedendone la riforma. Si costituiva NOME COGNOME con comparsa deducendo l’inammissibilità e, comunque, infondatezza dei motivi di appello e chiedendo la conferma della sentenza.
Si costituiva anche la RAGIONE_SOCIALE eccependo anch’essa l’inammissibilità dell’appello ex artt.342 c.p.c. e, nel merito, il rigetto dello stesso.
Con sentenza del 24 giugno 2022 la Corte di Appello di Trento rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del grado che liquidava in favore del COGNOME in complessivi €. 2.500,00 ed in favore della RAGIONE_SOCIALE in complessivi €.7.000,00 oltre rimborso forfettario spese generali 15%, ed accessori di legge se dovuti.
Avverso tale statuizione propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, con atto notificato il 26.09.2022 ed articolato in quattro motivi.
Resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME per chiedere il rigetto dei motivi del ricorso, in quanto inammissibili e, comunque, infondati. I controricorrenti depositano memorie ex art. 380 bis c.p.c.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti – motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360, I c., n. 5) cod. proc. civ.’. Il ricorrente censura la statuizione con cui la Corte distrettuale che ha confermato sul punto la decisione assunta dal giudice di prime cure, rigettando la domanda di risarcimento dei danni formulata dall’attore.
Secondo il ricorrente la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare:
ì) ‘le forche del trattore che risultavano non fisse’;
ìì) ‘le condizioni di deformazione e danneggiamento del telaio elevatore collocato sul retro del trattore’;
ììì) ‘la condizione di rovina, rigatura, deterioramento e danneggiamento della lama apristrada installata sul Caterpillar del sig. NOME COGNOME‘.
Con il secondo motivo si deduce la ‘inesistenza, assenza, apparenza, contraddittorietà e/o perplessità della motivazione – motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360, I c., n. 5) cod. proc. civ.’. La corte territoriale avrebbe reso affermazioni inconciliabili e contraddittorie in relazione alla circostanza che le forche del trattore non fossero fissate e che non vi sarebbe ‘alcuna certezza in ordine al fatto che le stesse inspiegabilmente al momento dell’urto fossero state aperte’.
Il primo ed il secondo motivo del ricorso, che per ragioni di connessione logica e giuridica possono essere trattati congiuntamente poiché si fondano sul medesimo rilievo ex art. 360 n. 5 c.p.c., sono inammissibili.
La previsione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348 ter, quinto comma, cod. proc. civ., esclude che possa essere impugnata ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado”.
Pertanto, nell’ipotesi ricorrente nel caso di specie di cd “doppia conforme”, è escluso il controllo sulla ricostruzione di fatto operata dai giudici di merito, sicché il sindacato di legittimità del
provvedimento di primo grado è possibile soltanto ove la motivazione al riguardo sia affetta da vizi giuridici o manchi del tutto, oppure sia articolata su espressioni o argomenti tra loro manifestamente ed immediatamente inconciliabili, perplessi o obiettivamente incomprensibili (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 26097 del 11/12/2014, Rv. 633883).
Nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014, Rv. 630359). Nel caso di specie tale allegazione difetta del tutto.
Sotto altro profilo, la motivazione è certamente sussistente ed assolutamente congrua e logica.
Il giudice d’appello ha fondato la decisione, come aveva fatto il Tribunale, sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio la quale ha evidenziato che in considerazione della massa sostanzialmente equivalente dei due veicoli, quello del convenuto non avrebbe potuto sviluppare una spinta in avanti maggiore del proprio peso moltiplicato per il coefficiente d’attrito, pena lo slittamento dei cingoli.
Visto che i due mezzi hanno la stessa massa e lo stesso coefficiente d’attrito al suolo ha escluso l’ipotesi che il Caterpillar potesse smuovere con un’azione statica il trattore parcheggiato senza slittare a propria volta.
Ha poi escluso l’ipotesi alternativa (azione dinamica, cioè l’urto violento capace di spostare in avanti il trattore) giacché tale dinamica avrebbe dovuto procurare danni ben maggiori al retrotreno del mezzo agricolo, in particolare alle forche ed al telaio di sollevamento.
La Corte d’Appello ha condiviso le valutazioni del ctu che ‘ha chiarito che le masse dei due mezzi (trattore e caterpillar) sono simili con la conseguenza che il Caterpillar del COGNOME non poteva smuovere con una azione statica il trattore del COGNOME, a suo dire in stato di fermo, senza slittare a propria volta. In buona sostanza, nel caso in cui il sinistro si fosse verificato così come descritto dall’appellante (violento urto in retromarcia) i danni sarebbero stati certamente maggiori rispetto a quelli che si notano nella foto nr.7. È stato inoltre accertato che le cerniere non si sono deformate con l’urto e che il Caterpillar non presentava tracce di collisione’.
Si tratta, pertanto di una motivazione analitica e congruente e non censurabile in questa sede atteso che il giudice del merito ‘nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. sez. VI, 01/12/2021, n.37791).
Va pertanto esclusa l’ipotesi di anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, R1). 632914).
Con il terzo motivo si deduce la ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 106 e 115 cod. proc. civ. nonché dell’art. 2733 cod. civ. -motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360, I c., n. 3) cod. proc. civ.’.
I giudici del merito non avrebbero considerato come confessoria l’assenza di contestazione della verificazione del sinistro da parte del convenuto COGNOME e che, versandosi in ipotesi di litisconsorzio facoltativo, tale confessione avrebbe dovuto essere opponibile nei confronti del COGNOME nel rapporto tra questi e l’attore, autonomo rispetto al distinto rapporto di garanzia tra il convenuto ed il suo assicuratore, terzo chiamato in causa.
In particolare, secondo il ricorrente ‘il convenuto NOME COGNOME non ha in alcun modo contestato la ricostruzione delle circostanze siccome effettuata a mezzo dell’atto di citazione del 16.2.2018 così riconoscendola e confermandola pienamente e limitandosi solamente a censurare la quantificazione del nocumento richiesto dal danneggiato NOME COGNOME all’epoca attore ed attuale ricorrente’. Inoltre, il ricorrente richiama una denunzia a firma di NOME COGNOME e rivolta alla propria Compagnia di assicurazione del 2.9.2018 del seguente tenore: ‘il giorno 18/08/16 mentre stavo sistemando le stradine dei filari di un frutteto sito in Mechel con il mio scavatore cingolato Caterpillar, retrocedendo durante la lavorazione urtavo inavvertitamente con la lama apripista il trattore agricolo di proprietà di NOME COGNOME. Il trattore, che stazionava spento in lieve pendenza si metteva in movimento sino a debordare con la ruota anteriore dal muro sottostante, finendo poi nel ribaltarsi nella stradina a valle’.
Secondo il ricorrente tale dichiarazione integrerebbe gli estremi della confessione che, come tale, avrebbe dovuto portare ex art. 2733 c.c. alla condanna del convenuto o quanto meno l’ipotesi di non contestazione con effetti analoghi, e ciò indipendentemente dalle conseguenze nei confronti dell’assicuratore.
Il motivo è infondato.
Preliminarmente la tesi della sussistenza di una confessione è dedotta irritualmente per una pluralità di ragioni.
In primo luogo, il motivo è formulato in violazione dell’art. 366 n. 6 c.p.c. riguardo alla valenza del documento in questione.
Quando il ricorso si fonda su documenti, il ricorrente ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).
“Indicarli in modo specifico” vuol dire, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte:
(a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo;
(b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti;
(c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione
(in tal senso, ex multis, Sez. 6-3, Sentenza n. 19048 del 28/09/2016; Sez. 5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015; Sez. U, Sentenza n. 16887 del 05/07/2013; Sez. L, Sentenza n. 2966 del 07/02/2011).
Principio ribadito da ultimo dalle Sezioni Unite secondo cui sono inammissibili, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti, senza riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità (Sez. U, Sentenza n. 34469 del 27/12/2019, Rv. 656488 – 01).
Tale onere non deve essere interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può pertanto tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, insussistente laddove nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure, e sia
specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950, Rv. 664409 – 01) Di questi tre oneri, il ricorrente ha assolto solo il primo.
In secondo luogo, il motivo è inammissibile perché nella sostanza il ricorrente prospetta una interpretazione della denuncia del 2.9.18 differente rispetto a quella accolta dai giudici di merito.
Al fine di far valere una violazione ermeneutica il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione (artt. 1362 e segg. c.c.) mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).
Di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22/02/2007, n. 4178; Cass. 03/09/2010, n. 19044). Tali elementi difettano nella censura per come formulata.
In ogni caso la doglianza è infondata.
Come emerge chiaramente dal testo della denuncia di sinistro il convenuto aveva ammesso di avere urtato con l’escavatore il trattore che a seguito dell’urto si era messo autonomamente in movimento fino a cadere oltre il muro di contenimento.
Tale ricostruzione è affatto diversa rispetto a quella prospettata in citazione secondo cui ‘il trattore veniva violentemente urtato dal
retro dallo scavatore cingolato Caterpillar TARGA_VEICOLO (di proprietà del convenuto signor NOME COGNOME e dal medesimo guidato) e veniva sospinto in avanti, finendo in una adiacente stradina sottostante ad un muro di contenimento’.
L’accertamento peritale ha escluso tale ultima dinamica per quanto detto in premessa aggiungendo che ‘sia la documentazione fotografica acquisita agli atti che l’esito della consulenza tecnica hanno dimostrato che la dinamica del sinistro non è compatibile con quella dedotta dall’attore, odierno appellante, con l’atto di citazione né con la dichiarazione a firma del COGNOME‘.
La posizione processuale assunta dal COGNOME in giudizio potrebbe, al più, essere ricondotta all’ipotesi della ‘non contestazione’ ex art. 115 c.p.c.
Ma tale fattispecie non è vincolante per il giudice di merito, trovando applicazione il consolidato principio affermato da questa Corte secondo cui ‘il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., se solleva la parte dall’onere di provare il fatto non specificamente contestato dal convenuto costituito, non esclude tuttavia che il giudice, ove dalle prove comunque acquisite emerga la smentita di quel fatto o una sua diversa ricostruzione, possa pervenire ad un diverso accertamento’ (Cass. Sez. 3 n. 16028 del 07/06/2023).
Il difetto di contestazione impone al giudice di valutarlo secondo il suo prudente apprezzamento, non avendo egli un vincolo di meccanica conformazione ad esso, ma essendogli comunque consentito di rilevare l’inesistenza di circostanze allegate da una parte e non contestate dall’altra, quando questa emerga dagli atti di causa e dalle prove raccolte (Cass. n. 42035/2021).
Ed è quello che ha fatto la Corte territoriale, che ha escluso in concreto il nesso causale fra l’urto e la caduta del mezzo dal muro.
Il disposto dell’art. 115, primo comma, c.p.c., non reca una finzione di dimostrazione del fatto non specificatamente contestato, bensì si
limita a stabilire una relevatio ab onere probandi a favore della parte che lo ha allegato.
La circostanza narrata, in difetto di una specifica contestazione, dovrà essere valutata dal giudice nella formazione del suo convincimento, potendo, pur sola e indimostrata, fondare la decisione, ma potrà anche essere reputata inesistente, qualora constino agli atti prove in senso contrario.
La Corte di Appello ha valutato il materiale probatorio ed ha ritenuto che le fotografie agli atti e l’esito della CTU escludessero il nesso di causalità materiale fra l’urto e caduta del mezzo. Tali valutazioni di merito non sono censurabili in sede di legittimità perché congruamente motivate.
Con il quarto motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, I c., n. 3) cod. proc. civ. per la condanna al pagamento parziale in primo grado e totale in secondo grado delle spese sostenute dalla terza chiamata RAGIONE_SOCIALE. Il motivo è infondato poiché nel caso di chiamata in garanzia effettuata dal convenuto il rimborso delle spese sostenute dal terzo è a carico dell’attore, qualora questo risulti soccombente nei confronti del convenuto relativamente alle domande che hanno causato e necessitato la chiamata del terzo.
Opera a riguardo il principio di causalità, che disciplina l’imputazione delle spese di lite, senza che rilevi la circostanza che l’attore non abbia proposto domanda alcuna verso il terzo e quindi non vi sia tra loro un diretto rapporto processuale (Cass. sez. VI, 19/09/2022, n.27365).
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art.
1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (Cass., sez. un., 20/02/2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore di ciascun controricorrente in € 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, oltre esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte