Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14563 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14563 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25027/2023 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME domiciliato ex lege presso il domicilio indicato nella pec dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE PADOVA n. 1038/2023 depositata il 18/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con decreto ingiuntivo n. 2971 del 2019 il Giudice di pace di Padova condannava NOME COGNOME a corrispondere la somma di euro 1.498,47 in favore dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME per il mancato pagamento delle obbligazioni assunte con la sottoscrizione di un contratto di abbonamento a canali Pay TV. Il credito era composto da somme a titolo di canoni di abbonamento insoluti, un importo a titolo di penale per mancata restituzione della card associata al contratto, rimborso spese postali e interessi moratori.
Avverso tale decreto proponeva opposizione NOME COGNOME deducendo di non avere mai ricevuto dalla ditta opposta la card necessaria per usufruire dei servizi.
Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME contestando le circostanze di fatto dedotte.
Il Giudice di pace di Padova, con sentenza n. 1160 del 2021, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la opposta al pagamento delle spese di lite. Rilevava la nullità del contratto ai sensi dell’articolo 1418 c.c. per mancata indicazione del prezzo e dichiarava la vessatorietà delle clausole contrattuali relative al rinnovo tacito del contratto e la clausola penale e la misura degli interessi moratori.
Avverso tale decisione proponeva appello RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e si costituiva la controparte spiegando appello incidentale con riferimento al mancato esame del motivo di opposizione relativo alla omessa consegna della card associata al contratto.
Con sentenza del 18 maggio 2023 il Tribunale di Padova rigettava l’appello confermando la sentenza impugnata e provvedendo sulle spese di lite.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME affidandosi a quattro motivi. Resiste con controricorso NOME COGNOME Entrambe le parti depositano memorie ai sensi dell’articolo 380 bis -1 c.p.c.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c.
Il Tribunale non avrebbe preso in esame la circostanza, di fatto essenziale, secondo cui NOME COGNOME aveva saputo della esistenza della Digital Shop di NOME COGNOME solo dopo aver letto l’offerta al pubblico inserita nella rivista della programma zione televisiva satellitare a tiratura nazionale EUROSAT. Ciò in quanto il Tribunale non avrebbe colto che la ditta del ricorrente operava solo tramite vendite per corrispondenza. Pertanto, il consumatore era posto nelle condizioni di conoscere l’offerta al pubblico reclamizzata sulla rivista e quindi anche il prezzo.
In particolare, il consumatore, se interessato al prodotto, avrebbe dovuto contattare il centralino comunicando l’abbonamento prescelto, così dimostrando di conoscere le condizioni relative al prezzo. In definitiva, il Tribunale avrebbe omesso di esaminare il documento costituito dall’annuncio dei prezzi del listino e le concrete modalità di perfezionamento dei contratti di vendita per corrispondenza.
Il motivo è inammissibile perché dedotto ai sensi dell’articolo 360, n. 5 c.p.c. in presenza di una doppia conforme.
Nell’ipotesi di “doppia conforme” prevista dal quinto comma dell’art. 348 ter cod. proc. civ., il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ.,
deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse. (Sez. 2, Sentenza n. 5528 del 10/03/2014, Rv. 630359).
Nel caso di specie sebbene tra la decisione di primo e secondo grado vi sia una divergenza rispetto al contenuto del contratto il profilo della differenza in ordine ai fatti accertati e posti a sostegno delle due decisioni non è dedotto dal ricorrente al fine di rendere ammissibile il motivo fondato sull’articolo 360, n. 5 c.p.c.
Tale requisito, che difetta nel ricorso, assume valore decisivo poiché il principio di inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi nell’ipotesi di doppia conforme trova applicazione non solo nel caso di totale sovrapponibilità delle decisioni di primo e secondo grado ma anche quando ‘le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico argomentativo in relazione fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass, 9 marzo 2022, n. 7724).
Sotto altro profilo il motivo è inammissibile perché dedotto in violazione l’articolo 366, n. 6 c.p.c. in quanto parte ricorrente avrebbe dovuto trascrivere i passaggi essenziali degli atti relativi ai giudizi di merito, per dimostrare di avere prospettato tutti gli elementi menzionati nel motivo; in particolare, le modalità di conclusione del contratto, la disponibilità da parte del contraente consumatore della rivista, la consegna del documento di riferimento al fine di acquisire il dato relativo al prezzo del contratto.
Nulla di tutto ciò è presente nel primo motivo di ricorso, per cui la richiesta si traduce in una sollecitazione di una rivisitazione dei dati fattuali e degli elementi probatori del tutto inibita alla Corte di legittimità perché di esclusiva competenza del giudice di merito.
Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360, n. 4 c.p.c, la omessa pronunzia su uno dei motivi di appello e la nullità della
decisione per violazione l’articolo 112 c.p.c., 132, n. 4 c.p.c., 118 delle disposizioni di attuazione e 1341 c.c. Il Tribunale avrebbe dichiarato assorbiti gli altri motivi e anche quello relativo alla natura vessatoria di talune cause che era stata oggetto specifico di impugnazione.
Con il terzo motivo si deduce la omessa pronunzia sul motivo di appello e la nullità della sentenza per le medesime disposizioni oggetto del precedente motivo, ma con specifico riferimento alla questione relativa alla natura giuridica della penale.
Con il quarto motivo si lamenta la nullità della sentenza della omessa pronunzia sulla base delle medesime disposizioni, con specifico riferimento alla questione degli interessi moratori convenzionali.
I tre motivi vanno trattati congiuntamente perché strettamente connessi e relativi al medesimo vizio prospettato e sono inammissibili.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte il giudice, nel motivare ‘concisamente’ la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, ben potendosi limitare alla trattazione delle sole questioni, di fatto e di diritto, considerate rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata. Ne consegue che quelle residue, non trattate in modo esplicito, non devono necessariamente essere ritenute come ‘omesse’, per effetto di ‘error in procedendo ‘, ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico- giuridica con quanto concretamente ritenuto provato (Cass. Civ. ord. n. 26214/2022; Cass. Civ. ord. n. 9309/2020; Cass. Civ. ord. n. 363/2019; Cass. Civ. ord. n. 11458/2018; Cass. Civ. SSUU sentenza n. 24883/2008; Cass. Civ. n. 26242/2014 e Cass. Civ. n. 9936/2014).
In particolare ‘la figura dell’assorbimento, che esclude il vizio di omessa pronuncia, ricorre, in senso proprio, quando la decisione
sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, e, in senso improprio, quando la decisione cd. assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande’ (Cass Sez. 2, 9 ottobre 2012, n. 17219; sez. 5, 16 maggio 2012, n. 7663).
Pertanto, l’assorbimento non comporta un’omissione di pronuncia (se non in senso solo formale), in quanto, in realtà, la decisione cd. assorbente permette di ravvisare la decisione implicita anche sulle questioni cd. assorbite.
È evidente nel caso di specie che l’interesse al quale fare riferimento è quello dell’attore, interessato alla dichiarazione di nullità del contratto che costituiva il titolo esecutivo che con l’opposizione a decreto ingiuntivo si intendeva paralizzare.
Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 1.200,00, di cui euro 1.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione in data 24 gennaio 2025
Il Presidente NOME COGNOME