Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5420 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 5420 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3406-2020 proposto da:
NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente principale –
contro
MINISTERO ECONOMIA FINANZE – RAGIONERIA TERRITORIALE DELLO STATO DI FOGGIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (già RAGIONE_SOCIALE);
– intimata –
Oggetto
Sanzioni amministrative
R.G.N.3406/2020
COGNOME
Rep.
Ud.14/01/2025
CC
avverso la sentenza n. 1951/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 04/11/2019 R.G.N. 389/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
In data 14.4.2014 il Ministero dell’Economia e delle Finanze -Ragioneria Territoriale di Foggia- ingiungeva a NOME COGNOME, ex insegnante presso il Conservatorio ‘INDIRIZZO‘ di Foggia, il pagamento di euro 25.544,05 per differenze retributive, ritenute indebite, corrisposte in suo favore durante il rapporto di lavoro.
Con cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata da Equitalia in data 14.3.2015, veniva intimata la corresponsione di euro 26.737,73 relativi al recupero delle suddette somme.
Impugnati dalla Iannice entrambi i provvedimenti e riuniti i ricorsi, il Tribunale di Foggia dichiarava inammissibile l’opposizione a cartella nei confronti di Equitalia spa in quanto il credito non aveva natura tributaria e, in ogni caso, perché non era stata contestata la regolarità degli atti esecutivi; nel merito, sul presupposto che la ricorrente non aveva contestato la legittimità dei decreti su cui si fondava il recupero delle somme, dichiarava unicamente prescritti gli importi richiesti dall’1.1.2002 all’1.1.2004 ritenendo applicabile il termine decennale ordinario decorrente dal 7.4.2014, giorno in cui l’Amministrazione aveva manifestato la sua volontà di recuperare la somma.
La Corte di appello di Bari, con la sentenza n. 1951/2019, rigettava i gravami hic et inde proposti confermando la pronuncia di prime cure.
A fondamento della decisione veniva precisato che: a) andava condiviso l’assunto del Tribunale secondo cui il recupero delle somme indebitamente corrisposte trovava la sua ragione giustificatrice nei decreti n. 402/2005 e n. 730/2010 emessi dal Conservatorio da cui si evinceva, anno per anno, l’anzianità di servizio, l’inquadramento giuridico ed il trattamento economico spettante alla COGNOME; b) i
conguagli si erano verificati ai sensi dell’art. 172 della legge n. 312/1980 richiamata nella intestazione del decreto, in un contesto in cui la legittimità del recupero delle somme da parte dell’Amministrazione era, in ogni caso, un atto dovuto con preval enza dell’interesse pubblico; c) il MEF era il legittimato passivo in quanto ente che aveva erogato gli stipendi e dato luogo ai conguagli sugli stessi.
Avverso la sentenza di secondo grado NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato ad un motivo cui resisteva con controricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze Ragioneria Territoriale di Foggia, che presentava, altresì, ricorso i ncidentale sulla base di un solo motivo. L’Agenzia delle Entrate Riscossione rimaneva intimata.
La ricorrente depositava memoria.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico motivo si denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 co. 1 n. 5 cpc, per non avere la Corte territoriale valutato le obiezioni presentate da essa NOME con riferimento alla mancanza di contenuto giustificativo dell’indebito relativamente ai decreti del Conservatorio n. 402/05 e n. 730/2010.
Il motivo presenta plurimi profili di inammissibilità.
In primo luogo, va ribadito che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza
della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. n. 23940/2017, Cass. 22598/2018): nel caso de quo l’iter logico giuri dico seguito nella gravata pronuncia è chiaro e spiega le ragioni poste a base della decisione.
In secondo luogo, deve rilevarsi che le censure di omessa valutazione di un fatto decisivo incontrano il limite della cd. ‘doppia conforme’, su questioni di fatto. Invero, i n tema di ricorso di cassazione, il travisamento della prova, che presuppone la constatazione di un errore di percezione o ricezione della prova da parte del giudice di merito, ritenuto valutabile in sede di legittimità qualora dia luogo ad un vizio logico di insufficienza della motivazione, non è più deducibile a seguito della novella apportata all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 134 del 2012, che ha reso inammissibile la censura per insufficienza o contraddittorietà della motivazione, sicché “a fortiori” se ne deve escludere la denunciabilità in caso di cd. “doppia conforme”.
Da ultimo, va precisato che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, vizio di omesso esame di un fatto decisivo se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 19881/2014).
Nella fattispecie, la Corte territoriale ha esaminato le doglianze della COGNOME in merito alla dedotta genericità dei due decreti indicati sottolineando, con motivazione esente dai vizi di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, ratione temporis applicabile, e con un adeguato accertamento di fatto sui documenti, che questi contenessero il titolo legittimante il recupero delle somme.
Con il ricorso incidentale, che non è tardivo atteso che risulta notificato il 19.2.2020 (sentenza impugnata pubblicata il 4.11.2019), il controricorrente obietta l’erroneità della statuizione della Corte territoriale nella parte in cui aveva riconosciuto la legittimazione passiva di esso Ministero.
Il motivo è inammissibile per carenza di interesse atteso il rigetto delle censure di cui al ricorso principale, relative alla asserita infondatezza della pretesa creditoria del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che supera ogni altra questione.
Alla stregua di quanto esposto sia il ricorso principale che quello incidentale vanno dichiarati inammissibili.
In considerazione della reciproca soccombenza le spese del presente giudizio vanno compensate tra le parti. Nulla va disposto per la intimata che non ha svolto attività difensiva.
Non sussistono i presupposti per la invocata responsabilità della società ex art. 96 cpc, né ai sensi del comma 1, perché non risulta che la ricorrente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, né ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, per non avere abusato dello strumento processuale, in quanto non risulta che essa abbia agito in modo scorretto, senza tenere conto degli interessi confliggenti in gioco, sacrificandoli ingiustificatamente o sproporzionalmente in relazione alla utilità effettivamente conseguibile (Cass. n. 26545/2021; Cass. n. 25041/2021).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo limitatamente alla ricorrente principale. L’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non rileva, invece, per le Amministrazioni dello Stato – che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (Sez. 6 L, n. 1778 del 29/01/2016; ma anche Sez. Unite n.4315 del 20.2.2020, pag.40, § 7.5).
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e quello incidentale. Compensa tra le parti costituite le spese del presente giudizio. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 gennaio 2025