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Donazione e rinuncia eredità: possesso non è accettazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che chi riceve un bene in donazione dal defunto (de cuius) e, dopo la sua morte, rinuncia all’eredità, non può essere considerato erede per il solo fatto di possedere quel bene. Il possesso, in questo caso, deriva dal diritto di proprietà acquisito con la donazione stessa (iure proprietatis) e non da un titolo ereditario. Di conseguenza, il possesso del bene donato non costituisce un’accettazione tacita dell’eredità e non impedisce una valida rinuncia, proteggendo il donatario dai debiti del defunto.

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Pubblicato il 3 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Donazione e Rinuncia Eredità: Quando il Possesso Non Fa l’Erede

Il rapporto tra donazione e rinuncia eredità solleva spesso complessi interrogativi giuridici. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatta chiarezza su un punto cruciale: chi ha ricevuto in donazione un immobile dal defunto e continua a possederlo dopo la sua morte, può validamente rinunciare all’eredità? O tale possesso equivale a un’accettazione tacita, con la conseguenza di dover rispondere dei debiti ereditari? La Suprema Corte ha fornito una risposta netta, distinguendo chiaramente il titolo di possesso.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da due decreti ingiuntivi emessi nei confronti della figlia di un debitore defunto. Un creditore del padre chiedeva il pagamento di compensi professionali, ritenendo la figlia erede del genitore. La figlia si opponeva, sostenendo di non aver mai accettato l’eredità paterna, alla quale, anzi, aveva formalmente rinunciato.

Il creditore, a sua volta, replicava che la rinuncia non era valida. A suo dire, la figlia aveva ricevuto in donazione alcuni immobili dal padre quando questi era ancora in vita e, dopo la sua morte, aveva continuato a possederli e aveva persino compiuto atti a difesa di tale possesso. Secondo la tesi del creditore, questo comportamento configurava un’accettazione tacita dell’eredità, rendendo inefficace la successiva rinuncia e obbligandola a rispondere dei debiti paterni.

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello davano ragione alla figlia, revocando i decreti ingiuntivi. Il creditore, insoddisfatto, proponeva ricorso per Cassazione.

La questione giuridica: il rapporto tra donazione e rinuncia eredità

Il nodo centrale della controversia ruotava attorno all’interpretazione dell’art. 485 del Codice Civile. Questa norma stabilisce che il chiamato all’eredità che si trova nel possesso di beni ereditari deve fare l’inventario entro tre mesi; in caso contrario, è considerato erede puro e semplice. Il ricorrente sosteneva che, poiché la figlia era nel possesso dei beni donati dal padre, avrebbe dovuto redigere l’inventario e, non avendolo fatto, aveva tacitamente accettato l’eredità.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere se il possesso di un bene, la cui proprietà è stata acquisita per donazione e non per successione, possa integrare i presupposti per un’accettazione dell’eredità, precludendo una successiva e valida rinuncia.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito e offrendo un’analisi chiara e precisa.

Il punto fondamentale della decisione risiede nella distinzione tra il possesso esercitato iure proprietatis (in forza di un diritto di proprietà) e quello esercitato iure successionis (in qualità di erede). La Corte ha affermato che la donazione è un atto con effetti traslativi immediati: nel momento in cui viene stipulata, il donatario diventa pieno proprietario del bene. Pertanto, il possesso che egli esercita su quel bene, sia prima che dopo la morte del donante, si fonda sul suo titolo di proprietà e non sulla sua qualità di chiamato all’eredità.

I giudici hanno chiarito che i beni donati escono dal patrimonio del de cuius al momento della donazione e, di conseguenza, non fanno parte dell’asse ereditario al momento dell’apertura della successione. Essi possono rientrarvi solo in casi specifici, come a seguito di un’azione di riduzione vittoriosa da parte di altri legittimari o per collazione, ma non sono considerati ‘beni ereditari’ ai fini dell’applicazione dell’art. 485 c.c.

Di conseguenza, la norma che impone al chiamato in possesso dei beni ereditari di fare l’inventario non si applica al donatario, perché i beni di cui ha il possesso sono suoi in virtù di un titolo diverso da quello ereditario. Anche l’aver compiuto azioni possessorie a difesa del bene donato non costituisce accettazione tacita, ma rappresenta un legittimo esercizio del proprio diritto di proprietà.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza: il chiamato all’eredità che sia stato in vita donatario del defunto può validamente rinunciare all’eredità, anche se continua a possedere i beni ricevuti in donazione. Tale possesso non lo qualifica come erede e non lo obbliga a rispondere dei debiti ereditari. Questa decisione offre una tutela significativa a chi, pur avendo beneficiato della liberalità del defunto, intende legittimamente estraniarsi dalle passività che gravano sul patrimonio ereditario.

Chi riceve un bene in donazione e poi rinuncia all’eredità del donante è considerato erede?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il possesso del bene donato si fonda sul diritto di proprietà acquisito con la donazione stessa (iure proprietatis) e non su un titolo ereditario. Pertanto, tale possesso non implica un’accettazione dell’eredità e non impedisce una valida rinuncia.

L’esercizio di azioni a difesa del possesso su un bene ricevuto in donazione comporta accettazione tacita dell’eredità?
No. Secondo la sentenza, le azioni possessorie intraprese dal donatario costituiscono un esercizio del suo diritto di proprietà sul bene e non un atto che presuppone la volontà di accettare l’eredità del donante.

Il possesso di un bene donato obbliga il chiamato all’eredità a fare l’inventario secondo l’art. 485 c.c.?
No. L’art. 485 c.c. si applica esclusivamente ai ‘beni ereditari’. I beni usciti dal patrimonio del defunto per effetto di una donazione non sono considerati tali, a meno che non rientrino nell’asse ereditario a seguito di azioni come la riduzione o la collazione. Di conseguenza, il donatario non è tenuto a redigere l’inventario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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