Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15679 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15679 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
OGGETTO:
donazione di modico valore
RG. 13641/2023
C.C. 22-5-2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 13641/2023 R.G. proposto da:
COGNOME c.f. BSTPQL75P01D390F, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
ricorrente
contro
NOME COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME controricorrente
nonché contro
NOME COGNOME NOME COGNOME
intimati avverso la sentenza n. 431/2023 della Corte d’ appello di Salerno, depositata il 28-3-2023,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22-52025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.La sentenza n. 4171/2018 depositata il 29-11-2018 del Tribunale di Salerno, decidendo le cause riunite tra NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME aventi a oggetto
domande relative all’eredità di NOME COGNOME deceduto il 20 -5-2004, ha dichiarato che NOME COGNOME era erede di NOME COGNOME dei beni a lui devoluti in base al testamento del 19-3-2003, con esclusione di quelli indicati nel successivo legato dell’8 -3-2004 a favore di NOME COGNOME ha dichiarato inesistente il testamento del 17-4-2004 e ha dichiarato che NOME COGNOME e NOME COGNOME non avevano diritti ereditari; in accoglimento della relativa domanda riconvenzionale, ha dichiarato che i diciassette buoni postali in possesso di NOME COGNOME erano oggetto di donazione di NOME COGNOME in suo favore; ha rigettato tutte le altre domande e ha compensato le spese del giudizio.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto appello limitatamente alla pronuncia sulla donazione dei buoni postali e hanno proposto appello NOME COGNOME e NOME COGNOME riproponendo le loro domande rigettate dal giudice di primo grado.
Con sentenza n. 431/2023 depositata il 28-3-2023 la Corte d’appello di Salerno ha accolto l’appello di NOME COGNOME e per l’effetto ha rigettato la domanda riconvenzionale di NOME COGNOME per la nullità della donazione dei diciassette buoni postali; ha rigettato l’appello di NOME COGNOME e NOME COGNOME e ha condannato in solido NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME alla rifusione a favore di NOME COGNOME delle spese di lite di entrambi i gradi, liquidate per compensi per il primo grado in Euro 4.900,00 e per il secondo grado in Euro 4.100,00, oltre accessori.
Per quanto interessa in relazione ai motivi di ricorso per cassazione proposti , la sentenza ha accolto le deduzioni dell’appellante, il quale aveva evidenziato che la donazione non aveva avuto a oggetto buoni fruttiferi per il valore complessivo di Lire 5.000.000 emessi tra il 1990 e il 1997, come ritenuto dalla sentenza di primo grado che perciò aveva qualificato la donazione di modico valore, ma aveva avuto a oggetto
diciassette buoni postali di cui quindici da Lire 5.000.000 ciascuno e due da Euro 5.000,00 ciascuno, emessi in epoca successiva al 1997 e per un valore ammontante, al momento della presunta traditio e cioè comprensivo degli interessi maturati, a Euro 116.326,67. Ha rilevato che il valore di oltre Euro 116.000,00 non era stato contestato e non poteva essere ritenuto modico, incidendo in modo apprezzabile sul patrimonio del de cuius; ha aggiunto che le sottoscrizioni di NOME COGNOME a tergo dei buoni postali, alle quali il Tribunale aveva attribuito funzione di quietanza, erano state tutte formalmente e tempestivamente disconosciute da NOME COGNOME con la conseguenza che, in mancanza di verificazione, non potevano assumere valenza probatoria.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 22-5-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, intitolato con riferimento all’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., il ricorrente in primo luogo deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 783 cod. civ. e 115 cod. proc. civ. Dichiara che il valore dei buoni postali deve essere valutato con riguardo al periodo della consegna, che era certamente precedente al maggio 2004, e in rapporto all’intero patrimonio del de cuius; aggiunge che il valore complessivo di Euro 116.000,00 non poteva ritenersi provato sulla base di una pretesa mancata contestazione,
evidenziando che alla causa, iniziata nel 2004, si applicava l’art. 115 cod. proc. civ. nella precedente formulazione e che solo nell’atto di appello NOME COGNOME aveva indicato il valore di Euro 116.000,00; evidenzia che già in primo grado egli aveva sostenuto che la donazione era di modico valore con riferimento all’ingente patrimonio di NOME COGNOME attestato dall’inventario agli atti di causa e quindi rileva che il giudicante non poteva assurgere a prova, ex art. 115 cod. proc. civ., calcoli privi di riferimenti precisi; dichiara altresì che il valore esiguo dei buoni postali rispetto al valore dell’intera massa ereditaria era rafforzato dal fatto che NOME COGNOME era stato riconosciuto, per il resto, unico erede; aggiunge che la validità della donazione mediante consegna deve essere rapportata al valore del patrimonio del donante e che perciò non vi possano essere dubbi sull’intenzione di NOME COGNOME e sulla validità della donazione; quindi sostiene che non averne tenuto conto si risolva in omesso esame di punto decisivo della controversia.
1.1.Il motivo, anche a prescindere dai profili di inammissibilità determinati dalle modalità di formulazione, con accumulo dei vizi ex art. 360 co. 1 n.3 e n.5 cod. proc. civ. in termini tali da rendere difficoltosa la trattazione distinta, è infondato.
In primo luogo, non è ravvisabile nella sentenza impugnata violazione o falsa applicazione dell’art. 783 cod. civ., in quanto la sentenza ha richiamato il principio consolidato secondo il quale ai fini del riconoscimento del modico valore di una donazione, l’art. 783 cod. civ. non detta criteri rigidi; la disposizione individua due elementi di valutazione, quello obiettivo, correlato al valore del bene che ne è oggetto, e quello soggettivo, per il quale si tiene conto delle condizioni economiche del donante; quindi l’atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante (Cass. Sez. 2 17-2-2020 n.
3858 Rv, 657108-01, Cass. Sez. 1 30-12-1994 n. 11304 Rv. 48947001).
Non è ravvisabile nella sentenza neppure la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., perché l’affermazione secondo la quale il valore complessivo di Euro 116.000,00 dei buoni postali in ragione degli interessi maturati non era stato contestato non è stata eseguita dal giudicante sul presupposto che l’appellato avesse l’onere di contestare la quantificazione degli interessi eseguita dall’appellante, così che la mancanza contestazione rendesse il fatto pacifico e non bisognoso di prova. La prova del fatto che i buoni postali avevano maturato interessi era già acquisita, sia in considerazione della natura dei titoli -buoni fruttiferi- sia delle date di emissione, elementi già conosciuti in causa dal primo grado. A fronte di questi fatti già acquisiti, il giudicante ha soltanto recepito la quantificazione degli interessi eseguita dall’appellante, senza procedere alla diretta quantificazione; ciò, all’evidenza, sulla base della considerazione che l’importo in linea capitale dei buoni postali, con riferimento alle date di emissione, dal 1990 a 2000, in sé rendeva probante la quantificazione degli interessi eseguita dall’appellante. Infatti, lo stesso precedente di Cass. Sez. 3 20-12-2021 n. 40756 (Rv. 663578-01) richiamato dal ricorrente a sostegno delle sue deduzioni dà atto che, sulla base della formulazione dell’art. 115 cod. proc. civ. previgente, la non contestazione costituiva comunque argomento di prova ai sensi dell’art. 116 co. 2 cod. proc . civ. e i fatti potevano essere contestati per la prima volta anche in appello; invece, il ricorrente neppure nel ricorso svolge la quantificazione degli interessi maturati dall’emissione alla data della donazione al fine di dimostrare che la quantificazione degli interessi recepita dalla sentenza impugnata sia stata erronea.
Per il resto, posto che il giudizio di fatto necessario ai fini del riconoscimento del modico valore della donazione è rimesso al giudice
di merito ed è sindacabile in sede di legittimità solo ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. (Cass. 3858/2020, già citata), si rammenta che l’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. nella formulazione attuale prevede il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, e cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia; pertanto l ‘omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo quando il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, anche se la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 2 29-10-2018 n. 27415 Rv. 651028-01, Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01). Nella fattispecie, si esclude che gli argomenti svolti dal ricorrente siano idonei a fare emergere l’esistenza di un fatto storico del quale la sentenza impugnata abbia omesso l’esame ; ciò perché tutte le deduzioni svolte dal ricorrente sono nel senso che il patrimonio di NOME COGNOME, come risultante dall’inventario, fosse di rilevante entità, senza neppure indicarne uno specifico valore. Però, il dato della significativa entità del patrimonio del donante è elemento del quale la sentenza ha dimostrato di avere tenuto conto, laddove ha espressamente dichiarato (pag. 10) che, pur considerando il compendio dei beni ereditari così come emergeva dagli atti depositati, il valore di Euro 116.000,00 non poteva ritenersi modico, incidendo in modo apprezzabile sul patrimonio del de cuius. La sentenza ha eseguito questa valutazione dopo avere anche considerato che il giudice di primo grado aveva ritenuto di valore modico la donazione sulla base dell’erroneo presupposto che avesse il valore complessivo di Lire 5.000.000; quindi, a fronte del fatto che il giudice di primo grado aveva assunto un parametro talmente inferiore da quello reale e in sé
modesto, la circostanza che sentenza non abbia proceduto a una disamina più analitica del compendio ereditario al fine di giustificare il suo giudizio sul fatto che la donazione non era stata di modico valore non integra il vizio di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ .
2. Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. in relazione all’art. 770 cod. civ., il ricorrente evidenzia che nella comparsa di risposta di secondo grado NOME COGNOME aveva invitato la Corte a valutare la questione della donazione dei buoni postali anche ai sensi dell’art. 770 cod. civ.; quindi, richiama il contenuto delle dichiarazioni dei testimoni attestanti che NOME COGNOME aveva moltissimi motivi di riconoscenza nei confronti di NOME COGNOME e della sua famiglia. Sostiene perciò che il possesso dei buoni da parte di NOME COGNOME postulava una liberalità fatta per riconoscenza o comunque per i servizi resi ed evidenzia che la liberalità d’uso prevista dall’art. 770 co. 2 cod. civ. non è soggetta alla forma della donazione.
2.1.Il motivo è manifestamente infondato.
E’ già stato enunciato il principio secondo il quale l a liberalità d’uso prevista dall’art. 770 co. 2 cod. civ. non costituisce donazione in senso stretto e non è soggetta alla forma propria di questa; essa trova fondamento negli usi invalsi a seguito dell’osservanza di un certo comportamento nel tempo, di regola in occasione di festività, ricorrenze celebrative nelle quali sono comuni le elargizioni, tenuto in particolare conto dei legami esistenti tra le parti e, sotto il profilo della proporzionalità, della posizione sociale e delle condizioni economiche dell’autore dell’atto (Cass. Sez. 2 12 -6-2018 n. 15334 Rv. 649079-01, Cass. Sez. 2 19-9-2016 n. 18280 Rv. 641076-01). Quindi, la liberalità d’uso esige che ess a sia conforme al costume vigente (Cass. Sez. 2 234-1993 n. 4768 Rv. 481996-01) o comunque agli usi intesi come
costumi familiari (Cass. Sez. 2 18-6-2008 n. 16550 Rv. 604098-01), ma nulla in tal senso deduce il ricorrente.
Piuttosto, le allegazioni del ricorrente sono nel senso che l’elargizione dei buoni postali fosse avvenuta per riconoscenza nei confronti del donatario, il quale aveva prestato assistenza al donante. In questo modo, il ricorrente in sostanza fa riferimento alla donazione remuneratoria disciplinata dall’art. 770 co. 1 cod. civ., che consiste nell’attribuzione gratuita , compiuta spontaneamente e nella consapevolezza di non dovere adempiere ad alcun obbligo, per compensare i servizi resi dal donatario (Cass. Sez. 2 24-10-2022 n. 14981 Rv. 558045-01, Cass. Sez. 2 18-5-2016 n. 10262 Rv. 639822, Cass. Sez. 2 3-3-2009 n. 5119 Rv. 606796-01). Per la validità della donazione remuneratoria è necessario che sia eseguita con la forma prevista dall’art. 782 cod. civ. per la donazione (Cass. Sez. 2 18 -52016 n. 10262 Rv. 639822-01, Cass 14981/2002, già citata, Cass. Sez. 2 10-4-1999 n. 3499 Rv. 525159-01). Quindi, a fronte del dato pacifico della mancanza della forma richiesta dall’art. 782 cod. civ., la sentenza impugnata non aveva ragione di indagare se la donazione fosse remuneratoria, perché questo dato non ne avrebbe escluso la nullità per la mancanza della forma prescritta.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e n. 5 cod. proc. civ., il ricorrente deduce la violazione degli artt. 214 e 216 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata laddove ha ritenuto che non fosse stata proposta l’istanza di verificazione della sottoscrizione di NOME COGNOME apposta sul retro dei buoni postali. Evidenzia che nella stessa udienza del 16-1-2006, nella quale il difensore di NOME COGNOME aveva verbalizzato il disconoscimento della sottoscrizione, il difensore di NOME COGNOME aveva chiesto la verificazione e tale istanza aveva successivamente reiterato, sia in primo grado che in appello.
3.1.Il motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Al rigetto del primo e del secondo motivo di ricorso consegue il passaggio in giudicato della pronuncia impugnata in ordine alla nullità della donazione dei buoni postali per mancanza della forma richiesta dall’art. 782 cod. civ. Ne consegue l’irrilevanza di ogni questione relativa all’autenticità della sott oscrizione di NOME COGNOME sui buoni postali medesimi, in quanto la presenza della sottoscrizione era finalizzata a dimostrare la consegna dei buoni dal donante NOME COGNOME al donatario NOME Bastardo, in sé irrilevante al fine della validità della donazione.
4.Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co.1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 92 cod. proc. civ., che sostiene commessa dalla sentenza impugnata laddove ha condannato NOME COGNOME alla rifusione a favore di NOME COGNOME anche delle spese di lite di primo grado. Evidenzia che la sua domanda volta a ottenere l’accertamento della validità del legato in suo favore dell’abitazione e del negozio siti in Buccino era stata accolta in primo grado e la pronuncia non era stata impugnata; sostiene perciò che sia stata erronea la rideterminazione delle spese di lite di primo grado, che erano state integralmente compensate dal Tribunale, e richiama a sostegno della sua tesi Cass. 8175/2023.
4.1.Il motivo è infondato.
Il precedente di Cass. 8175/2023 richiamato dal ricorrente non è pertinente alla fattispecie, in quanto testualmente riguarda il caso in cui l’attore era stato parzialmente vittorioso in primo grado e aveva proposto appello che era stato parzialmente accolto, per cui il ricorrente lamentava che il giudice di appello avesse posto a suo carico una parte delle spese di lite di primo grado, in precedenza compensate; in tale ipotesi, è stata cassata la sentenza impugnata, in quanto la parte parzialmente vittoriosa in appello non poteva subire una nuova
regolamentazione delle spese di lite di primo grado per sé deteriore, in mancanza di impugnazione sul capo delle spese. Infatti, è acquisito che la proposizione dell’impugnazione non può comportare una reformatio in peius per chi abbia impugnato (Cass. Sez. 3 5-10-2023 n. 28136 Rv. 669125-01, Cass. Sez. 3 29-10-2019 n. 27606 Rv. 655640-01, Cass. Sez. 3 7-1-2004 n. 58 Rv. 569253-01), ma non è questa l’ipotesi che ricorre nella fattispecie. Infatti, in primo grado NOME COGNOME aveva ottenuto l’accoglimen to sia della domanda avente a oggetto la validità del legato di immobili sia la domanda avente a oggetto la validità della donazione di modico valore e sulla base di questo dato la sentenza di primo grado aveva interamente compensato le spese di lite tra l e parti. A seguito dell’accoglimento dell’appello di NOME COGNOME e della riforma della sentenza di primo grado con il rigetto della domanda di NOME COGNOME relativa alla donazione, la Corte d’appello in forza dell’art. 336 cod. proc. civ. ha nece ssariamente dovuto statuire anche sulle spese del giudizio di primo grado; tale statuizione ha eseguito ritenendo la prevalente soccombenza a carico di NOME COGNOME e perciò ponendo a suo carico, in solido con gli altri appellanti pure soccombenti, le spese di primo grado, oltre che quelle di secondo grado. La statuizione si sottrae a qualsiasi critica in questa sede in quanto, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; esula da tale sindacato, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensare le spese in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri motivi che giustifichino la compensazione (Cass. Sez. 6-3 17-10-2017 n. 24502 Rv. 646335-01, Cass. Sez. 5 31-3-2017 n. 8421 Rv. 643477-02, Cass. Sez. 5 19-62013 n. 15317 Rv. 627183-01).
5.In conclusione il ricorso è interamente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente è condannato alla rifusione a favore del controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 8.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione