LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Domicilio lavoratore: la Cassazione sceglie la residenza

Un medico ha citato in giudizio un’azienda sanitaria per questioni retributive. La Cassazione ha risolto un conflitto di competenza tra due tribunali, stabilendo che per un lavoratore parasubordinato, il foro competente si determina in base al domicilio, che si presume coincidente con la residenza anagrafica, e non con il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa. Pertanto, la competenza è del tribunale del luogo di residenza del medico.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domicilio lavoratore parasubordinato: la residenza prevale sul luogo di lavoro

Determinare il tribunale competente per una causa di lavoro non è sempre immediato, specialmente in casi di collaborazioni atipiche. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale sul concetto di domicilio del lavoratore parasubordinato, stabilendo un principio fondamentale: ai fini della competenza territoriale, è la residenza anagrafica a prevalere sul luogo fisico in cui viene svolta la prestazione lavorativa. Questa decisione impatta direttamente su tutti i professionisti con rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

Il caso: un conflitto di competenza tra tribunali

La vicenda nasce dalla richiesta di pagamento di un’indennità da parte di un medico pediatra convenzionato nei confronti dell’Azienda Sanitaria Provinciale. Il medico aveva avviato la causa presso il Tribunale del luogo in cui risiedeva. L’Azienda Sanitaria, tuttavia, ha sollevato un’eccezione di incompetenza territoriale, sostenendo che il giudice competente fosse quello del luogo in cui il medico effettivamente prestava servizio, un’altra circoscrizione giudiziaria.

Il primo Tribunale ha accolto l’eccezione, interpretando il “domicilio” del lavoratore come il centro dei suoi affari e, quindi, il luogo di lavoro. Una volta che la causa è stata trasferita, il secondo Tribunale ha dissentito da questa interpretazione, sollevando un conflitto negativo di competenza e rimettendo la questione alla Corte di Cassazione per la decisione finale.

La questione del domicilio del lavoratore parasubordinato

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 413, quarto comma, del codice di procedura civile. Questa norma stabilisce che per le controversie relative a rapporti di agenzia e altri rapporti di collaborazione (parasubordinazione), il foro competente è quello del “domicilio dell’agente”.

Il dubbio era se tale “domicilio” dovesse essere inteso in senso restrittivo, come luogo di svolgimento dell’attività professionale, o in senso più ampio, come definito dall’articolo 43 del codice civile, ovvero la sede principale degli affari e degli interessi complessivi della persona.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, accogliendo le argomentazioni del secondo tribunale e del Pubblico Ministero, ha risolto il conflitto dichiarando la competenza del Tribunale del luogo di residenza del medico.

Le motivazioni

I giudici di legittimità hanno chiarito che il rapporto tra medico convenzionato e servizio sanitario nazionale rientra nella categoria del lavoro parasubordinato. Di conseguenza, si applica la regola speciale del foro del domicilio prevista dall’art. 413 c.p.c.

La Corte ha specificato che la nozione di “domicilio” a cui la norma fa riferimento è quella unitaria prevista dall’art. 43 del codice civile. Questo concetto non si limita ai soli interessi economici e materiali, ma abbraccia l’intera sfera della persona, includendo gli aspetti affettivi, spirituali e sociali. Esiste una presunzione legale secondo cui il domicilio coincide con la residenza anagrafica.

Nel caso specifico, pur svolgendo il medico la sua attività lavorativa in un’altra città, la sua residenza, e quindi il centro presunto dei suoi interessi vitali, era altrove. In assenza di prove contrarie capaci di superare questa presunzione, la competenza territoriale deve essere radicata presso il tribunale del luogo di residenza.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio per tutti i lavoratori parasubordinati. La scelta del tribunale a cui rivolgersi non dipende da dove si trova l’ufficio o l’ambulatorio, ma da dove il professionista ha stabilito la propria residenza. Tale criterio offre maggiore certezza del diritto e tutela il lavoratore, individuando il foro competente nel luogo che rappresenta il fulcro della sua vita personale e non solo professionale. La decisione sottolinea come il domicilio sia un concetto complesso, che non può essere ridotto al solo ambito lavorativo.

Come si determina il tribunale competente per le cause di un lavoratore parasubordinato?
Per le controversie relative a rapporti di lavoro parasubordinato, il tribunale competente è quello del luogo in cui si trova il domicilio del lavoratore, come stabilito dall’art. 413, quarto comma, del codice di procedura civile.

Il “domicilio” ai fini della competenza territoriale coincide con il luogo di lavoro?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il “domicilio” non è il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa, ma la sede principale degli affari e interessi complessivi della persona (economici, personali, sociali), che si presume coincidente con la residenza anagrafica.

Quale presunzione applica la Corte riguardo al domicilio di una persona?
La Corte applica la presunzione secondo cui il domicilio di una persona coincide con la sua residenza anagrafica. Questa presunzione può essere superata solo fornendo prova che il centro principale degli interessi della persona si trovi di fatto in un luogo diverso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati