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Domicilio dell’agente: per la Cassazione fa fede la residenza

La Corte di Cassazione ha stabilito che, per le controversie di lavoro parasubordinato come quelle degli agenti di commercio, la competenza territoriale spetta al tribunale del luogo di residenza del lavoratore. Questa si presume coincidere con il domicilio, ovvero il centro principale degli affari e interessi. Nel caso specifico, nonostante l’agente operasse in tutto il Nord Italia e si recasse presso la sede aziendale, la Corte ha ritenuto che non vi fossero prove sufficienti per superare la presunzione di coincidenza tra domicilio e residenza, confermando la competenza del tribunale del luogo in cui l’agente risiedeva.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domicilio dell’agente e competenza: vince la residenza

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per le controversie di lavoro: la determinazione del domicilio dell’agente ai fini della competenza territoriale. La decisione sottolinea la forza della presunzione di coincidenza tra domicilio e residenza, anche quando l’attività lavorativa è itinerante e si estende su un’ampia area geografica. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Un agente di commercio avviava una causa contro la propria società mandante per ottenere il pagamento di provvigioni e indennità non corrisposte. L’agente aveva instaurato il giudizio presso il tribunale della circoscrizione in cui risiedeva. La società convenuta, tuttavia, eccepiva l’incompetenza territoriale di quel tribunale, sostenendo che il foro competente fosse quello della propria sede legale, dove, a suo dire, si concentrava l’attività lavorativa dell’agente.

Il primo tribunale adito accoglieva l’eccezione e trasferiva la causa al secondo tribunale. Quest’ultimo, però, non ritenendosi a sua volta competente, sollevava un regolamento di competenza d’ufficio davanti alla Corte di Cassazione per dirimere il conflitto.

Il Conflitto di Competenza tra Tribunali

Il cuore della questione era stabilire quale fosse il foro competente a decidere la controversia. Il criterio normativo, per le cause relative a rapporti di agenzia (riconducibili alla parasubordinazione), individua il giudice competente in quello “nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell’agente”.

Mentre il primo giudice aveva ritenuto che il domicilio professionale dell’agente fosse stato di fatto stabilito presso la sede aziendale, il secondo giudice riteneva che non vi fossero elementi sufficienti per discostarsi dalla presunzione generale che fa coincidere il domicilio con la residenza anagrafica.

Domicilio dell’agente: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha risolto il conflitto dando ragione al secondo giudice e dichiarando la competenza del tribunale del luogo di residenza dell’agente.

La Corte ha chiarito che il domicilio, definito dall’art. 43 del Codice Civile come il luogo in cui la persona ha stabilito il centro principale dei propri affari e interessi, è una nozione unitaria. Riguarda la generalità dei rapporti di una persona, non solo quelli economici, ma anche quelli morali, sociali e familiari. Per superare la presunzione di coincidenza tra domicilio e residenza non basta dimostrare che l’attività lavorativa si svolge altrove.

La Presunzione di Coincidenza tra Domicilio e Residenza

Secondo gli Ermellini, la scelta di un domicilio diverso dalla residenza è un’ipotesi non comune. Deve essere giustificata da un’ampiezza e un’importanza di affari tali da rendere conveniente per la persona attrezzare un centro operativo distinto dalla propria abitazione. Nel caso di specie, l’attività dell’agente, sebbene intensa e svolta su tutto il Nord Italia, non era sufficiente a dimostrare la costituzione di un domicilio professionale diverso da quello anagrafico.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che gli elementi portati dalla società non erano decisivi. Il fatto che l’agente si recasse quotidianamente presso la sede aziendale o che svolgesse un’attività itinerante per incontrare clienti non consente di “radicare in un luogo preciso, diverso dalla residenza, il centro principale degli affari e degli interessi”. Tali circostanze, infatti, descrivono semplicemente le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, ma non provano che l’agente avesse trasferito il fulcro della sua vita personale e professionale in quel luogo. La presunzione di coincidenza tra il domicilio dell’agente e la sua residenza, pertanto, non è stata superata, e la competenza territoriale è stata fissata di conseguenza.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: per individuare il giudice competente nelle cause di agenzia, il punto di partenza è sempre la residenza del lavoratore. Spetta alla parte che contesta tale foro fornire una prova rigorosa e inequivocabile del fatto che l’agente abbia volontariamente costituito il centro principale dei propri interessi in un luogo diverso. In assenza di tale prova, prevale la presunzione che lega il domicilio alla residenza, garantendo così una maggiore certezza del diritto e tutelando il lavoratore, considerato parte debole del rapporto.

Qual è il criterio per stabilire il giudice competente nelle cause di agenzia?
Il criterio è il foro del domicilio dell’agente, come previsto dall’art. 413, comma 4, del codice di procedura civile. Il domicilio è il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.

Il domicilio di un agente coincide sempre con la sua residenza?
No, non sempre, ma esiste una presunzione di fatto secondo cui i due luoghi coincidono. Per superare questa presunzione, è necessario dimostrare con elementi concreti che l’agente ha stabilito il centro principale dei suoi interessi (personali, sociali ed economici) in un luogo diverso da quello di residenza.

Svolgere un’attività lavorativa itinerante sposta il domicilio dell’agente?
No. Secondo la Corte, il fatto che un’attività lavorativa sia caratterizzata da frequenti spostamenti su un’ampia area geografica, o che l’agente si rechi presso la sede dell’azienda, non è di per sé sufficiente a dimostrare che il domicilio sia stato trasferito in un luogo diverso dalla residenza. Tali elementi descrivono le modalità della prestazione ma non spostano il centro degli interessi della persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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