Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26709 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 26709 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16400/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME
-intimati- avverso la SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 720/2018 depositata il 19/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale che ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso.
Uditi gli AVV_NOTAIOti COGNOME e COGNOME per i ricorrenti.
FATTI DI CAUSA
Si discute nella presente controversia, promossa da COGNOME NOME e da altri condomini del fabbricato in Bari, INDIRIZZO, del riconoscimento, in favore degli stessi condomini, del diritto reale di uso dell’area destinata a parcheggio in base alla licenza edilizia, già rilasciata con il vincolo di destinazione. La domanda fu promossa nei confronti di COGNOME NOME, che figurava, in base ai titoli, piena proprietaria dell’area asservita. La Corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza del tribunale della stessa città, con sentenza n. 1045 del 2008, accoglieva la domanda e dichiarava la nullità degli atti pubblici di compravendita, intercorsi fra i condomini e il costruttore, nella parte in cui riservavano al costruttore la piena proprietà dell’area asservita. Per quanto interessa in questa fase, la Corte d’appello rigettava l’eccezione, proposta dalla COGNOME, di prescrizione del diritto reale per non uso ventennale. Essa argomentava in base al carattere pubblico inderogabile e indisponibile del diritto in questione. La pronunzia
ripartiva l’area fra i condomini dello stabile, inclusa la COGNOME, sulla base delle rispettive superfici indicate nella consulenza tecnica.
Proposto ricorso per cassazione dalla COGNOME, lo stesso era accolto dalla Suprema corte con sentenza n. 17600 del 2015, la quale cassava con rinvio la decisione relativamente alla questione riguardante la prescrittibilità del diritto per non uso ventennale.
In sede di rinvio, la Corte d’appello di Bari dichiarava la prescrizione per la gran parte dei condomini, ad eccezione dei condomini COGNOME NOME e COGNOME NOME. La Corte di rinvio dichiarava inammissibile la domanda, proposta dalla COGNOME, di risarcimento del danno e, in subordine, di indebito arricchimento per l’uso esclusivo dell’area, esercitato dai condomini nel corso della lite in forza di provvedimenti assunti sull’erroneo presupposto della persistente esistenza del diritto d’uso. La Corte di rinvio giustificava la statuizione di inammissibilità in base al rilievo che la questione non fu a suo tempo proposta con il ricorso per cassazione definito con la sentenza di cassazione con rinvio.
Per la cassazione della decisione, COGNOME NOME ha proposto ricorso, sulla base di cinque motivi. COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
Il Procuratore Generale, nelle proprie conclusioni scritte, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. ─ Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 346 e dell’art. 112 c.p.c.: la sentenza d’appello, poi impugnata in cassazione, aveva accolto la domanda della controparte, rigettando l’eccezione di prescrizione e così riconoscendo il diritto di uso. Nell’ambito di tale
decisione le pretese, risarcitorie e indennitarie, della ricorrente erano rimaste assorbite e non erano, pertanto, suscettibili di ricorso per cassazione, né c’era l’onere della loro riproposizione nel giudizio di legittimità. Pertanto, a seguito della cassazione con rinvio, venuta meno la decisione in secondo grado negativa per la COGNOME, le domande restavano liberamente proponibili nel giudizio di rinvio.
Il secondo motivo denunzia il medesimo contenuto della decisione per violazione dell’art. 389 c.p.c. Trattandosi di pretese derivanti dalla cassazione della sentenza, esse erano proponibili nel giudizio di rinvio. Tali domande riguardavano, nei confronti dei condomini il cui diritto era stato dichiarato prescritto, i danni da illecita occupazione dell’intera area, compresa quella spettante alla ricorrente in quanto proprietaria di due locali e di un appartamento nello stabile; nei confronti di COGNOME e Di COGNOME, rispetto ai quali l’eccezione di prescrizione era stata rigettata, la domanda era riferita all’illecita occupazione della quota di parcheggio spettante alla ricorrente nella qualità di proprietaria delle porzioni comprese nello stabile.
Il terzo motivo ripropone la medesima censura, oggetto del primo motivo, sotto il profilo della carenza e della contraddittorietà della motivazione.
Il quarto motivo denunzia omissione di pronunzia sulla domanda di cancellazione della trascrizione della sentenza cassata.
Il quinto motivo riguarda infine la decisione sulle spese.
2. ─ Il primo motivo è fondato. Con riguardo a tale motivo, il Procuratore generale, in sintonia con i ricorrenti, osserva che la domanda riconvenzionale avente ad oggetto il pagamento del corrispettivo del diritto di uso (fatta poi oggetto di appello
incidentale) è stata esplicitamente rigettata dal giudice del gravame con la sentenza n. 1045 del 2008 oggetto del primo ricorso per cassazione. Siccome «la domanda ha formato oggetto di un’espressa statuizione di rigetto, l’attuale ricorrente avrebbe dovuto dolersene formulando un’apposita censura, mancando la quale la formazione del giudicato ne ha impedito la riproposizione nel giudizio successivo, come ritenuto dal giudice del rinvio».
Il rilievo trascura che la domanda riconvenzionale rigettata fu quella, subordinata, con la quale si chiedeva il pagamento del corrispettivo del diritto di uso, qualora ne fosse stata accertata l’esistenza. La Corte d’appello, con la sentenza cassata, ha rigettato la domanda, innanzitutto per difetto di legittimazione e ritenendola comunque infondata nel merito. Fatto è che la domanda, proposta nel giudizio di rinvio, non aveva ad oggetto il corrispettivo per l’uso del diritto per l’ipotesi che ne fosse riconosciuta l’ esistenza , ma il risarcimento del danno per l’uso medio tempore esercitato in forza dei titoli giudiziali infine travolti dalla cassazione. Insomma, mentre la domanda per il riconoscimento del corrispettivo supponeva la fondatezza della pretesa dei condomini, non operando la prescrizione, la domanda risarcitoria o di indebito supponeva al contrario la infondatezza della pretesa, una volta che fosse stato riconosciuto, come poi avvenuto, la prescrizione del diritto per non uso. Avendo la Corte d’appello, con la sentenza del 2015, rigettato l’eccezione di prescrizione, la domanda risarcitoria è rimasta logicamente assorbita nel riconoscimento del diritto. Una volta cassata la sentenza sul punto della prescrizione, la domanda era perciò proponibile nel giudizio di rinvio.
In contrasto con tale ricostruzione, la quale emergeva logicamente dalla semplice considerazione delle implicazioni fra le diverse pretese, la Corte d’appello ha ritenuto che la domanda, infine proposta nel giudizio di rinvio, fosse un ‘ evoluzione della domanda subordinata (di riconoscimento del corrispettivo) oggetto di esplicito rigetto da parte della corte d’appello. Si trattava invece , come sopra chiarito, di una domanda diversa, compresa nel novero di quelle ritenute assorbite.
Ancora nella memoria i controricorrenti insistono nel sostenere che la Corte d’appello ha rigettato le domande riconvenzionali della COGNOME, compresa quella di risarcimento del danno o, in subordine, ex art. 2041 c.c. La replica continua a non tenere conto della relazione esistente fra le varie domande. Alla domanda, intesa a conseguire i l risarcimento del danno per l’uso esercitato in difetto di titolo, deve essere piuttosto riferito il passaggio motivazionale della sentenza d’appello n. 1045 del 2008 (poi cassata), laddove la Corte d’appello precisa – pleonasticamente -che «resta assorbita ogni altra istanza, eccezione, deduzione e richiesta».
Insomma deve trovare applicazione nel caso in esame, senza riserve, il principio secondo cui «Nel giudizio di cassazione non trova applicazione il disposto dell’art. 346 c.p.c., relativo alla rinuncia alle domande ed eccezioni non accolte in primo grado; pertanto, sulle questioni esplicitamente o implicitamente dichiarate assorbite dal giudice di merito, e non riproposte in sede di legittimità all’esito di tale declaratoria, non si forma il giudicato implicito, ben potendo le suddette questioni, in caso di accoglimento del ricorso, essere riproposte e decise nell’eventuale giudizio di rinvio» (Cass. n. 14813/2023; n. 1566/2011).
L’obiezione dei controricorrenti, nella parte in cui sostengono che, ad ogni modo, nessuna pretesa risarcitoria è esperibile nei loro confronti, in quanto, limitatamente ad essi, l’eccezione di prescrizione è stata rigettata ed avendo essi usato l’area in conformità del diritto così riconosciuto, senza impedire all’attrice l’uso degli spazi a lei assegnanti, è attinente al merito della pretesa, sulla quale, appunto, dovrà statuire il giudice di rinvio. Essa, quindi, non rileva in questa sede, nella quale è stata fondatamente censurato l’error in procedendo in cui è incorsa la Corte d’appello, per avere ritenuto inammissibili domande che invece non erano tali.
─ L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo e del terzo motivo.
─ Il quarto motivo è fondato. Nel caso in esame la domanda di cancellazione non riguardava la trascrizione della domanda giudiziale, ma la sentenza d’appello poi cassata e che era stata trascritta. Non si trattava quindi di un ordine che il giudice avrebbe dovuto emettere anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 2668 c.c., con la pronuncia di rigetto della domanda (Cass. n. 2996/2016), la cui omissione potrebbe essere emendata con il procedimento di correzione di errore materiale. Il giudice di merito, infatti, fu investito di una apposita domanda, con la quale fu chiesto di ordinare la cancellazione della trascrizione della sentenza cassata e di quelle successivamente emesse, essendo risultato inesistente il diritto: su tale domanda, con la quale la parte chiese l’emissione di un provvedimento giurisdizionale in merito al diritto sostanziale dedotto in giudizio (Cass. n. 4120/2016; n. 24812/2022), la Corte di rinvio doveva pronunziare, pena la violazione dell’art. 112 c.p.c., fondatamente dedotta con il motivo in esame.
4. ─ È assorbito il quinto motivo sulle spese.
La sentenza deve essere cassata in relazione al primo e al quarto motivo, con rinvio alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione, perché decida sulle domande della COGNOME di cui sopra. La corte di rinvio dovrà provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo e il quarto motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia la causa alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Suprema Corte di cassazione, il 20/03/2025.
IL giudice estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME