Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3961 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1   Num. 3961  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24549/2021 R.G. proposto da :
NOME, elettivamente domiciliato  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente- contro
CURATELA DEL FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di NAPOLI di cui al procedimento nr.cron. 3150/2021, depositato il 28/09/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con decreto depositato il 28.7.2021 il Tribunale di Napoli Nord ha rigettato l’opposizione ex art. 98 legge fall. proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto con cui il RAGIONE_SOCIALE Delegato al Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione aveva rigettato la sua domanda di insinuazione dei crediti derivanti da due mutui ipotecari stipulati dalla RAGIONE_SOCIALE in bonis con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEno s.p.a., passati ad Intesa San RAGIONE_SOCIALE ed, infine, acquisiti dalla ricorrente in seguito ad un’operazione di cessione di crediti in blocco.
Il giudice di primo grado ha condiviso l’impostazione del G.D. in ordine alla ultratardività della domanda presentata da RAGIONE_SOCIALE in data 7 gennaio 2019 – e quindi oltre il termine di dodici mesi dall’approvazione dello stato passivo relativo alle domande tempestive, avvenuta con decreto del 5 luglio 2016 -ed al difetto di prova della non imputabilità della tardiva presentazione della domanda di insinuazione, ritenuta, preliminarmente, la ritualità e legittimità della partecipazione personale all’udienza dei curatori della fallita, ha, altresì, ritenuto assorbente l’inammissibilità della domanda di insinuazione al passivo per non avere la società creditrice fornito prova della non imputabilità alla stessa del ritardo nel deposito della stessa domanda.
Il Tribunale di Napoli Nord ha disatteso la prospettazione dell’opponente della non imputabilità del ritardo, per non essere la comunicazione  ex  art.  92  L.F.  stata  ricevuta  né  dalla  stessa,  né dalla  precedente  titolare  del  credito,  RAGIONE_SOCIALE, avendo quest’ultim a  comunque avuto conoscenza della procedura fallimentare ben prima della scadenza del termine di cui all’art. 101 1 comma L.F..
Risultava,  infatti,  che  RAGIONE_SOCIALE  aveva  proposto precedentemente domanda di insinuazione tardiva in data
19.2.2016 rigettata dal G.D. ;Intesa San RAGIONE_SOCIALE (divenuta titolare dei crediti in questione a seguito di operazione di scissione), aveva, a sua volta, proposto opposizione avverso il provvedimento del G.D., acquisendo così consapevolezza della procedura concorsuale. Il giudice di primo grado ha, inoltre, ritenuto inverosimile che l’odierna ricorrente non avesse avuto conoscenza aliunde del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, deponendo in tal senso gli elementi indiziari del carattere professionale del creditore e l’ingente misura del credito in questione.
Avverso  il  predetto  decreto  ha  proposto  ricorso  per  cassazione RAGIONE_SOCIALE  affidandolo  ad  un  unico  articolato  motivo.  Il Fallimento non ha svolto difese.
Il Consigliere delegato ha formulato proposta di definizione anticipata.
Il  ricorrente  ha  formulato  istanza  di  decisione,  ex  art.  380  bis comma 2° c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 92 e 101 u.c. L.F.., nullità del decreto impugnato per violazione dell’art. 101 comma 2° c.p.c. e dell’art. 24 Cost, violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 111 Cost, omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c.. per aver il Tribunale di Napoli Nord valutato come imputabile al ricorrente il ritardo nella presentazione dell’istanza di ammissione al passivo ‘ultratardiva’ del Fallimento della RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE del credito vantato, nonostante quanto dedotto dal ricorrente in ordine al mancato inoltro della comunicazione ex art. 92 l.f.; in particolare afferma la ricorrente che nello specifico il credito oggetto del presente contenzioso era originariamente vantato da RAGIONE_SOCIALE, a seguito di un atto di scissione parziale veniva assegnato alla Intesa San
RAGIONE_SOCIALE  e  poi,  a  seguito  di  una  operazione  di  cessione  in blocco, veniva ceduto alla società ricorrente.
2. Con proposta di definizione anticipata del 23.4.2024 il Consigliere Delegato ha così osservato: ‘ Il motivo come formulato è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n.1 c.p.c.. in quanto il ricorrente richiede una rivalutazione nel merito della vicenda, come noto inammissibile in sede di legittimità, in virtù del consolidato orientamento per il quale la valutazione in tema d’imputabilità nel ritardo nella presentazione di insinuazioni al passivo ultratardive è rimessa al sindacato del giudice di merito (Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 27590 del 02/12/2020; Sez. 1, Sentenza n. 19017 del 2017; Sez. 1, Sentenza n. 20686 del 2013; Sez. 1, Sentenza n. 23975 del 24/11/2015); sul punto si rileva, altresì, la correttezza della decisione assunta dal Tribunale di Napoli Nord in quanto il ricorrente non ha fornito prova di essersi attivato in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del procedimento (cfr., Sez. 1, Ordinanza n. 11000 del 2022; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 19679 del 01/10/2015), cosi come ribadito anche recentemente da questa Corte che ha precisato i limiti dell’onere probatorio in capo al creditore ultratardivo, il quale è tenuto a dimostrare la non imputabilità del ritardo per la presenza di un fattore estraneo alla sua volontà, insuperabile con l’ordinaria diligenza (e usualmente ricondotto alle categorie del caso fortuito e della forza maggiore) tale da integrare un’impossibilità assoluta, non già relativa, né tantomeno una mera difficoltà, che abbia inciso sulla eziologia dell’evento, anche con riferimento alla sua diligente riattivazione (intesa come “immediatezza della reazione”) al cessare della causa ostativa (Sez. 1, Ordinanza n. 6797 del 2023). Da ultimo si osserva che l’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell'”id quod plerumque accidit”, i fatti ignoti da provare, costituisce attività riservata in via esclusiva
all’apprezzamento  discrezionale  del  giudice  di  merito  (Sez.  1, Ordinanza n. 27266 del 25/09/2023; Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022)’.
 Questo  Collegio  non  può  che  confermare  e  far  proprie  le argomentazioni e le conclusioni della proposta di definizione anticipata.
Non vi  è  dubbio  che  la  ricorrente,  sotto l’apparente deduzione  di vizi di violazione di legge ed omesso esame di fatto decisivo ex art 360 comma  nr. 1 c.p.c., abbia in sostanza svolto censure inammissibili, in quanto finalizzate a sollecitare una non consentita diversa valutazione dei fatti rispetto a quella riservata al giudice di merito.
Il ricorso è, pertanto, inammissibile.
Non si liquidano le spese di lite, non essendosi la curatela costituita in giudizio
 Inoltre,  poiché  il  ricorso  è  stato  deciso  in  conformità  alla proposta  formulata  ex  art.  380  bis  cod.  proc.  civ.,  deve  essere applicato  il  quarto  comma  dell’art.  96  cod.  proc.  civ.  (il  terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., invece, non si applica in ragione della mancata costituzione in giudizio della curatela) con conseguente condanna della ricorrente al pagamento di una somma a  favore  della  cassa  delle  ammende,  nella  misura  di  cui  in dispositivo.
Come evidenziato da Cass. Sez. U 27-9-2023 n. 27433 e Cass. Sez. U 13-102023 n. 28540, l’art. 380 -bis co.3 cod. proc. civ., richiamando, per i casi di conformità tra proposta e decisione finale, l’art. 96 co. 4 cod. proc. civ., codifica, attraverso una valutazione legale tipica compiuta dal legislatore, un’ipotesi di abuso del processo, giacché non attenersi alla delibazione del proponente che trovi conferma nella decisione finale lascia presumere una responsabilità aggravata. Peraltro, se è pur vero che di una siffatta ipotesi di abuso, già immanente nel sistema
processuale, va esclusa una interpretazione che conduca ad automatismi non in linea con una lettura costituzionalmente compatibile del nuovo istituto, sicché l’applicazione in concreto delle predette sanzioni deve rimanere affidata alla valutazione delle caratteristiche del caso di specie (Sez.Un. n.36069 del 27.12.2023), nondimeno nell’ipotesi in esame non si rinviene alcuna ragione per discostarsi dalla suddetta previsione legale: è evidente la complessiva piena «tenuta» del sintetico provvedimento di proposta di definizione anticipata rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente  ex  art.  96  co.  4  cod.  proc.  al  pagamento della somma di € 2.500,00 a favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della  sussistenza  dei  presupposti  per  il  versamento  da  parte  del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 14.1.2025