Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20564 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20564 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23693/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
MENNUNI NOME, MENNUNI NOME, domiciliazione telematica , dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
nonché contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO POTENZA n. 378/2021 depositata il 07/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, corredati da memoria, avverso la sentenza n. 378 del 2021 della Corte d ‘A ppello di Potenza, esponendo, per quanto ancora d’interesse , che:
-gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME lo avevano convenuto, insieme agli eredi di NOME COGNOME, allegando di avere un credito per competenze professionali nei confronti di quest’ultimo, che aveva alienato gran parte del suo patrimonio immobiliare in particolare al deducente, già detentore di alcuni cespiti in qualità di affittuario, incidendo la garanzia patrimoniale generica e legittimando, così, l’azione pauliana;
-si erano costituiti i germani COGNOME deducendo di aver rinunciato all’eredità, indicando unica erede NOME COGNOME, rimasta contumace, e chiedendo di revocare anche nei loro confronti le disposizioni patrimoniali specificate, affermandosi creditori a vario titolo del defunto;
-il Tribunale aveva accolto la domanda degli originari attori e anche quella, ritenuta tale, dei COGNOME, con pronuncia solo parzialmente riformata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare: premesso che COGNOME era l’unica erede, quale sola chiamata per testamento, nel merito era stato documentato che gli originari attori erano stati integralmente soddisfatti ‘medio tempore’ all’esito di un procedimento di esecuzione forzata, e per questo avevano concluso già in prime cure chiedendo di dichiarare fondata la domanda senza però pronunciare l’inefficacia relativa annessa, sicché per un verso avrebbe dovuto essere dichiarata la loro carenza d’interesse, e per altro verso il Tribunale aveva errato per ultrapetizione; non avendo gli stessi istanti chiarito al primo giudice le ragioni delle conclusioni come precisate, non avevano permesso di valutare la correlata soccombenza virtuale ai fini della regolazione delle spese di lite, con la conseguenza che le stesse potevano compensarsi per il doppio grado, stante la conseguente necessità di accoglimento del gravame; la domanda espressa nelle forme dell’intervento autonomo, da parte dei COGNOME, era per converso fondata attesi i rapporti personali risultati dall’istruttoria tra venditore e acquirente, dai quali evincere logicamente la consapevolezza in capo al secondo dei fini del primo, il tempo di rogito dell’atto avvenuto in ospedale tre giorni dopo la sentenza che aveva dato origine ai crediti oggetto di tutela pauliana, e la maggiore difficoltà di recupero di quelli determinata dalla dismissione immobiliare;
resistono con controricorso solo NOME COGNOME, anche quale erede di NOME COGNOME, e NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 167, 292, 343, cod. proc. civ., poiché la corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che i COGNOME non avevano in realtà proposto compiutamente una domanda di revocatoria, e, comunque, seppure si fosse interpretata la loro comparsa di costituzione in primo grado in tale modo, gli stessi erano decaduti avendo depositato l’atto in questione il 7 gennaio 2004 laddove la prima udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione era per il 3 dicembre 2003, fermo restando, in ogni caso, che tale pretesa domanda non era stata notificata come necessario alla parte contumace sig. NOME COGNOME;
il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato;
va premesso che la rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, sicché quando il predetto giudice abbia svolto una specifica motivazione ricostruttiva sul punto, dimostrando come la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione, l’errore può attenere solo al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass., 22/09/2023, n. 27181; conf., in ‘parte qua’, già Cass., 22/05/2023, n. 13920; cfr., in punto di applicabilità dei criteri di ermeneutica negoziale, Cass., 26/05/2021, n. 14432, pag. 9);
al riguardo la c orte territoriale ha motivato, all’evidenza del tutto logicamente, constatando che i soggetti ritenuti a tale titolo interventori autonomi, avevano espressamente concluso perché «il Tribunale volesse ‘revocare detto atto dispositivo e comunque dichiararne l’inefficacia anche nei confronti degli attuali concludenti’»;
ciò posto, questa Corte ha recentemente chiarito che il convenuto che intenda formulare una domanda nei confronti di altro convenuto -cosiddetta domanda trasversale -non ha l’onere
di chiedere il differimento dell’udienza previsto dall’art. 269 cod. proc. civ., per la diversa chiamata in causa di terzo, ma è sufficiente, e al contempo necessario, che formuli la suddetta domanda nei termini e con le forme stabilite per l ‘omologa domanda riconvenzionale dall’art. 167, secondo comma, cod. proc. civ. (Cass., 23/03/2022, n. 9441);
al contempo è stato rimarcato che «lo spostamento del termine per la costituzione del convenuto, con le connesse decadenze di cui all’art. 167 cod. proc. civ., ha luogo, secondo il regime conseguente all’introduzione della facoltà dell’istruttore di differire l’udienza di prima comparizione ai sensi dell’art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ., esclusivamente nel caso previsto da tale ultima disposizione e non nell’ipotesi di cui al quarto comma del medesimo art. 168-bis cod. proc. civ., cioè nel caso di differimento dell’udienza perché il giudice istruttore in quella data non tiene udienza: il legislatore (modificando l’iniziale previsione introdotta con la legge n. 353 del 1990, anche a séguito di una serie di perplessità sollevate dagli operatori e in dottrina) ha ritenuto inutile costringere il convenuto a costituirsi in una data che potrebbe essere anche molto anteriore a quella in cui si terrà effettivamente l’udienza di prima comparizione, avendo riservato al giudice istruttore la facoltà d ‘ indicarne una diversa da quella fissata dall’attore, allo scopo di consentire una più efficiente organizzazione dei ruoli di udienza e per rispondere all’esigenza fondamentale di porre il giudice in condizione di conoscere l’effettivo ‘ thema decidendum ‘ fin dal momento iniziale della trattazione della causa (cfr. in tal senso, Corte Cost., Ordinanze n. 461 del 1997, n. 164 del 1998, n. 134 del 2009 e n. 174 del 2013, con le quali sono state ripetutamente disattese le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione all’art. 166 cod. proc. civ., nella parte in cui prevede che il convenuto debba costituirsi almeno venti giorni prima dell’udienza di comparizione
fissata nell’atto di citazione anche nell’ipotesi di differimento della udienza stessa ai sensi dell’art. 168 bis, quarto comma, cod. proc. civ., anziché almeno venti giorni prima della celebrazione effettiva dell’udienza)» (Cass., 03/02/2020, n. 2394, in cui si precisa che se, però, il decreto avviene oltre il termine ordinario previsto di cinque giorni, questo non può significare una rimessione in termini della parte convenuta ‘ praeter ‘ e anzi ‘ contra legem ‘);
ciò detto, parte ricorrente non chiarisce se l’udienza era stata differita, ai sensi dell’art. 168 -bis, quinto comma, cod. proc. civ., e quando, con conseguente aspecificità della censura;
al contempo, la stessa parte istante non dimostra se e in quali termini specifici fosse stata resa oggetto di motivo di appello la pretesa violazione di tale decadenza, nulla potendo evincersi dalla generica sintesi di quell’atto riportata a pag. 22 del ricorso, con conseguente violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., ‘ratione temporis’ applicabile (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469);
la rilevabilità d’ufficio della decadenza, infatti, è tale ma viene superata dal giudicato interno, posto che il Tribunale, accogliendo nel merito la domanda, aveva implicitamente ma univocamente statuito la sua scrutinabilità ovvero aveva necessariamente escluso una preclusione sul punto (arg. ex Cass., Sez. U., 12/05/2017, n. 11799, punto 9.3.3.1; v. infatti già Cass., 02/03/2007, n. 4901, e succ. conf.);
logicamente, la mancata notifica della domanda trasversale alla convenuta contumace è deduzione inammissibile perché, rispetto al ricorrente, non sorretta dall’interesse tutelato dalla norma in relazione al soggetto non costituito (art. 292, cod. proc. civ.);
con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 96, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato compensando le spese tra deducente e
originari attori nonostante avesse constatato la malafede processuale con cui i secondi avevano taciuto di essere stati completamente soddisfatti in sede di distinto processo di espropriazione forzata, con conseguente carenza d’interesse e corrispondente vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado;
il motivo è infondato;
la corte d ‘ appello ha compensato le spese in ragione della mancata chiarezza degli originari attori in sede di precisazione delle conclusioni davanti al Tribunale, avendo omesso di specificare che il loro credito era stato nelle more già compiutamente soddisfatto, con conseguente necessità di riformare la decisione di prime cure, ma tenendo conto, evidentemente, della soccombenza virtuale dell’odierno ricorrente, in tale chiaro senso dovendosi intendere la menzione di quella (a pag. 16, rigo 19, del ricorso), che diversamente avrebbe condotto alla condanna alle spese a carico del convenuto;
non deve disporsi sulle spese attesa la nullità della notifica del controricorso, secondo quanto eccepito nella memoria di parte ricorrente;
infatti, tale atto risulta notificato a mezzo posta, senza avvalersi della domiciliazione telematica, all’indirizzo di elezione di domicilio fisica, presso uno studio legale, ma con notificazione nulla, risultando una relata con la contestuale indicazione di consegna a ‘destinatario’, ‘persona addetta alla casa’, ‘portiere dello stabile’, e dunque con assoluta incertezza sul ricevente, e senza che altro risulti dalla sola indicazione di spedizione della raccomandata informativa di conseguenza prevista dall’art. 7, comma 3, della legge n. 890 del 1982;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 11/04/2024.