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Domanda trasversale: come agire contro un co-convenuto

La Corte di Cassazione interviene sul tema della domanda trasversale tra convenuti. In un caso di vizi acustici di un immobile, la venditrice citava in garanzia altri convenuti (progettisti e costruttori). Le corti di merito ritenevano tardiva la domanda perché non era stato chiesto il differimento dell’udienza. La Cassazione cassa la decisione, stabilendo che per la domanda trasversale non si applicano le formalità previste per la chiamata di un terzo estraneo al giudizio, semplificando così l’azione processuale.

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Domanda Trasversale: La Cassazione Semplifica l’Azione tra Co-convenuti

Quando ci si trova coinvolti in una causa legale con più parti, le dinamiche processuali possono diventare complesse. Una situazione comune è quella in cui un convenuto ritiene che la responsabilità per cui è stato citato in giudizio sia, in realtà, da attribuire a un altro dei convenuti. In questi casi, si parla di domanda trasversale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sulle modalità con cui questa domanda può essere proposta, all’insegna della semplificazione e dell’economia processuale. Il caso, nato da una controversia su vizi acustici di un immobile, offre spunti preziosi per comprendere questo strumento.

I Fatti del Caso: Vizi Acustici e una Catena di Responsabilità

La vicenda ha inizio quando due acquirenti citano in giudizio la venditrice di un immobile, la società costruttrice e i professionisti (progettisti e direttori dei lavori) a causa di gravi difetti di isolamento acustico che compromettono la quiete domestica. La venditrice, che a sua volta aveva acquistato l’immobile da una società terza e non vi aveva mai abitato, si difende sostenendo di non essere a conoscenza dei vizi e chiama in causa la sua venditrice per essere tenuta indenne. Inoltre, formula una domanda di manleva anche nei confronti degli altri convenuti (costruttore e professionisti), ritenendoli i veri responsabili.

Il Percorso Giudiziario e i Dubbi della Corte d’Appello

Il Tribunale di primo grado condanna la venditrice a risarcire gli acquirenti, ma rigetta le sue domande di garanzia verso gli altri convenuti. La Corte d’Appello conferma sostanzialmente la decisione, ritenendo tardiva la domanda della venditrice verso gli altri convenuti. Secondo i giudici di merito, poiché la venditrice non aveva chiesto il differimento della prima udienza per consentire la citazione degli altri convenuti sulla sua domanda, era decaduta da tale facoltà. Questa interpretazione equiparava, di fatto, la domanda trasversale alla chiamata in causa di un terzo estraneo al processo, per la quale l’art. 269 c.p.c. prevede specifiche formalità e termini.

La Domanda Trasversale al Centro della Decisione della Cassazione

Insoddisfatta della decisione, la venditrice ricorre in Cassazione. Il fulcro del suo ricorso si basa su due punti principali: la carenza di motivazione riguardo alla sua presunta colpa nella conoscenza dei vizi e, soprattutto, l’errata applicazione delle norme procedurali sulla domanda trasversale. La ricorrente sostiene che, essendo le altre parti già presenti nel giudizio in qualità di convenuti, non era necessario seguire le complesse procedure previste per la chiamata di un terzo, come il differimento dell’udienza. La sua domanda era stata formulata nei termini di legge, all’interno della comparsa di costituzione e risposta.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione accoglie i motivi di ricorso, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. I giudici supremi chiariscono un principio di diritto cruciale: la domanda formulata da un convenuto nei confronti di un altro convenuto nello stesso processo non è soggetta agli stessi oneri formali della chiamata in causa di un terzo. Il fondamento di questa distinzione risiede nel principio del contraddittorio e dell’economia processuale. Poiché il co-convenuto è già parte del processo, non è necessario notificargli una nuova citazione con le relative formalità; è sufficiente che la domanda sia formulata nei termini per la costituzione in giudizio. La Corte afferma che imporre il differimento dell’udienza, come richiesto dall’art. 269 c.p.c. per i terzi, costituirebbe un “inutile allungamento dei tempi processuali”. La motivazione della Corte d’Appello, che si era limitata a confermare la decisione di primo grado senza un’analisi critica e aderendo a un orientamento giurisprudenziale minoritario, è stata giudicata “apparente” e quindi nulla.

Le Conclusioni: Principi di Diritto e Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce che un convenuto può agire contro un altro co-convenuto in modo più snello e diretto, senza dover richiedere il differimento dell’udienza. Questo principio, basato sulla ragionevole durata del processo e sulla semplificazione delle forme, garantisce comunque il diritto di difesa della controparte, che è già costituita in giudizio. La sentenza, inoltre, ribadisce la nullità delle decisioni la cui motivazione è meramente apparente, ovvero non consente di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito dal giudice. Per la venditrice, questo significa che la sua domanda di garanzia dovrà essere riesaminata nel merito dalla Corte d’Appello, che dovrà attenersi ai principi enunciati dalla Cassazione.

Quando un convenuto vuole agire contro un altro convenuto nello stesso processo (domanda trasversale), deve chiedere il rinvio dell’udienza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la domanda proposta da un convenuto contro un altro co-convenuto non richiede le forme previste per la chiamata in causa di un terzo, come il differimento dell’udienza ai sensi dell’art. 269 c.p.c. È sufficiente formulare la domanda nei termini e con le forme stabilite per la domanda riconvenzionale (art. 167, comma 2, c.p.c.).

Che cos’è una ‘motivazione apparente’ e quali sono le sue conseguenze?
Una ‘motivazione apparente’ si ha quando la sentenza contiene delle argomentazioni che, pur esistendo formalmente, sono talmente generiche, contraddittorie o illogiche da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice. Tale vizio equivale a un’assenza di motivazione e comporta la nullità della sentenza, come avvenuto nel caso di specie.

In caso di vizi di un immobile, il venditore che non era a conoscenza dei difetti è sempre responsabile per il risarcimento dei danni?
L’art. 1494 c.c. prevede che il venditore debba risarcire i danni, salvo che provi di aver ignorato senza colpa i vizi della cosa. La Corte di Cassazione, nel cassare la sentenza, ha sottolineato che la Corte d’Appello non aveva adeguatamente motivato le ragioni per cui l’ignoranza della venditrice riguardo ai vizi di insonorizzazione fosse da considerarsi ‘colpevole’, lasciando la questione aperta per il giudizio di rinvio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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