Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20086 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20086 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18448/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrenti – nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME
– intimati –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 3016/2018 depositata il 06/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio NOME COGNOME (in qualità di venditrice), la società RAGIONE_SOCIALE (in qualità di appaltatrice), NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (In qualità di progettisti e direttori lavori), per sentirli condannare, in solido tra loro, al risarcimento di tutti i danni subiti a causa dei difetti acustici presenti nell ‘ immobile.
Gli attori rappresentavano di aver acquistato da NOME COGNOME una porzione di fabbricato urbano con relativa corte
esclusiva e di aver rilevato vizi tali da compromettere la tranquillità e quiete domestica. In particolare, secondo gli attori, l ‘ immobile era stato realizzato senza i necessari accorgimenti atti ad eliminare la propagazione di rumori e vibrazioni, in violazione delle normative specifiche all’epoca vigenti.
Si costituiva in giudizio la COGNOME eccependo, in via preliminare, il proprio difetto di legittimazione passiva (non avendo partecipato in alcun modo all’edificazione della costruzione), nonché deducendo la decadenza e prescrizione dell’altrui pretesa. Nel merito, la convenuta rappresentava di non aver mai abitato l’immobile e di non avervi eseguito alcuna modifica e chiedeva, ed otteneva, a garanzia e manleva, la chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE, sua venditrice.
La convenuta formulava anche domanda riconvenzionale di garanzia e manleva nei confronti degli altri convenuti.
Si costituiva la società RAGIONE_SOCIALE eccependo decadenza e prescrizione dell’altrui pretesa e, nel merito, contestando qualsiasi responsabilità; in via subordinata, chiedeva che gli altri convenuti fossero condannati a manlevarla e tenerla indenne da ogni conseguenza pregiudizievole; in via ulteriormente subordinata, la società chiedeva che la quantificazione del danno fosse ridotta a quello prevedibile ex art. 1223 c.c., esclusa ogni riduzione del prezzo dei beni.
Si costituivano anche i tre professionisti chiedendo e ottenendo, in via preliminare, la chiamata in causa in manleva delle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ed eccependo la prescrizione dell’azione. Nel merito affermavano la non gravità dei vizi lamentati (con conseguente insussistenza di responsabilità ex art. 1669 c.c.), la
non applicabilità del decreto attuativo del 1997 ai rapporti tra privati, l’ estraneità del loro operato al profilo acustico e la speciale difficoltà ex art. 2236 c.c. della prestazione eseguita.
La compagnia assicurativa dei tre professionisti sostanzialmente effettuava le medesime contestazioni versate in atti dai propri assicurati.
Si costituiva, infine, COGNOME contestando, in via principale la sussistenza di responsabilità ex art 1669 c.c. e, in via subordinata, eccependo, tra l’altro, decadenza e prescrizione della pretesa della COGNOME.
Il Tribunale dichiarava l’esistenza dei vizi denunciati, consistenti in un carente isolamento acustico dell’immobile; quindi, dichiarava la COGNOME inadempiente alle sue obbligazioni di venditrice e la condannava a pagare agli attor i la somma di € . 14.620,00. Dichiarava prescritta l’azione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e la decadenza della convenuta dalle domande proposte nei confronti dei progettisti; ugualmente rigettava la domanda dei COGNOME con riferimento alle posizioni dei convenuti COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
Si costituivano con separati atti le seguenti parti: NOME e NOME COGNOME; La compagnia RAGIONE_SOCIALE; RAGIONE_SOCIALE; tutte chiedevano l’inammissibilità o il rigetto del gravame.
Le altre parti restavano contumaci.
La Corte d’Appello di Bologna accoglieva l’appello solo nella parte relativa al riconoscimento del danno per lucro cessante e lo rigettava nel resto.
11. In particolare, la C orte d’ Appello evidenziava che la condanna dell’appellante si fondava sull’articolo 1494 c.c. e il richiamo all’articolo 1492 c.c. era dovuto a un refuso della sentenza.
Doveva ritenersi fondato, invece, il motivo relativo al vizio di ultra-petizione della condanna al risarcimento di una somma a titolo di lucro cessante, somma individuata nella corresponsione degli interessi su quanto riconosciuto a titolo di risarcimento e non dovuti trattandosi di debito di valore.
Quanto alla tardività della domanda di manleva svolta dall’appellante nei confronti degli altri convenuti per non aver chiesto il differimento dell’udienza al fine di permettere la citazione del terzo, la Corte d’Appello, richiamati gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità non univoci, evidenziava che il Tribunale aveva correttamente sintetizzato il principio espresso dalla Suprema Corte, evidenziando che i destinatari di una domanda diversa da quella principale (come nel caso di specie) dovevano essere evocati in giudizio in quanto già parti, ma unicamente perché citati dall’attore e quindi, soltanto con riferimento alla diversa domanda proposta dall’attore medesimo.
Il giudice del gravame, poi, rigettava il motivo di appello relativo alla domanda di garanzia e manleva nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE evidenziando che il Tribunale aveva escluso che la limitata entità del divario tra l’entità dei parametri rilevati e quelli normativamente imposti potesse comportare gravi difetti di cui all’articolo 1669 c.c. . Di conseguenza, non potendosi interpretare la volontà delle parti espressa nella clausola riportata a pagina 23 dell’atto di appello diversamente da l dato letterale, il Tribunale
aveva ritenuto decaduta l ‘ appellante dalla domanda avanzata nei confronti della terza chiamata avendo appreso dell’esistenza dei vizi dalla comunicazione ricevuta dagli attori nel giugno 2008 ed avendo reso edotto dei difetti la propria venditrice solo nel 2010 con la notifica della chiamata in causa quando era ampiamente trascorso il breve termine di otto giorni previsto dalla legge.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso e con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha insistito nella richiesta di accoglimento.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
NOME ha resistito con controricorso
COGNOME NOME, COGNOME NOME hanno resistito con controricorso e, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, hanno insistito nelle rispettive richieste
Le altre parti sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia dei motivi di appello in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.
Secondo la ricorrente la C orte d’ Appello non avrebbe esaminato integralmente le doglianze sollevate con il primo motivo di appello, essendosi limitata ad esaminare soltanto la doglianza relativa al vizio di ultra-petizione e non anche l’erronea applicazione alla fattispecie dell’articolo 1494 c.c.
Nel ricorso viene riportato il motivo di appello evidenziando che si era lamentata l’erroneità della sentenza di primo grado per
aver considerato applicabile l’articolo 1494 c.c. senza tener conto che l ‘ appellante ignorava senza colpa i vizi della cosa. Risultava provato, infatti, che la consapevolezza dell’esistenza de i vizi richiedeva un accertamento tecnico volto a riscontrare che la normativa dettata in materia non fosse stata rispettata e risultava provato che la COGNOME aveva acquistato l’immobile nel 2005 e lo aveva rivenduto senza averlo mai abitato.
La prova liberatoria richiesta dal l’art. 1494 c.c. era stata in pratica fornita dalla consulenza tecnica che aveva evidenziato che i problemi di insonorizzazione erano causati da alcuni vizi di posa e dunque erano da ritenersi occulti. Rispetto a tale deduzione non vi era alcuna risposta da parte della C orte d’appello.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’articolo 132, comma 2, n. 4, c.p.c. per omessa e carente motivazione delle ragioni di fatto e diritto della decisione.
La censura è ripetitiva della precedente sotto il profilo del vizio di assenza di motivazione. La C orte d’ Appello avrebbe omesso di esporre i motivi in fatto e in diritto della decisione e di chiarire su quali fatti e sulla base di quali argomentazioni ha raggiunto il proprio convincimento secondo cui il giudice di primo grado aveva condannato la COGNOME ex articolo 1494 c.c. e non ex articolo 1491 e 1492 c.c..
A fronte delle deduzioni circa la corretta qualificazione della domanda risarcitoria la Corte non avrebbe offerto alcuna argomentazione per evidenziare le ragioni del rigetto.
Allo stesso modo, mancherebbe del tutto la motivazione in ordine all’erronea statuizione da parte del giudice di primo grado
sulla decadenza dalla domanda di garanzia in manleva effettuata nei confronti degli altri convenuti. In relazione a tale ultimo aspetto la C orte d’ Appello avrebbe solo riportato i due diversi orientamenti della giurisprudenza di legittimità senza fornire alcuna motivazione sulle ragioni per le quali doveva confermarsi sul punto la sentenza del Tribunale.
Infine, mancherebbe del tutto la motivazione con riferimento al terzo motivo di appello, con il quale era stato censurato il capo in cui il Tribunale aveva dichiarato decaduta l’appellante e comunque prescritta la sua azione promossa nei confronti della terza chiamata in causa MB.
L’aver escluso la responsabilità della chiamata perché non vi erano gravi difetti di cui all’articolo 1669 c.c. costituirebbe una motivazione del tutto contraddittoria ed illogica e non pertinente rispetto alle ragioni su cui si fondava il motivo di appello. Infatti, la ricorrente aveva prospettato una garanzia convenzionale svincolata dei termini di prescrizione e decadenza di cui all ‘articolo 1495 c.c. , derivando dal contratto.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 269 c.p.c.).
La censura attiene alla ritenuta tardività della domanda di manleva nei confronti degli altri convenuti per non aver chiesto il differimento di udienza ex articolo 269 c.p.c.
La ricorrente richiama la giurisprudenza prevalente che ritiene non necessario richiedere lo spostamento dell’udienza e non occorre neanche procedere alla citazione del soggetto passivo della nuova domanda salvo che non risulti contumace. La domanda trasversale trovava fondamento nel rapporto giuridico dedotto degli
attori, si fondava sul medesimo titolo e non trovava pertanto applicazione l’articolo 269 c.p.c. essendo comunque rispettato il principio del contraddittorio e del diritto di difesa.
3.1 I primi tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati e il loro accoglimento determina l’assorbimento dei restanti.
La motivazione della Corte d’Appello è apparente in quanto del tutto carente e tale da non rendere comprensibili le ragioni del rigetto dei motivi di appello della ricorrente sia in ordine all’art. 1494 c.c. che alla inammissibilità della chiamata in manleva.
La Corte d’Appello non ha dato alcuna risposta al motivo di appello con il quale la ricorrente aveva evidenziato la assoluta mancanza di colpa da parte sua, in quanto non poteva essere a conoscenza del vizio del bene venduto, emerso solo a seguito di un accertamento tecnico complesso.
Rispetto a tale doglianza la sentenza della Corte d’appello non ha offerto alcuna risposta ed anzi è del tutto contraddittoria. Infatti si legge a pag. 5 della sentenza che il richiamo della sentenza di primo grado all’art. 1492 c.c. risulta essere semplicemente un refuso e che ciò è perfettamente in linea con le argomentazioni della COGNOME che a pagina 13 dell’atto di appello scrive: « Ciò detto risulta essere assolutamente pacifico come la volontà della controparte fosse unicamente quella di ottenere la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per equivalente, ovvero alla corresponsione della somma necessaria per eliminare i vizi di insonorizzazione ».
La Corte d’Appello, dunque, ha escluso che il giudice di primo grado abbia applicato l’art. 1492 c.c. e contestualmente ha
affermato che ciò è in linea con le affermazioni della ricorrente che sosteneva la medesima tesi e per ciò solo, tuttavia, ha rigettato il motivo di appello della COGNOME.
Risulta evidente che una tale motivazione non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico -giuridico alla base del decisum . Infatti, non risultano percepibili quale siano le ragioni del rigetto del motivo di appello proposto dalla COGNOME, in quanto le argomentazioni offerte sono obiettivamente inidonee a far comprendere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, pertanto, non consentono alcun controllo sull’esattezza, logicità e congruenza del ragionamento inferenziale del giudice (in tal senso tra molte: Cass. n. 4891 del 2000; n. 1756 e n. 24985 del 2006; n. 11880 del 2007; n. 161, n. 871 e n. 20112 del 2009; n. 4488 del 2014; sezioni unite n. 8053 e n. 19881 del 2014).
In proposito, è utile il richiamo alla giurisprudenza di legittimità che ha affermato i seguenti principi consolidati che dovranno guidare il giudice del rinvio: In tema di vendita, l’azione per la riduzione del prezzo e quella per il risarcimento del danno, non coperto dalla prima, spettanti al compratore a norma degli artt.1492 e 1494 cod. civ., sono entrambe finalizzate a ristabilire il rapporto di corrispettività tra prestazione e controprestazione, nonché a porre il compratore medesimo nella situazione economica in cui si sarebbe trovato se il bene fosse stato immune da vizi. Esse, tuttavia, sono diverse perché la prima consente al compratore di ristabilire il rapporto di corrispettività tra prestazione e controprestazione, solo con riguardo al minor valore della cosa
venduta, mentre la seconda gli dà la possibilità di ristabilire tale rapporto con riguardo alla ridotta utilizzabilità di quest’ultima. Le due azioni differiscono anche per il diverso regime giuridico, in quanto la prima è esperibile sol che sussistano i requisiti per la garanzia, mentre la seconda richiede anche la colpa del venditore che invece esula dalla garanzia vera e propria (Sez. 2, Sentenza n. 3425 del 08/03/2001, Rv. 544610 – 01); In tema di azione di risarcimento dei danni proposta dall’acquirente ex art. 1494 c.c., ove sia sorta l’obbligazione di garanzia, trattandosi di vizi non facilmente riconoscibili, grava sul venditore una presunzione di loro conoscenza, per superare la quale non è sufficiente provare di non averli conosciuti, occorrendo invece la dimostrazione di averli ignorati senza colpa (Sez. 3 – , Ordinanza n. 4300 del 16/02/2024, Rv. 670322 – 01).
La carenza assoluta di motivazione è ancora più evidente con riferimento al secondo motivo di appello relativo alla ritenuta decadenza dalle domande di garanzia e manleva per non aver chiesto il differimento di udienza ex articolo 269 c.p.c.
La Corte d’appello, infatti, si è limitata a dare atto che la questione della c.d. domanda trasversale è stata molto dibattuta in dottrina e giurisprudenza e dopo aver richiamato il principio espresso dalla sentenza n. 8315 del 2011, ha affermato che il Tribunale ha correttamente sintetizzato il principio espresso dalla Suprema Corte, evidenziando che i destinatari di una domanda diversa da quella principale devono essere evocati in giudizio in quanto ne sono già parte ma unicamente perché citati dall’attore e, quindi, soltanto con riferimento alla diversa domanda proposta dall’attore medesimo .
Anche in questo caso la motivazione è apparente, limitandosi a richiamare la sentenza di primo grado senza prendere posizione sulla fondatezza del motivo di appello.
Deve ribadirsi in proposito che: In tema di ricorso per cassazione, è nulla, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata ” per relationem ” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame (Sez. L., Sentenza n. 27112 del 25/10/2018, Rv. 651205 – 01).
L’unica motivazione della sentenza impugnata che soddisfa i requisiti minimi richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. un. 8053/2014) è quella relativa al terzo motivo di appello che è stato rigettato, evidenziando che il Tribunale aveva escluso che la limitata entità del divario tra l’entità dei parametri rilevati e quelli normativamente imposti potesse comportare gravi difetti di cui all’articolo 1669 c.c. . Di conseguenza non potendosi interpretare la volontà delle parti espressa nella clausola riportata a pagina 23 dell’atto di appello diversamente da quanto in essa si legge , vale a dire che NOME avrebbe risposto degli eventuali danni come per legge, il Tribunale aveva ritenuto decadut a l’ appellante dalla domanda avanzata nei confronti della terza chiamata avendo appreso dell’esistenza dei vizi dalla comunicazione ricevuta dagli attori nel giugno 2008 ed avendo reso edotto dei difetti la propria venditrice solo nel 2010 con la notifica della chiamata in causa quando era
ampiamente trascorso il breve termine di otto giorni previsto dalla legge.
In questa parte, pertanto, il secondo motivo deve essere disatteso.
Quanto alla motivazione apparente sull’art. 269 c.p.c. non è possibile procedere alla correzione della motivazione mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta in quanto il giudice del merito non è comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame (Sez. U, Sentenza n. 2731 del 02/02/2017, Rv. 642269 01).
Infatti, risulta fondato anche il terzo motivo di ricorso in quanto la decisione di primo grado, confermata dalla Corte d’Appello senza alcuna motivazione, è in contrasto con l’orientamento di questa Corte secondo cui: In caso di più convenuti, la domanda formulata da uno di questi nei confronti di un altro ed avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità esclusiva del secondo rispetto alla domanda risarcitoria formulata dall’attore, va qualificata come domanda riconvenzionale, e può essere proposta negli stessi limiti di quest’ultima (Sez. 2, Sentenza n. 6846 del 16/03/2017, Rv. 643373 – 01).
Il collegio rileva che tale indirizzo è stato da ultimo ribadito dall’ordinanza n. 9441 del 2022. In tale pronuncia si è evidenziato che per costante giurisprudenza di legittimità deve qualificarsi “domanda riconvenzionale”: (a) quella che il convenuto formula nei confronti dell’attore; (b) quella che il convenuto formula nei confronti di altro convenuto, che già sia parte del processo; (c) quella che il chiamato in causa formula nei confronti del chiamante
o di altri convenuti, che già siano parti del processo. In tutte queste ipotesi la domanda proposta dal convenuto nei confronti di altro convenuto non esige le forme prescritte per la chiamata in causa del terzo, per l’evidente ragione – a tacer d’altro – che è fuori luogo discorrere di “chiamata in causa” rispetto ad un soggetto che è già parte del giudizio. Tali principi sono da tempo affermati dalla giurisprudenza della Suprema Corte (a partire da Cass. civ., sez. II, 4 gennaio 1969, n. 9), e poi ribaditi sino ad oggi (Cass. civ., sez. III, 26 marzo 1971, n. 894; Cass. civ., sez. III, 29 aprile 1980, n. 2848; Cass. civ., sez. III, 15 giugno 1991, n. 6800; Cass. civ., sez. III, 27 settembre 1999, n. 10695; Cass. civ., sez. III, 12 novembre 1999, n. 12558; Cass. civ., sez. III, 6 luglio 2001, n. 9210; Cass. civ., sez. II, 16 marzo 2017, n. 6846).
Si è detto, pertanto, che la domanda proposta da un convenuto nei confronti di altro convenuto non soggiace ad altri oneri di forma che la formulazione entro il medesimo termine stabilito per la proposizione d’una domanda riconvenzionale in senso stretto, e cioè nei confronti dell’attore (sentenze 12558/99 e 6846/17, cit.), e ovviamente la notifica al destinatario di essa, se sia rimasto contumace. Non è, invece, necessario che la riconvenzionale “trasversale” sia fondata sui medesimi fatti posati dall’attore principale a fondamento della sua domanda (Cass. civ., sez. III, 29 aprile 1980, n. 2848).
Alla luce di tali considerazioni, la suddetta ordinanza n. 9441 del 2022 ha enunciato il seguente principio di diritto: il convenuto che intenda formulare una domanda nei confronti di altro convenuto non ha l’onere di richiedere il differimento dell’udienza ai sensi dell’art. 269 c.p.c., ma è sufficiente che formuli la suddetta
domanda nei termini e con le forme stabiliti per la domanda riconvenzionale dall’articolo 167, comma 2, c.p.c..
Il collegio intende aderire al suddetto orientamento che ha ribadito quello che è l’ orientamento maggioritario rispetto a quello minoritario di segno contrario espresso da Sez. 1, Ordinanza n. 12662 del 12/05/2021 – Rv. 661320.
Infatti, deve darsi prevalenza ai principi di ragionevole durata del processo, di semplificazione delle forme, di economia processuale, di esigenza di interpretazione delle norme processuali in modo da imporre i minori oneri a carico delle parti pur nel rispetto delle garanzie per la controparte, prima fra tutte quella del diritto di difesa. D’a ltra parte seppure il codice di rito, che prevede l’eventualità della proposizione di una domanda riconvenzionale del convenuto verso l’attore e della sua richiesta di chiamata in giudizio di un terzo, non regola espressamente l’ipotesi della domanda formulata da un convenuto verso un altro convenuto nello stesso giudizio, talora definita domanda «tra coevocati», o «trasversale», o ancora «riconvenzionale trasversale», comunque depone nel senso dell’interpretazione maggioritaria anche il dato letterale in quanto l’art. 269 c.p.c. richiede la citazione a comparire ad udienza fissa e la concessione del termine ex 163 bis c.p.c. esclusivamente in caso di chiamata in giudizio di un terzo, estraneo al novero dei contraddittori . A tal fine, la legge prescrive che il convenuto dichiari la volontà di chiamare il terzo nella comparsa di risposta. Per la parte già presente nel giudizio l’attivazione del meccanismo ex art. 269 c.p.c. comporterebbe un inutile allungamento dei tempi processuali.
Nella specie, peraltro, la COGNOME ha anche effettuato una chiamata in causa di un terzo (la RAGIONE_SOCIALE) sicché in ogni caso vi è stato il differimento dell’udienza. Peraltro, la riconvenzionale ‘trasversale’ proposta dalla COGNOME ha ad oggetto i medesimi fatti di cui alla citazione dei COGNOME nei confronti degli altri convenuti in relazione al difetto di isolamento acustico dell’immobile sicché deve farsi applicazione del principio espresso dalla pronuncia n. 6846 del 2017, non essendo necessario per la proposizione di tale domanda ricorrere alle forme prescritte per la chiamata in causa del terzo, correttamente utilizzate dalla RAGIONE_SOCIALE nei soli confronti della società RAGIONE_SOCIALE originariamente non evo cata in giudizio dall’attore.
In conclusione, la sentenza impugnata è nulla per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. in quanto la motivazione è meramente apparente, in particolare nella parte in cui afferma che deve farsi applicazione dell’art. 1494 c.c. senza motivare sulle ragioni della ignoranza colpevole della COGNOME in ordine ai vizi di insonorizzazione dell’immobile e nella parte in cui si limita ad affermare che il Tribunale ha fatto proprio l’orientamento giurisprudenziale sulla c.d. domanda trasversale che richiede il differimento dell’udienza senza prendere posizione su tale orientamento che, peraltro, è contrario a quello maggioritario a cui il Collegio intende aderire in accoglimento del terzo motivo. Una tale motivazione è obiettivamente affetta da quei vizi che sono rimasti i soli di cui ci si possa dolere in Cassazione dopo la riforma del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., secondo i principi dettati da Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014, ravvisandosi in essa una «motivazione apparente», tale da non rendere comprensibile comprendere il percorso logico giuridico compiuto dal Giudice.
Nel giudizio di rinvio la Corte d’Appello dovrà fare applicazione dei principi sora riportati sia in relazione all’art. 1494 c.c. che all’art. 269 c.p.c.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’articolo 91 c.p.c.
Nonostante il parziale accoglimento dell’appello la COGNOME è stata condannata al pagamento delle spese del giudizio in favore di tutti gli appellati.
Il quarto motivo di ricorso è assorbito dall’accoglimento dei primi tre.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione che provvederà anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione che provvederà anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione