Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3391 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3391 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 20804-2021 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), con sede in Roma INDIRIZZOMC), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME per procura in atti.
-ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE (P.I. P_IVA), in persona del Curatore, Avv. NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Ancona, ed elettivamente domiciliato presso e nello studio del difensore, sito in Ancona, INDIRIZZO giusta procura ad litem apposta in calce al controricorso.
-controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Ancona, nr. cron. 4418/2021 emesso in data 25/6/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/1/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto impugnato, emesso e depositato in data 25/6/2021, il Tribunale di Ancona ha rigettato l’opposizione proposta ex art. 98 l. fall. da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto del Giudice Delegato del 16/3/2021, sul rilievo che l ‘ istanza di insinuazione al passivo fosse tardiva. 2. Con l’atto di opposizione RAGIONE_SOCIALE aveva contestato il predetto provvedimento del Giudice Delegato, evidenziando che, successivamente alla sentenza dichiarativa di fallimento della RAGIONE_SOCIALE intervenuta in data 31/01/2017, la RAGIONE_SOCIALE creditrice originaria della fallita, aveva ceduto il proprio credito alla RAGIONE_SOCIALE in forza di cessione ex art. 58 T.U.B., con contratto datato 07/04/2017 e pubblicato in G.U. l’1/05/2017. Osservava altresì la società opponente che la cessione del credito era antecedente alla verifica delle domande di insinuazione allo stato passivo, avvenuta in data 12/09/2017 e nessuna prova aveva fornito il curatore circa l’avvenuta comunicazione ex art. 92 l. fall. né alla Carilo, creditore cedente, né alla RAGIONE_SOCIALE, cessionaria. Concludeva la RAGIONE_SOCIALE nel senso che vi era la prova di non aver ricevuto alcun avviso (con cui doveva essere informata del fallimento del debitore) e che la sua domanda tardiva presentata in data 20/12/2020 era pertanto ammissibile, in forza dell’art. 101 co. 4 l. fall., poiché il ritardo non era dipeso da causa a lei imputabile. La società opponente evidenziava, infine, di aver avuto contezza altrove del fallimento del debitore solo in data 20 luglio 2020 e che da tale data doveva decorrere il termine annuale per la domanda di insinuazione al passivo, depositata infatti il 20/12/2020.
3. Il Tribunale, nella resistenza della curatela fallimentare, ha rigettato la proposta opposizione, rilevando ed osservando che: (i) l’art. 92 l. fall. prescrive al curatore, successivamente all’esame delle scritture contabili dell’imprenditore ed altre fonti di informazione, di comunicare senza indugio ai creditori a mezzo posta elettronica certificata – se il relativo indirizzo del destinatario risulta dal registro imprese ovvero dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti l’avviso per la presentazione della domanda di insinuazione allo stato passivo; (ii) nel caso di specie, la sentenza dichiarativa di fallimento della RAGIONE_SOCIALE era stata pubblicata in data 31/01/2017, con contestuale nomina del curatore, il quale senza indugio si era attivato individuando, tra gli altri quale creditore della società fallita, la RAGIONE_SOCIALE, alla quale aveva provveduto ad inviare comunicazione ex art. 92 l. fall. presso l’indirizzo pec ; (iii) in tal senso occorreva sottolinearsi che la comunicazione dell’avviso ex art. 92 l. fall. ad indirizzo pec risultante dall’RAGIONE_SOCIALE non rappresentava causa di non imputabilità del ritardo di cui all’art. 101 l. f all., ma costituiva mera irregolarità, ‘che non ha impedito in alcun modo che il creditore venisse a conoscenza della
comunicazione in oggetto, cosa che si sarebbe potuta verificare solo in caso di mancata recezione’ ; (iv) risultava dunque documentalmente provato che la RAGIONE_SOCIALE, sia pur ad un indirizzo comunque risultante dall’INIPEC, avesse ricevuto in data 18/03/2017 dal curatore l’avviso ex art. 92 l. fall. ; (v) la comunicazione era pertanto avvenuta in favore del creditore RAGIONE_SOCIALE prima dell ‘ avvenuta cessione del credito in favore di FEDAIA (cessione perfezionatasi in data 04/05/2021, con pubblicazione in G.U.), senza che il creditore originario avesse proposto domanda di insinuazione allo stato passivo in modo tempestivo; (vi) pertanto, il curatore aveva correttamente svolto le comunicazioni a cui era tenuto nei confronti del creditore che al tempo dell’incombente risultava tale dalla documentazione contabile della società fallita, non avendo il curatore alcun obbligo di dover seguire le sorti dei crediti vantati verso la debitrice, ma non insinuati; (vii) i ndipendentemente dall’avviso ex art. 92 l. fall. -comunque legittimamente notificato, nel caso di specie, al creditore risultante dalle scritture contabili – il consolidato orientamento giurisprudenziale prevede che in ogni caso il curatore possa provare, ai fini dell’inammissibilità della domanda di insinuazione ai sensi dell’art. 101 ult. co. l. fall., che il creditore avesse avuto notizia aliunde dell’avvenuto fallimento, in via indipendente dal fatto dell’eventuale recezione dell’avviso (cfr. Cass 16103/2018 e Cass. 23302/2015 e Cass. 4310/2012); (viii) nella fattispecie concreta in esame poteva ritenersi che dagli atti erano emersi elementi presuntivi, univoci e concordanti, nel senso di provare la contezza che il creditore cessionario aveva o avrebbe dovuto avere del fallimento della RAGIONE_SOCIALE e più in particolare: (a) il creditore opponente operava nel settore finanziario della cartolarizzazione dei crediti ed era ‘soggetto professionalmente attrezzato a monitorare in modo costante ed efficace la situazione economico finanziaria dei propri clienti mediante verifiche e controlli nel registro delle imprese’ ; (b) la regolare iscrizione nel registro delle imprese della sentenza di fallimento nel gennaio 2021; (c) l’ingente somma creditoria, oltre € 500.000; (d) il tempo decorso tra la data della sentenza declaratoria del fallimento e la domanda di insinuazione nello stato passivo (circa 4 anni); (e) la notorietà nel territorio anconetano della società fallita, tanto da essere notizia diffusamente circolata nei maggiori quotidiani locali (elementi valorizzati anche da Cass. 7109/2020); (viii) il ritardo poteva dirsi incolpevole, secondo l’art. 101 ult. c omma l. fall., solo quando conseguente ad una condotta non colposa né dolosa dell’istante, da accertare in concreto, senza che fosse utile addurre una generica mancanza di conoscenza della procedura fallimentare (così, Cass. 20686/2013); (ix) pertanto, la società RAGIONE_SOCIALE non poteva dirsi esente da una condotta quantomeno colposa nel non essersi, con la diligenza richiesta da un istituto operante nel settore finanziario della
cartolarizzazione dei crediti, attivata al fine di conoscere le sorti del debitore ceduto, e ciò anche mediante una semplice consultazione del registro delle imprese.
Il decreto, pubblicato il 25.6.2021, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. , dell’art. 115 c .p.c. e dell’art. 92 l. fall., sul rilievo che nel corso del giudizio di opposizione allo stato passivo non sarebbe stata fornita la prova del fatto -acriticamente assunto per vero dal Tribunale -che l’indirizzo pec, al quale il Fallimento aveva inviato la comunicazione ex art. 92 l. fall., fosse stato estratto dall’Indice Nazionale degli Indirizzi di posta elettronica certificata delle imprese e dei professionisti.
Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che era stato oggetto di discussione tra le parti, sul rilievo che la mancata valutazione della visura camerale storica di Carilo – dalla quale risultava che sin dal 5.2.2016 essa si era dotata di recapito Pec diverso da quello presso il quale, nel marzo 2017, il Fallimento aveva inviato la comunicazione ex art. 92 l. fall. – integrava un omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 92 l. fall . e dell’art. 101, comma 4, l. fall. per aver il Tribunale ritenuto sussistenti elementi presuntivi univoci e concordanti idonei a provare che la creditrice avesse avuto notizia aliunde dell’avvenuto fallimento della debitrice.
3.1 I primi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili per due diversi ordini di motivi tra loro convergenti.
3.11.1 Sostiene parte ricorrente che, al momento dell’invio tramite comunicazione pec dell’avviso ex art. 92 l. fall. da parte del curatore, l’indirizzo di posta elettronica, al quale era stato inoltrata la comunicazione (e cioè, EMAIL, per come tratto dall’INIPEC, era ormai cambiato perché aggiornato automaticamente , tramite la modifica dell’indirizzo pec risultante dal Registro delle imprese , nel diverso indirizzo EMAIL .
Orbene, risulta di immediata evidenza che la società ricorrente, tramite l’invocata violazione dell’art. 115 c.p.c., pretend e ora un nuovo scrutinio della quaestio facti , in relazione all’apprezzamento di quale fosse l’indirizzo pec funzionante al momento dell’invio dell’avviso ex art. 92 l. fall., scrutinio che richiederebbe una nuova lettura degli atti istruttori di natura documentale, che invece è inibita a questo giudice di legittimità.
Sul punto, giova ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (cfr. Sez. U., Sentenza n. 20867 del 30/09/2020; Cass. n. 26769/2018; Cass. Ordinanza n. 16016 del 09/06/2021).
3.1.2 Sotto altro profilo, le doglianze, per come sopra articolate, sono inammissibili perché non censurano in modo adeguato la prima ratio decidendi che sostiene il provvedimento impugnato, e cioè quella che ha ritenuto comunque perfezionata la comunicazione, effettuata ai sensi dell’art. 92 l. fall., da parte del curatore alla società titolare del credito, prima dell’intervenuta cessione di quest’ultim o alla società oggi ricorrente, RAGIONE_SOCIALE
Sul punto il provvedimento impugnato evidenzia, per un verso, che l’indirizzo , al quale era stata indirizzata la comunicazione, era quello risultante dall’INIPEC e, per altro verso, afferma espressamente che ‘ in tal senso deve sostenersi che la comunicazione dell’avviso ad un indirizzo pec risultante dall’INIPEC non è certo causa di non imputabilità del ritardo di cui all’art. 101 l.fall. ma costituisce mera irregolarità che non ha impedito in alcun modo che il creditore venisse a conoscenza della comunicazione in oggetto cosa che si sarebbe potuto verificare in caso di mancata ricezione ‘, con ciò volendo significare che il predetto indirizzo di posta elettronica EMAIL, pur sostituito da altro recapito risultante dal Registro imprese, era ancora attivo, con la conseguenza che la comunicazione ex art. 92 l. fall. era comunque andata a buon fine presso tale recapito, costituendo essa prova della conoscenza legale del fallimento da parte della società creditrice, destinataria della predetta comunicazione.
Orbene, le censure sopra ricordate non si confrontano in alcun modo con tale ratio decidendi , dimenticando dunque di contestare che la comunicazione, intervenuta pur ad un indirizzo ormai mutato, avevano determinato comunque la conoscenza del fallimento da parte della società creditrice istante, perché avvenuta ad un indirizzo pec ancora attivo di quest’ultima .
3.1.4 A ciò va anche aggiunto che il ‘fatto’ di cui si assume l’omesso esame ex art. 360, 1 comma, n. 5, c.p.c. da parte del Tribunale, e cioè il mutamento di indirizzo pec intervenuto prima dell’inoltro della comunicazione ex art. 92 l. fall., è stato peraltro oggetto di disamina da parte del Tribunale che ha infatti ritenuto che la comunicazione intervenuta all’indirizzo RAGIONE_SOCIALE integrasse una mera ‘irregolarità formale’ che non aveva impedito l’effettiva conoscenza da parte della società creditrice della declaratoria di fallimento della debitrice.
3.2 La dichiarazione di inammissibilità dei primi due motivi che attingono, per quanto sopra ricordato, la prima delle rationes decidendi che sostengono argomentativamente il provvedimento impugnato, rende carente di interesse la ricorrente ad impugnare la seconda ratio decidendi , oggetto di censura nel terzo motivo, ratio che riguarda la prova della conoscenza aliunde del fallimento da parte della creditrice istante, sulla base di una serie di indici indiziari così apprezzati dal Tribunale. Del resto, anch e l’eventuale caducazione di quest’ultima ragione decisoria non potrebbe determinare l’accoglimento del ricorso.
Ne discende l’inammissibilità anche del terzo motivo per le ragioni sopra espresse.
Non è necessario liquidare le spese di lite in favore del fallimento controricorrente, in ragione della tardiva costituzione in giudizio di quest’ultim o, che rende inammissibile sia il controricorso che la memoria depositati dal controricorrente stesso, come peraltro correttamente eccepito dalla società ricorrente.
4.1 Costituisce fatto processuale non controverso infatti che il controricorso del fallimento risulta depositato, per la prima volta, come allegato ad una istanza di rimessione in termini, in data 12 maggio 2023, e cioè un anno e sette mesi dopo la scadenza del termine, che deve ritenersi fissato, per il controricorso, alla data del 21 ottobre 2021 , ai sensi dell’art. 370 c.p.c., posto che il ricorso introduttivo era stato notificato il 22 luglio 2021.
4.2 Il Fallimento controricorrente sostiene in realtà di aver eseguito il deposito nel rispetto del termine, e cioè in data 6 ottobre 2021, data nella quale, alle ore 10:54, avrebbe ricevuto la conferma di accettazione e, alle ore 10:55, la ricevuta di consegna nella casella di destinazione, senza che tuttavia la relativa busta fosse aperta dalla cancelleria. Sempre secondo il controricorrente, la ricezione della ricevuta di consegna (cd. ‘seconda PEC’ o ‘RdAC’) , nella data del 6 ottobre 2021, avrebbe fornito la prova della tempestività del deposito del suo
contro
ricorso nel rispetto del termine dell’art. 370 c.p.c. , fissato, come già detto, il 21 ottobre 2021.
4.3 Tale ultima affermazione non è invece condivisibile. Ed invero, il perfezionamento del deposito di un atto telematico interviene al momento della ricezione della seconda pec ovvero quella di consegna, a condizione che il deposito vada successivamente a buon fine. La RdAC rileva ai fini della tempestività del deposito, il quale si considera perfezionato in tale momento, ma con effetto subordinato al buon fine di tutto l’iter del deposito, che è dunque a formazione progressiva. Nel caso di specie, una volta verificata la mancata ricezione della terza e della quarta e-mail, la Curatela avrebbe dovuto rinnovare la trasmissione delle buste telematiche. Sul punto costituisce affermazione consolidata nella giurisprudenza di questa Corte quella il mancato perfezionamento nel termine del deposito telematico di un atto processuale, per causa non imputabile all’interessato, legittima quest’ultimo all’istanza di rimessione in termini, la quale, peraltro, dev’essere proposta in un lasso temporale 3, Sentenza n. 32296 del 21/11/2023; Cass.
secondo cui ‘ ragionevolmente contenuto ‘ (Cass. Sez. 29357/2022; Cass n. 25289/2020).
Non può certo ritenersi che il deposito intervenuto in data 12 maggio 2023 dell ‘ istanza di rimessione in termini integri un’azione riparativa attivata ‘in un lasso temporale ragionevolmente contenuto’. Ne consegue che l’istanza di rimessione nei termini non può essere accolta.
Sussistono, invece, i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.
A i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello , se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14.1.2025