Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11493 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11493 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 01/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14304-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice della RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
PROCEDURA DI LIQUIDAZIONE COGNOME rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso il DECRETO DEL TRIBUNALE DI TREVISO depositato il 23/12/2022 in RG n. 6526/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio dell ‘ 8/4/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Treviso , con decreto dell’ 11/11/2022, ha rigettato la domanda con la quale la RAGIONE_SOCIALE nell’indicata qualità, aveva chiesto la partecipazione alla procedura di liquidazione del patrimonio COGNOME Augusto.
1.2. La RAGIONE_SOCIALE nella medesima qualità, ha proposto reclamo avverso tale decreto che lo stesso tribunale, con la pronuncia in epigrafe, ha respinto.
1.3. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto che: – la domanda di partecipazione è stata depositata in data 6/4/2022, e cioè oltre il termine assegnato al liquidatore, senza che il creditore abbia provato, in sede di osservazioni o nell ‘ ambito del giudizio di reclamo, che il ritardo nella presentazione della stessa era dipeso da causa allo stesso non imputabile; – ai sensi dell ‘ art. 152 c.p.c., ‘ i termini per il compimento degli atti del processo sono stabiliti dalla legge; possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, soltanto se la legge lo permette espressamente ‘ e ‘ i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori ‘; – l ‘ ordinarietà del termine significa che lo stesso è prorogabile, da parte del giudice, prima della sua scadenza, ai sensi dell ‘ art. 153 c.p.c., e che, ove non prorogato ex art. 153 c.p.c., la sua scadenza comporta la decadenza della parte al pari del decorso del termine perentorio; – l ‘ art. 14 sexies della l. n. 3/2012, demanda al liquidatore la fissazione della data entro la quale le domande di partecipazione alla procedura devono essere presentate, sicché il potere del liquidatore di assegnare il termine trova fondamento nella legge, con la conseguenza che ‘ il termine assegnato dal liquidatore va qualificato quale termine legale ai sensi dell ‘ art. 152 c.p.c., ed individuabile per relationem alla luce della comunicazione operata da parte del liquidatore ai creditori ‘; – in assenza di una specifica previsione, si tratta di termine ordinatorio, la cui scadenza determina, quindi, la decadenza della parte ai sensi dell ‘ art. 153 c.p.c.; – la presentazione della domanda di partecipazione alla liquidazione è qualificabile quale atto processuale ai sensi dell ‘ art. 152 c.p.c.,
assimilabile alla domanda giudiziale, sicché, contrariamente a quanto sostenuto dal reclamante, essa è inserita nell ‘ ambito di un procedimento che si svolge nel contraddittorio tra le parti, culminante nella decisione definitiva sullo stato passivo da parte del giudice; – la disciplina di cui agli art. 152 e s. c.p.c. ha valenza generale per l ‘ intero ordinamento, salvo sia espressamente derogata da specifiche disposizioni di legge, quali ad esempio quelle di cui agli art. 93 e s. l.fall.; – ne deriva che non vi è alcuna lacuna normativa da colmare mediante l ‘ applicazione analogica dell ‘ art. 101 l.fall., essendo la fattispecie già disciplinata dalle disposizioni di cui agli artt. 152 e s. c.p.c.; – a nulla vale invocare le similitudini tra la procedura di liquidazione del patrimonio e il fallimento circa lo spossamento derivante dal decreto di apertura della procedura, provvedimento equiparato al pignoramento al pari della sentenza di fallimento, ben potendosi desumere a contrario che la riproposizione, nel testo della l. n. 3 cit., di disposizioni della legge fallimentare, escluda l ‘ applicabilità in via generalizzata degli istituti della legge fallimentare e l ‘ esistenza di principi generali valevoli per tutte le procedure concorsuali; – l ‘ art. 270 c.c.i., ponendo soluzione ai contrasti insorti nella giurisprudenza di merito, stabilisce, del resto, che il termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla liquidazione controllata è fissato dal liquidatore a pena di inammissibilità; la nuova disposizione ‘ sta a dimostrare che l ‘ inapplicabilità dell ‘ art. 101 l.f. alle procedure concorsuali minori non determina una ingiustificata disparità di trattamento tra i creditori della procedura di liquidazione controllata e i creditori della procedura di liquidazione giudiziale, bensì è annoverabile nell ‘ alveo delle scelte discrezionali del legislatore ‘.
1.4. Il tribunale, quindi, ha respinto il reclamo ed ha, per l ‘ effetto, confermato il decreto con il quale il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE è stato escluso dalla procedura di liquidazione resistente.
1.5. La RAGIONE_SOCIALE nell’indicata qualità, con ricorso notificato il 15/6/2023, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione del decreto.
1.6. La Procedura di liquidazione ha resistito con controricorso.
1.7. La ricorrente ha depositato memoria.
1.8. La Procedura di liquidazione ha depositato una breve nota.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 14 quinquies , 14 sexies e 14 septies della l. n. 3/2012 e degli artt. 152, 153 e 154 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che il termine assegnato dal liquidatore ex art. 14 sexies cit. per la presentazione della domanda di partecipazione alla liquidazione dev ‘ essere qualificato come un termine legale ai sensi dell ‘ art. 152 c.p.c., individuabile per relationem alla luce della comunicazione operata da parte del liquidatore ai creditori, e che, in assenza di specifica previsione, si tratta di un termine ordinatorio, la cui scadenza determina la decadenza della parte ai sensi dell ‘ art. 153 c.p.c., senza, tuttavia, considerare che, al contrario, la data fissata dal liquidatore non è un termine processuale assoggettato alle regole di cui al capo II del titolo VI del libro I del codice di rito e che la sua inosservanza non determina decadenza dalla possibilità di proporre domanda in via tardiva.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 12 preleggi e 101 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la disciplina di cui agli artt. 152 e s. c.p.c. abbia valenza generale per l ‘ intero ordinamento, salvo sia espressamente derogata da specifiche disposizioni di legge, quali ad esempio quelle di cui agli art. 93 e s. l.fall., e che, di conseguenza, nell ‘ ambito della procedura di liquidazione di cui alla l. n. 3/2012, non sussiste, in relazione al termine per la presentazione della domanda di partecipazione alla liquidazione, alcuna lacuna normativa da colmare mediante l ‘ applicazione analogica dell ‘ art. 101 l.fall., trattandosi di fattispecie già disciplinata dalle disposizioni di cui agli art. 152 e s. c.p.c., omettendo, per contro, di considerare che, nel caso in esame, ritenuta la sussistenza di una lacuna legislativa, la stessa doveva essere colmata, facendo ricorso al procedimento per analogia, mediante richiamo al sistema delle procedure concorsuali e quindi alle regole previste per le insinuazioni tardive del fallimento (art. 101 l.fall.).
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 153, comma 2°, c.p.c., 101, comma 4°, l.fall. e 54 Reg. EU 20/05/2015 n. 2015/848 relativo alla procedure di insolvenza, nonché degli artt. 3, 24 e 111 Cost., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che la società creditrice era decaduta dalla possibilità di proporre la domanda di partecipazione non avendo provato che il ritardo nella presentazione della domanda era dipeso da causa alla stessa non imputabile, senza, tuttavia, considerare che è illegittimo un provvedimento sanzionatorio di tipo decadenziale assunto nella fase amministrativa di una procedura concorsuale nella quale
non è prevista la difesa tecnica obbligatoria e non è previsto alcun avvertimento riguardo alla conseguenze della mancata presentazione della domanda di partecipazione entro la data fissata dal liquidatore, la cui mancanza costituisce una causa non imputabile del ritardo che il tribunale doveva valutare.
2.4. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati.
2.5. L’ interpretazione, sostenuta dalla ricorrente, secondo cui la domanda di partecipazione alla liquidazione del patrimonio del sovraindebitamento prescinde dall ‘ osservanza e dalla scadenza del termine previsto dall ‘ art 14 sexies , lett. b), della l. n. 3/2012, non è, infatti, corrispondente alla ricostruzione che l’istituto ha conseguito in questa sede.
2.6. Questa Corte, infatti, con la sentenza n. 6850 del 2025, ha recentemente e condivisibilmente affermato che tale interpretazione muove dal presupposto che il testo della norma presenti una lacuna e necessiti, pertanto, di un ‘ integrazione, laddove, al contrario, ‘ la mancata previsione da parte del legislatore della L. n. 3/2012 della possibilità di proporre domande tardive è frutto di una scelta dello stesso legislatore, che non ha ritenuto ammissibile altro che la domanda tempestiva ‘: e se non prevede la disciplina delle domande tardive, ciò si giustifica in ragione della peculiarità di tale procedura, improntata alla massima semplicità e celerità.
2.7. Né, d ‘ altra parte, ha osservato la Corte, può affermarsi, per accedere all ‘ interpretazione invocata dalla ricorrente, che il termine di cui all ‘ art. 14 sexies , lett. b), della l. n. 3 cit. non sia stato previsto a pena di decadenza e che una diversa interpretazione si porrebbe conseguentemente in conflitto con l ‘ art. 152 c.p.c. : ‘ sul punto, va osservato, che tale norma disciplina i termini per il compimento degli atti del processo, mentre gli atti del procedimento di liquidazione del
patrimonio del sovraindebitato non sono atti processuali in senso proprio: sono atti di un procedimento concorsuale di liquidazione di beni, non di un vero processo a parti contrapposte funzionale a una tutela dichiarativa ‘.
2.8. D ‘ altra parte, ove ci si trovi in presenza di atti che non hanno natura processuale in senso stretto, il carattere perentorio di un termine non deve necessariamente risultare esplicitamente dalla norma, potendosi desumere dalla funzione, ricavabile con chiarezza dal testo della legge, che il termine è chiamato a svolgere, come nel caso di liquidazione concorsuale dell ‘ eredità beneficiata.
2.9. Si è, al riguardo, affermato che: -‘ il termine previsto dall ‘ art. 498, comma 2, c.c., entro il quale l ‘ erede deve invitare i creditori e i legatari a presentare le dichiarazioni di credito, ha natura perentoria, in quanto coerente con l ‘ esigenza di procedere in tempi ragionevoli alla liquidazione dell ‘ eredità; in funzione della medesima necessità è perentorio anche il termine, fissato dal notaio, entro il quale i creditori e i legatari possono presentare le dichiarazioni di credito’ ; -nella fattispecie di cui all ‘ art. 498 c.c., caratterizzata dall ‘ analoga situazione del concorso di più creditori e dalla liquidazione di un patrimonio (in questo caso ereditario), benché il termine ivi previsto non sia espressamente previsto come perentorio, la perentorietà è stata desunta ‘ dall ‘ esigenza acceleratoria della procedura, che indubbiamente si riscontra anche nella liquidazione del patrimonio del debitore sovraindebitato ‘; – non v ‘ è dubbio, infatti, che, anche in confronto con la disciplina della procedura fallimentare, ‘ l ‘ esigenza di procedere alla rapida liquidazione del patrimonio emerge (nel sovraindebitamento) con evidenza sia nella fase di verifica del passivo, che in quella di eventuale contestazione della decisione sull ‘ ammissione del credito, e pure
in quella di liquidazione dell ‘ attivo, fasi la cui regolamentazione è caratterizzata dalla massima semplificazione del rito ‘; – nella procedura fallimentare, invero, è il giudice delegato che provvede necessariamente all ‘ esame di ciascuna domanda e forma lo stato passivo, mentre nella liquidazione ex art. 14 ter e s. l. n. 3 cit. è il liquidatore che, dopo aver provveduto (come il curatore fallimentare) a predisporre il progetto di stato passivo, ove non vi siano osservazioni, lo approva, con la conseguenza che l ‘ intervento del giudice è solo eventuale, in presenza di contestazioni non superabili; – anche la fase di eventuale impugnazione della decisione del giudice è assai più snella rispetto alla procedura fallimentare, non essendo previsto nella procedura di sovraindebitamento un vero e proprio procedimento di impugnazione articolato e minutamente disciplinato, come quello di cui all ‘ art. 99 l.fall.; – con il richiamo dell ‘ art. 14 octies , comma 4, all ‘ art. 10, comma 6, il legislatore ha, infatti, previsto la possibilità di proporre reclamo con un procedimento del tutto deformalizzato, come si evince dal riferimento agli artt. 737 e s. c.p.c., in quanto compatibili, che prevede termini sensibilmente più brevi di quelli previsti dal procedimento ex art. 99 l.fall.; – anche la fase liquidatoria è più snella, atteso che nella procedura fallimentare il programma di liquidazione ex art. 104 ter l.fall. soggiace a termini specifici e alla susseguente sottoposizione al comitato dei creditori, laddove, invece, nella procedura di liquidazione, a norma dell ‘ art. 14 novies , il liquidatore deve elaborare il programma entro termini ben più ristretti (trenta giorni dalla formazione dell ‘ inventario) e depositarlo direttamente in cancelleria, senza necessità di approvazione di altro organo , onde ‘ assicurare la ragionevole durata della procedura’ .
2.10. In definitiva, come nella liquidazione dell ‘ eredità beneficiata prevista dall ‘ art. 498 c.c., anche la procedura di liquidazione del sovraindebitato è tutta improntata, oltre che alla semplificazione, al suo sollecito svolgimento, con la conseguenza che i termini che il legislatore ha previsto per la verifica dello stato passivo e per l ‘ esame delle domande hanno un significato pregnante, e non possono ritenersi ‘inutili’ (come sostanzialmente pretenderebbe la ricorrente) solo perché non espressamente previsti a pena di decadenza: la loro perentorietà (oggi riconosciuta nel codice della crisi all ‘ art. 270) discende, quindi, dalla loro funzione, sicché, in definitiva, è preclusa al creditore la presentazione di domande di partecipazione alla liquidazione oltre il termine ex art. 14 sexies , lett. b), l. n. 3 cit. salvo che il creditore tardivo non giustifichi il suo ritardo nell ‘ ottica di un ‘ istanza di remissione in termini (art. 153 c.p.c.), dimostrando l ‘ esistenza della causa non imputabile che abbia determinato la decadenza.
2.11. Né, infine, può affermarsi che, nel caso in esame, non si tratterebbe di termine legale (o giudiziale) in quanto fissato dal liquidatore, trattandosi, in realtà, di un termine di fonte legale la cui semplice determinazione è demandata all ‘ organo della procedura, sicché la conseguenza circa la perentorietà del medesimo (intesa come perentorietà di tipo funzionale) resta inalterata.
2.12. Il principio di diritto che è stato affermato è, dunque, che ‘ gli artt. 14-ter e seg. della l. n. 3 del 2012 contengono una disciplina compiuta della liquidazione del patrimonio del sovraindebitato, nella quale il termine ex art. 14 sexies lett b) la cui concreta determinazione è rimessa all ‘ organo della liquidazione – è termine di fonte legale avente specifica funzione acceleratoria della procedura ‘ con la conseguenza che, ‘ pur non
essendo espressamente previsto dalla legge a pena di decadenza, il termine va considerato perentorio ‘ ed è, pertanto, ‘ preclusa al creditore la semplice presentazione di domande di partecipazione alla liquidazione oltre il termine citato, salvo che il creditore tardivo non giustifichi il suo ritardo nell ‘ ottica di un ‘ istanza di rimessione in termini (art. 153 c.p.c.), dimostrando l ‘ esistenza della causa non imputabile che abbia determinato la decadenza’ .
2.13. Il decreto impugnato ha rispettato i principi esposti: lì dove ha dichiarato l’inammissibilità della domanda di partecipazione presentata dalla ricorrente successivamente alla scadenza del termine stabilito dal liquidatore senza che la stessa abbia invocato una qualsivoglia giustificazione del suo ritardo.
Il ricorso è, dunque, infondato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio, che liquida in €. 8.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da
parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima