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Domanda risarcitoria: i limiti del giudice

La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della domanda risarcitoria. In una causa tra vicini per servitù illegittime e sconfinamenti, la Corte ha stabilito che una richiesta di risarcimento generica, formulata nell’atto introduttivo, può legittimamente includere anche i danni per sconfinamento quantificati successivamente tramite CTU, senza violare il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava specificamente le motivazioni della sentenza d’appello.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domanda risarcitoria: quando è abbastanza specifica?

Una domanda risarcitoria generica può comprendere anche danni non esplicitamente elencati nell’atto di citazione? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27176/2024, torna su questo tema cruciale della procedura civile, stabilendo che la specificazione dei danni può avvenire nel corso del giudizio, ad esempio tramite una perizia tecnica (CTU), senza che ciò costituisca una domanda nuova e inammissibile. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La controversia nasce tra i proprietari di due appartamenti confinanti. I ricorrenti lamentavano che i vicini, a seguito di lavori di ampliamento, avevano creato una serie di servitù illegittime (vedute, luci, appoggio, etc.) e invaso la loro proprietà. Pertanto, chiedevano in giudizio l’eliminazione di tali opere e il risarcimento di tutti i danni subiti e futuri, da quantificarsi nel corso della causa, anche con l’aiuto di una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU).

Il Tribunale di primo grado accoglieva le richieste, condannando i vicini alla rimozione delle servitù e a un cospicuo risarcimento. La Corte d’Appello confermava sostanzialmente la decisione, riducendo solo lievemente l’importo del risarcimento. I soccombenti decidevano quindi di ricorrere in Cassazione, sostenendo principalmente che i giudici di merito avessero violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. A loro dire, il risarcimento concesso per lo sconfinamento del fabbricato costituiva una domanda nuova, non formulata nell’atto di citazione iniziale.

L’Analisi sulla domanda risarcitoria da parte della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, offrendo importanti chiarimenti sulla corretta interpretazione della domanda risarcitoria. Il motivo principale del ricorso si basava sull’idea che la richiesta di risarcimento per lo sconfinamento fosse tardiva. Tuttavia, la Cassazione ha evidenziato come la parte ricorrente non avesse adeguatamente contestato la motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva infatti ritenuto che la richiesta iniziale di risarcimento per “tutti i danni patiti e patendi” a causa delle “illegittime servitù” fosse sufficientemente ampia da includere anche il danno derivante dall’appoggio del nuovo fabbricato sulla proprietà altrui, che è a tutti gli effetti una forma di servitù.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: un ricorso per cassazione non può limitarsi a riproporre le stesse tesi difensive già respinte nei gradi di merito. Deve, invece, attaccare specificamente la ratio decidendi (la ragione della decisione) della sentenza impugnata. Nel caso di specie, i ricorrenti si sono limitati a contrapporre la propria interpretazione dei fatti a quella del giudice, senza dimostrare un’effettiva violazione di legge.

Il cuore della motivazione risiede nel fatto che la domanda risarcitoria originaria era stata formulata in termini generali, ma strettamente connessa ai fatti illeciti lamentati (la costruzione illegittima). La successiva quantificazione e specificazione del danno, avvenuta tramite CTU, non ha introdotto un nuovo thema decidendum, ma ha semplicemente dato un contenuto concreto alla pretesa risarcitoria già avanzata. La servitù di appoggio, causa del danno da sconfinamento, era una delle condotte illecite contestate fin dall’inizio. Pertanto, non vi è stata alcuna violazione del principio che vieta al giudice di pronunciarsi oltre i limiti della domanda.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma che la formulazione di una domanda risarcitoria nell’atto introduttivo del giudizio non deve essere necessariamente ultra-dettagliata. Se la richiesta è collegata in modo inequivocabile ai fatti illeciti descritti, è possibile specificare e quantificare le singole voci di danno nel corso del processo, anche con l’ausilio di un consulente tecnico. La decisione sottolinea l’importanza di redigere ricorsi in Cassazione che non si limitino a una sterile riproposizione delle proprie tesi, ma che si confrontino criticamente e puntualmente con le argomentazioni giuridiche della sentenza che si intende impugnare.

Una domanda di risarcimento danni generica può coprire pregiudizi specificati solo in un secondo momento?
Sì, secondo la Corte, se la domanda iniziale, seppur generica, è chiaramente collegata ai fatti illeciti contestati, può includere anche danni la cui esatta natura e quantificazione emergono solo nel corso del giudizio, ad esempio tramite una perizia tecnica (CTU), senza che ciò rappresenti una domanda nuova e inammissibile.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione è considerato inammissibile?
Un motivo è inammissibile quando la parte si limita a riproporre le tesi difensive già esaminate e respinte nei gradi di merito, senza confrontarsi specificamente con la motivazione della sentenza impugnata. In pratica, non basta riesporre la propria versione, ma è necessario dimostrare l’errore di diritto commesso dal giudice d’appello.

L’uso di un linguaggio critico nei confronti di un giudice in un atto processuale è sempre sanzionabile?
No. La Corte ha ritenuto che l’uso di espressioni come “strana” per la sparizione di un fascicolo o la critica a una decisione definita basata su “presupposti erronei, o a dir poco compiacenti” rientri nell’esercizio del diritto di difesa, sebbene aspro. Tali frasi, se funzionali a sostenere le proprie argomentazioni e non meramente denigratorie, non giustificano la cancellazione per sconvenienza o offesa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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