Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27176 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27176 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30959/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOME e COGNOME NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) per procura in calce al ricorso, -ricorrenti- contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, domiciliati ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) per procura in calce al controricorso,
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MESSINA n.745/2018 depositata il 21.8.2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9.10.2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 2001 COGNOME NOME e COGNOME NOME, proprietari di un appartamento in Tremestieri (INDIRIZZO), INDIRIZZO, convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Messina, COGNOME NOME e COGNOME NOME, proprietari dell’appartamento con esso confinante sul lato sud, lamentando che i predetti, eseguendo lavori di ampliamento in altezza e verso la loro proprietà, avevano costituito una serie di servitù illegittime elencate al punto G) numeri 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della citazione (vedute, luci, appoggio, pluviale, schermatura della scala in legno) e rappresentate nelle foto allegate, servitù delle quali si chiedeva di accertare l’inesistenza, con conseguente condanna dei convenuti alla loro rimozione, nonché al risarcimento di tutti i danni da essi patiti e patendi per effetto delle servitù contestate nella misura che sarebbe stata specificata all’esito dell’espletanda CTU, danni comprensivi anche della perdita di valore locativo subita dall’appartamento degli attori per l’imposizione delle illegittime servitù, nonché dell’ingiustificato arricchimento lucrato dai convenuti, che per le illegittime servitù avevano visto accresciuto illegittimamente il valore del loro immobile, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Si costituivano i COGNOME, che chiedevano il rigetto delle domande degli attori, ed in via riconvenzionale la condanna della controparte al pagamento dell’indennità loro dovuta per avere costruito la propria abitazione in appoggio al muro di loro proprietà,
ed al pagamento dell’indennità dovuta per la comunione del muro di confine, domande poi rinunciate.
Nella memoria ex art. 183 c.p.c. gli attori negavano di avere realizzato la loro costruzione in appoggio all’originario immobile dei COGNOME–COGNOME, e precisavano che erano piuttosto i predetti che, con gli ampliamenti realizzati del loro originario immobile, avevano invaso la loro proprietà, come già descritto al punto D) della citazione, insistendo nelle richieste risarcitorie avanzate.
Espletata CTU dall’AVV_NOTAIO. NOME AVV_NOTAIO per la compiuta descrizione dello stato dei luoghi con rilievi fotografici e planimetrici, per la verifica della sussistenza delle illegittime servitù lamentate in citazione, e per accertare se gli originari attori avessero edificato il proprio immobile in appoggio, o in aderenza al muro dell’immobile dei COGNOME–COGNOME, con riserva di successiva stima dei danni pretesi dagli attori, si accertava da parte del CTU che il muro degli originari attori era stato autonomamente costruito rispetto al muro comune preesistente, e che il vano contatore acqua dei COGNOMECOGNOME era stato invece costruito in appoggio su un pilastro degli originari attori.
Acquisita una prima relazione di chiarimenti del CTU sui rilievi formulati dagli attori e sulla quantificazione dei danni dagli stessi subiti, veniva inizialmente respinta con ordinanza del AVV_NOTAIO istruttore del 23/24.2.2010 la richiesta degli attori di ulteriore integrazione della CTU ai fini della determinazione della perdita di valore del loro immobile conseguente all’accertato appoggio su di esso del fabbricato COGNOME–COGNOME, sul presupposto che la relativa domanda risarcitoria non fosse stata tempestivamente avanzata dagli attori, mentre poi, previa revoca di quell’ordinanza, motivata dalla diversa valutazione dell’estensione delle domande risarcitoria tempestivamente avanzate dagli attori, veniva acquisita una seconda relazione integrativa del CTU, comprensiva
dell’ulteriore quantificazione del danno dagli stessi richiesta per l’illegittima servitù di appoggio costituita dai COGNOME.
Con la sentenza n. 504/2016 il Tribunale di Messina, sulla base della CTU espletata, accoglieva l’ actio negatoria servitutis, condannando i COGNOME all’eliminazione delle servitù illegittimamente costituite sul fabbricato degli attori descritte al punto G della citazione, al risarcimento dei danni subiti dagli attori, quantificati in complessivi € 51.459,13, ed al pagamento delle spese processuali, ed accertava che gli attori avevano costruito sul confine in aderenza, ma non appoggiando il proprio fabbricato al preesistente fabbricato COGNOME–COGNOME.
Appellata la sentenza di primo grado dai COGNOME, che lamentavano la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, assumendo che fossero state accolte domande risarcitorie tardivamente avanzate e non ricomprese tra le domande formulate in citazione, e che fossero stati espletati tramite CTU accertamenti estranei al thema decidendum, e contestavano che fosse stata riscontrata dall’ausiliario la servitù di veduta dalla veranda lato mare, la Corte d’Appello di Messina, con la sentenza n. 745/2018, nella resistenza degli originari attori, in prevalenza respingeva l’appello, salvo ridurre il risarcimento danni dovuto dai RAGIONE_SOCIALE ad € 49.770,84 oltre accessori, per esclusione dell’indennità di appoggio ex art. 876 cod. civ. di €1.688,29 riconosciuta in primo grado, ritenuta frutto di una non consentita duplicazione risarcitoria.
Per quanto ancora rileva la Corte d’Appello alla pagina 8 punto 4.1 osservava che non vi era stata alcuna violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ed alcuno sconfinamento degli accertamenti del CTU rispetto al thema decidendum, in quanto gli attori non avevano avanzato alcuna domanda nuova tardiva, posto che fin dall’atto di citazione avevano chiesto l’eliminazione delle servitù indebitamente costituite dai
NOME in danno del loro immobile ed il risarcimento dei danni derivanti dalla costituzione di quelle servitù, che poi si erano limitati a specificare senza incorrere nella violazione del divieto di mutatio libelli.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso a questa Corte di COGNOME–COGNOME, affidandosi a due motivi, ed hanno resistito COGNOME NOME in proprio e quale erede di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME quali eredi di COGNOME NOME con controricorso.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata per inammissibilità, o manifesta infondatezza del ricorso ex art. 380 bis c.p.c..
Il legale dei COGNOME, munito di procura speciale, ha presentato istanza di decisione ex art. 380 bis comma 2° c.p.c., nella quale ha altresì richiesto la cancellazione delle frasi offensive asseritamente contenute al paragrafo VII del controricorso, dove era stata definita “strana ” la sparizione del fascicolo d’ufficio nel corso del giudizio di primo grado, ed alla pagina 5, paragrafo VIII, rigo 22 e seguenti dello stesso atto, dove riferendosi al AVV_NOTAIO istruttore NOME COGNOME, che aveva emesso l’ordinanza del 23/24.2.2010 che inizialmente aveva respinto la richiesta, in seguito accolta, d’integrazione della prima relazione di chiarimenti del AVV_NOTAIO, era stato scritto ” riteneva la causa matura per la decisione sulla base di presupposti erronei, o a dir poco compiacenti verso i convenuti, ed instillava in nuce i principi di una ingiusta emananda sentenza “.
A seguito della fissazione dell’udienza camerale i controricorrenti hanno depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo parte ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 comma primo n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 163 comma 2 n. 3 e 4 c.p.c. e degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c..
Si duole parte ricorrente che la Corte d’Appello di Messina abbia considerato infondato il suo motivo di appello sulla violazione degli articoli 112, 115, 116, 183 e 132 c.p.c., ritenendo che gli originari attori avessero già richiesto nell’atto introduttivo il risarcimento dei danni subiti per lo sconfinamento del fabbricato COGNOME–COGNOME sulla loro proprietà, riconosciuto per € 41.640,00 nella seconda relazione integrativa del CTU e nella sentenza di primo grado, ancorché gli attori nell’atto di citazione avessero asseritamente domandato genericamente la condanna della controparte al risarcimento di tutti i danni patiti e patendi nella misura che sarebbe stata specificata all’esito dell’espletanda CTU, senza specificare i pregiudizi dei quali chiedevano il ristoro, potendo a tutto concedere riferirsi, alla domanda di risarcimento danni della citazione, solo le illegittime servitù indicate al punto G) dell’atto introduttivo ai numeri da 1) a 6) e non la servitù di sconfinamento.
Il primo motivo é inammissibile, in quanto con il ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal AVV_NOTAIO dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. (vedi in tal senso Cass. 24.9.2018 n. 22478; Cass. 25.8.2000 n. 11098).
Ulteriore ragione d’inammissibilità deriva dal fatto che il primo motivo non si confronta con la motivazione addotta dalla Corte d’Appello per giustificare la tesi avallata, che il risarcimento dei danni subiti dagli attori per le illegittime servitù costituite dai
COGNOMENOME sul loro fabbricato, comprenda anche il risarcimento del danno per lo sconfinamento del fabbricato COGNOME sulla loro proprietà, riconosciuto per €41.640,00. I ricorrenti inoltre ipotizzano, in contrasto con quanto già accertato, che gli attori nell’atto di citazione si fossero limitati a richiedere genericamente il risarcimento dei danni patiti e patendi nella misura che sarebbe stata specificata all’esito della CTU, senza stabilire fin dall’atto introduttivo del giudizio, come invece accertato, una stretta correlazione tra i danni lamentati, la cui esatta quantificazione sarebbe avvenuta all’esito degli accertamenti sullo stato dei luoghi del CTU, e le servitù illegittimamente costituite dai proprietari confinanti COGNOME a carico del loro immobile, elencate alla lettera G) della citazione e rappresentate nelle foto con essa prodotte, oggetto dell’actio negatoria servitutis, tra le quali rientrava anche la servitù di appoggio sul fabbricato degli attori, sottoposta a specifico accertamento nel contraddittorio delle parti nella seconda relazione integrativa del CTU.
A ben vedere la parte ricorrente non individua un’erronea interpretazione da parte della Corte d’Appello del contenuto normativo degli articoli 163 comma 2 n. 3 e 4 c.p.c. e degli articoli 112, 115, 116 e 183 c.p.c., che impongono il riferimento all’atto di citazione per l’individuazione del petitum e della causa petendi delle domande avanzate, alla memoria ex art. 183 c.p.c. per la precisazione e/o modificazione delle domande, ed al AVV_NOTAIO il rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in sede di decisione, e prima ancora l’espletamento di attività istruttoria, con eventuali accertamenti tecnici, entro i limiti del thema decidendum fissato dalle parti.
Parte ricorrente contrappone, inammissibilmente, una propria autonoma interpretazione del contenuto delle domande avanzate, basata, peraltro, sulla selezione solo parziale delle richieste
avanzate dalla controparte nella citazione, e sullo svilimento della stretta connessione da subito stabilita dagli originari attori tra i danni lamentati e le illegittime servitù contestate, compiutamente descritte, con indicazione esemplificativa, e non esaustiva, dei singoli pregiudizi patiti, poi meglio specificati in relazione alla medesima vicenda sostanziale, all’esito degli accertamenti peritali effettuati.
Per consolidato insegnamento di legittimità, l’interpretazione del contenuto della domanda giudiziale è comunque attività riservata al AVV_NOTAIO di merito ed è sindacabile in cassazione in una serie di ipotesi, in particolare laddove essa abbia prodotto un vizio di nullità processuale (vedi in tal senso Cass. 20.6.2024 n. 17113), vizio che nella specie, nonostante il richiamo anche alla violazione dell’art. 112 c.p.c., sulla violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, non é stato invocato.
Col secondo motivo i ricorrenti lamentano, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5) c.p.c. il travisamento della prova ed in relazione all’art. 360 comma primo n. 4) c.p.c. la violazione dell’art. 115 c.p.c..
Assumono i ricorrenti che, in ragione della fondatezza del loro primo motivo in punto di violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, e di effettuazione della seconda CTU integrativa su una domanda (risarcimento del danno per lo sconfinamento del fabbricato COGNOME–COGNOME sulla loro proprietà) estranea al thema decidendum, la Corte d’Appello sarebbe incorsa in vizi di motivazione e travisamenti delle prove, in quanto non si sarebbe potuta basare sugli accertamenti suppletivi compiuti dal CTU nella seconda relazione integrativa.
Una volta risultato inammissibile il primo motivo per le ragioni già illustrate, va respinto il secondo motivo, che aveva come presupposto indispensabile l’accoglimento di quel motivo.
3) Quanto alla richiesta di cancellazione di frasi sconvenienti ed offensive ex art. 89 c.p.c. avanzata dai ricorrenti nell’istanza di decisione ex art. 380 bis comma 2° c.p.c., premesso che la stessa va ritenuta ammissibile in questa sede, in quanto riferita al contenuto dell’avverso controricorso del giudizio di legittimità, ne va riconosciuta l’infondatezza per la parte in cui si lamenta, che al paragrafo VII di quel controricorso sia stata definita come ” strana ” la sparizione del fascicolo d’ufficio avvenuta durante l’espletamento della prima relazione di chiarimenti del CTU nel giudizio di primo grado, posto che effettivamente il rinvenimento in udienza della sola copertina del fascicolo d’ufficio senza atti, verbali ed allegati, non corrisponde al naturale e fisiologico svolgimento del processo e costituisce un’anomalia, che può essere dovuta sia a cause colpose, che a cause dolose, e che la definizione usata non ha un contenuto denigratorio, ma espositivo di una vicenda processuale.
Ugualmente infondata é la richiesta di cancellazione relativa alla pagina 5, paragrafo VIII, rigo 22 e seguenti del controricorso, in cui riferendosi al AVV_NOTAIO istruttore NOME COGNOME, che aveva emesso l’ordinanza del 23/24.2.2010 che inizialmente aveva respinto la richiesta, in seguito accolta, d’integrazione della prima relazione di chiarimenti del AVV_NOTAIO, é stato scritto ” riteneva la causa matura per la decisione sulla base di presupposti erronei, o a dir poco compiacenti verso i convenuti, ed instillava in nuce i principi di una ingiusta emananda sentenza “.
La frase suddetta, avente un contenuto ricostruttivo dello svolgimento del processo di primo grado, funzionale all’esercizio del diritto di difesa, in relazione al motivo di ricorso fatto valere in questa sede, sull’asserita violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, esprimeva certamente una forte critica, rispetto alla decisione iniziale del AVV_NOTAIO istruttore del giudizio di primo grado, di disattendere la richiesta d’integrazione dell’accertamento peritale nella parte in cui
parlava di decisione basata su presupposti erronei (perché le domande di risarcimento danni specificamente riportate in citazione erano state, per una svista lessicale, considerate esaustive della pretesa risarcitoria avanzata dagli attori, e non meramente esemplificative essendo stata omessa la congiunzione ‘ anche ‘ ). Anche la parte successiva, nella quale si é usata l’infelice espressione ” compiacenti verso i convenuti “, comunque riferita ai presupposti della decisione istruttoria inizialmente adottata dal AVV_NOTAIO istruttore, e non al comportamento del medesimo, non aveva una finalità denigratoria verso il AVV_NOTAIO NOME COGNOME, ma rappresentativa della corrispondenza della prima errata valutazione del thema decidendum con l’interpretazione proposta dagli originari convenuti, tanto che al terzo capoverso di pagina 6 del controricorso si é dato atto che il predetto AVV_NOTAIO, con l’ordinanza del 18.10.2012 aveva poi revocato la precedente sua errata ordinanza del 23/24.2.2010, disponendo il richiamo del CTU per l’integrazione della relazione, ritenendo che anche l’accertamento del danno subito dagli attori per lo sconfinamento del fabbricato COGNOME–COGNOME sulla loro proprietà facesse parte delle domande tempestivamente proposte dagli attori per il risarcimento dei danni patiti e patendi a causa delle illegittime servitù lamentate già in citazione. E’ infatti evidente che se il legale dei controricorrenti avesse inteso offendere la reputazione del AVV_NOTAIO istruttore NOME COGNOME, avrebbe riferito il termine ” compiacenti verso i convenuti “, non agli erronei presupposti della decisione da lui adottata il 23/24.2.2010, ma al suo comportamento di ingiustificato favore verso i convenuti, e non avrebbe poi dato atto del sopravvenuto superamento da parte del medesimo AVV_NOTAIO dell’erronea interpretazione che era stata posta a base di quella ordinanza.
Alla reiezione del ricorso segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese processuali del giudizio di legittimità liquidate in dispositivo, nonché al
risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c. ed al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende ex art. 96 comma 4° c.p.c. nelle misure precisate in dispositivo, per la sostanziale conformità della decisione alla proposta di definizione anticipata.
Sussistono i presupposti per l’imposizione di un ulteriore contributo a carico dei ricorrenti in solido, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte di RAGIONE_SOCIALEzione respinge il ricorso e l’istanza dei ricorrenti di cancellazione di frasi offensive e li condanna in solido al pagamento in favore dei controricorrenti delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per spese ed € 6.200,00 per compensi, oltre IVA, CA e rimborso spese generali del 15%, del risarcimento danni ex art. 96 comma 3° c.p.c., liquidati in € 6.200,00, ed al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende della somma di € 3.000,00. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti per l’imposizione di un ulteriore contributo a carico del ricorrente, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 9.10.2024