Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20351 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20351 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10800/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, in qualità di unici eredi di NOME COGNOME; rappresentati e difesi dall’ AVV_NOTAIORAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
-ricorrenti- nei confronti di
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL) e NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura su foglio separato;
-controricorrente-
nonché di
A.C. 17.05.2024
NNUMERO_DOCUMENTO
Pres. Scrima
Est. COGNOME
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale dr.ssa NOME COGNOME; rappresentata e difesa dall’ AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura su foglio separato; elettivamente domiciliata presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza n. 1710/2020 della CORTE d’APPELLO di FIRENZE, pubblicata il 9 ottobre 2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17
maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 12 aprile 2013, il RAGIONE_SOCIALE di pace di Lucera dichiarò NOME COGNOME colpevole dei reati di ingiuria e diffamazione, commessi, nella qualità di vice direttore di RAGIONE_SOCIALE, in danno di NOME COGNOME, curatore fallimentare della RAGIONE_SOCIALE, per averlo accusato, con una lettera del 10 marzo 2010, di avere omesso l’adempimento dei doveri del proprio ufficio, mancando di provvedere su una istanza di transazione regolarmente depositata dalla banca.
Nel processo si era costituita parte civile la persona offesa, NOME COGNOME, che ottenne sentenza di condanna generica solidale dell’ imputato NOME COGNOME e della responsabile civile RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno, da liquidarsi in sede civile.
In seguito ad appello dell’imputato, il Tribunale di Lucera, con sentenza del 7 ottobre 2014, emise sentenza assolutoria con la formula ‘perché il fatto non costituisce reato’.
La Corte di cassazione, Quinta Sezione Penale, in accoglimento del ricorso proposto dalla parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell’imputato , con sentenza del 22 novembre 2016
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rinviò, ex art. 622 cod. proc. pen., al giudice civile competente per valore in grado d’appello.
4. Riassunto il giudizio da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME (deceduto nelle more), dinanzi alla Corte d’appello di Bari, quest’ultima, con sentenza 9 ottobre 2020, n. 1710, ha: a) premesso che, in sede di costituzione di parte civile, NOME COGNOME aveva domandato alternativamente la condanna specifica dei responsabili al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 300.000, o la condanna generica, con liquidazione del danno in separata sede; b) accertato il carattere diffamatorio (e persino calunnioso) della condotta serbata da NOME COGNOME nella qualità di vice direttore dell’istituto di credito, per avere accusato NOME COGNOME di non aver provveduto, quale curatore del RAGIONE_SOCIALE, sull’ istanza di definizione transattiva del giudizio di opposizione allo stato passivo depositata dalla banca creditrice, pur essendo consapevole della avvenuta emissione, al riguardo, sia del parere del curatore che del diniego di autorizzazione del Tribunale; c) escluso, tuttavia, la sussistenza del danno, osservando che gli attori non avevano dato la prova né dei pregiudizi patrimoniali né dei pregiudizi non patrimoniali e che, anzi, dalla documentazione versata in atti, risultava che, non ostante la missiva diffamatoria e calunniosa, NOME COGNOME aveva proseguito nell’attività di curatore fallimentare, ricevendo nuovi incarichi dai Tribunali di Foggia e Lucera, ciò che dimostrava che la lettera del 10 marzo 2010 non aveva in alcun modo alterato l’ immagine del professionista nell’ambito della cerchia di appartenenza sociale e che egli aveva continuato a godere della piena fiducia e della stima degli organi istituzionali.
A.C. 17.05.2024
NNUMERO_DOCUMENTO
Pres. Scrima
Est. COGNOME
Avverso la sentenza della Corte barese propongono ricorso per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
Rispondono con distinti controricorsi NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (succeduta a RAGIONE_SOCIALE), i quali, oltre a resistere al ricorso, invocano la condanna dei ricorrenti per responsabilità processuale aggravata ex art.96 cod. proc. civ..
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art 380 -bis .1, cod. proc. civ..
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
I ricorrenti e la controricorrente RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene denunciata, ex art. 360 n. 4 cod. proc. civ., la ‘nullit à della sentenza, ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c., per ultrapetizione e per omesso esame della domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, in violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c.’.
Secondo i ricorrenti, il RAGIONE_SOCIALE di rinvio si sarebbe ‘ inammissibilmente pronunciato in modo specifico, pieno, sulla richiesta di risarcimento dei danni che invece era sempre stata avanzata nella limitata forma della condanna generica ed in relazione alla quale non si è ottenuta alcuna pronuncia ‘.
Osservano: che nell’atto di costituzione di parte civile nel processo penale dinanzi al RAGIONE_SOCIALE di pace di Lucera, era stata richiesta condanna generica dell’ imputato e del responsabile civile al risarcimento, con liquidazione del danno in separata sede; che nell’ambito del medesimo processo la parte civile aveva concluso insistendo per tale condanna e
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chiedendo la liquidazione di provvisionale nei limiti del danno per cui si era raggiunta la prova; che la domanda di condanna generica era stata accolta dal RAGIONE_SOCIALE di pace; che tale condanna -di cui essi avevano invocato la conferma nei gradi successivi del giudizio -non era stata espressamente impugnata; che, infine, la domanda di condanna generica era stata da loro riproposta nel giudizio di rinvio dinanzi alla Corte d ‘ Appello di Bari, ove si era domandato di ‘ condannare, per l’effetto, ex artt. 185 c .p. e 2043, 2056 e 2059 c.c. il COGNOME NOME, in solido ex artt. 2049 e 1292 c.c. con BancApulia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti dalla parte civile AVV_NOTAIO, quale persona offesa dal reato, per i fatti di cui è processo come richiesti in sede di costituzione di parte civile e quantificati nelle relative conclusioni scritte di tutti e tre i gradi del giudizio penale – ed a liquidarsi in separata sede (come statuito con la pronuncia di 1° grado del RAGIONE_SOCIALE di Pace di Lucera e non impugnato in appello, giusta pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale di cui Cass. civ. 19/01/1996 n. 417, Cass. civ. 08/04/2015 n. 7004, etc.) in favore degli eredi di essa parte civile sigg. COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME‘ .
Sulla base di queste deduzioni, i ricorrenti sostengono che era stata proposta e reiterata nel corso di tutti i gradi e le fasi del giudizio la domanda di condanna generica al risarcimento e che, quand’anche ‘ l’originaria domanda dinanzi al RAGIONE_SOCIALE di Pace dovesse mai qualificarsi come domanda di condanna piena al risarcimento dei danni (anche alternativa alla domanda di condanna generica, come ritenuto dal RAGIONE_SOCIALE di rinvio al punto n. 3.1, ultimo capoverso di cui a pag. 5 della sentenza) ‘, essa domanda avrebbe potuto essere ‘ modificata in
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domanda di condanna generica alla luce del nuovo orientamento giurisprudenziale in ordine al giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p. ‘.
Argomentando, quindi, dal rilievo che sarebbe consentita l’ emendatio libelli in tale fase processuale, stante la sua natura di giudizio autonomo, i ricorrenti concludono che, ‘ non avendo il RAGIONE_SOCIALE del rinvio pronunciato sulla formulata domanda di condanna generica, ossia limitata all”an debeatur’, ma essendo incorso in ultrapetizione, avendo invero pronunciato su una domanda, mai formulata, di condanna piena e, dunque, estesa anche al ‘quantum debeatur’ … palese ed inoppugnabile discende la nullità dell’impugnata sentenza della Corte di Appello di Bari, ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c. ‘.
1.1. Il motivo è manifestamente infondato.
1.1.a. Questa Corte, nel suo massimo consesso, ha affermato i seguenti principi: a) ai fini del risarcimento del danno, la vittima di un fatto illecito può proporre una domanda limitata ab origine all’accertamento del solo an debeatur , con riserva di accertamento del quantum in un separato giudizio; b) nel giudizio introdotto da una siffatta domanda, peraltro, il giudice, su istanza di parte, può pronunciare anche condanna provvisionale ai sensi dell’art. 278 cod. proc. civ., nei limiti in cui ritiene raggiunta la prova, anche se non è stata fatta domanda di quantificazione del danno; c) la condanna alla provvisionale, possibile anche nel giudizio ex art. 622 cod. proc. pen., postula l’accertamento del danno, inteso quale conseguenza dannosa risarcibile, almeno in parte, mentre per l’accoglimento della domanda generica è sufficiente che l ‘ esistenza di un danno sia solo probabile, e quindi è sufficiente l’ accertamento del danno-evento; d) poiché, ai fini
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dell’accoglimento della domanda generica sull’ an debeatur , è necessario (ma anche sufficiente) che il danno sia soltanto ‘ probabile ‘ , il danneggiato che abbia circoscritto l’azione a tale domanda non è onerato di indicare analiticamente i mezzi di prova di cui intende avvalersi nel futuro e separato giudizio sul quantum debeatur , i quali, anzi, ove indicati, non dovrebbero essere ammessi, in quanto irrilevanti (Cass., Sez. Un., 12 ottobre 2022, n.29862).
1.1.b. I principi affermati dalle Sezioni Unite hanno fatto giustizia del contrastato orientamento secondo cui, anche ai fini dell’ ottenimento di una sentenza di condanna generica con provvisionale, ex art. 278 cod. proc. civ., il creditore-attore sarebbe stato onerato di formulare espressa domanda di quantificazione del danno, nonché di dedurre i relativi mezzi di prova.
Da essi principi può trar si l’ implicazione per cui, se il danneggiato esercita la facoltà processuale di limitare la domanda all’ an debeatur , (eventualmente chiedendo la condanna del danneggiante ad una provvisionale), il giudice non può pronunciare la condanna specifica: una siffatta pronuncia, infatti, violerebbe sia il principio dispositivo in senso materiale (art.112 cod. proc. civ.), che riserva alle parti la disponibilità dell’ oggetto del processo, sia il principio dispositivo in senso formale (art.115 cod. proc. civ.), che riserva alle parti la disponibilità delle prove.
Ciò vale non solo nel caso in cui la domanda specifica sia rigettata ma anche nel caso in cui sia accolta, in quanto al danneggiato è stato inibito l’ esercizio del diritto alla prova sulla quantificazione del danno, esercizio che -in thesi -avrebbe potuto consentirgli di ottenere una liquidazione del danno in misura superiore.
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Pres. Scrima
Est. COGNOME
1.1.c. I principi affermati dalle Sezioni Unite, però, valgono per la fattispecie in cui il danneggiato abbia limitato la domanda all’ an debeatur . Nel caso in esame, invece, sia in sede penale (con la costituzione di parte civile) sia nel giudizio ex art.622 cod. proc. civ., (ove la richiesta risarcitoria era stata formulata facendo rinvio a quella contenuta nella detta costituzione), i ricorrenti hanno proposto entrambe le domande, per un verso chiedendo la condanna dei responsabili ‘ alla complessiva somma di € 300.000,00 (euro trecentomila/00) od alla diversa maggiore o minore somma dovesse essere ritenuta di giustizia ‘ , per altro verso chiedendo la liquidazione del danno in separata sede , non risultando, tra l’altro dalle deduzioni contenute e dalle argomentazioni formulate nel ricorso -che tali richieste abbiano formato oggetto di espresse mutationes od emendationes , intese a restringerne l’ambito ad una del le domande proposte.
L a rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda costituisce oggetto di un giudizio di fatto riservato al giudice del merito (Cass. 10/06/2020, n. 11103; Cass. 21/09/2023, n. 27181), censurabile in sede di legittimità solo quando risulti alterato il senso letterale o il contenuto sostanziale dell’atto interpretato (Cass. 5/02/2004, n.2148) o quando, attraverso il non corretto esercizio dell’operazione interpretativa , vengano violati i limiti rappresentati, da un lato, dal rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e, dall’altro, dal divieto di sostituire d’ufficio un’ azione diversa da quella espressamente e formalmente proposta (Cass. 16/10/1979, n. 5399; Cass. 25/02/2019, n. 5402).
Nel caso in esame, n ell’ esercizio di questo potere, la Corte d’ appello ha ritenuto che le due domande (generica e specifica) formulate dai
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danneggiati si ponessero in rapporto di alternatività e ha provveduto esclusivamente sulla domanda specifica, il rigetto della quale ha implicato l’ implicito rilievo di inammissibilità della domanda generica, per difetto di interesse ad ottenere un provvedimento che non avrebbe avuto alcuna utilità in relazione al bene della vita invocato.
1.1.d. Al riguardo, giova precisare -ed in tal senso va corretta in la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo è comunque conforme a diritto -che tra la domanda relativa all ‘ an debeatur e quella relativa al quantum debeatur non si pone un rapporto di piena alternatività, ma un rapporto di pregiudizialità che la giurisprudenza di questa Corte, con orientamento risalente, autorevolmente espresso (Cass., Sez. Un., 26/07/2004, n. 14060) e mai smentito ( ex aliis , Cass. 11/03/2005, n. 5431; Cass. 4/07/2007, n. 15111; Cass. 21/02/2017, n. 4442), inquadra nella categoria della pregiudizialità logica , non soggetta all’ applicazione del l’art. 34 cod. prov. civ., applicazione circoscritta alla diversa fattispecie della pregiudizialità tecnica.
Pertanto, mentre , nell’ ipotesi in cui le due domande siano proposte contemporaneamente davanti a due giudici diversi, non deve procedersi alla sospensione necessaria del giudizio sul quantum in attesa della definizione di quello sul l’ an (in tema, Cass., Sez. Un., 19/06/2012, n. 10027; Cass. 16/12/2009, n. 26435; Cass. 29/03/2023, n. 8885), nella diversa ipotesi di proposizione delle domande contemporaneamente dinanzi al medesimo giudice, la domanda pregiudiziale non deve essere decisa autonomamente, poiché l’ accertamento sul diritto pregiudicato (oggetto della domanda di condanna specifica) implica quello sul rapporto pregiudicante (oggetto della domanda di condanna generica) , cui si estende l’effetto di giudicato.
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Debitamente, dunque, la Corte di merito ha pronunciato sulla domanda di condanna specifica e sul diritto logicamente pregiudicato con essa azionato, emettendo una statuizione che estende implicitamente i suoi effetti alla domanda di condanna generica e al diritto (pregiudicante) che ne formava oggetto.
Deve pertanto escludersi il denunciato vizio di violazione della regola della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, con rigetto del primo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo, proposto in via subordinata rispetto al precedente, viene denunciata la ‘ nullità della sentenza, ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c., per omesso esame della domanda di condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali da lesione dell’onore e del decoro, nonché del danno morale, in violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c. ‘ .
2.1. Anche questo motivo è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, infatti, ha accertato il carattere diffamatorio (e persino calunnioso) della missiva del 10 marzo 2010 e ha quindi confermato il giudizio circa la sussistenza della lesione dell’onore e della reputazione di NOME COGNOME già espresso dalla sentenza di condanna generica emessa nel primo grado del giudizio penale. Riaffermata la sussistenza del rapporto di causalità materiale tra la condotta e l’evento di danno, la domanda risarcitoria è stata però rigettata in seguito al rilievo del difetto della causalità giuridica, ovverosia per la rilevata mancanza di conseguenze dannose del detto evento lesivo, la cui prova avrebbe dovuto essere fornita dal danneggiato.
Nessuna omessa pronuncia è, dunque, ravvisabile nella statuizione di rigetto, fondata sul motivato apprezzamento di merito della mancanza del danno risarcibile.
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Con il terzo motivo, proposto sempre in via subordinata rispetto al primo, viene denunciato ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.’ .
I ricorrenti lamentano che la Corte d’appello abbia omesso di considerare ed esaminare la circostanza storica che la lettera raccomandata del 10 marzo 2010, dal contenuto diffamatorio, era stata inoltrata, come appariva dai destinatari ivi indicati, oltre che a ll’offeso, al RAGIONE_SOCIALE Delegato del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e al Presidente del Tribunale di Lucera, anche al Procuratore della Repubblica presso detto Tribunale.
Tale mancata considerazione sarebbe stata decisiva per il giudizio di rigetto della domanda risarcitoria da lesione della reputazione sia personale che professionale del AVV_NOTAIO COGNOME, la quale sarebbe stata altrimenti accolta ‘per via del discredito arrecatogli nei confronti del Procuratore (il quale, difatti, ovviamente non avendogli mai conferito alcun incarico, nessuna ‘piena fiducia’ o ‘stima’ ha mai successivamente manifestato nei suoi confronti!) e che si deduce non soltanto dal notorio (atteso l’esplicito addebito di omissione di atti d’ufficio come mosso al AVV_NOTAIO COGNOME con tale raccomandata) ma, quale prova presuntiva, anche dalle indagini concretamente poi avviate nei confronti del AVV_NOTAIO COGNOME, giusta la prefata richiesta di informativa della Procura nei confronti di BancApulia S.p.A. in ordine alle denunciate om issioni di doveri d’ufficio da parte del AVV_NOTAIO COGNOME! ‘.
3.1. Il terzo motivo è inammissibile, in quanto perplessa e incomprensibile si palesa la censura sotto il profilo del rilievo della necessaria decisività del fatto omesso.
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In ogni caso, esso sarebbe stato infondato proprio in ragione del difetto di decisività del fatto di cui si è denunciato l’omesso esame, atteso che il rilievo che la missiva diffamatoria fosse stata spedita anche al Procuratore della Repubblica non avrebbe in alcun modo inciso sul giudizio circa l ‘insussistenza del danno risarcibile, fondato sul l’accertamento che la detta missiva non aveva alte rato l’ immagine sociale del professionista, il quale aveva continuato a godere, inoltre, della stima e della fiducia degli organi istituzionali (in particolare, i Tribunali di Foggia e di Lucera) con cui aveva collaborato e che avevano continuato ad avvalersi della sua collaborazione.
Con il quarto motivo, formulato sempre in via subordinata rispetto al primo, viene denunciat a la ‘ nullità della sentenza ex art.360 c.1 n.4, cpc per inammissibilità dei nuovi documenti prodotti dalle controparti nel giudizio di rinvio ‘.
4.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non tiene conto della ratio decidendi della sentenza impugnata.
Nel giudizio civile di rinvio ex art. 622 cod. proc. civ., si determina una piena ‘ translatio ‘ del giudizio sulla domanda, sicché la Corte d ‘ appello competente per valore, cui la Cassazione in sede penale abbia rimesso il procedimento ai soli effetti civili, è tenuta ad applicare le regole processuali e probatorie proprie del processo civile, con la conseguenza che, in ossequio all’art. 2697 cod. proc. civ., la parte civile assume la veste di attore-danneggiato e l’imputato quella di convenuto-danneggiante (in termini, Cass. 20/01/2022, n. 1754).
Facendo debita applicazione di tale principio, la Corte territoriale, sulla premessa che gli attori avrebbero dovuto assolvere l’ onere di provare l’ esistenza e l’entità del danno risarcibile, ha rigettato la
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domanda risarcitoria per « assenza di prova del danno » medesimo. (pag.6, quarto capoverso, della sentenza impugnata).
L’espresso giudizio di ammissibilità dei documenti depositati dalla parte convenuta e il conseguente apprezzamento della dimostrazione positiva (tratta da tali mezzi di prova) della perdurante situazione di stima sociale e professionale di cui NOME COGNOME aveva continuato a godere non ostante la diffamazione subìta, sono stati aggiunti ad abundantiam nella motivazione del giudice del merito, stante il rilievo che non spettava ai convenuti dare la prova dell’assenza del danno ma agli attori fornire la dimostrazione della sua esistenza e della sua entità.
Il motivo di ricorso in esame va dunque dichiarato inammissibile.
in analoga sanzione di inammissibilità incorre il quinto motivo, con cui, in via subordinata rispetto al precedente, si denuncia ‘ nullità della sentenza, ex art. 360 co. 1 n. 4 c.p.c., per omessa rimessione in termini ex art. 153 co. 2 c.p.c. da ‘prospective overruling’ e violazione del diritto di difesa e del diritto al giusto processo di cui agli artt. 24 co. 2 e 111 co. 1 e 2 cost.’ .
Il motivo, in estrema sintesi, è fondato sulla doglianza che la Corte d’ appello avrebbe omesso di pronunziare la rimessione in termini degli attori per consentire loro di controdedurre rispetto alla produzione documentale di controparte e produrre eventualmente nuovi documenti.
La premessa logica di tale doglianza è che il progressivo consolidarsi dell’orientamento di questa Corte in ordine alla natura autonoma del giudizio ex art. 622 cod. proc. pen. e alla sua soggezione alle regole processuali e probatorie proprie del processo civile integrerebbe un’ipotesi di ‘ prospective overruling ‘.
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5.1. Orbene, al di là dell ‘ agevole rilievo che la fattispecie del ‘ prospective overruling ‘ richiede la cumulativa presenza di presupposti ( 1) che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; 2) che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; 3) che il suddetto ‘ overruling ‘ comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte), i quali non si integrano riguardo all’inter pretazione data da questa Corte all’art. 622 cod. proc. pen., deve anche con riguardo alla censura in esame osservarsi che la ratio decidendi della statuizione impugnata si fonda sulla mancata assoluzione, da parte degli attori, dell’ onere della prova del danno e che il tema della ammissibilità della produzione documentale dei convenuti e della sua valutazione in funzione della prova positiva della perdurante stima sociale e professionale del danneggiato, è stato affrontato ad abundantiam .
Anche il quinto motivo va dunque dichiarato inammissibile.
In definitiva, il ricorso va complessivamente rigettato.
Non sussistono i presupposti per l’accoglimento della d omanda di risarcimento per responsabilità processuale aggravata formulata dai controricorrenti.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo a carico dei ricorrenti ed in favore di ciascuna delle due parti controricorrenti in relazione all’attività difensiva rispettivamente spiegata.
Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art.13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei
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ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida, per NOME COGNOME in Euro 2.200,00 per compensi, e per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. in Euro 3.200,00 per compensi, oltre, per ciascuna delle parti controricorrenti, alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione