Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4841 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2   Num. 4841  Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4264/2019 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
COGNOME  NOME,  elettivamente  domiciliato  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato  COGNOME  NOME  (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di TRIBUNALE PALERMO n. 3157/2018 depositata il 28/06/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME. Premesso che:
1.NOME COGNOME citava davanti al giudice di Pace di Palermo AVV_NOTAIO chiedendo fosse condannata al rimborso della metà delle spese sostenute per un immobile di proprietà comune. La convenuta si costituiva all’udienza del 10 marzo 2015 e faceva valere, in via riconvenzionale, un credito per somme sborsate per conto dell’attore in relazione all’acquisto di un altro immobile. A tale udienza l’attore chiedeva termine per esame della domanda riconvenzionale e la causa veniva rinviata al 7 aprile 2015. In questa data l’attore faceva valere un ulteriore credito in compensazione di quello fatto valere in via riconvenzionale dalla convenuta, rinveniente da mancata restituzione di prelevamenti effettuati dalla convenuta stessa da un conto corrente cointestato. L’attore chiedeva termine per produzioni documentali e istanze istruttorie. All’udienza del 13 maggio depositava documentazione inerente il credito vantato in compensazione. Il Giudice di Pace accoglieva la domanda principale, dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale perché sconnessa dalla principale e dichiarava la stessa domanda infondata alla luce del controcredito dell’attore;
2.il Tribunale di Palermo, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello della convenuta. Riteneva che ‘sia la domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta che l’eccezione di compensazione dei crediti sollevata da parte attrice si riferivano a risalenti rapporti di crediti tra le parti del tutto diversi da quello dedotto in giudizio’ con la domanda principale. Aggiungeva che erano condivisibili le decisione del Giudice di Pace di inammissibilità della riconvenzionale perché ‘troppo diversa’ dalla domanda
principale, di infondatezza della riconvenzionale ‘alla luce della documentazione prodotta dall’attore che ha dimostrato che la convenuta aveva prelevato somme di denaro dal conto corrente cointestato senza operare alcuna restituzione’, di ammissibilità dell’ ‘eccezione riconvenzionale di compensazione spiegata dall’attore’ trattandosi di ‘eccezione contenuta nei limiti della competenza del giudice di pace’. Il Tribunale affermava altresì che il documento -un ‘atto di divisione’ -prodotto dalla COGNOME in appello a sostegno della deduzione per cui vi sarebbe stata una reciproca rinuncia a far valere crediti tra cui quello fatto valere dall’attore in compensazione, non era idoneo allo scopo in quanto non poteva dirsi che tra i crediti oggetto di rinuncia vi fossero quelli oggetto del giudizio. Il Tribunale confermava la sussistenza del credito di rimborso oggetto della domanda principale di NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre per la cassazione della sentenza del Tribunale con sei motivi avversati  da  NOME COGNOME con controricorso;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 320 c.p.c.  e  nullità  del  procedimento,  in  relazione  all’art.  360,  primo comma,  n.3  e  n.4.  c.p.c.  per  avere  il  Tribunale  confermato  la decisione di ammissibilità dell’eccezione di compensazione nonostante  fosse  stata  sollevata  oltre  la  prima  udienza  e  quindi tardivamente;
2.con  il  secondo  motivo  di  ricorso  si  lamenta  violazione  e  falsa applicazione degli artt. 1243 c.c. 7, 34, 35, 36 c.p.c., in relazione all’art.  360,  primo  comma,  n.3,  c.p.c.  per  avere  il  Tribunale ritenuto  ammissibile  l’eccezione  di  compensazione  nonostante  la stessa  fosse  ‘nuova  sia  per  petitum  sia  per  causa  petendi’  e richiedesse, pur essendo limitata allo soglia della competenza per
valore del giudice di pace, ‘un accertamento in astratto suscettibile di essere deciso con valore di giudicato’ con conseguente necessità, per il giudice di pace, ‘ai sensi dell’art. 34 c.p.c.’, di rimessione dell’intera causa al tribunale;
3.con il terzo motivo di ricorso si lamentano l’omesso esame di un fatto decisivo per la controversia e la nullità della sentenza per omessa motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 e n. 5, c.p.c., per avere il Tribunale trascurato le risultanze della documentazione prodotta dalla ricorrente in primo grado e dalle quali emergeva che il controcredito fatto valere da NOME COGNOME era inesistente e per avere il Tribunale solo apparentemente motivato la decisione per cui, al contrario, tale controcredito era dimostrato;
4.con il quarto motivo di ricorso si ripropone la doglianza veicolata con il terzo motivo prospettandosi che il Tribunale, trascurando di esaminare  la  documentazione  prodotta  dalla  ricorrente,  avrebbe violato l’art. 112 c.p.c.;
5. con il quinto motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame di un fatto  decisivo  per  la  controversia  e  la  nullità  della  sentenza  per omessa motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 e n.  5,  c.p.c.,  per  avere  il  Tribunale  ritenuto,  senza  alcun  discorso esplicativo, irrilevante l’atto di divisione da cui invece era ricavabile che il controcredito di NOME era inesistente;
6. come sesto motivo di ricorso è proposta non una censura della sentenza impugnata ma solo un auspicio: ‘Confidandosi nell’accoglimento del ricorso si chiede che anche la statuizione sulle spese venga annullata e che il Sig. NOME COGNOME sia condannato al pagamento delle spese dell’intero giudizio’;
il primo e il secondo motivo possono essere esaminati assieme perché entrambi relativi a questioni procedurali inerenti l’eccezione
di  compensazione  formulata  dall’attore  in  risposta  alla  domanda riconvenzionale della convenuta.
I motivi sono inammissibili per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.).
Per principio generale, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa (v. tra le varie, Sez. 3 -Ordinanza n. 26419 del 20/11/2020). Nel caso in esame, il giudice di appello non ha attribuito alcun rilievo pratico all’eccezione di compensazione formulata dall’attore, come si evince dalla locuzione a pag. 2, righe 9 e ss., della sentenza impugnata: ‘ Resta il fatto, comunque, che sia la domanda riconvenzionale proposta dalla convenuta che l’eccezione di compensazione dei crediti sollevata da parte attrice si riferivano a risalenti rapporti di crediti tra le parti del tutto diversi da quello dedotto in giudizio …’. Le pretese creditorie formulate dall’attore nella memoria del 13.5.2015 non sono state esaminate dal giudice di merito perché ultronee rispetto alla sola pretesa presa in considerazione ossia quella iniziale di rimborso della somma di €. 1.546,07 per lavori;
8. il terzo motivo di ricorso è inammissibile sia nella parte in cui si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo sia nella parte in cui si deduce che la sentenza impugnata mancherebbe di motivazione.
Per la prima parte, il motivo è inammissibile in quanto, a fronte di un  doppio  accertamento  conforme  del  Giudice  di  Pace  e  del Tribunale,  l’impugnazione  della  sentenza  d’appello  soggiace  alla preclusione derivante dalla regola di cui all’art. 348-ter, comma 5, c.p.c.
Per  la  seconda  parte  il  motivo  è  inammissibile  perché  il  preteso difetto di motivazione è riferito ad una statuizione -quella per cui il controcredito  fatto  valere  da  NOME  COGNOME  era dimostrato- che non esprime la ratio decidendi.
Il giudice d’appello, infatti, come si è già osservato in riferimento ai primi  due  motivi  di  ricorso,  non  ha  tenuto  conto  delle  pretese creditorie  dell’attore  di  cui  alla  memoria  del  13.5.2015  e,  quanto alla riconvenzionale, ne ha confermato l’inammissibilità condividendo la decisione del Giudice di Pace che aveva ravvisato la diversità dei titoli (come viene riportato nel controricorso a pag. 5).
A questa parte del motivo si attaglia pertanto il principio per cui ‘La proposizione,  con  il  ricorso  per  cassazione,  di  censure  prive  di specifiche  attinenze  al  “decisum”  della  sentenza  impugnata  è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366  n.4) c.p.c., con conseguente  inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio’ (Cass. 20910/2017; Cass. 19989/2017); 9. il quarto motivo è inammissibile.
Merita ricordare che ‘il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto’ (Cass. n.28308/2017).
Nel caso in esame, il vizio non ricorre perché il giudice di appello ha esaminato  sia la domanda  riconvenzionale  che l’eccezione di compensazione ma le ha dichiarate estranee all’oggetto del giudizio perché fondate su titoli  diversi  da  quello  fatto  valere  inizialmente dall’attore. Questa autonoma ratio, come già osservato, non viene specificamente censurata;
10.  il  quinto  motivo  di  ricorso  è  inammissibile  laddove  prospetta l’omesso  esame  di  un  fatto  decisivo  stante  il  già  richiamato disposto dell’art. 348 ter, comma 5, c.p.c.
Il motivo è invece infondato laddove prospetta il vizio di motivazione apparente.
Come precisato da questa Corte (tra le varie, v. SSUU ord. n.2767/2023 ‘La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (tra le varie, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830). Scendendo più nel dettaglio sull’analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. tra le tante, Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016 Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del
2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022 Rv. 664061; Sez. 6 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019 Rv. 654145)’. Nel caso in esame tale vizio non ricorre perché il Tribunale ha motivato sull’eccezione di transazione, escludendo che la clausola transattiva contenuta nell’atto divisionale si riferisse ai crediti controversi. La decisione si sottrae a censura perché dalla premessa della divisione (riportata dallo stesso ricorso a pag. 27) risulta che i crediti transatti si riferivano agli appartamenti di INDIRIZZO e INDIRIZZO , mentre le spese oggetto della domanda giudiziale azionata dall’attore riguarda sempre secondo quanto riporta lo stesso ricorso (v. pag. 6) -i lavori nell’appartamento di INDIRIZZO primo piano;
il sesto motivo di ricorso è, come già evidenziato, in realtà solo un auspicio e quindi resta assorbito dall’esito dell’esame dei primi cinque motivi;
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
 le  spese  seguono  la  soccombenza;  sussistono  i  presupposti processuali per il raddoppio del contributo.
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in € . 1. 300,00  per  compensi  professionali,  €  200,00  per  esborsi  oltre rimborso  forfettario  delle  spese  generali  nella  misura  del  15%  e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME