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Domanda riconvenzionale: quando è ammissibile?

Una società e i suoi garanti si opponevano a un decreto ingiuntivo di una banca. Nel corso della causa, la società presentava una domanda riconvenzionale per danni. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5484/2024, ha stabilito un principio chiave: la domanda riconvenzionale è ammissibile quando esiste un collegamento oggettivo con la domanda principale, tale da rendere opportuno un unico processo, anche se non condividono lo stesso titolo giuridico. La Corte ha cassato la decisione d’appello che aveva erroneamente dichiarato inammissibile tale domanda, rinviando la causa per un nuovo esame.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domanda Riconvenzionale: Quando è Ammissibile? La Cassazione Chiarisce

In un contenzioso bancario, quali sono i limiti entro cui la parte convenuta può avanzare una propria pretesa contro chi l’ha citata in giudizio? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5484 del 1° marzo 2024, è tornata a pronunciarsi sui criteri di ammissibilità della domanda riconvenzionale, fornendo indicazioni preziose per la strategia processuale. Il caso analizzato offre lo spunto per comprendere quando un collegamento di fatto tra le pretese sia sufficiente a giustificare la trattazione congiunta in un unico processo.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’azione legale intentata da un istituto di credito nei confronti di una società e dei suoi fideiussori per il recupero di somme derivanti da due contratti di mutuo e da uno scoperto di conto corrente. La società, opponendosi al decreto ingiuntivo ottenuto dalla banca, non si era limitata a difendersi, ma aveva a sua volta presentato una domanda riconvenzionale.

Nello specifico, la società chiedeva il risarcimento dei danni subiti a causa del comportamento della banca, la quale si sarebbe rifiutata di acconsentire alla riduzione di un’ipoteca su un immobile. Tale immobile era stato oggetto di un contratto preliminare di vendita, e il rifiuto della banca avrebbe impedito alla società di incassare il prezzo e di ottenere un nuovo finanziamento, causando un grave pregiudizio economico.

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva ritenuto inammissibile questa domanda riconvenzionale, considerandola non connessa al titolo dedotto in giudizio dalla banca (i contratti di mutuo). Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso per Cassazione.

La Decisione della Corte sulla Domanda Riconvenzionale

Il punto focale della pronuncia della Suprema Corte riguarda proprio la valutazione di ammissibilità della domanda riconvenzionale ai sensi dell’art. 36 del Codice di Procedura Civile. La Corte ha accolto il motivo di ricorso della società, affermando che la Corte d’Appello aveva errato nell’interpretare la norma in senso eccessivamente restrittivo.

La Cassazione ha chiarito che, quando la domanda riconvenzionale non comporta uno spostamento di competenza per materia o valore, per la sua ammissibilità è sufficiente che esista “un qualsiasi rapporto o situazione giuridica in cui sia ravvisabile un collegamento obbiettivo tra domanda principale e domanda riconvenzionale”. Questo collegamento deve essere tale da rendere “consigliabile e opportuna” la celebrazione di un unico processo (simultaneus processus), al fine di garantire l’economia processuale e prevenire il rischio di giudicati contrastanti.

Nel caso specifico, il collegamento era evidente: la pretesa risarcitoria della società era direttamente legata alla gestione del rapporto di mutuo ipotecario, che era proprio l’oggetto della causa principale intentata dalla banca. Il rifiuto di ridurre l’ipoteca era una condotta tenuta dalla banca nell’ambito dello stesso rapporto contrattuale.

Gli Altri Motivi del Ricorso

La società aveva sollevato anche altre questioni, tra cui la presunta nullità di una consulenza tecnica (C.T.U.) e la non corretta valutazione dell’usurarietà degli interessi moratori. La Corte ha ritenuto questi motivi inammissibili o infondati, confermando la validità dell’approccio seguito dalla Corte d’Appello su questi punti. In particolare, in tema di usura, è stato ribadito il principio secondo cui gli interessi corrispettivi e quelli moratori non vanno sommati, ma il tasso di mora va confrontato direttamente con il tasso soglia, come stabilito dalle Sezioni Unite.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un’interpretazione consolidata e ampia dell’art. 36 c.p.c. I giudici hanno sottolineato che la norma non richiede che la domanda riconvenzionale si basi sullo stesso titolo giuridico della domanda principale. È sufficiente un collegamento oggettivo, che può derivare da una connessione di fatti o da una comunanza di questioni giuridiche, che renda logico ed efficiente trattare tutto insieme.

La Corte d’Appello, dichiarando l’inammissibilità, non aveva fornito una motivazione adeguata per escludere l’esistenza di questo collegamento oggettivo. Si era limitata a constatare la diversità del titolo (contratto di mutuo per la banca, illecito extracontrattuale per la società), senza valutare se, dal punto di vista pratico e processuale, fosse opportuno un unico giudizio.

Il principio di diritto enunciato dalla Corte è il seguente: l’ammissibilità della domanda riconvenzionale è subordinata alla comunanza del titolo solo quando si rischia uno spostamento di competenza. In caso contrario, è sufficiente un qualsiasi collegamento oggettivo che renda opportuna la trattazione congiunta, valutazione che è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, il quale però ha l’obbligo di motivare adeguatamente la sua decisione, specialmente se nega l’ammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un orientamento favorevole all’economia processuale e alla completezza della tutela giurisdizionale. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Per i convenuti: Si conferma la possibilità di presentare una domanda riconvenzionale anche se basata su un titolo diverso da quello dell’attore, a patto di poter dimostrare un collegamento fattuale o giuridico che renda ragionevole la trattazione unitaria.
2. Per i giudici: Viene ribadito l’obbligo di motivare in modo approfondito l’eventuale decisione di inammissibilità della riconvenzionale, non potendosi limitare a una mera constatazione della diversità dei titoli.
3. Per la strategia processuale: La decisione incoraggia a valutare attentamente tutte le pretese nascenti da un medesimo rapporto sostanziale, anche se formalmente distinte, per poterle far valere efficacemente all’interno dello stesso processo, ottimizzando tempi e costi della giustizia.

Quando è ammissibile una domanda riconvenzionale in un processo civile?
Una domanda riconvenzionale è ammissibile quando non comporta uno spostamento di competenza e sussiste un collegamento oggettivo con la domanda principale. Questo collegamento può derivare da qualsiasi rapporto o situazione giuridica che renda consigliabile e opportuna la trattazione congiunta delle cause in un unico processo.

È necessario che la domanda riconvenzionale si basi sullo stesso contratto o titolo della domanda principale?
No, non è necessario. La Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini dell’ammissibilità, non è richiesta la comunanza del titolo giuridico. È sufficiente un collegamento di fatto che renda la trattazione congiunta una scelta di economia processuale e logica giuridica.

Cosa succede se un giudice ritiene una domanda riconvenzionale inammissibile?
Il giudice di merito ha il potere discrezionale di valutare l’opportunità del processo simultaneo. Tuttavia, qualora decida per l’inammissibilità, ha l’obbligo di fornire una motivazione adeguata che spieghi l’inesistenza di un collegamento oggettivo sufficiente tra le domande.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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