Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13151 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 13151 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
OPPOSIZIONE FORMALE AD ESECUZIONE DI OBBLIGHI DI FARE E RICONVENZIONALE
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21692/2022 R.G. proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (p.e.c. ) e NOME COGNOME (p.e.c. EMAIL)
-ricorrenti – contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall ‘ AVV_NOTAIO (EMAIL.e.c. EMAIL)
– controricorrente –
avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 453/2022 pubblicata in data 5 luglio 2022
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO generale, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l ‘ accoglimento dei motivi B3 e B4, assorbito il B5 ed il rigetto del primo e del secondo motivo;
udito il difensore della parte controricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Per l ‘ esecuzione di sentenza di condanna di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE alla demolizione di opere eseguite sul tetto dell ‘ edificio condominiale ed al ripristino dell ‘ originario stato dei luoghi, emessa dal Tribunale di Ascoli Piceno (n. 957/2002) e confermata dalla Corte d ‘ appello di Ancona con sentenza n. 474/2004, i condomini NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero ricorso ex art. 612 cod. proc. civ., convenendo in giudizio NOME COGNOME.
Disposta la sospensione dell ‘ esecuzione, il Giudice dell ‘ esecuzione, all ‘ esito di c.t.u., con ordinanza del 24 giugno 2019, dichiarava ‹‹ infungibile la esecuzione per obblighi di fare ›› , ‹‹ stante tutta la problematicità evidenziata in punto di pericolo per la stabilità dell ‘ intero edificio ›› ; preso atto, inoltre, che la sentenza n. 948/19 della Corte d ‘ appello di Ancona, resa in altro giudizio di merito in esito al sequestro conservativo ottenuto, promosso dagli opponenti, a garanzia del credito di anticipazione delle spese di demolizione per il caso di
mancata spontanea esecuzione da parte del debitore, aveva statuito che le somme che l ‘ opposto doveva pagare, in solido con la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, sino all ‘ importo di euro 63.333,33, dovevano essere messe a disposizione del Giudice dell ‘ esecuzione, statuiva che la somma di euro 24.467,50, già depositata su libretto vincolato, fosse utilizzata per il pagamento della c.t.u. disposta nel giudizio ex art. 612 cod. proc. civ. e, quanto al residuo, che fosse distribuita in parti uguali tra gli opponenti ‹‹ quale equivalente in denaro per la mancata esecuzione ›› ; compensava, quindi, le spese di lite della procedura esecutiva, che veniva dichiarata estinta.
Avverso la suddetta ordinanza NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto opposizione agli atti esecutivi, chiedendo la condanna dell ‘ opposto al risarcimento dei danni arrecati all ‘ immobile, mentre NOME COGNOME, costituendosi nella fase sommaria dinanzi al Giudice dell ‘ esecuzione, ha chiesto la conferma dell ‘ ordinanza resa in esito al procedimento ex art. 612 cod. proc. civ.
Introdotto il giudizio di merito, l ‘ opposto, con la comparsa di costituzione e risposta, ha chiesto che venisse dichiarata ‹‹ la nullità e l ‘ abnormità della parte dell ‘ ordinanza che dispone(va) che gli attori possono (potessero) incamerare le somme di cui al libretto ›› .
Il Tribunale di Ascoli Piceno ha rigettato l ‘ opposizione e, ritenendo ammissibile la domanda riconvenzionale avanzata dall ‘ opposto, ha dichiarato la nullità dell ‘ ordinanza oggetto di opposizione nella parte in cui dichiarava che i ricorrenti potessero trattenere, a titolo di risarcimento dei danni, la somma depositata sul libretto, al netto dei costi della c.t.u.
In particolare, dando atto che gli opponenti avevano eccepito l ‘ inammissibilità per tardività della domanda spiegata dall ‘ opposto, trattandosi di domanda riconvenzionale che avrebbe dovuto essere proposta mediante introduzione del giudizio di merito nel termine
fissato dal giudice dell ‘ esecuzione e, comunque, con l ‘ osservanza del termine di cui all ‘ art. 166 cod. proc. civ., il Tribunale ha osservato che l ‘ opposto si era tempestivamente costituito e che la proponibilità della domanda riconvenzionale nel giudizio di opposizione all ‘ esecuzione ed agli atti esecutivi era ammessa dalla giurisprudenza di legittimità.
Passando, poi, all ‘ esame nel merito della domanda, l ‘ ha ritenuta fondata, rilevando, da un lato, che il Giudice dell ‘ esecuzione aveva fatto applicazione del disposto di cui all ‘ art. 614bis cod. proc. civ., ma che tale disposizione presupponeva la richiesta di parte, che difettava nel caso di specie, e, dall ‘ altro, che il dato testuale del citato art. 614bis cod. proc. lasciava ritenere che ‹‹ la richiesta di applicazione dell ‘ astreinte potesse essere concessa solo dal giudice della cognizione, e non anche dal giudice dell ‘ esecuzione ›› e doveva, pertanto, essere formulata esclusivamente nel corso del giudizio finalizzato all ‘ ottenimento di una condanna ad un fare infungibile o ad un non fare; con la conseguenza che il Giudice dell ‘ esecuzione non avrebbe potuto pronunciare la condanna al risarcimento dei danni e che gli originari opponenti, per ottenere il risarcimento, avrebbero dovuto introdurre un ordinario giudizio di merito.
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della sentenza d ‘ appello, con sei motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso.
Fissata la pubblica udienza, i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, in controricorso è stata sollevata eccezione d ‘ inammissibilità del ricorso per mancanza di sintesi nell ‘ esposizione riassuntiva dei fatti. A supporto dell ‘ eccezione il controricorrente ha
rappresentato che il ricorso ‹‹ consiste nella trascrizione di vari atti e provvedimenti giudiziari (fino a pag. 12), nella trascrizione integrale della sentenza impugnata (da pag. 13 a pag. 19), nella prevalente trascrizione di atti e provvedimenti (da pag. 20 fino a pag. 39) ›› e difetta di una sintetica esposizione dei fatti sostanziali e processuali della vicenda.
L ‘ eccezione deve essere disattesa, alla luce dei principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. U, 30/11/2021, n. 3755 2), secondo cui ‹‹i l ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda ” sub iudice ” posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell ‘ intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell ‘ ambito della tipologia dei vizi elencata dall ‘ art. 360 c.p.c.; tuttavia l ‘ inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell ‘ impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l ‘ intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell ‘ art. 366 c.p.c. ››.
Nel caso di specie, la trascrizione di alcuni atti difensivi, funzionale all ‘ illustrazione dei motivi di ricorso ed al rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, impongono di respingere l ‘ eccezione d ‘ inammissibilità, consentendo l ‘ atto nella sua complessità di comprendere agevolmente lo svolgimento della vicenda processuale e di individuare con chiarezza la portata delle censure rivolte alla sentenza impugnata.
Con il primo motivo i ricorrenti denunziano, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell ‘ art. 112 cod.
proc. civ. e lamentano che, pur avendo eccepito l ‘ inammissibilità della domanda riconvenzionale sotto diversi profili, ed in particolare per avere la controparte, in sede di costituzione nella fase subprocedimentale dell ‘ opposizione, prestato acquiescenza alla parte della ordinanza che disponeva l ‘ incameramento delle somme in loro favore, con conseguente inconciliabilità di tale difesa con le conclusioni rassegnate in sede di giudizio di merito, il Tribunale avrebbe omesso di darne conto e di pronunciarsi su tale eccezione.
Con il secondo motivo, deducendo, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 617 e 618 cod. proc. civ. anche in relazione all ‘ art. 329 cod. proc. civ., i ricorrenti, in via subordinata, censurano la decisione impugnata per non avere rilevato che il COGNOME, con le conclusioni riportate nella comparsa di risposta depositata in sede sommaria ex art. 618 cod. proc. civ., aveva in ogni caso rinunciato ad impugnare l ‘ ordinanza del giudice dell ‘ esecuzione resa in data 24 giugno 2019 e, comunque, aveva tenuto un comportamento processuale incompatibile con la successiva proposizione della domanda riconvenzionale volta a censurare, in parte qua , il medesimo provvedimento oggetto di opposizione.
Con il terzo motivo i ricorrenti censurano la sentenza gravata, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per ‹‹violazione e falsa applicazione degli artt. 617, 618 c.p.c., nonché degli artt. 165, 166, 167, 163bis c.p.c. in relazione all ‘ art. 1, comma 2, d.l. n. 11/2020 dell ‘ 8/03/2020 e all ‘ art. 83, commi 1 e 2, d.l. n. 18/2020 del 17/03/2020, convertito in legge n. 27/2020 il 24/04/2020›› e lamentano che il giudice di merito avrebbe dovuto dichiarare l ‘ inammissibilità della domanda riconvenzionale svolta dal COGNOME, stante il mancato rispetto del termine perentorio di venti giorni previsto dalle norme evocate per la impugnabilità degli atti del
processo esecutivo ovvero per inosservanza di quelli ex artt. 166 e 167 cod. proc. civ., in conseguenza della quale si era formato il giudicato interno in relazione alla parte della ordinanza investita dalla domanda.
5. Con il quarto motivo, deducendo la violazione o falsa applicazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ., i ricorrenti contestano al Tribunale di essere incorso nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, in quanto la causa petendi dell ‘ opposizione formale (in via riconvenzionale) da parte del COGNOME, mantenuta tale sino alla comparsa conclusionale, risiedeva nella pretesa nullità e/o abnormità dell ‘ ordinanza, mentre il Tribunale aveva accolto la spiegata domanda riconvenzionale sul diverso presupposto che il capo dell ‘ ordinanza dispositivo della somma in favore degli opponenti fosse stato emesso in assenza di domanda degli allora procedenti e, comunque, da parte di un giudice diverso da quello della cognizione. Soggiungono che il giudice non avrebbe potuto decidere una questione rilevata d ‘ ufficio senza averla previamente sottoposta alle parti, al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle rispettive difese.
6. Con il quinto motivo, prospettando, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 612, 614 e 614bis , 617 e 618 cod. proc. civ., nonché dell ‘ art. 183, quarto comma, e 101, secondo comma, cod. proc. civ., i ricorrenti censurano la sentenza impugnata là dove si afferma che il Giudice dell ‘ esecuzione, nel disporre delle somme oggetto di sequestro in favore dei procedenti, avrebbe fatto rinvio alla disposizione di cui all ‘ art. 614bis cod. proc. civ., inapplicabile nel caso di specie, perché diretta a tutelare il creditore di una prestazione diversa dal pagamento della somma in ipotesi di inadempimento del soggetto obbligato ed in esito a pronuncia di condanna nei confronti di quest ‘ ultimo. Evidenziano che rientrava nella competenza del Giudice dell ‘ esecuzione
decidere sulla destinazione delle somme oggetto di pignoramento presso terzi, come ritenuto dalla Corte d ‘ appello di Ancona con la sentenza n. 948/2019, anche in ragione della rilevata ineseguibilità del comando giudiziale.
Con il sesto motivo i ricorrenti denunziano, in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell ‘ art. 112 cod. proc. civ., per avere il Tribunale trascurato di pronunciarsi sul motivo di impugnazione con cui avevano censurato la compensazione delle spese di lite, disposta dal giudice dell ‘ esecuzione.
Evidenziano, al riguardo, che le spese di lite, al contrario, avrebbero dovuto essere poste a carico di NOME COGNOME, il quale, non avendo depositato in giudizio la documentazione necessaria per verificare la situazione statica dell ‘ edificio da cui il giudice dell ‘ esecuzione aveva desunto la pericolosità nell ‘ ipotesi di esecuzione, aveva con il proprio comportamento processuale causato la pronuncia di ineseguibilità del comando giudiziale.
Va premesso che non risulta oggetto di rituale impugnazione in questa sede né la declaratoria di non eseguibilità del titolo per pericolo della statica dell ‘ immobile, né quella di ufficiosa qualificazione delle somme separatamente depositate come astreinte : le questioni ad esse sottese, pertanto, non possono essere qui prese in considerazione e sono lasciate del tutto impregiudicate, pure risultando non più ritrattabili le conseguenti statuizioni.
Ciò posto, i primi tre motivi, strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati, in quanto le questioni poste sono tutte incentrate sulla ritenuta ammissibilità della domanda riconvenzionale spiegata da NOME COGNOME con la comparsa di risposta depositata nella fase di merito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi.
9.1. Le doglianze svolte rendono necessario premettere che questa Corte ha già avuto modo di chiarire (Cass., sez. 3, 03/05/2016, n. 8640; Cass., sez. 3, 21/07/2016, n. 15015; Cass., sez. 3, 23/03/2017, n. 7402; Cass., sez. 6 -3, 16/02/2018, n. 3888; Cass., sez. 3, 28/06/2019, n. 17440; Cass., sez. 3, 09/07/2020, n. 14604; Cass., sez. 3, 20/10/2021, n. 29025), a seguito di mutamento di un precedente orientamento, che «l ‘ ordinanza emessa ai sensi dell ‘ art. 612 cod. proc. civ. che illegittimamente abbia assunto il carattere oggettivo di risoluzione di una contesa fra le parti in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all ‘ ammissibilità dell ‘ azione esecutiva intrapresa e dunque abbia esorbitato dal profilo funzionale dell ‘ istituto di cui alla norma, non è mai considerabile come una sentenza in senso sostanziale decisiva di un ‘ opposizione all ‘ esecuzione e, dunque, impugnabile con il mezzo di impugnazione della sentenza che decida una simile opposizione, ma dà luogo -e ciò anche qualora in essa si siano liquidate le spese giudiziali -alla conseguenza che la parte interessata, assumendo il provvedimento carattere di decisione soltanto sommaria, consideri l ‘ ordinanza come definitiva della fase sommaria di un ‘ opposizione all ‘ esecuzione e, pertanto, possa tutelarsi introducendo un giudizio di merito ex art. 616 cod. proc. civ.».
Si è precisato, al riguardo, che ‹‹ tale conclusione è coerente con lo sviluppo del sistema che esclude radicalmente in capo al giudice dell ‘ esecuzione, in sede esecutiva, qualsiasi valido potere decisorio, strutturando poi ogni opposizione in due ben distinte fasi, la seconda delle quali, a cognizione piena ed ordinaria, necessaria ed in ogni caso conseguente alla definizione della prima, non importa con quale forma e formula terminativa si sia avuta (v. Cass., n. 22033/11 e successive, che escludono il carattere definitivo di tali provvedimenti, sempre configurando il potere e l ‘ onere delle parti di dar corso poi al successivo giudizio di merito): pertanto, nessuna ordinanza resa dal giudice
dell ‘ esecuzione in sede esecutiva è mai decisoria, ma dà solo luogo, quando interviene su questioni insorte tra le parti, alla definizione di una fase sommaria di un ‘ opposizione esecutiva, visto che solo quest ‘ ultima può averle ad oggetto, costituendo poi detta ordinanza il presupposto per l ‘ avvio del giudizio di merito sull ‘ opposizione stessa, del quale è onerata ciascuna delle parti ›› (Cass., n. 15015/16, cit.).
Correttamente, quindi, gli odierni ricorrenti hanno impugnato, con ricorso ex art. 617 cod. proc. civ., l ‘ ordinanza resa in esito alla procedura ex art. 612 cod. proc. civ., con la quale il giudice dell ‘ esecuzione, ravvisata l ‘ infungibilità dell ‘ esecuzione dell ‘ obbligo di demolizione in ragione del rilevato pericolo per la stabilità dell ‘ intero edificio condominiale, ha disposto in merito alle somme accantonate su un libretto vincolato nell ‘ ambito di un separato giudizio, in esito a sequestro conservativo, ottenuto dagli odierni ricorrenti nei confronti dell ‘ odierno controricorrente ed avente ad oggetto il credito di anticipazione delle spese di demolizione per il caso in cui il debitore non avesse spontaneamente dato esecuzione alla sentenza n. 957 del 2002 del Tribunale di Ascoli Piceno, confermata in appello e ormai passata in giudicato.
9.2. Partendo da tale premessa, occorre interrogarsi se, tenuto conto delle peculiarità del procedimento di opposizione agli atti esecutivi, possa ritenersi ammissibile, nell ‘ ambito di tale procedimento, la proposizione di domanda riconvenzionale.
Come rilevato dalla sentenza impugnata, questa Corte, ponendosi la medesima domanda con riguardo all ‘ opposizione all ‘ esecuzione, ha dato ad essa risposta positiva, affermando che, qualora sussista connessione, per il titolo o per l ‘ oggetto, tra la domanda principale di opposizione all ‘ esecuzione e quella riconvenzionale, deve ritenersi ammissibile la proposizione di una domanda riconvenzionale (Cass., sez. 3, 11/05/2021, n. 12436).
Si è, in particolare, puntualizzato che ‹‹La circostanza che il giudizio di opposizione all ‘ esecuzione abbia ad oggetto l ‘ accertamento del diritto del creditore di procedere all ‘ esecuzione forzata non toglie che quel giudizio resti pur sempre un ordinario giudizio di cognizione, e che ad esso si applichino le regole generali in tema di cumulo oggettivo (artt. 104 c.p.c.) e di connessione per riconvenzione (art. 36 c.p.c.) ››, per cui è ammesso che l ‘ opponente possa legittimamente chiedere con l ‘ atto introduttivo del giudizio di opposizione non solo l ‘ accertamento dell ‘ inesistenza del diritto del creditore di procedere esecutivamente, ma anche la condanna del creditore procedente al pagamento dell ‘ eccedenza rispetto ad un controcredito opposto in compensazione (Cass., sez. 3, 23/07/2003, n. 11449; così pure Cass., sez. 3, 20/04/1963, n. 971) e, analogamente, e latere creditoris , si è ammesso che il convenuto nel giudizio di opposizione possa formulare domande riconvenzionali: ad esempio, esercitando in quella sede l ‘ azione pauliana per sentir dichiarare l ‘ inefficacia dell ‘ atto negoziale posto a base dell ‘ opposizione (Cass., sez. 3, n. 3697 del 13/02/2020); oppure formulando una domanda diretta a costituire un nuovo titolo esecutivo (Cass., sez. 3, 29/03/2006, n. 7225; così, peraltro, già Cass., sez. 3, 18/05/1963, n. 1282).
A tale approdo questa Corte è pervenuta, superando un diverso orientamento espresso da Cass., sez. 3, n. 1602 del 1979 -secondo cui l ‘ ambito del giudizio di opposizione all ‘ esecuzione dovrebbe rimanere sempre circoscritto alla contestazione del diritto della parte a procedere ad esecuzione forzata, con la conseguenza che non sarebbe consentito alle parti proporre, ed al giudice esaminare, ‹‹ questioni diverse da quelle che attengono all ‘ esistenza o alla validità del titolo esecutivo, ovvero domande che non siano in riferimento o siano in contrasto con il contenuto di esso ›› , salvo il caso di espressa accettazione del contraddittorio -facendo leva sulla considerazione
che una simile interpretazione del combinato disposto degli articoli 104 e 615 cod. proc. civ. sarebbe oggi in aperto contrasto col principio di ragionevole durata del processo e con il divieto di inutile dispendio dell ‘ attività giudiziaria, di cui all ‘ articolo 111 della Costituzione.
9.3. Occorre ora valutare se analoghe considerazioni possono essere estese anche al giudizio di opposizione agli atti esecutivi, sebbene esso si distingua da quello di opposizione all ‘ esecuzione, in quanto esclusivamente finalizzato a far valere vizi relativi alla regolarità degli atti del processo esecutivo e, quindi, a promuovere un controllo sulla legittimità formale di un atto del processo esecutivo, al fine di determinarne l ‘ annullamento.
Difatti, non si ravvisano, in linea di principio, ragioni contrarie che portano a ritenere che il più circoscritto perimetro delle contestazioni che possono essere fatte valere con l ‘ opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. (vizi formali degli atti preliminari all ‘ azione esecutiva, vizi della loro notifica, vizi formali degli atti svolti o dei provvedimenti adottati nel processo; per una compiuta disamina degli atti che possono costituire oggetto di opposizione agli atti esecutivi, Cass., sez. 3, 05/05/2022, n. 14282; in senso conforme, Cass., sez. 3, 26/07/2023, n. 22724; Cass., sez. 3, 13/10/2023, n. 28562; Cass., sez. 3, 30/11/2023, n. 33495) possa escludere l ‘ ammissibilità di una domanda riconvenzionale, quando il provvedimento reso dal giudice dell ‘ esecuzione venga contestualmente ad incidere non solo sull ‘ interesse dell ‘ opponente, ma anche su quello dell ‘ opposto, dovendosi, anche in tali casi, salvaguardare la primaria esigenza della ragionevole durata del processo ed assicurare una rapida rimozione degli effetti di provvedimenti formalmente viziati.
Ad escludere l ‘ ammissibilità non può soccorrere la natura del giudizio di opposizione ex art. 617 cod. proc. civ.
Difatti, diversamente da quanto sostenuto nella sua requisitoria dal AVV_NOTAIO Generale, che ha fatto riferimento al giudizio di opposizione allo stato passivo fallimentare, dal punto di vista strutturale il giudizio di opposizione non è un giudizio di impugnazione, ma piuttosto un ordinario giudizio di cognizione, che si conclude con una sentenza volta ad accertare se un segmento del processo esecutivo si sia svolto o meno in modo conforme alle norme che lo regolano; conseguentemente, non è pertinente il richiamo alla sentenza di questa Corte n. 3147 del 2023, che, pronunciandosi con riguardo all ‘ opposizione alla dichiarazione di esecutività allo stato passivo del fallimento, avente natura di giudizio di impugnazione, ha escluso la configurabilità di una impugnazione incidentale, tempestiva o tardiva.
9.4. Quanto detto sulla possibilità di proporre domanda in via riconvenzionale anche nel procedimento di opposizione agli atti esecutivi non esime, tuttavia, dall ‘ osservare come tale domanda debba essere spiegata, a pena di decadenza, nel termine perentorio previsto dall ‘ art. 617 cod. proc. civ., decorrente dal compimento o dalla conoscenza dell ‘ atto esecutivo opposto, perché, in mancanza, si determina la sanatoria dell ‘ atto stesso (tra le tante, Cass., sez. 3, 13/10/2023, n. 28562; Cass., sez. 3, 06/12/2022, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Una astratta ammissibilità di un’opposizione formale quale riconvenzionale in altra opposizione, altrettanto formale, già proposta implica, invero, l’applicazione anche alla prima del rigoroso regime di proposizione e, prima fra tutte, della regola sul termine decadenziale appena ricordato: pertanto, è proprio la struttura del giudizio oppositivo che, com’è noto, integra un’ordinaria causa di cognizione, ma connotata da una bifasicità necessaria e, precisamente, da una indefettibile fase sommaria rimessa alla competenza del giudice dell’esecuzione -ad esigere che l’astratta facoltà di dispiegare domande riconvenzionali sia assoggettata, quando queste siano a loro
volta da qualificare ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., alla relativa disciplina e, quindi, al termine di proposizione entro i venti giorni dall’atto stesso, da identificarsi quale presupposto processuale speciale e, così, prevalente sulla disciplina generale della scansione ordinaria del giudizio di cognizione di primo grado.
10. Procedendo, in virtù di quanto sopra esposto, all ‘ esame del caso de quo , non può negarsi che l ‘ ordinanza resa dal giudice dell ‘ esecuzione in data 24 giugno 2019, nella parte in cui ha disposto, sulla base delle statuizioni contenute nella sentenza della Corte d ‘ appello di Ancona n. 948/19, che la somma depositata sul libretto vincolato dovesse essere, al netto delle spese di c.t.u., distribuita agli odierni ricorrenti in parti uguali ‹‹ quale equivalente in denaro per la mancata esecuzione tenuto conto della infungibilità dell ‘ esecuzione ›› fosse di per sé lesiva della sfera giuridica dell ‘ odierno controricorrente, il quale aveva, in contrario, dedotto che la condanna al pagamento dell ‘ importo di euro 63.333,33 era stata pronunciata per la sola ipotesi in cui i condomini COGNOME e COGNOME, in caso di sua inerzia, fossero stati costretti ad eseguire i lavori di demolizione del tetto, circostanza questa non verificatasi. L ‘ odierno controricorrente aveva, pertanto, un interesse, in concreto, a proporre l ‘ opposizione agli atti esecutivi avverso l ‘ ordinanza resa a definizione del procedimento ex art. 612 cod. proc. civ. ed a contestarne la ‹‹ nullità ›› o ‹‹ abnormità ›› , nella parte in cui attribuiva ai condomini, odierni ricorrenti, le somme vincolate.
Trattasi all ‘ evidenza di provvedimento direttamente incidente sulla sfera giuridica del COGNOME e tale da far sorgere un interesse alla rimozione dei suoi effetti (Cass., sez. 3, 26/07/2023, n. 22724; Cass., sez. 3, 13/10/2023, n. 28562).
Non può, tuttavia, condividersi l ‘ assunto del controricorrente secondo cui sarebbe sempre rilevabile, anche di ufficio, in ogni stato e
grado, dal giudice dell ‘ opposizione agli atti esecutivi, la nullità dell ‘ atto esecutivo oggetto di opposizione anche per ragioni diverse da quelle dedotte con l ‘ opposizione, quanto meno laddove si tratti di un vizio così grave da essere qualificabile come ‹‹ nullità ›› o ‹‹ abnormità ›› .
Invero, in tema di esecuzione forzata, anche le gravi ed eccezionali invalidità degli atti che determinano nullità non sanabili o l ‘ improseguibilità del processo, pur se rilevabili ex officio dal giudice, debbono essere fatte valere, dalla parte interessata, col rimedio dell ‘ opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., la quale va proposta necessariamente entro il termine decadenziale prescritto e, comunque, entro gli sbarramenti preclusivi correlati alla conclusione delle singole fasi dell ‘ espropriazione forzata – avverso l ‘ atto viziato oppure contro quelli successivi in cui il medesimo vizio si riproduce (Cass., sez. 3, 15/07/2016, n. 14449; Cass., sez. 3, 06/12/2022, n. 35878; Cass., sez. 3, 13/10/2023, n. 28562). Di conseguenza, come già affermato da questa Corte, specificamente per l ‘ applicabilità del termine perentorio di cui all ‘ art. 617 cod. proc. civ. (Cass., n. 35878 del 2022, cit.), ciò non significa che, laddove sia proposta l ‘ opposizione agli atti esecutivi in relazione ad atti viziati da nullità insanabile, questa debba essere assoggettata ad un regime diverso da quello ordinario.
11. Acclarato, dunque, che era onere dell ‘ odierno controricorrente far valere, ricorrendo al rimedio dell ‘ opposizione ex art. 617 cod. proc. civ., la ‹‹ nullità ›› o ‹‹ abnormità ›› dell ‘ ordinanza adottata dal giudice dell ‘ esecuzione in data 24 giugno 2019 nella parte in cui assegnava le somme di cui si discute, emerge evidente che tale domanda, svolta in via riconvenzionale, pur se connessa con quella formulata dagli opponenti, che chiedevano, a titolo di risarcimento dei danni, non solo l ‘ assegnazione di quelle somme, ma anche la condanna del COGNOME al pagamento di somme ulteriori, dovesse essere dichiarata inammissibile perché tardivamente introdotta soltanto nella fase di merito del giudizio
di opposizione agli atti esecutivi e, dunque, oltre il termine di cui all ‘ art. 617 cod. proc. civ.
Risulta, infatti, dallo stralcio degli atti difensivi trascritti in ricorso, che il COGNOME, a seguito del deposito del ricorso ex art. 617 cod. proc. civ. da parte dei condomini COGNOME e COGNOME, si è costituito nella fase sommaria dinanzi al giudice dell ‘ esecuzione, limitandosi a chiedere la conferma del ‹‹ contenuto tutto dell ‘ ordinanza del 15.6.19, con condanna alle spese della presente fase, attesa l ‘ ingiusta ed illegittima opposizione…›› ; solo a seguito dell ‘ instaurazione del giudizio di merito, introdotto dagli odierni ricorrenti, ha, per la prima volta, spiegato domanda riconvenzionale, rassegnando le seguenti conclusioni: ‹‹…Alla luce di quanto esposto si conclude nel seguente modo: Piaccia all ‘ Ecc.mo Giudice adito -in via preliminare dichiarare l ‘ inammissibilità della domanda e delle richieste avversarie; dichiarare, con ogni opportuna statuizione, la nullità e l ‘ abnormità della parte dell ‘ ordinanza che dispone che gli attori possano incamerare le somme di cui al libretto; nel merito, respingere tutte le richieste e domande avversarie. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio ›› .
Pacifica essendo la costituzione del COGNOME nel giudizio di merito mediante deposito telematico di comparsa di risposta in data 10 marzo 2020, non può che rilevarsi che a quella data era ampiamente decorso il termine di venti giorni, decorrente dalla conoscenza della ordinanza del 24 giugno 2019, comunicata il successivo 25 giugno, conclusiva del procedimento ex art. 612 cod. proc. civ.
La sentenza impugnata, dichiarando ammissibile la domanda spiegata in via riconvenzionale, è dunque incorsa nella violazione degli artt. 617 e 618 cod. proc. civ.
La rilevata tardività della domanda riconvenzionale consente di ritenere assorbita ogni altra questione sollevata con i motivi di ricorso in esame e le ulteriori censure sollevate dai ricorrenti con il quarto ed
il quinto motivo di ricorso, essendo precluso l ‘ esame nel merito della domanda avanzata dal COGNOME dal rilievo della sua inammissibilità.
Il capo della sentenza sulla riconvenzionale va dunque cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa, sul punto, può essere decisa nel merito, ai sensi dell ‘ art. 384 cod. civ., con la declaratoria di originaria inammissibilità della domanda riconvenzionale di nullità o abnormità della ordinanza del 24 giugno 2019, avanzata da NOME COGNOME.
12. La decisione nel merito si ripercuote anche sulla contestazione svolta con il sesto motivo, dovendo le spese di lite relative alla precedente fase del giudizio, in ragione della reciproca soccombenza (definitivamente risultante dalla mancata impugnativa delle statuizioni sul l’ineseguibilità del titolo e sulla singolare qualificazione delle somme separatamente depositate quali astreinte ), essere integralmente compensate tra le parti.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono, invece, il criterio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo, il terzo ed il sesto motivo e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e, decidendo la causa nel merito, dichiara la inammissibilità dell ‘ originaria domanda riconvenzionale avanzata da NOME COGNOME.
Compensa interamente tra le parti le spese relative all’unico grado di merito.
Condanna il controricorrente al pagamento, in favore dei ricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500,00 per
compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione