LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Domanda riconvenzionale opposizione: termini perentori

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13151/2024, chiarisce i termini per la proposizione della domanda riconvenzionale nell’ambito di un’opposizione agli atti esecutivi. Il caso riguardava una complessa vicenda esecutiva per la demolizione di opere su un tetto condominiale, dichiarata infungibile. La Corte ha stabilito che, sebbene la domanda riconvenzionale sia ammissibile in astratto, essa deve essere proposta nel termine perentorio di venti giorni previsto dall’art. 617 c.p.c., a pena di inammissibilità. La presentazione tardiva, avvenuta solo nella fase di merito del giudizio, è stata considerata un errore procedurale fatale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domanda Riconvenzionale nell’Opposizione: La Cassazione Fissa i Termini

Nel complesso mondo della procedura civile, il rispetto dei termini è un pilastro fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13151 del 13 maggio 2024, offre un importante chiarimento sulla domanda riconvenzionale nell’opposizione agli atti esecutivi, sottolineando l’inderogabilità dei termini perentori. La decisione analizza la possibilità per il convenuto in un giudizio di opposizione di presentare a sua volta una domanda contro l’attore, specificando i rigidi paletti procedurali da rispettare.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da una lunga controversia condominiale. I creditori avevano ottenuto una sentenza che condannava un altro condomino (il debitore) alla demolizione di opere realizzate sul tetto dell’edificio e al ripristino dello stato dei luoghi. Avviata la procedura esecutiva, il Giudice dell’esecuzione, a seguito di una consulenza tecnica, dichiarava l’esecuzione “infungibile”, ossia non eseguibile da terzi, a causa del pericolo per la stabilità dell’intero edificio.

Contestualmente, il giudice disponeva che una somma di denaro, precedentemente sequestrata e depositata su un libretto vincolato, venisse assegnata ai creditori come “equivalente in denaro per la mancata esecuzione”. I creditori, insoddisfatti, proponevano opposizione agli atti esecutivi (ex art. 617 c.p.c.) contro questa ordinanza.

Il debitore, costituitosi nel giudizio di merito dell’opposizione, non si limitava a difendersi ma proponeva una domanda riconvenzionale per far dichiarare la nullità della parte dell’ordinanza che gli era sfavorevole, ovvero quella che assegnava le somme ai creditori. Il Tribunale accoglieva la domanda riconvenzionale, ma i creditori ricorrevano in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la domanda riconvenzionale nell’opposizione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dei creditori, cassando la sentenza del Tribunale e dichiarando l’inammissibilità della domanda riconvenzionale del debitore. Il punto centrale della decisione risiede nell’analisi dei termini procedurali per contestare un atto esecutivo.

I giudici hanno chiarito un principio fondamentale: sebbene sia in astratto ammissibile proporre una domanda riconvenzionale in un giudizio di opposizione, questa deve rispettare le regole specifiche del rito in cui si inserisce.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha sviluppato il suo ragionamento su alcuni passaggi logici cruciali.

1. Ammissibilità Astratta della Riconvenzionale: In linea di principio, sia nell’opposizione all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) che in quella agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), è possibile per le parti proporre domande riconvenzionali. Questa apertura risponde a un’esigenza di economia processuale e al principio della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), evitando la proliferazione di giudizi separati.

2. La Specificità dell’Opposizione agli Atti Esecutivi: A differenza di altri giudizi, l’opposizione agli atti esecutivi è caratterizzata da un termine di decadenza molto stringente. L’articolo 617 c.p.c. stabilisce che l’opposizione deve essere proposta nel termine perentorio di venti giorni dal compimento dell’atto che si intende contestare o dal giorno in cui se ne è avuta conoscenza.

3. L’Applicazione del Termine alla Domanda Riconvenzionale: Il punto focale della sentenza è che questo termine perentorio si applica a qualunque contestazione formale dell’atto esecutivo, anche se veicolata tramite una domanda riconvenzionale. Nel caso di specie, il debitore intendeva contestare la validità dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione. Pertanto, avrebbe dovuto proporre la sua contestazione (sotto forma di opposizione autonoma o di domanda riconvenzionale qualificabile come opposizione) entro venti giorni dalla comunicazione dell’ordinanza.

4. L’Errore del Debitore: Il debitore, invece, si era limitato a chiedere la conferma dell’ordinanza nella fase sommaria davanti al giudice dell’esecuzione. Solo successivamente, nella fase di merito introdotta dai creditori, aveva spiegato per la prima volta la sua domanda riconvenzionale di nullità. A quel punto, il termine di venti giorni era ampiamente decorso.

La Corte ha concluso che la domanda riconvenzionale era tardiva e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni

La sentenza n. 13151/2024 offre una lezione di rigore processuale. La possibilità di presentare una domanda riconvenzionale in un’opposizione esecutiva non è una scorciatoia per aggirare i termini di decadenza. Quando la domanda riconvenzionale ha per oggetto la contestazione della regolarità formale di un atto esecutivo, essa stessa si qualifica come un’opposizione ex art. 617 c.p.c. e deve essere proposta nel rispetto del termine perentorio di venti giorni. Attendere l’introduzione della fase di merito da parte dell’avversario per formulare le proprie contestazioni costituisce un errore procedurale che ne determina l’inammissibilità, con la conseguenza che l’atto, seppur potenzialmente viziato, si consolida e non può più essere messo in discussione.

È possibile presentare una domanda riconvenzionale in un giudizio di opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.)?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che in linea di principio è ammissibile proporre una domanda riconvenzionale anche in un giudizio di opposizione agli atti esecutivi, per ragioni di economia processuale.

Qual è il termine per presentare una domanda riconvenzionale che contesta un atto del processo esecutivo?
La domanda riconvenzionale, se ha lo scopo di contestare la regolarità formale di un atto esecutivo, deve essere proposta nel termine perentorio di venti giorni dal compimento dell’atto o dalla sua conoscenza, come previsto dall’art. 617 c.p.c. per l’opposizione.

Cosa succede se la domanda riconvenzionale viene presentata solo nella fase di merito del giudizio di opposizione, oltre il termine di venti giorni?
Se la domanda riconvenzionale viene introdotta per la prima volta nella fase di merito, dopo che è scaduto il termine perentorio di venti giorni, essa è tardiva e deve essere dichiarata inammissibile. L’atto esecutivo contestato, di conseguenza, non può più essere messo in discussione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati