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Domanda riconvenzionale: la Cassazione fa chiarezza

Una società di trasporti estera ha citato in giudizio un Ministero italiano per il mancato pagamento di un corrispettivo. Il Ministero ha risposto con una domanda riconvenzionale per il pagamento di forniture. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, non decide nel merito ma rileva una questione procedurale di massima importanza: la corretta modalità e tempistica per la proposizione della domanda riconvenzionale. Ritenendo la questione meritevole di approfondimento per garantire l’uniformità del diritto, ha rinviato la causa a una pubblica udienza.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domanda riconvenzionale: la Cassazione rinvia alla Pubblica Udienza

L’ordinanza interlocutoria n. 32754/2024 della Corte di Cassazione pone al centro del dibattito un tema cruciale della procedura civile: i termini e le modalità di proposizione della domanda riconvenzionale. La Suprema Corte, anziché decidere immediatamente, ha ritenuto la questione così rilevante da meritare un approfondimento in pubblica udienza, segnalando l’esistenza di orientamenti non del tutto allineati e la necessità di fare chiarezza per garantire la certezza del diritto.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale nasce da una controversia legata a un contratto di trasporto. Una società estera specializzata in logistica citava in giudizio un Ministero dello Stato italiano per ottenere il pagamento di un residuo corrispettivo dovuto per servizi di trasporto di mezzi e materiali.
Il Ministero, costituendosi in giudizio, non solo contestava la pretesa, ma proponeva a sua volta una domanda riconvenzionale per ottenere il pagamento di una somma, a suo dire dovuta dalla società per forniture di carburante e lubrificanti.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda della società e dichiarava inammissibile la riconvenzionale del Ministero. La Corte d’Appello, invece, ribaltava la decisione: riteneva la domanda del Ministero ammissibile e fondata, procedendo alla compensazione tra i rispettivi crediti e condannando l’ente pubblico al pagamento di una somma notevolmente inferiore.

Contro questa sentenza, la società di trasporti ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando, tra gli altri, motivi di carattere prettamente processuale sulla tardività della riconvenzionale avversaria.

La questione sulla domanda riconvenzionale

Il cuore del problema, su cui la Cassazione ha deciso di soffermarsi, riguarda l’interpretazione dell’articolo 167 del Codice di Procedura Civile. Questo articolo stabilisce che il convenuto deve proporre tutte le sue difese, incluse le domande riconvenzionali, nella comparsa di costituzione e risposta, da depositare entro un termine perentorio.

Il dubbio sollevato è il seguente: la preclusione opera con il mero deposito della comparsa di risposta, consumando il potere del convenuto? Oppure il convenuto, una volta depositata una prima comparsa, potrebbe depositarne un’altra (o un atto integrativo) contenente la domanda riconvenzionale, purché lo faccia entro la scadenza del termine ultimo per la costituzione?

In sostanza, ci si chiede se il diritto di proporre la riconvenzionale si esaurisca con il primo atto difensivo o se persista fino all’ultimo giorno utile concesso dalla legge per la costituzione in giudizio.

Le motivazioni della Corte

La Terza Sezione Civile, nell’emettere l’ordinanza interlocutoria, ha evidenziato il “rilievo nomofilattico” della questione. La Corte ha notato l’esistenza di un recente precedente (Cass. n. 25934/2022) che sembra ammettere la possibilità di una seconda comparsa contenente una riconvenzionale non proposta nella prima. Tuttavia, questa interpretazione, secondo i giudici, solleva diversi dubbi.

In primo luogo, non appare pienamente in linea con altri principi consolidati, come quello della consumazione del potere di impugnazione, secondo cui una volta esercitato un diritto processuale, esso non può essere esercitato nuovamente.

In secondo luogo, la formulazione letterale della norma sembra legare la proposizione della riconvenzionale all’atto di costituzione, inteso come unico momento.

Infine, consentire il deposito di più atti difensivi potrebbe compromettere il pieno diritto di difesa dell’attore, che si troverebbe a dover fronteggiare nuove domande fino all’ultimo momento utile, con possibili difficoltà organizzative.

Per queste ragioni, ravvisando un potenziale contrasto interpretativo e la necessità di un’analisi approfondita per le sue importanti implicazioni pratiche, la Corte ha ritenuto opportuno non decidere la causa in camera di consiglio ma disporne la trattazione in pubblica udienza.

Le conclusioni

L’ordinanza n. 32754/2024 non fornisce una risposta definitiva, ma pone le basi per un intervento chiarificatore da parte della Suprema Corte. La decisione di rimettere la questione alla pubblica udienza sottolinea la delicatezza e l’importanza del tema dei termini per la domanda riconvenzionale. Gli operatori del diritto dovranno quindi attendere la futura sentenza per avere un’indicazione chiara su come interpretare l’art. 167 c.p.c., una norma fondamentale per la corretta instaurazione del contraddittorio e la gestione delle difese processuali.

Qual è la questione giuridica principale affrontata dalla Cassazione in questa ordinanza?
La questione principale è se la domanda riconvenzionale debba essere proposta obbligatoriamente nell’unico atto di costituzione e risposta, oppure se il convenuto possa depositarla con un secondo atto separato, purché entro il termine perentorio previsto per la costituzione in giudizio.

Perché la Corte non ha deciso subito il ricorso?
La Corte ha ritenuto che la questione avesse un’importanza tale da richiedere una riflessione approfondita per assicurare un’interpretazione uniforme della legge (funzione nomofilattica). Dato un recente precedente che sembrava ammettere una seconda comparsa e i dubbi che tale soluzione solleva rispetto ad altri principi consolidati, ha preferito rinviare la discussione a una pubblica udienza.

Cosa accadrà adesso nel processo?
Il processo non si è concluso. La causa è stata rinviata a un nuovo ruolo per essere discussa in una pubblica udienza davanti alla Corte di Cassazione. Solo dopo tale udienza verrà emessa la sentenza che deciderà sia la questione processuale sia, di conseguenza, le sorti del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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