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Domanda riconvenzionale: i limiti nel giudizio

Una società energetica si oppone a un decreto ingiuntivo per lavori edili, eccependo vizi su due cantieri distinti e chiedendo la compensazione. La società costruttrice presenta a sua volta una domanda riconvenzionale per recesso parziale. Dopo due gradi di giudizio che ammettono tale domanda, la Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ritiene la questione sui limiti di ammissibilità della domanda riconvenzionale dell’opposto di particolare importanza e rinvia la causa alla pubblica udienza per la decisione.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domanda riconvenzionale nell’opposizione: i confini processuali

In un contenzioso commerciale, la strategia processuale è fondamentale. Un caso recente portato all’attenzione della Corte di Cassazione fa luce su una questione tecnica ma cruciale: quali sono i limiti per presentare una domanda riconvenzionale da parte del creditore in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo? L’ordinanza interlocutoria in esame non fornisce una risposta definitiva, ma sottolinea l’importanza della questione, rinviandola a una pubblica udienza per una decisione ponderata.

I fatti di causa: un doppio cantiere e conti in sospeso

La vicenda nasce da un decreto ingiuntivo ottenuto da una società di costruzioni contro un’azienda del settore energetico per il mancato pagamento di una fattura di circa 158.000 euro, relativa alla realizzazione di vasche per un impianto di biogas.

L’azienda energetica si opponeva al pagamento, sostenendo di aver riscontrato gravi vizi strutturali non solo nell’impianto oggetto della fattura, ma anche in un altro impianto realizzato in precedenza dalla stessa ditta costruttrice. L’opponente, quindi, non solo chiedeva la revoca del decreto, ma anche la compensazione dei crediti derivanti dai presunti danni subiti in entrambi i cantieri.

La società costruttrice, a sua volta, non si limitava a difendersi ma presentava una domanda riconvenzionale, chiedendo un indennizzo per il mancato guadagno derivante dalla decisione dell’azienda energetica di ridurre il numero di vasche da costruire, configurando un recesso parziale dal contratto.

Il percorso giudiziario e i limiti della domanda riconvenzionale

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla società di costruzioni. I giudici di merito hanno ritenuto inammissibile la richiesta di compensazione relativa al primo cantiere, poiché basata su un contratto diverso e separato. Hanno inoltre considerato non provati i vizi sul secondo cantiere e, soprattutto, hanno dichiarato ammissibile e fondata la domanda riconvenzionale della società costruttrice per l’indennizzo.

È proprio su quest’ultimo punto che si concentra l’attenzione della Corte di Cassazione. La società energetica, nel suo ricorso, ha sostenuto che la domanda riconvenzionale del creditore opposto sarebbe ammissibile solo se strettamente dipendente dalle eccezioni sollevate dal debitore opponente, e non se trae origine dallo stesso titolo (il contratto) posto a fondamento del decreto ingiuntivo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con la presente ordinanza interlocutoria, non decide il caso nel merito. Tuttavia, compie un passo significativo: riconosce che la questione posta dal ricorrente, relativa ai ‘limiti che incontra nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la proponibilità della domanda riconvenzionale da parte dell’opposto’, è una ‘questione di diritto di particolare importanza’.

Il Collegio, citando recenti pronunce, anche delle Sezioni Unite, evidenzia come questo tema sia meritevole di un approfondimento che una camera di consiglio non potrebbe garantire appieno. Pertanto, si rende necessario rinviare la causa alla pubblica udienza della stessa sezione. Questa scelta procedurale indica che la Corte intende esaminare a fondo l’argomento per fornire un orientamento chiaro, che possa fungere da precedente per casi futuri.

Conclusioni

L’ordinanza in commento lascia la questione aperta, ma il suo valore risiede nell’averla formalmente riconosciuta come un nodo cruciale della procedura civile. La futura sentenza chiarirà in modo definitivo i confini strategici entro cui le parti possono muoversi in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo. La decisione avrà un impatto pratico notevole, stabilendo se il creditore che agisce in via monitoria possa ampliare l’oggetto del giudizio con proprie domande ulteriori o se il suo ruolo debba rimanere confinato alla difesa rispetto alle eccezioni del debitore. Si attende quindi con interesse la pronuncia finale per comprendere appieno le regole del gioco processuale in una delle tipologie di contenzioso più diffuse.

Qual è la questione giuridica principale di questa ordinanza?
La questione principale è stabilire i limiti esatti entro cui il creditore (opposto) può presentare una domanda riconvenzionale in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

È possibile compensare un debito derivante da un contratto con un credito per danni relativi a un contratto diverso e separato?
Secondo le decisioni dei giudici di primo e secondo grado in questo caso, tale compensazione è stata ritenuta inammissibile, in quanto le pretese nascevano da due rapporti contrattuali distinti.

La Corte di Cassazione ha deciso la controversia con questa ordinanza?
No, si tratta di un’ordinanza interlocutoria. La Corte non ha deciso nel merito, ma ha riconosciuto la particolare importanza della questione di diritto e ha rinviato la causa a una pubblica udienza per una trattazione più approfondita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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