Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23967 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23967 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7802-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 3091/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 15/09/2021 R.G.N. 1993/2018;
Oggetto
Mansioni superiori
R.G.N. 7802/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 25/06/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Frosinone, per quanto qui rileva, accoglieva parzialmente il ricorso di NOME COGNOME accertando e dichiarando che tra le convenute RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sussisteva un collegamento societario, che le mansioni espletate dal ricorrente in favore delle predette società ricadevano nel 1^ livello del CCNL Trasporti e Spedizione, superiore al 2^ livello di inquadramento, che il lavoratore aveva svolto lavoro straordinario (in misura inferiore a quella rivendicata); condannava le convenute in solido al pag amento della somma di € 37.323,10 quali differenze retributive, cui andavano detratti € 10.000,00 corrisposti in corso di causa ex art. 423 c.p.c.; riteneva infondata la pretesa di restituzione di acconti stipendiali (per € 3.251,30) avanzata dalla RAGIONE_SOCIALE
L a Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza impugnata, che nel resto confermava, rigettava la domanda proposta dal lavoratore con il ricorso di primo grado anche con riguardo all’inquadramento nel primo livello del CCNL Trasporti e Spedizioni e alla prestazione di lavoro straordinario; in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, condannava NOME COGNOME a restituire alla predetta società la somma di € 590,23 oltre interessi legali dal dovuto al saldo, oltre alla rifusione delle spese di lite del doppio grado.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione il lavoratore con tre motivi; resiste la
RAGIONE_SOCIALE con controricorso; le parti costituite hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Parte ricorrente censura la sentenza impugnata, con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 c.c. e dell’art. 6, parte comune, capitolo II del CCNL Trasporti e Spedizione Merci, recante la declaratoria del I livello di inquadramento, in sé e in riferimento alla declaratoria del II livello contenuta nel medesimo art. 6; in particolare, sostiene che la sentenza impugnata ha basato la distinzione tra il I e il II livello di inquadramento sulla tipologia ed estensione delle mansioni più che sul grado di autonomia goduta nello svolgimento delle medesime effettuando, in tal modo, un’impropria e inammissibile dequotazione del requisito dell’autonomia nello svolgimento delle mansioni impiegatizie.
2. Il motivo non è fondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel procedimento logico-giuridico diretto alla determinazione dell’inquadramento di un lavoratore subordinato non può prescindersi da tre fasi successive, e cioè, dall’accertamento in fatto delle attività lavorative in concreto svolte, dall’individuazione delle qualifiche e dei gradi previsti dal contratto collettivo di categoria e dal raffronto tra il risultato della prima indagine ed i testi della normativa contrattuale individuati nella seconda; l’accertamento della natura delle mansioni concretamente svolte dal dipendente, ai fini
dell’inquadramento del medesimo in una determinata categoria di lavoratori, costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito ed è insindacabile, in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione (così Cass. n. 28284/2009; tra le molte successive conformi, v. Cass. n. 8589/2015, n. 18943/2016).
Nel caso di specie, tale procedimento trifasico è stato svolto e adeguatamente motivato sulla base di elementi probatori congrui e conseguenti, tenuto conto delle peculiarità della fattispecie concreta, ed in rapporto alle declaratorie ed esemplificazioni della normativa contrattuale collettiva applicata al rapporto
Nel criticare tale motivazione relativa allo sviluppo del procedimento trifasico nel caso concreto, in realtà il motivo di ricorso per cassazione in esame tende inammissibilmente, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019), rivalutazione di questioni di fatto in contrasto con il principio secondo cui la denuncia di violazione di legge non può surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo o terzo, non consentito, grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi o valutare elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire a un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass. n. 20814/2018, n. 15568/2020, n.10485/2023, n. 21640/2023).
Invero, nella sentenza gravata si è specificata la riconducibilità delle mansioni svolte a quelle del profilo di addetto alla logistica, piuttosto che di responsabile, esaminate le declaratorie contrattuali.
7. Si rileva, in proposito, che non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (Cass. n. 7187/2022, n. 640/2019), sicché non risulta meritevole di accoglimento la doglianza che fondi il presunto errore di sussunzione – e dunque un errore interpretativo di diritto – su una ricostruzione fattuale diversa da quella posta a fondamento della decisione, alla stregua di un’alternativa interpretazione delle risultanze di causa (Cass. n. 11110/2021).
8. D’altra parte, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logicoformale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 331/2020; cfr. altresì Cass. n. 11892/2016).
9. Con il secondo motivo, parte ricorrente denuncia (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza per violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. per motivazione meramente apparente o manifestamente illogica e contraddittoria; in subordine omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, sempre a carico del capo di sentenza
avente ad oggetto la ricognizione delle mansioni svolte dal lavoratore ai fini della domanda di accertamento del diritto al superiore inquadramento, per preterizione del dato oggettivo della pacifica attribuzione datoriale al ricorrente della qualifica di Responsabile della Logistica.
10. Il motivo è infondato.
11. Ciò per le ragioni illustrate con riferimento al motivo che precede, con la specificazione che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile il controllo sul suo ragionamento (cfr. Cass. n. 9105/2017, n. 20921/2019), ipotesi non ricorrente nel caso in esame; e con la precisazione che la qualifica nominale è stata condivisibilmente ritenuta dalla Corte di merito non decisiva al fine del procedimento di accertamento delle mansioni in concreto svolte, valutate le prove complessivamente.
12. Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c., parte ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio (artt. 24 e 111 Cost.), dell’art. 418 c.p.c., delle norme e principi in materia di qualificazione giudiziale delle domande e delle eccezioni, dell’art. 324 c.p.c. e dei principi in materia di giudicato interno, nonché degli artt. 2909 c.c. e 324 e 647 c.p.c.; si afferma (quanto alla restituzione di acconti sulla retribuzione) che non si trattava di domanda riconvenzionale ma di mera eccezione in compensazione, come accertato in primo grado con statuizione non specificamente impugnata in appello, e che si è, pertanto, formato il giudicato
interno sulla riqualificazione da parte del Tribunale della domanda riconvenzionale come mera eccezione di compensazione atecnica; si afferma, inoltre, che, anche ove si fosse trattato di domanda riconvenzionale, l’accoglimento della stessa sarebbe stata precluso per effetto del giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo n. 973/2015 del Tribunale di Frosinone, ottenuto dal lavoratore e non opposto, per il saldo delle retribuzioni, comprensive delle competenze di fine rapporto, e del TFR a rapporto di lavoro già risolto, in quanto in concreto petitum e causa petendi della domanda monitoria erano tali da precludere qualsiasi successiva pretesa datoriale concernente presunti acconti sulla retribuzione.
Il motivo è fondato, con riferimento alla formazione di giudicato interno sul rigetto del controcredito datoriale.
Nel ricorso per cassazione parte ricorrente ha allegato, con idonei riferimento agli, e localizzazione negli, atti di giudizio delle fasi precedenti, che le società convenute avevano richiesto in via riconvenzionale la condanna del lavoratore ricorrente in primo grado alla restituzione di acconti sulla retribuzione; che il Tribunale aveva negato il differimento di udienza ai sensi dell’art. 418 c.p.c., riqualificando la domanda riconvenzionale come eccezione di compensazione impropria o atecnica; che tale riqualificazione della domanda riconvenzionale come eccezione di compensazione atecnica non era stata contestata in sede di appello.
Ora, l’eccezione di compensazione atecnica è, per sua natura, diretta esclusivamente a neutralizzare la domanda attrice e a ottenerne il rigetto, totale o parziale, diversamente dalla domanda riconvenzionale, il cui petitum riguarda, invece, una pronuncia idonea al giudicato a sé favorevole, di accertamento o di condanna all’importo in tesi spettante alla
medesima parte, una volta operata la compensazione (cfr. Cass. n. 6771/2020, e giurisprudenza ivi richiamata).
Ne consegue, nel caso concreto, che effettivamente, una volta riqualificata la domanda riconvenzionale di restituzione di acconti come mera eccezione, questa non poteva portare a una condanna in assenza di domanda (sì formulata inizialmente, ma riqualificata come eccezione, senza appello sul punto).
Pertanto, in relazione al terzo motivo del ricorso, rigettati i primi due, la sentenza impugnata deve essere cassata.
Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., deve essere escluso il parziale accoglimento della domanda riconvenzionale della società operato dalla sentenza impugnata e rigettata la corrispondente domanda di condanna del lavoratore alla restituzione di somme.
Quanto al governo delle spese, rammenta il Collegio che, come chiarito da Cass. S.U. n. 32061 del 31/10/2022, in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, c.p.c.; ora, nella specie, risultano emissione di ordinanza ex art. 423 c.p.c. per € 10.000, rigetto delle domande di declaratoria di illegittimità del licenziamento e di inquadramento superiore, non accoglimento di domanda riconvenzionale, rettamente
intesa, contro il lavoratore. Pertanto, l’esito complessivo della lite giustifica ad avviso del Collegio, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., la compensazione integrale delle spese, dei gradi di merito e del presente giudizio di legittimità, visto il notevole scarto fra il valore delle domande complessivamente avanzate dall’attore e quanto, invece, riconosciutogli all’esito di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi due motivi di ricorso principale; accoglie il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di condanna dell’odierno ricorrente alla restituzione di somme. Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del primo e del secondo grado di giudizio e del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 25 giugno 2025.