Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 11890 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 11890 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/05/2024
Ordinanza
sul ricorso n. 3990/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME ;
-intimato- avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo n. 2375/2017 del 13/12/2017
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
NOME COGNOME ottiene dal Tribunale di Palermo (Bagheria) nei confronti della RAGIONE_SOCIALE un decreto ingiuntivo del pagamento di circa € 34.714, corrispettivo di lavori di rifinitura di dodici unità immobiliari. In sede di opposizione, l ‘ingiunta nega di avere conferito l’incarico al l’ingiungente ed afferma che i lavori sono stati commissionati da NOME COGNOME, al quale lei ha affidato talune opere oggetto del contratto di appalto da lei a sua volta stipulato con la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE L’ingiungente ottiene la chiamata in causa di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE. In primo
grado, il Tribunale condanna la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, in solido tra loro, al pagamento di circa € 34.714 (e revoca il decreto ingiuntivo), rigetta la domanda proposta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE. La Corte di appello conferma.
Ricorrono in cassazione i debitori RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME con quattro motivi, illustrati da memoria. Rimane intimato il creditore NOME COGNOME.
Ragioni della decisione
– Il primo motivo (p. 30 ss.) denuncia l’inammissibilità della sostituzione della domanda proposta originariamente con il ricorso per decreto ingiuntivo con domande nuove, ivi non contenute. Si deduce: violazione delle disposizioni in materia di giudicato (art. 2909 c.c.), del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, degli artt. 112 e 183 c.p.c.
Il secondo motivo (p. 36 s.) denuncia che è stata autorizzata la chiamata in causa dei terzi da parte dell’opposto, censurando che così si introducono domande nuove inammissibili, senza che ciò sia giustificato da alcuna domanda od eccezione dell’opponente. Si deduce: violazione degli artt. 106 e 183 c.p.c.
Il terzo motivo (p. 36) denuncia che la Corte di appello ha rigettato il terzo, quarto, quinto e sesto motivo di appello, ritenendo non indispensabili e inammissibili i documenti nuovi prodotti in secondo grado e ponendo a base del proprio convincimento dichiarazioni di testi e quelle rese in sede di interrogatorio formale. Si deduce: violazione degli artt. 115, 232, 345 c.p.c.
Il quarto motivo (p. 39) fa valere che le spese del giudizio sono da porre a carico dell ‘ingiungente , poiché il decreto ingiuntivo è stato comunque revocato per il motivo fatto valere dalla controparte. Si deduce violazione dell’art. 91 c.p.c.
-I primi due motivi sono da esaminare congiuntamente per connessione.
Essi non sono fondati.
Con la comparsa di costituzione e risposta depositata tempestivamente nel giudizio di opposizione, il creditore ingiungente può proporre una domanda nuova, cioè diversa da quella contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o una eccezione di merito, ma si sia limitato a proporre mere difese (dirette ad ottenere semplicemente la revoca del decreto ingiuntivo), come contestazioni dei fatti posti dall’ingiungente a fondamento del credito azionato. La proposizione di una tale domanda nuova è ammissibile se si riferisce alla medesima vicenda sostanziale, attiene allo stesso «bene della vita» (per impiegare i termini chiovendiani) ed è connessa per incompatibilità a quella proposta originariamente. Inoltre, il creditore ingiungente, quale attore in senso sostanziale, può modificare la domanda alla stessa stregua di quanto è consentito all’attore (formale e sostanziale) nel rito ordinario. In questo modo è data continuità all’indirizzo espresso da Cass. 9633/2022, identicamente ravvisandosene nell’economia dei giudizi e nella ragionevole durata dei processi le ragioni giustificatrici.
Da disattendere è pertanto il rinvio compiuto dall’opponente all’ indirizzo restrittivo e ormai superato, secondo il quale in sede di opposizione al decreto ingiuntivo il creditore opposto non potrebbe avanzare domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, se non quando, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, egli si venga a trovare in posizione di convenuto con diritto di difesa rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte (cfr., tra le altre, Cass. 22754/2013).
I primi due motivi sono rigettati.
3. -Il terzo motivo è inammissibile.
Esso sovrappone l’apprezzamento di parte del compendio probatorio a quello che il giudice del merito ha espresso in una motivazione che non si espone a censure in sede di legittimità. Dinanzi a censure di questo tipo, il compito di questa Corte è di verificare che il giudice di merito manifesti di aver fatto buon governo del proprio potere di apprezzamento. Ciò è
accaduto nel caso di specie. Infatti, il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento in una motivazione effettiva, resoluta e coerente (che rispetti quindi i canoni dettati da Cass. SU 8053/2014). In obbedienza al canone di proporzionalità di una motivazione necessaria, idonea allo scopo e adeguata -il giudice di merito non è tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. L ‘esito positivo della verifica compiuta dalla Corte di cassazione non implica logicamente che essa faccia proprio tale apprezzamento: esso è e rimane del giudice di merito.
4. -Il quarto motivo è infondato.
Il giudice di merito ha rispettato il contenuto dell’art. 91 c.p.c. Infatti, nella statuizione sulle spese egli ha applicato il criterio della soccombenza in modo adeguato al caso di specie.
– Il ricorso è rigettato. La controparte è rimasta intimata e quindi non vi è da provvedere sulle spese del giudizio.
A i sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a n orma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma l’8 /3/2024.