Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27246 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27246 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17454/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 558/2023 depositata il 14/4/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/9/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che
NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE convenivano in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME esponendo che:
-dopo aver acquistato, in sede di asta giudiziaria, la comproprietà di un immobile, si erano recati sul posto per fa visionare il cespite a un potenziale acquirente con cui avevano già raggiunto un accordo di massima;
-i convenuti, fratelli dell’esecutato precedente proprietario, avevano impedito loro l’accesso, sostenendo, in particolare NOME COGNOME quale proprietaria dell’appartamento di fronte ricompreso nello stesso fabbricato condominiale, che l’accesso alla proprietà acquistata nel corso della procedura esecutiva immobiliare era altro, posto più a valle, e non quello utilizzato dagli attori, da ritenersi, diversamente, di esclusiva proprietà della convenuta;
-gli attori avevano domandato quindi, previo accertamento della illiceità di tale condotta, il risarcimento dei danni cagionati inducendo il potenziale acquirente a desistere dalla propria intenzione contrattuale;
-all’esito della contestazione concernente i diritti dominicali, formulata dai chiamati in lite anche resistendo in giudizio, COGNOME, nella prima memoria di precisazione assertiva, aveva formulato domanda di accertamento della
proprietà quale allegata e di condanna alla cessazione delle molestie e ulteriore risarcimento dei danni;
-il Tribunale aveva dichiarato inammissibile la domanda aggiunta in sede di memorie, e aveva rigettato la domanda originaria, con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui, in particolare, la domanda di accertamento della proprietà esclusiva era nuova e l’altra era infondata perché, come desumibile dagli atti della procedura esecutiva, specie la consulenza d’ufficio e i relativi chiarimenti, i due accessi in discussione erano distinti, distanti e con adiacenti corti differenti, sicché la condotta della convenuta, aiutata dal fratello, non poteva dirsi illecita;
avverso questa decisione ricorre per cassazione NOME D’COGNOME, articolando tre motivi, corredati da memoria e produzione documentale;
resistono con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Rilevato che
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 , secondo comma, n. 4 c.p.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato omettendo di motivare effettivamente, previo necessario accertamento peritale, sull’affermata titolarità dominicale esclusiva della convenuta invece che comune anche degli attori, travisando la documentazione prodotta, in specie quella del procedimento di esecuzione forzata immobiliare;
con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. con omesso esame di fatti decisivi e discussi, poiché la Corte di appello avrebbe errato assumendo sussistenti informazioni probatorie al contrario mancanti, ovvero basandosi su elementi istruttori irrilevanti quali i numeri civici di natura solo
amministrativa, ovvero, ancora, omettendo di esaminare compiutamente la documentazione acquisita da cui emergeva che l’accesso in discussione era in comunione con gli attori, come logico pure rispetto alla conformazione dei luoghi;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 163 e 183 c.p.c. ratione temporis vigenti, poiché la Corte di appello avrebbe errato negando che la domanda di accertamento della proprietà esclusiva, proposta dalla ricorrente originaria attrice, fosse ammissibile, trattandosi invece di pretesa formulata in reazione alle contestazioni dei convenuti, riferita alla medesima e unitaria vicenda sostanziale, senza quindi lesione dei contrapposti diritti di difesa.
Considerato che
preliminarmente si evidenzia che i documenti prodotti dalla parte ricorrente il 25 agosto 2025 sono inammissibili perché inerenti ad accertamenti fattuali propri delle pregresse fasi di merito;
in ulteriore via preliminare deve osservarsi che la mancata impugnazione della sentenza di appello da parte dell’altro attore originario non comporta un giudicato ostativo allo scrutinio nel merito dei motivi;
per un verso, infatti, il giudicato in parola riguarda la sola domanda risarcitoria, cui è stato sotteso un accertamento soltanto incidentale dei diritti proprietari, attesa la dichiarazione d’inammissibilità della domanda petitoria ; per altro verso, ciascun comunista, ovvero condomino, può infatti agire anche individualmente a tutela dei propri diritti pro quota (cfr. Cass., Sez. U., 18/4/2019, n. 10934);
per il resto vale ciò che segue:
il primo e secondo motivo, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili;
entrambe le censure, infatti, si risolvono in un’esplicita richiesta di rilettura istruttoria, afferente alla interpretazione delle risultanze documentali, del tutto estranea alla presente sede di legittimità;
va sul punto anche ribadito che sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonché la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento, sicché risulta insindacabile in sede di legittimità il peso probatorio di alcune prove rispetto ad altre, in base al quale il giudice suddetto sia pervenuto a un plausibile giudizio logicamente motivato (v. tra le molte, Cass. 8/8/2019 n. 21187 e, di recente, Cass. 23/4/2024 n. 10956);
la seconda censura, inoltre, espressamente formulata ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., è preclusa dalla doppia decisione conforme resa nei precedenti gradi di giudizio, tale riconosciuta dalla stessa parte ricorrente (pag. 21, quartultimo rigo, e pag. 23, ultimo capoverso della censura), e dunque inammissibile ai sensi dell’art. 360, quarto comma, c.p.c., in cui è stata trasfusa la prescrizione normativa già contenuta nell’art. 348 -ter , quinto comma, c.p.c.;
occorre poi ricordare che il travisamento del contenuto oggettivo della prova da un lato ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non, come qui allegato, in caso di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio; dall’altro, quando ipotizzabile, trova comunque e per questo il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395 n. 4 c.p.c., mentre, se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se, come nell’ipotesi, il travisamento rifletta, alternativamente, la lettura del fatto
probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360 n. 4 o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., Sez. U., 5/3/2024, n. 5792): nella fattispecie, quindi, il vizio sarebbe stato denunciabile solo in mancanza di doppia decisione conforme dei giudici di merito, ovvero di dimostrazione, del tutto assente e anzi come visto esclusa da parte ricorrente, della diversità delle ragioni fattuali fatte proprie dai giudicanti in parola (v., ad esempio, Cass., 22/12/2016 n. 26774 e Cass. 28/2/2023 n. 5947);
il terzo motivo è inammissibile;
la connessione con la vicenda sostanziale, nel senso liberale fatto proprio dall’insegnamento di Cass., Sez. U., 15/6/2015, n. 12310, può rivenirsi nel fatto che la Corte territoriale ha proceduto in via incidentale allo scrutinio dei diritti dominicali coinvolti, escludendoli (pagg. 8-9 della decisione impugnata in questa sede) in capo ai proprietari aggiudicatari, unico profilo, questo, che avrebbe potuto dirsi nei suddetti termini connesso alla domanda risarcitoria originaria;
ciò posto, la censura non è dunque sorretta da interesse, proprio perché il suddetto esame, seppure svolto ai fini aquiliani, fatto corrispondere alla domanda petitoria ove assunta come ammissibile, avrebbe imposto un rigetto della pretesa stessa, e quindi anche di quella accessoria concernente le molestie;
ne deriva quanto anticipato; con conseguente condanna del soccombente a rifondere a ciascuna parte controricorrente come in dispositivo;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione a ciascuna parte controricorrente delle spese di lite, liquidate, per ciascuna, in 5.000,00 euro, oltre 200,00 euro per esborsi e accessori legali. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, al competente ufficio di merito, da parte ricorrente, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2025. Il Presidente NOME COGNOME