LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Domanda nuova in appello: quando non è inammissibile

Una società appaltatrice ha chiesto il risarcimento per il ritardo nel collaudo di opere pubbliche. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta definendola ‘domanda nuova in appello’. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che la richiesta era già contenuta nell’atto introduttivo del primo grado e quindi ammissibile. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una decisione nel merito.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domanda nuova in appello: La Cassazione chiarisce quando una richiesta non è inammissibile

Il divieto di proporre una domanda nuova in appello è un principio cardine del nostro ordinamento processuale, volto a garantire un corretto svolgimento del giudizio su due gradi di merito. Tuttavia, cosa accade se una richiesta, pur non essendo esplicitata nelle conclusioni finali del primo grado, era chiaramente presente nel corpo dell’atto introduttivo? Con l’ordinanza n. 19209/2024, la Corte di Cassazione torna su questo tema cruciale, offrendo un’importante lezione sulla necessità di un esame sostanziale degli atti processuali.

I Fatti di Causa: Un Appalto Pubblico e il Ritardo nel Collaudo

La vicenda trae origine da un contratto di appalto stipulato nel lontano 1989 tra una società di costruzioni e un Comune per la sistemazione di alcune strade rurali. Al termine dei lavori, l’impresa formulava delle riserve per ottenere il pagamento di maggiori oneri. Il Tribunale di primo grado respingeva la domanda, ritenendo le riserve tardive.

In sede di appello, la società, oltre a insistere sulle riserve, lamentava un ulteriore e grave danno: quello derivante dal gravissimo ritardo con cui l’amministrazione comunale aveva proceduto al collaudo e all’emissione del certificato di regolare esecuzione dei lavori. Le operazioni di collaudo, infatti, si erano concluse a più di cinque anni dalla fine dei lavori, in palese violazione della normativa di settore che impone un termine di pochi mesi.

Il Giudizio di Appello: L’Errore sulla Domanda Nuova

La Corte d’Appello, investita della questione, confermava la decisione di primo grado e, per quanto riguarda la richiesta di risarcimento per il ritardo nel collaudo, la dichiarava inammissibile. Secondo i giudici di secondo grado, si trattava di una domanda nuova in appello, in quanto non era stata “palesata” nel corso del giudizio di primo grado. La Corte territoriale, in sostanza, si era limitata a leggere le conclusioni dell’atto di citazione originario, senza trovare un esplicito riferimento a tale richiesta risarcitoria.

La Decisione della Cassazione: Analisi del Contenuto, non solo delle Conclusioni

La società appaltatrice ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo di aver, in realtà, già allegato e richiesto il risarcimento per il danno da ritardo sin dal primo atto del giudizio. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello e chiarendo un principio fondamentale.

I giudici di legittimità hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse commesso un errore di valutazione. La società ricorrente, infatti, aveva trascritto nel suo ricorso i passaggi essenziali della citazione di primo grado, dai quali emergeva in modo inequivocabile la denuncia del ritardo e la quantificazione del danno subito. La richiesta era stata articolata nel corpo dell’atto, anche se forse non ripresa pedissequamente nelle conclusioni finali.

Le Motivazioni

La Cassazione ha affermato che, per valutare la novità di una domanda, il giudice d’appello non può limitarsi a un esame formale delle conclusioni, ma deve analizzare l’intero contenuto dell’atto introduttivo del giudizio. Se da tale analisi emerge che il petitum (l’oggetto della domanda) e la causa petendi (i fatti e le ragioni giuridiche a fondamento della domanda) erano già stati delineati, la domanda non può essere considerata “nuova”.

Nel caso specifico, l’impresa aveva non solo lamentato il “gravissimo ritardo” di oltre cinque anni nell’approvazione del certificato di regolare esecuzione, ma aveva anche specificato che ciò costituiva una violazione di legge (art. 5 della L. 741/1981) e aveva quantificato il danno subito. Pertanto, la Corte d’Appello avrebbe dovuto esaminare nel merito tale richiesta, invece di bollarla come inammissibile. La Suprema Corte ha inoltre disatteso l’eccezione del Comune circa l’errata intitolazione del motivo di ricorso, ribadendo il consolidato principio secondo cui non rileva il nomen iuris formale, ma la sostanza della censura mossa alla sentenza impugnata.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza viene cassata con rinvio alla Corte d’Appello, che dovrà, in diversa composizione, procedere all’esame del merito del motivo di appello precedentemente dichiarato inammissibile. Questa decisione rappresenta un importante monito per gli operatori del diritto: la redazione degli atti deve essere completa e dettagliata in ogni sua parte, e i giudici sono tenuti a un esame sostanziale e non meramente formalistico degli stessi. Una richiesta chiaramente articolata nel corpo di un atto non può essere ignorata solo perché non riproposta in modo speculare nel foglio delle conclusioni. La giustizia, ci ricorda la Corte, si basa sulla sostanza delle pretese, non sulla loro forma esteriore.

Una domanda di risarcimento danni presentata in appello è sempre considerata una “domanda nuova”?
No. Se la richiesta di risarcimento era già stata chiaramente formulata e motivata nel corpo dell’atto introduttivo del primo grado di giudizio, non può essere considerata una “domanda nuova” inammissibile in appello, anche se non era stata esplicitata nelle conclusioni formali.

Cosa succede se un avvocato indica in modo errato il motivo di ricorso per cassazione?
Il ricorso non è automaticamente inammissibile. La Corte di Cassazione può procedere alla “riqualificazione” del motivo, ossia inquadrarlo nella corretta categoria giuridica prevista dalla legge, a condizione che dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di errore che si intende denunciare.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato la decisione perché la Corte d’Appello ha erroneamente ritenuto inammissibile la richiesta di risarcimento del danno, qualificandola come “domanda nuova”. L’errore è consistito in una valutazione solo formale dell’atto di primo grado (le conclusioni), senza esaminarne il contenuto complessivo, dove la domanda era invece chiaramente esposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati