Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19209 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19209 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° NUMERO_DOCUMENTO del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE , (c.f. e p.i. P_IVA), in persona del legale rappresentante p.t., Sig. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE EMAIL), fax NUMERO_TELEFONO, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO, giusta procura speciale in atti del P.C.T.
Ricorrente
contro
Comune RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco p.t., (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso – giusta procura in atti del pct e delibera di G.C. n. 58/2019 – dall’AVV_NOTAIO del Foro di Roma (C.F. CODICE_FISCALE, che chiede di ricevere comunicazioni via pec EMAIL
e fax NUMERO_TELEFONO), domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO.
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n° 6096 depositata il 2 ottobre 2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 luglio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 .-Il tribunale di Viterbo -decidendo sulla domanda dell’appaltatore RAGIONE_SOCIALE contro il committente Comune di RAGIONE_SOCIALE (domanda diretta ad ottenere il pagamento delle riserve nell’appalto stipulato il 29 giugno 1989 ed avente ad oggetto la sistemazione delle strade rurali del territorio comunale) la respingeva, sul rilievo della tardiva formulazione delle riserve stesse.
Tale decisione veniva confermata dalla Corte d’appello di Roma con la sentenza n° 6096 del 2 ottobre 2018, che rigettava i cinque motivi di appello della COGNOME.
2 .- Per quello che qui ancora rileva, la Corte romana osservava che il terzo motivo di gravame -col quale l’appaltatore aveva chiesto il risarcimento del danno derivante dal ritardo con cui l’amministrazione avrebbe emesso il certificato di regolare esecuzione dei lavori -era nuovo ‘ non essendo stato palesato nel corso del giudizio di primo grado tale petitum ‘, donde la sua inammissibilità.
3 .- Ricorre per cassazione la COGNOME in base ad un unico mezzo.
Resiste il Comune che conclude per l’inammissibilità del motivo e, nel merito, per la sua reiezione.
Solo il controricorrente ha depositato la memoria ex art. 380bis .1.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .-Preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità del mezzo, sollevata dal Comune, sol che si consideri che -contrariamente a quanto dedotto dall’Ente territoriale nonostante l’erronea intitolazione del motivo, nella quale si fa riferimento al vecchio testo dell’art. 360 n° 5, anteriore al d .lgs. n° 40 del 2006, è nondimeno chiaro che l’esecutore dei lavori si lamenti della erronea applicazione delle norme processuali che prevedono la decadenza dei poteri assertivi della parte in appello e, cioè, dunque, dell’erronea applicazione dell’art. 345 c.p.c., sussumibile nell’art. 360 n° 3 c.p.c.
Sul punto va, infatti, rammentato che ‘ l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato ‘ (per tutte: Cass. 26310/2017).
Individuazione che qui è perfettamente ricavabile dalle doglianze analiticamente e specificamente esposte, come si dirà al paragrafo che segue.
4 .- Nel merito.
Con l’ unico motivo di ricorso, intitolato ‘ messa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360
n. 5 ‘, l’appaltatore deduce di aver allegato già nella citazione del primo grado il danno subito in conseguenza del ritardo col quale la stazione appaltante procedette al collaudo ed emise il certificato di regolare esecuzione dei lavori, facendo osservare che le operazioni di collaudo erano intervenute a distanza di oltre cinque anni dalla conclusione dei lavori, in palese violazione dell’art. 5 della legge n° 741 del 1981.
Il mezzo è fondato.
La ricorrente ha trascritto nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità i passaggi essenziali della citazione del primo grado.
In tale atto, al punto A.3) di pagina 7, essa aveva allegato che, anche concedendo la tardività delle riserve, ‘ ciò non escluderebbe comunque il diritto della società ad ottenere il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del gravissimo ritardo con cui l’amministrazione ha definito l’appalto con l’approvazione del certificato di regolare esecuzione. Basti solo considerare che la convocazione per la sottoscrizione del Conto finale risale addirittura al febbraio del 1995, mentre il Certificato di regolare esecuzione è intervenuto solo nel giugno del 2000 ‘.
Aggiungeva, poi, l’appaltatrice nella predetta citazione (sempre a pagina 7) che ‘ uindi le operazioni di collaudo sono intervenute a distanza di oltre 5 anni dalla conclusione dei lavori, e ciò in palese violazione dell’art. 5 della legge 10/12/81 n. 741 che, come noto, impone che il Certificato di regolare esecuzione sia approvato entro e non oltre 3 mesi dalla data di ultimazione dei lavori ‘.
Da qui la constatazione (ancora a pagina 7) che ‘ sotto tale profilo, non v’è dubbio che l’impresa abbia diritto ad ottenere il risarcimento dei danni patiti
in conseguenza della tardiva approvazione del certificato di regolare esecuzione ‘.
Al successivo punto C.1), pagina 11, la COGNOME aveva, inoltre, ben chiarito di aver ‘ richiesto il risarcimento di tale danno ai punti 1 e 3 della prima riserva, riferiti ai due periodi di tempo presi in considerazione ‘ e che per questo secondo lasso temporale, ‘ relativo al periodo successivo allo «stato finale», ed inerente al ritardo con cui venne definita la procedura sino all’adozione del certificato di regolare esecuzione redatto ben 5 anni dopo ‘ (ricorso per cassazione, pagina 11), pari a 1366 giorni, essa aveva invocato un risarcimento di lire 61.086.393 per spese generali e di lire 31.873.33 per costo mensile del personale impiegatizio.
Tanto premesso, non è dato comprendere l’eccezione del Comune resistente, a tenore della quale la COGNOME avrebbe mancato di ‘ indicare e riprodurre i rilievi testuali ‘, donde la violazione a dire dell’Ente territoriale degli artt. 366, primo comma, n° 6, e 369, secondo comma, n° 4, c.p.c.: eccezione che risulta, pertanto, inconsistente, tenuto conto che l’onere di riprodurre gli atti e documenti del giudizio di merito nei loro passaggi essenziali alla decisione e di precisarne l’esatta collocazione nel fascicolo di parte o d’ufficio, al fine di renderne possibile l’esame nel giudizio di legittimità, è stato adempiuto dalla ricorrente (per tutte: Cass. 6014/2018; più recentemente Cass. 11325/2023).
In disparte la questione della fondatezza del terzo motivo di appello (questione rimessa al giudice del merito), è evidente che esso non potesse essere dichiarato inammissibile dalla Corte territoriale, la
quale -per giungere a tale conclusione -ha preso in considerazione le sole conclusioni riportate nella citazione di primo grado (pagina 10), senza procedere all’esame del suo contenuto complessivo.
7 .- In conclusione, il mezzo va accolto e la Corte dovrà procedere ad esame del merito del terzo motivo di appello della COGNOME, accertando se le riserve relative al ritardo nel collaudo e nell’emissione del certificato di collaudazione o di regolare esecuzione (art. 5 legge n° 741/1981) fossero pertinenti e tempestive e liquidando, se del caso, i danni derivanti dal ritardo.
p.q.m.
la Corte accoglie il motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 10 luglio 2024, nella camera di consiglio