Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20264 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20264 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3357/2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 1872/2021 depositata il 15/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/04/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I sigg. NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano avanti al Tribunale di Milano la società RAGIONE_SOCIALE domandando il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’inadempimento di quest’ultima .
Al fine di ottenere condizioni economiche più vantaggiose, il contratto era stato stipulato dal solo COGNOME per poi concedere il godimento dei servizi anche alla COGNOME.
A seguito di numerosi disservizi, il COGNOME agiva in giudizio ex. art. 1218 c.c. per chiedere il risarcimento dei danni subiti a titolo contrattuale, riservandosi la facoltà di risolvere il contratto ex. art. 1453 c.c.
La RAGIONE_SOCIALE, invece, agiva ex. art. 2043 c.c. chiedendo il risarcimento a titolo di responsabilità extracontrattuale.
La società RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio contestando le pretese attoree.
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 4168/2019, dichiarava risolto il contratto condannando la RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali nei confronti del COGNOME. Il Tribunale non riconosceva, invece, né il diritto al risarcimento ex. art. 2043 c.c. a favore della COGNOME né la domanda di condanna da quest’ultima proposta nei confronti del COGNOME quale mandatario incaricato della stipula del contratto.
Il g iudice di primo grado riteneva altresì inammissibile l’ulteriore domanda, prospettata dalla COGNOME come azione diretta del mandante verso il terzo contraente, in quanto proposta soltanto in comparsa conclusionale e, quindi, tardiva.
Avverso tale sentenza la RAGIONE_SOCIALE proponeva appello lamentando l’errore del Tribunale consistente nel disattendere la domanda
risarcitoria ex. art. 2043 c.c. invece di riqualificarla secondo la normativa applicabile alla fattispecie in forza del principio iura novit curia .
L’appellante lamentava, inoltre, l’erronea esclusione sia della responsabilità ex art. 2043 c.c. in capo alla RAGIONE_SOCIALE sia della responsabilità dell’AVV_NOTAIO quale mandatario.
RAGIONE_SOCIALE e l’AVV_NOTAIO si costituivano in giudizio eccependo le censure di controparte.
La Corte d’Appello di Milano con la sentenza n. 1872/2021, del 15 Giugno 2021, rigettava interamente il gravame confermando la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza la COGNOME propone ricorso in Cassazione sulla base di un unico motivo.
3.1. Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
3.2. Le parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con unico motivo la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 112, 113 co. 1 e 345 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1411 co. 2, 1218 e 2043 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Nonostante la Corte d’Appello avesse riconosciuto la possibilità del giudice di modificare in base al principio iura novit curia la qualificazione giuridica della domanda, quest’ultima aveva osservato che in riferimento ai diritti eterodeterminati, quali il diritto risarcitorio azionato nel caso in specie, fosse fondamentale far riferimento al fatto costitutivo come allegato in prime cure. La modifica del fatto in grado d’appello avrebbe comportato quindi domanda nuova, di per sé inammissibile.
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto che la richiesta di risarcimento a titolo di azione diretta del mandante contro il terzo fosse un’allegazione nuova in quanto, al contrario, fin dagli atti introduttivi parte ricorrente aveva allegato elementi in
base ai quali sussumere la fattispecie nello schema del contratto a favore di terzo ex. art. 1411 c.c.
Lamenta che la corte di merito ha sovrapposto erroneamente il titolo giuridico al fatto costitutivo materiale, la cui tempestiva allegazione sarebbe l’unica condizione necessaria per permettere al Giudice, in base al principio iura novit curia , di modificare la qualificazione giuridica ex. art. 113 c.p.c.
Se la modifica del titolo giuridico non comporta il mutamento del quadro fattuale mediante l’allegazione di una diversa condotta materiale, infatti, la domanda non è da considerarsi nuova.
Avendo quindi l’odierna ricorrente, nel proporre appello, lasciato immutati i fatti allegati tempestivamente in prime cure, erroneamente la c orte d’ a ppello ha ritenuto l’azione diretta del mandante contro il terzo quale domanda nuova e, conseguentemente, inammissibile perché tardiva.
5. Il motivo è infondato.
Nel formulare la propria censura la ricorrente fa invero richiamo alla recente evoluzione della giurisprudenza di legittimità in base alla quale la domanda, nel suo nucleo immodificabile, viene a identificarsi non in relazione al diritto sostanziale indicato dalla parte e considerato alla stregua dei fatti costitutivi della fattispecie normativa ma in base al bene della vita ed ai fatti storici-materiali che delineano la genesi e lo svolgimento della fattispecie concreta.
Deduce, quale conseguenza di tale orientamento, che se i fatti materiali rimangono immutati è compito del giudice individuare quali tra di essi assumono rilevanza giuridica in relazione alla fattispecie normativa astratta in cui tali fatti devono essere sussunti, indipendentemente dall’indicazione al riguardo formulata dalla parte.
Infatti, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che costituisce domanda nuova, inammissibile in appello, quella relativa ad un diritto c.d. eterodeterminato allorquando i fatti storici allegati
in primo grado a sostegno dell’azione vengono sostituiti o integrati da fatti nuovi e diversi, dedotti con i motivi di gravame.
In tema di azione per il risarcimento dei danni, nel suo nucleo immodificabile la domanda non va identificata in relazione al diritto sostanziale eventualmente indicato dalla parte e considerato alla stregua dei fatti costitutivi della fattispecie normativa (che costituisce oggetto della qualificazione del giudice), bensì esclusivamente in base al bene della vita e ai fatti storici-materiali che delineano la fattispecie concreta; ne consegue che, se i fatti materiali ritualmente allegati rimangono immutati, è compito del giudice individuare quali tra essi assumano rilevanza giuridica, in relazione alla individuazione della fattispecie normativa astratta in cui tali fatti debbono essere sussunti ed indipendentemente dal tipo di diritto indicato dalla parte (Cass. n. 100049/2022; Cass. n. 19186/2020).
Si ha, quindi, domanda nuova -inammissibile in appello- per modificazione della ” causa petendi ” quando il diverso titolo giuridico della pretesa, dedotto innanzi al giudice di secondo grado, essendo impostato su presupposti di fatto e su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, comporti il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e, introducendo nel processo un nuovo tema di indagine e di decisione, alteri l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, in modo da porre in essere una pretesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (Cass. n. 15730/2020).
Ciò che la ricorrente omette di valutare, però, è che, proprio sulla base di questo riportato orientamento giurisprudenziale, si basa l’infondatezza del presente motivo di ricorso.
Risulta, infatti, che la c orte d’ cppello abbia fatto applicazione di queste coordinate giuridiche nel qualificare come nuova e, quindi,
come inammissibile, la prospettata richiesta di risarcimento contrattuale mossa dalla ricorrente.
Così come riportato dalla stessa ricorrente, infatti, il giudice di merito deve individuare, in base al principio iura novit curia , la disciplina applicabile al caso concreto in base ai fatti tempestivamente allegati dalle parti.
Unico vero limite alla possibilità di modifica risulta quindi essere il c.d. ‘materiale grezzo’, ossia i fatti materiali/storici che vengono introdotti dalle parti alla conoscenza del giudice quale precondizione indispensabile all’attività identificativa delle norme applicabili e qualificatoria della domanda svolta.
Nel caso in specie, a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, il giudice di merito ha desunto la novità della domanda proprio dall’avvenuta modifica del quadro fattuale.
Nel proporre la richiesta di risarcimento a titolo di azione diretta del mandante contro il terzo contraente, infatti, la c orte d’ appello ha ravvisato la modifica del quadro fattuale da parte dell’odierna ricorrente in ragione dell’introduzione della nuova allegazione di esecuzione ex. art. 1705, 2° co., c.c. del contratto di mandato senza rappresentanza dalla medesima asseritamente concluso con il COGNOME.
Considerando la detta allegazione diversa rispetto all’indicazione prospettata in primo grado, la corte di merito ha dunque considerato modificato il quadro fattuale, e, conseguentemente, la qualificazione della domanda come nuova e pertanto inammissibile.
6. Le spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese
generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza