Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7258 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7258 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
R.G.N. 1129/2023
C.C. 12/03/2024
NOME
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO ) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e domiciliata ex lege presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME, in persona dell’amministratore pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta su foglio materialmente allegato al controricorso, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME e domiciliato ex lege presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione, con indicazione del seguente indirizzo pec: EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 1689/2022 del 19 maggio 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 marzo 2024 dal Presidente relatore NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1. RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE impugnava (con tre distinti atti di citazione, i cui conseguenti giudizi venivano poi riuniti) dinanzi al Tribunale di Sondrio – ai sensi dell’art. 1137 c.c. – tre deliberazioni assembleari del RAGIONE_SOCIALE deducendone l’invalidità per contrarietà a norme imperative con riferimento al punto riguardante la ripartizione delle spese per il rifacimento e la ristrutturazione della copertura del fabbricato comune, ovvero per violazione dell’art. 1123, comma 1, c.c., essendosi stabilito che le stesse dovessero essere poste a carico dei gruppi di comproprietari le cui proprietà abitative si trovavano sulla proiezione verticale sottostante a ciascuno dei diversi corpi di fabbrica di cui l’edificio condominiale era costituito.
Nella costituzione del suddetto RAGIONE_SOCIALE, l’adito Tribunale, con sentenza n. 4/2021, rigettava la domanda.
Decidendo sul gravame formulato dalla citata attrice soccombente, cui resisteva il RAGIONE_SOCIALE appellato, la Corte di appello di Milano lo respingeva con la sentenza n. 1689/2022, rilevando che l’RAGIONE_SOCIALE avesse compiuto il riferimento alle norme del regolamento condominiale (sulla base della cui violazione si sarebbe dovuto invece a suo avviso – ravvisare in effetti l’illegittimità delle impugnate delibere condominiali) solo nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, donde l’inammissibilità in appello della relativa deduzione, senza che fosse possibile nemmeno procedere al rilievo d’ufficio della denunciata nullità delle delibere stesse, in difetto della mancata disponibilità del materiale probatorio necessario. La Corte territoriale rilevava che il regolamento era stato prodotto dall’appellato RAGIONE_SOCIALE ed acquisito in sede di ctu. Peraltro, lo stesso giudice di appello osservava che, anche ove fosse stata superata la preliminare inammissibilità per novità della questione attinente alla contrarietà delle delibere al regolamento condominiale, l’impugnativa di queste ultime si sarebbe dovuta ritenere infondata nel merito, per mancata
allegazione e dimostrazione della natura contrattuale di detto regolamento, circostanza – questa – che costituiva il presupposto per la sua inderogabilità mediante delibera dell’assemblea condominiale.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, l’appellante RAGIONE_SOCIALE, al quale ha resistito con controricorso l’intimato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
In data 27 settembre 2023 il consigliere delegato formulava – ai sensi del novellato art. 380bis, comma 1, c.p.c. – una sintetica proposta di definizione anticipata del giudizio, ravvisando l’inammissibilità del ricorso per carenza di specificità sulla riferibilità alle concorrenti rationes decidendi della sentenza impugnata e, perciò, risultando inidoneo a poterne giustificare la cassazione, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. e, comunque, dovendosi applicare il principio in base al quale, ove sia chiesto l’annullamento di una delibera dell’assemblea dei condomini per inosservanza dei criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge, costituisce domanda nuova quella con la quale si richieda l’annullamento della medesima delibera per altra ragione attinente alla convenzione di deroga a tali criteri all’unanimità ai sensi dell’art. 1123 c.c.
Contro tale proposta il difensore della ricorrente, munitosi di apposita nuova procura, ha chiesto nel prescritto termine la decisione del ricorso, in conformità all’art. 380bis, comma 2, c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il formulato motivo, la ricorrente denuncia – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c.
Sostiene l’RAGIONE_SOCIALE che l’impugnata sentenza sarebbe erronea nella parte in cui ha ritenuto che essa aveva -con l’atto di appello -introdotto una nuova domanda, con conseguente sua inammissibilità,
nel mentre la stessa aveva impugnato le tre controverse delibere assumendone la nullità per aver l’assemblea condominiale illegittimamente modificato, con le medesime, i criteri di ripartizione delle spese condominiali previsti dall’art. 1123, comma 1, c.p.c. In proposito, la ricorrente allega che essa già nelle osservazioni alla c.t.u. (all’udienza del 4 dicembre 2018), come successivamente nella comparsa conclusionale, aveva prospettato la violazione della suddetta norma, come di quella dell’art. 13 del regolamento condominiale, che riproduceva lo stesso principio, il tutto senza trascurare che la prospettata nullità sarebbe stata eccepibile in ogni stato e grado del giudizio.
Ritiene il collegio che il motivo deve essere disatteso, condividendosi integralmente l’impianto argomentativo logico -giuridico esposto nella proposta di definizione del giudizio formulata ai sensi del nuovo art. 380bis, comma 1, c.p.c.
Emerge, infatti, l’inammissibilità del ricorso per carenza di specificità sulla riferibilità alle concorrenti rationes decidendi della sentenza impugnata e, perciò, risultando inidoneo a poterne giustificare la cassazione, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. : infatti, a tal proposito, la Corte di appello ha ritenuto, per un verso, che non era stato prodotto dall’odierna ricorrente il regolamento condominiale in relazione alle cadenze preclusive maturate nel corso del giudizio di primo grado (condizione alla quale era subordinato il possibile rilievo d’ufficio della denunciata nullità delle delibere impugnate), e, per altro verso, che, proprio in dipendenza del mancato assolvimento di tale onere probatorio, non era stato possibile desumere la natura contrattuale di siffatto regolamento condominiale, costituente il necessario presupposto per verificare la sussistenza dell’asserita invalidità delle delibere stesse.
Del resto non appare discutibile che la ricorrente sia incorsa nella violazione dell’art. 345 c.p.c., laddove, con la domanda introduttiva del
giudizio di primo grado si era limitata a chiedere l’annullamento delle delibere impugnate sul presupposto che – avuto riguardo ai lavori con esse approvati – non fossero stati rispettati i criteri di ripartizione delle spese come previsti per legge (ai sensi dell’art. 1123, comma 1, c.c.), per poi mutare la ‘causa petendi’ della richiesta di annullamento senza l’osservanza delle preclusioni processuali, avendo prospettato – per come accertato in fatto dalla Corte di appello (senza che nel ricorso sia stato riprodotto il contenuto dell’atto processuale mediante il quale il suddetto mutamento fosse stato dedotto entro il termine di maturazione delle decadenze processuali) -la nuova ragione da porre a fondamento della declaratoria di invalidità delle impugnate delibere, da ricondursi alla violazione del regolamento condominiale (il quale, invece, imponeva anche per tali spese l’applicazione del principio di suddivisione in base alle tabelle millesimali), solo con la comparsa conclusionale depositata in primo grado.
L’aver, quindi, formulato con l’atto di appello la nuova domanda siccome riferita alla diversa ‘causa petendi’ dedotta con l’atto introduttivo del giudizio ha determinato la configurazione della violazione dell’art. 345 c.p.c., come legittimamente ritenuto dalla Corte di appello con la sentenza qui impugnata.
Deve, peraltro, essere riconfermato il principio – già evocato nella proposta di definizione anticipata -in base al quale, ove sia domandato l’annullamento di una delibera condominiale per inosservanza dei criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge, costituisce domanda nuova quella con cui si richieda l’annullamento della medesima delibera per altra ragione attinente alla violazione di una convenzione di deroga a tali criteri, come quella approvata con regolamento condominiale contrattuale (cfr. Cass. n. 16675/2018).
In definitiva ed in conformità alla proposta di definizione formulata ai sensi del nuovo art. 380 -bis, comma 1, c.p.c., il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente
al pagamento delle spese del presente giudizio e la derivante correlata applicazione – in osservanza al disposto di cui al comma 3 del citato art. 380bis c.p.c. – del terzo e quarto comma dell’art. 96 c.p.c., nei termini di cui in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in complessivi euro 2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Condanna, altresì, la ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. e sempre in favore della parte controricorrente, della somma equitativamente determinata nella misura di euro 1.500,00, nonché al pagamento, in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., dell’importo di euro 1.000,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della