Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14833 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14833 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29649/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ANCONA n. 787/2020 depositata il 24/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Macerata, NOME COGNOME per sentire accertare l’illegittimità delle azioni ed attività da lui poste in essere per inibire l’esercizio del suo diritto di proprietà e per l’effetto di condannarlo al risarcimento dei danni subiti da quantificarsi in euro 425.184,000, di cui euro 75.184,00 per danni patrimoniali e di refusione spese sostenute, euro 250.000,00 per danni non patrimoniali ed euro 100.000,00 per perdita di chance.
L’attore , dopo avere premesso che nel giugno 2009 acquistava dalla RAGIONE_SOCIALE il superattico sito al settimo piano del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in Civitanova Marche, nonché i limitrofi lastrici solari di cui si era sempre riservata la proprietà e sui quali intendeva realizzare delle terrazze, esponeva che, dopo aver ricevuto la comunicazione di inizio lavori, il convenuto, proprietario d ell’ appartamento sito al sesto piano, depositava ricorso al TAR di Ancona volto all’accertamento negativo dei presupposti per lo svolgimento dell’attività edilizia oggetto della
denuncia inizio attività e per la condanna a rimuovere gli effetti verificatisi.
Il TAR accoglieva la domanda cautelare per cui l’attore si vedeva costretto a sospendere i lavori ma, nel prosieguo del processo emetteva sentenza di rigetto del ricorso. Secondo il COGNOME COGNOME COGNOME d ell’azione intrapresa da COGNOME aveva subito ingenti danni patrimoniali e non patrimoniali.
Si costituiva NOME COGNOME che contestava integralmente l’assunto avversario e proponeva domanda riconvenzionale volta ad accertare che la porzione interessata dai lavori apparteneva al RAGIONE_SOCIALE, in quanto parte comune dell’edificio, così come il vano sottotetto, eliminato dai lavori dell’attore, apparteneva al condominio in quanto parte comune ovvero in via alternativa al concludente in quanto comproprietario dell’appartamento che vi sottostava, con condanna dell’attore alla rimessione in pristino di quanto realizzato in violazione dei suoi diritti con condanna al risarcimento dei danni, in via ulteriormente riconvenzionale di condannare parte attrice al risarcimento del danno da lite temeraria.
2.1 L’attore procedeva alla chiamata in COGNOME della società RAGIONE_SOCIALE per sentire condannare quest’ultima, qualora fosse stata accolta la domanda riconvenzionale spiegata da COGNOME, a manlevarlo da qualsiasi richiesta risarcitoria posta l’assoluta buona fede dell’attore nonché l’intervenuta acquisizione del diritto di proprietà dei lastrici solari alienati unitamente all’appartamento con atto del 29/06/2009.
2.2 Si costituiva la terza chiamata che produceva un accordo transattivo stipulato il 25/05/2011 con l’attore definitorio di ogni questione sulla proprietà dei lastrici solari.
Il Tribunale di Macerata rigettava la domanda attorea e in parziale accoglimento delle domande riconvenzionali proposte dal convenuto COGNOME, dichiarava la natura condominiale della porzione di copertura e del vano sottotetto interessate dall’intervento edilizio posto in essere dall’attore e condannava quest’ultimo al ripristino dello stato dei luoghi come risultante all’esito dell’intervento edilizio eseguito dal RAGIONE_SOCIALE tra il 2002 ed il 2004, come descritto alle pagine 9, 10 e 20 della CTU a firma dell’AVV_NOTAIO COGNOME.
Il Tribunale accertava la proprietà condominiale del lastrico solare e del piano di copertura e del sottotetto, beni interessati dall’intervento edilizio posto in essere dal COGNOME . Pertanto, alla luce del plesso circostanziale e documentale disponibile, unitamente agli esiti dell’indagine peritale, le opere compiute dall’attore in forza dell’autorizzazione rilasciata dal Comune avevano concretizzato una violazione d ell’art. 1102 c.c. , avendo egli realizzato una terrazza a livello su una porzione di copertura del fabbricato non ricompresa nel diritto di proprietà dell’unità immobiliare da lui acquistata e sottratta al suo uso discrezionale poiché rientrante tra i beni condominiali. In merito alla chiamata in COGNOME della società alienante, il primo giudice osservava che non erano rinvenibili profili di responsabilità addebitabili ad essa, in quanto si evinceva documentalmente che tra le parti era intercorso un accordo transattivo in data 25/05/2011 riferito ad ogni ragione nonché ogni pretesa di danno vantata a qualunque titolo, diretto
ed indiretto, patrimoniale e non, presente e futuro in relazione alle questioni inerenti il rispetto degli obblighi nascenti dal preliminare e dall’atto pubblico di compravendita con rinuncia dell’attore a qualsivoglia pretesa risarcitoria. La società alienante aveva corrisposto la somma di euro 12.500,00 a favore dell’attore al fine di comporre bonariamente la controversia e prive di fondamento apparivano le contestazioni volte a dimostrare l’illiceità e la nullità della transazione conclusa ovvero la sussistenza di vizi che avevano inquinato il consenso prestato.
NOME COGNOME proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
Si costituivano le altre parti chiedendo il rigetto del gravame.
La Corte d’Appello di Ancona rigettava l’appello e confermava la sentenza di primo grado.
Il primo motivo di appello con il quale il COGNOME affermava di aver acquistato la proprietà del lastrico solare per averlo acquistato in buona fede a non domino in forza di un titolo astrattamente idoneo a trasferirne la proprietà, titolo trascritto per primo, costituendo una domanda nuova era inammissibile ex art. 345 c.p.c. Infatti, nel procedimento di primo grado di fronte alla domanda riconvenzionale del condomino convenuto di accertamento della natura condominiale del bene oggetto di COGNOME, il COGNOME non aveva avanzato a sua volta richiesta di accertamento della proprietà, il che peraltro avrebbe comportato la partecipazione al giudizio degli altri condomini.
Quanto alla domanda di manleva e risarcimento nei confronti della società terza chiamata in COGNOME per avergli venduto
l’immobile , la Corte d’Appello confermava l’interpretazione del negozio transattivo del 25 maggio 2011 operata dal giudice di primo grado che escludeva il diritto de ll’ attore a essere manlevato dalla società alienante. La Corte territoriale, dopo aver riportato in sentenza il testo della scrittura privata, evidenziava che con la sua stipulazione le parti avevano ritenuto di prevenire l’insorgere di una lite sulla titolarità delle terrazze stante la mancata produzione della documentazione relativa da parte dell’alienante, come si leggeva nella premessa della transazione medesima. D’altra parte , non si poteva giustificare in altro modo l’accordo sulla pretesa di danno “vantata a qualunque titolo diretto e indiretto, patrimoniale e non, presente e futuro” a cui l’attore aveva inteso rinunciare, accettando la somma di euro 12.500,00.
Doveva escludersi la nullità della transazione per truffa contrattuale non potendosi riscontrare alcun dolo e tantomeno artifizi e raggiri posti in essere dalla venditrice, neanche dedotti o allegati. Di conseguenza, non essendo ravvisabile la truffa contrattuale, non poteva neanche essere invocato utilmente l’art. 1972 c.c. non avendo ad oggetto la transazione un contratto nullo per illiceità della COGNOME, né tanto meno poteva ritenersi la nullità del contratto di compravendita per mancanza di COGNOME dal momento che nel giudizio di primo grado mancava qualsiasi allegazione e prova sul punto, considerato che tra le parti era stato stipulato un ordinario contratto di compravendita che aveva una sua COGNOME tipica e risultava provato che il COGNOME fosse a conoscenza della contrarietà dei condomini .
Quanto al motivo di appello relativo alla condanna alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, la Corte d’Appello,
premesso che nel giudizio di primo grado l’attore, a fronte della esplicita richiesta del convenuto di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, non aveva richiesto in via riconvenzionale di essere condannato in caso di accoglimento al risarcimento del danno per equivalente, lo riteneva comunque infondato perché nella specie, trattandosi di tutela di diritti reali, non era possibile ordinare il risarcimento del danno per equivalente anziché la reintegrazione in forma specifica ex art. 2058, secondo comma, c.c. in caso di eccessiva onerosità per il debitore, atteso il carattere assoluto degli stessi che esigeva la rimozione del fatto lesivo (cf ex plurimis Cass. civ. n. 27638/2018, Cass. civ. n. 1607/20 17).
Infine, la domanda di risarcimento per l’azione giudiziaria intrapresa dinanzi al TAR era infondata mancando il fondamento stesso della pretesa, individuato nell’illegittimità delle azioni intraprese dal convenuto COGNOME per paralizzare l’esercizio del suo diritto di proprietà, tenuto conto che era stata accertata la natura condominiale della parte di fabbricato interessata dai lavori eseguiti dall’attore. Pertanto, non poteva trovare spazio la richiesta risarcitoria.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME e COGNOME NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articoli 1153 e 2643
e ss. c.c., in merito alla riferita non configurabilità dell’acquisto a non domino in buona fede della porzione di fabbricato, oltre alla omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia costituito dalla medesima circostanza.
I l Giudice dell’appello ha affermato che il principio dell’acquisto a non domino in buona fede (asseritamente realizzato dall’attore con l’atto pubblico di compravendita immobiliare riferito in particolar modo ai lastrici solari) sia configurabile solamente rispetto ai beni mobili ai sensi dell’articolo 1153 c.c..
Il giudice di secondo grado, pertanto, ha reputato irrilevante la buonafede del COGNOME in riferimento alla compravendita immobiliare conclusa senza considerare il fatto che egli comunque aveva provveduto anche alla trascrizione per primo dell’atto di compravendita dell’immobile.
Secondo il ricorrente mentre tra le parti vale il principio del consenso traslativo nei confronti dei terzi invece conta il criterio della priorità della trascrizione. Nella specie la questione dovrebbe ricondursi all’ipotesi della doppia alienazione dei lastrici solari in favore del condominio COGNOME complessivamente considerato e nei confronti del COGNOME. In questo caso, ai sensi de ll’articolo 2644 c.c., prevarrebbe il soggetto che per primo ha trascritto l’acquisto. Anche nell’acquisto a non domino di beni immobili, il sistema di controllo adottato dal nostro ordinamento relativamente alla circolazione dei diritti è dato dalla trascrizione dei relativi atti di trasferimento costituzione o modificazione, pertanto, l’acquisto immobiliare realizzato dal COGNOME sarebbe valido ed efficace dato che lo stesso lo ha trascritto prima di qualsivoglia altro soggetto. La buona fede del COGNOME rispetto all’acquisto legittimo del lastrico
solare dalla ditta RAGIONE_SOCIALE sarebbe inoltre confermata dallo stesso elaborato peritale del consulente tecnico nell’ambito del giudizio di primo grado.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c .p.c. per aver ritenuto erroneamente nuova la domanda di riconoscimento dell’intervenuto acquisto del diritto di proprietà sui lastrici già richiesta in sede di chiamata in COGNOME del terzo.
La Corte d’ Appello avrebbe erroneamente ritenuto che il COGNOME avesse introdotto una domanda nuova nel giudizio di secondo grado . L’errore emergerebbe già dall’analisi letterale e documentale degli scritti difensivi che l’attore riproduce nel motivo di ricorso, in particolare l’atto di chiamata in COGNOME del terzo del 18 giugno 2013 e la comparsa conclusionale del giudizio di primo grado. Nella specie, non potrebbero ritenersi fatti nuovi allegati per la prima volta in appello quelli relativi al riconoscimento dell’acquisto del diritto di proprietà a fronte della domanda riconvenzionale dispiegata dal convenuto di accertamento della natura condominiale della porzione di fabbricato interessata dai lavori edili da parte del COGNOME. Tali lastrici erano stati fatti oggetto di espressa alienazione con atto pubblico di compravendita e, dunque, il giudice avrebbe erroneamente affermato la novità della domanda, perché rientravano nella richiesta giudiziaria di accertamento dell’acquisto della titolarità del diritto di proprietà.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 345 c .p.c. per aver ritenuto erroneamente l’introduzione di una domanda nuova nel giudizio di appello oltre all’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione in riferimento
alle deduzioni relative all’applicazione dell’articolo 1479 c .c. in caso di acquisto a non domino .
La censura ha ad oggetto l’interpretazione della transazione operata d alla Corte d’ Appello di Ancona con riferimento sempre alla novità della domanda di accertamento dell’acquisto a non domino . Il ricorrente riporta atti del giudizio di primo grado al fine di evidenziare l’erroneità della decisione della Corte d’appello di ritenere nuova la domanda introdotta nel secondo grado di giudizio laddove la questione attinente alla nullità della transazione, con conseguente argomentazione in merito alla correlata nullità dell’atto di compravendita immobiliare per mancanza di COGNOME sarebbe stata ampiamente affrontata e dibattuta quale argomentazione e deduzione a sostegno della tesi difensiva dispiegata nei confronti della terza chiamata.
Tutte le argomentazioni deponevano per la legittimità dell’acquisto a non domino dell’immobile realizzato in buona fede laddove la società si era sempre riservata la proprietà dei lastrici solari sebbene questi avessero in realtà natura condominiale. Il COGNOME aveva versato una somma a titolo di corrispettivo per la compravendita maggiorata rispetto al prezzo iniziale proprio in relazione all’acquisto in un’unica soluzione sia del superattico , sia dei limitrofi lastrici solari che invece non potevano essere fatti oggetto di compravendita. Sussisterebbe, pertanto, il dolo della COGNOME nell’aver prospettato l a sua proprietà dei suddetti lastrici, conseguendo l’illecito vantaggio economico allenando il bene condominiale a favore del COGNOME. La malafede sarebbe palese e risulterebbe dal fatto che la società aveva costruito l’intero plesso
immobiliare e sapeva della natura condominiale della porzione di fabbricato e della mancanza di titolarità dei lastrici.
3.2 I primi tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati il secondo e il terzo e inammissibile il primo.
La Corte d’Appello ha ritenuto inammissibile il motivo di appello con il quale il COGNOME chiedeva di accertare la sua proprietà del lastrico solare per averlo acquistato in buona fede a non domino in forza di un titolo astrattamente idoneo a trasferirne la proprietà, titolo trascritto per primo. Secondo il giudice del gravame, la suddetta domanda era inammissibile perché nuova ex art. 345 c.p.c.
Infatti, nel procedimento di primo grado di fronte alla domanda riconvenzionale del condomino convenuto, di accertamento della natura condominiale del bene oggetto di COGNOME, il COGNOME non aveva avanzato a sua volta richiesta di accertamento della proprietà, il che peraltro avrebbe comportato la partecipazione al giudizio degli altri condomini.
Parte ricorrente afferma di aver proposto la suddetta domanda nell’atto di chiamata in COGNOME del terzo del 18 giugno 2013 e nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado.
Tuttavia, dalla lettura di tali atti emerge come nessuna domanda in tal senso sia stata proposta dal ricorrente. Il giudizio, infatti, ha avuto origine dalla sua domanda di risarcimento del danno per l’illegittima opposizione mediante ricorso al Tar del COGNOME e come rilevato dalla C orte d’Appello, a fronte della domanda riconvenzionale di quest’ultimo di accertamento della natura condominiale del bene oggetto di COGNOME il COGNOME non ha
proposto alcuna domanda di accertamento della proprietà per aver acquistato a non dominio con titolo trascritto per primo. Neanche dalla lettura dell’atto di chiamata in COGNOME della RAGIONE_SOCIALE riportato anche nel ricorso si riscontra alcuna domanda in tal senso. Allo stesso modo, con la comparsa conclusionale il COGNOME ha ribadito solo le sue domande ovvero la richiesta risarcitoria nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e di manleva nei confronti del terzo chiamato.
Per queste ragioni, peraltro, come ben evidenziato dalla Corte d’Appello si è giustificata la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri condomini che altrimenti avrebbero dovuto partecipare al giudizio in qualità di litisconsorti necessari.
Infatti, le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato che: Qualora un condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto ne eccepisce la proprietà esclusiva, senza formulare un’apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione – con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato – la comproprietà degli altri soggetti partecipanti al condominio (Sez. U, Sentenza n. 25454 del 13/11/2013, Rv. 628056 -01 nonché più di recente Sez. 2, Ordinanza n. 27957 del 04/10/2023, Rv. 669006 – 01).
Il rigetto del secondo e del terzo motivo di ricorso rende inammissibile il primo, peraltro manifestamente infondato, dovendosi fare applicazione del seguente principio di diritto: Nel caso uno dei motivi di ricorso contro un’autonoma ratio decidendi
della pronuncia impugnata sia rigettato, gli altri motivi divengono inammissibili non potendo comunque la sentenza essere cassata.
Infatti, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse (o si aggiunga il rigetto del relativo motivo di ricorso) rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza ( ex plurimis Sez. 1, Ord. n. 18119 del 2020; Sez. 6-5, Ord. n. 9752 del 2017).
D’altra parte , la violazione dell’art. 1153 c.c. non è configurabile in quanto nella specie si discute dell’asserito acquisto in buona fede a non domino di un bene immobile rappresentato dai lastrici solari. Anche l ‘art. 1479 c.c. richiamato dal ricorrente per affermare la sua buona fede si riferisce, invece, al rapporto tra venditore e acquirente e dunque avrebbe potuto essere utilmente invocato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE se non ci fosse stata la transazione.
Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: ommessa, insufficiente contraddittoria motivazione cerca un punto decisivo della controversia con riferimento alla non applicabilità dell’articolo 2058, secondo comma, c.c. al caso di specie.
La censura attiene alla parte della sentenza relativa al rigetto della richiesta di risarcimento del danno per equivalente.
Il ricorrente ritiene che non sia stata valutata la complessità dell’intervento per il ripristino ed auspica che la Corte di Cassazione anche se non vi è stata l’esplicita chiesta di condanna al
risarcimento per equivalente, trattandosi di diritti reali, comprenda la complessità dell’intervento necessario per il ripristino dello stato dei luoghi, eventualmente stabilendo la possibilità di far fronte all’obbligo stabilito in forma specifica mediante il risarcimento per equivalente con l’individuazione di una somma adeguata a fornire il medesimo ristoro per gli aventi COGNOME.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: ommessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia con riferimento all’erronea valutazione dei danni patrimoniali subiti dal COGNOME.
La censura attiene alla richiesta risarcitoria spiegata dal COGNOME nei confronti del COGNOME per l’illegittimità delle sue azioni volte a paralizzare l’esercizio del suo diritto di proprietà. Il COGNOME aveva posto in essere un acquisto a non domino di un ben immobile in buona fede sulla base di un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà e aveva provveduto anche alla trascrizione dell’atto di pubblico di compravendita e all’accatastamento dei lastrici solari. Alla luce di tali circostanze dovrebbe interpretarsi la richiesta risarcitoria avendo il COGNOME esercitato semplicemente il proprio diritto di proprietà, incontrando da parte del condomino una serie di ostacoli al suo libero esercizio. Infatti, q ualora l’illegittimità della vendita rispetto ai lastrici solari fosse emersa in un momento antecedente l’introduzione del giudizio di primo grado sicuramente il COGNOME avrebbe rivolto le proprie doglianze nei confronti della società venditrice. In tale prospettiva andrebbero lette le richieste risarcitorie del COGNOME.
5.1 Il quarto e il quinto motivo di ricorso, che stante la loro connessione possono essere esaminati congiuntamente sono inammissibili.
La censura veicolata con il quarto motivo di ricorso non è riconducibile ad alcun vizio della sentenza che possa legittimamente farsi valere nel giudizio di cassazione in base all’art. 360, primo comma n. da 3 a 5, c.p.c.
Lo stesso deve dirsi per la doglianza di cui al quinto motivo. Il vizio di omessa contraddittoria motivazione, infatti, non è più ricorribile per cassazione dopo la riforma dell’art. 360, primo comma, n. 5 se non nei ristretti limiti sopra indicati. Deve darsi continuità al seguente principio di diritto: Il motivo di ricorso con cui, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., come modificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 40 del 2006, si denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo ( ex plurimis Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016, Rv. 641174 – 01); (Sez. 5 – , Ordinanza n. 24035 del 03/10/2018, Rv. 650798 – 01).
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
8. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti di entrambe le parti controricorrenti che si liquida per ciascuna in euro 5500, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione