Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12821 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 12821 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16940/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
(CODICE_FISCALE),rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 786/2022, depositata il 14/04/2022 e notificata il 19/04/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
La ditta NOME RAGIONE_SOCIALE conveniva, dinanzi al Tribunale di Catania, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, perché, accertato che l’apparecchio -distributore automatico di sigarette acquistato da RAGIONE_SOCIALE, prodotto dalla RAGIONE_SOCIALE, e concessole in leasing da RAGIONE_SOCIALE, presentava vizi e difetti che lo rendevano inidoneo all’uso e che era privo dei requisiti necessari per la sua utilizzazione, dichiarasse risolto il contratto di vendita, condannasse il rivenditore a restituire le somme già pagate, pari ad euro 4.401,53, nonché alle somme spese per le riparazioni ed a tutte quelle sostenute per stipulazione del contratto ed al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, subito, dichiarasse risolto il contratto di leasing e che nulla era dovuto alla società concedente o, in subordine, condannasse il produttore del prodotto difettoso a sostituirlo con un altro esente dai vizi e al risarcimento del danno.
Il Tribunale di Catania, con la sentenza n. 4483/2017, rigettava le domande attoree, ritenendo che facesse difetto la prova dell’inadempimento colpevole del venditore e del produttore nonché quella della sussistenza dei danni lamentati.
La Corte d’appello di Catania, con la sentenza n. 786/2022, ha accolto l’impugnazione della RAGIONE_SOCIALE ed ha riformato integralmente la decisione di prime cure.
Segnatamente, ha ritenuto che la macchina oggetto dell’operazione negoziale era affetta da un difetto di funzionamento, come dimostrato dai testi escussi e dalla CTU, in quanto non erogava il prodotto o lo erogava senza incassare l’importo o rilasciava scontrini a credito dei clienti per importi non dovuti, e che detto difetto non era imputabile né a manomissione né a cattiva utilizzazione, ma a un difetto di fabbricazione imputabile al software di gestione o al sensore di caduta dei prodotti. Ha rigettato la domanda di risoluzione del contratto di acquisto, in considerazione dell’operazione di leasing posta in essere dalle parti e della mancanza nel contratto di leasing di alcuna clausola che legittimasse l’utilizzatore ad agire per la risoluzione nei confronti del venditore e/o del produttore; ha disatteso anche la domanda di risoluzione del contratto di leasing ; nondimeno, ha accertato la sussistenza del nesso di derivazione causale tra l’evento pregiudizievole subito dall’appellante, nei termini di lesione del credito, e la condotta dolosa o colposa del venditore e del produttore: il primo per aver venduto un bene attestandone, contrariamente al vero, il perfetto funzionamento e l’assenza di vizi; il secondo per aver realizzato un bene difettoso. Sicché ha ritenuto che l’appellante, confidando nel funzionamento della macchina, aveva stipulato il contratto di leasing , subendo un danno diretto, per avere inutilmente sopportato un esborso monetario concretatosi nel pagamento dell’acconto per l’acquisto e dei canoni mensili versati alla concedente il leasing per tutta la durata del contratto nonché nella richiesta di assistenza post vendita. Ha condannato il venditore e il rivenditore, in solido, al pagamento di euro 10.761,65.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando quattro motivi.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono rimaste intimate.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 cpc in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Rileva che la domanda dell’attore nei suoi confronti era solo quella volta, in via subordinata, ad ottenere la sostituzione della macchina difettosa e il risarcimento dei danni quantificati in euro 8.000,00, pari a un danno patrimoniale di euro 5.000,00 e al danno non patrimoniale, per perdita di immagine e di clientela, indicato in euro 3.000,00.
Detta domanda non era stata riproposta in appello, ove l’appellante avrebbe proposto domande nuove: di accertamento d ell’ inadempimento colpevole e di condanna, in solido con il rivenditore, a restituire le somme già pagate a titolo di corrispettivo, di riparazione, di spese sostenute per la stipulazione del contratto di vendita, e di risarcimento dei danni, di condanna ala restituzione degli importi versati alla società concedente.
Lamenta, perciò, che la Corte d’appello, ritenendo che il giudice, anche quello d’appello, non sia condizionato dalle parole utilizzate dalla parte, ma che debba tener conto dell’intero contesto dell’atto, individuando il contenuto sostanziale della domanda, abbia concesso all’appellante una tutela formalmente e sostanziale diversa da quella fatta valere in primo grado, superando anche i limiti quantitativi della stessa, atteso che la una domanda risarcitoria, quantificata in euro 8.000,00, correlata a specifiche voci di danno rapportate al codice del consumo, sarebbe diventata
una domanda risarcitoria di oltre euro 10.000,00, fondata su distinte e non provate voci di danno.
Il motivo è fondato.
Il potere-dovere di qualificazione della domanda da parte del giudice incontra il limite, che nel caso di specie è stato superato, dell’invarianza del bene della vita domandato.
La questione relativa alla novità, o meno, di una domanda giudiziale è correlata, infatti, all’individuazione del bene della vita in relazione al quale la tutela è richiesta, per cui non può esservi mutamento della domanda solo ove si sia in presenza di un ipotetico concorso di norme, a presidio dell’unico diritto azionato, presupponendo il cambiamento della domanda la mutazione del corrispondente diritto, non già della sua qualificazione giuridica. Ne consegue che se l’attore invoca, a fondamento della propria pretesa, un presidio normativo ulteriore rispetto a quello originariamente richiamato, fermi i fatti che ne costituiscono il fondamento, resta invariato il diritto soggettivo del quale è richiesta la tutela, per cui non si può denunciare la sussistenza di una domanda nuova.
Viceversa, quando venga chiesto in appello il risarcimento di danni diversi rispetto a quelli pretesi in primo grado, il giudice non può, se non violando l’art. 345 cod.proc.civ., accoglier e la domanda, adducendo di avere esercitato il proprio potere-dovere di qualificarla e/o riqualificarla (Cass. 21/03/2019, n. 8048).
La domanda accolta in sede di appello ha carattere di novità rispetto a quella originariamente proposta.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., non avendo la Corte d’appello tenuto conto dei seguenti fatti storici:
l’apparecchio era stato modificato dal venditore, RAGIONE_SOCIALE, allo scopo di consentire anche la vendita di pacchetti di sigarette oltre
alla vendita di lattine e di bottiglie di plastica con sistema di refrigerazione per cui era stato prodotto;
l’apparecchio al momento dell’installazione era perfettamente funzionante;
il malfunzionamento riguardava solo la parte alta del distributore deputato alla vendita di sigarette, cioè quella sulla quale era intervenuto il rivenditore;
non era stato dimostrato a partire da quando l’apparecchio aveva iniziato a presentato difetti di funzionamento, né quando era stata fatta la denunzia dei vizi;
la causa del malfunzionamento era rimasta ignota, perché il CTU aveva ipotizzato due cause, entrambe riconducibili a difetti costruttivi, ma non aveva effettuato una verifica, perché ciò avrebbe richiesto la sostituzione della scheda elettronica.
Il motivo è inammissibile.
Non solo perché il fatto omesso che può giustificare l’accoglimento del vizio di cui all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ. deve essere decisivo, cioè deve essere tale che se esaminato avrebbe portato ad una decisione diversa e detta caratteristica manca in ordine a buona parte dei fatti asseritamente omessi (ad esempio, quelli di cui alle lett. b e c), ma anche perché la censura riguarda fatti che sono stati presi in esame dal giudice a quo che per addivenire alla conclusione impugnata si è avvalso della CTU.
Con il terzo motivo si censura l’impugnata sentenza per violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 116 cod.proc.civ., 2702 e 2043 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., per avere ritenuto sussistente una sua condotta colposa fonte di responsabilità aquiliana in solido con quella del rivenditore sull’errato assunto, derivante dall’illegittimo libero apprezzamento di prove legali, cioè la scrittura privata costituita dal verbale di consegna, ove il venditore e l’utilizzatore
dichiaravano che il bene era stato collaudato, che risultava funzionante, che era pronto all’uso ed esente da vizi, attribuendole una responsabilità per vizio originario di fabbricazione che il verbale di consegna e di collaudo escludeva.
Il motivo è inammissibile.
Ciò di cui parte ricorrente si duole è l’esito della valutazione delle prove raccolte; il che non è denunciabile per violazione dell’art. 116 cod.proc.civ.; detta violazione, infatti, ricorre, solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso (oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi) (Cass. 19/08/2020, n. 17131).
Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 cod.proc.civ. e dell’art. 2697 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., per avere deciso sulla scorta di prove non prodotte in giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE, la quale non aveva prodotto le tre fatture che avrebbero provato l’esborso di euro 210,00 per spese di assistenza tecnica post vendita.
Il motivo è inammissibile.
Le censure illustrate sono direttamente fattuali, in quanto complessivamente ed in ultima analisi ciò che ne sta alla base la sollecitazione ad una diversa valutazione di accertamenti che inequivocabilmente attengono a circostanze di fatto sottratte allo scrutinio di legittimità.
Per le ragioni esposte va accolto il primo motivo, vanno dichiarati inammissibili i restanti. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione. La correzione di errore materiale invocata con il controricorso è riservata all’autorità che ha emesso il provvedimento.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara inammissibili i restanti. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 29/04/2024 dalla Terza