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Domanda modificata: quando è ammessa nel processo?

La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di rimborso delle commissioni per estinzione anticipata di un finanziamento, presentata in corso di causa, costituisce una domanda modificata ammissibile e non una domanda nuova. La Corte ha inoltre ribadito che la clausola che nega tale rimborso è nulla e il giudice deve rilevarlo d’ufficio. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domanda Modificata: La Cassazione Apre alla Tutela del Consumatore

Nel corso di una causa civile, può accadere che le circostanze cambino o che emergano nuovi aspetti della vicenda. In questi casi, è fondamentale poter adeguare le proprie richieste al giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato proprio il tema della domanda modificata, stabilendo principi importanti a tutela del consumatore nei contenziosi bancari e chiarendo i confini tra una modifica ammissibile e una domanda inammissibile perché tardiva.

I Fatti del Caso

Un consumatore aveva stipulato un contratto di finanziamento con un istituto di credito. Successivamente, aveva avviato una causa legale chiedendo al tribunale di dichiarare la nullità e l’inefficacia del contratto per l’applicazione di tassi usurari (TEG) e di un tasso annuo effettivo globale (TAEG) diverso da quello pattuito. Durante il processo, il consumatore estingueva anticipatamente il finanziamento. A seguito di questo evento, presentava una memoria in cui, in via subordinata, chiedeva la condanna della banca alla restituzione delle commissioni non maturate a causa dell’estinzione anticipata, per un importo di circa 1.300 euro.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello avevano respinto la richiesta di restituzione delle commissioni. Secondo i giudici di merito, tale richiesta non era una semplice modifica della domanda originaria, ma una “domanda nuova”, proposta tardivamente e quindi inammissibile. La Corte d’Appello aveva confermato integralmente la decisione, ritenendo che la nuova richiesta non potesse essere esaminata.

La Cassazione e il Principio sulla Domanda Modificata

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione dei giudici di merito, accogliendo il ricorso del consumatore. La Suprema Corte ha chiarito che la richiesta di restituzione delle commissioni non era una domanda nuova, bensì una domanda modificata pienamente ammissibile.

Secondo gli Ermellini, la modifica della domanda è consentita ai sensi dell’art. 183 del codice di procedura civile, anche se riguarda l’oggetto (petitum) o la ragione della pretesa (causa petendi). Il requisito fondamentale è che la domanda così modificata resti comunque connessa alla “vicenda sostanziale dedotta in giudizio”.

Nel caso specifico, entrambe le domande (quella originaria di nullità per usura e quella subordinata di restituzione delle commissioni) si fondavano sullo stesso contratto di finanziamento. La seconda domanda, pur essendo incompatibile con la prima, si poneva come una richiesta alternativa, da valutare nel caso in cui il contratto fosse stato ritenuto valido. Si tratta quindi di una legittima evoluzione della strategia processuale, connessa allo stesso rapporto giuridico.

La Nullità della Clausola e il Dovere del Giudice

La Cassazione ha affrontato anche un secondo, cruciale, motivo di ricorso. Il consumatore lamentava che la Corte d’Appello non avesse rilevato d’ufficio la nullità della clausola contrattuale che escludeva il rimborso delle commissioni in caso di estinzione anticipata.

Anche su questo punto, la Corte ha dato ragione al ricorrente. Richiamando precedenti pronunce, ha affermato che una clausola che nega al consumatore il diritto alla riduzione del costo totale del credito in caso di estinzione anticipata è una clausola abusiva. Essa determina un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi a danno del consumatore e, pertanto, è nulla. In quanto tale, il giudice ha il dovere di rilevarne la nullità anche d’ufficio, cioè senza una specifica richiesta della parte.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha basato la sua decisione su un’interpretazione consolidata, inaugurata dalle Sezioni Unite, che favorisce l’economia processuale e il diritto di difesa. Si è superato il rigido criterio dell’invarianza di petitum e causa petendi, dando maggior rilievo alla connessione della domanda modificata con la vicenda sostanziale. La domanda di restituzione delle commissioni ex art. 125-sexies T.U.B. è intrinsecamente legata al contratto di finanziamento, esattamente come la domanda iniziale di nullità. Ritenerla inammissibile avrebbe costretto il consumatore ad avviare un nuovo e separato giudizio, con un inutile dispendio di tempo e risorse.

Per quanto riguarda la nullità della clausola, la Corte ha sottolineato che, avendo dichiarato inammissibile la domanda, i giudici di merito avevano erroneamente omesso di esaminare la validità della clausola contrattuale che negava il rimborso. Questo esame era invece doveroso, in quanto la nullità delle clausole abusive opera a prescindere da una specifica impugnazione e deve essere rilevata dal giudice in ogni stato e grado del processo.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza la flessibilità del processo civile, consentendo alle parti di adattare le proprie domande agli sviluppi della causa, purché rimangano nell’ambito della vicenda originaria. In secondo luogo, ribadisce un principio fondamentale a tutela dei consumatori nel diritto bancario: il diritto al rimborso di una parte dei costi in caso di estinzione anticipata del finanziamento è inderogabile e le clausole contrattuali contrarie sono nulle. Infine, conferma il ruolo attivo del giudice nel proteggere la parte debole del rapporto contrattuale, che deve rilevare d’ufficio la presenza di clausole abusive. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello di Milano, che dovrà riesaminare il caso applicando questi principi.

È possibile modificare la propria domanda in corso di causa?
Sì, la legge lo consente. Secondo la Corte di Cassazione, è possibile modificare la domanda iniziale, anche negli elementi essenziali come l’oggetto o la ragione della pretesa, a condizione che la nuova richiesta sia connessa alla stessa vicenda sostanziale dedotta in giudizio.

Cosa succede se un contratto di finanziamento contiene una clausola che nega il rimborso delle commissioni in caso di estinzione anticipata?
Questa clausola è considerata abusiva e, pertanto, nulla. Il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, che include il rimborso delle commissioni non maturate. Il giudice ha il dovere di rilevare d’ufficio la nullità di tale clausola.

Qual è la differenza tra “domanda nuova” e “domanda modificata”?
Una “domanda modificata” è un’evoluzione della richiesta originaria, pur diversa, ma sempre legata alla stessa vicenda sostanziale. Una “domanda nuova”, invece, introduce un tema di indagine completamente nuovo e slegato da quello iniziale ed è generalmente inammissibile se proposta tardivamente. La Corte, nel caso di specie, ha qualificato la richiesta di rimborso come domanda modificata ammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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