Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11788 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11788 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 2495-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE SOCIO UNICO , in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME in qualità di erede di COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOMERAGIONE_SOCIALE
– intimati –
Oggetto
Lavoro privato
R.G.N.2495/2023
COGNOME
Rep.
Ud.11/02/2025
CC
avverso la sentenza n. 251/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 15/09/2022 R.G.N. 1024/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato il diritto dei lavoratori in epigrafe all’inquadramento nella II categoria o livello del CCNL RAGIONE_SOCIALE dalla data della loro adibizione all’appalto intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE condannando la prima società al pagamento delle differenze retributive quantificate in dispositivo;
la Corte, in estrema sintesi e per quanto qui ancora rileva, ha ritenuto che, dall’interpretazione del contenuto del ricorso introduttivo, dovesse ricavarsi non solo come fosse stata proposta la domanda volta ad accertare, in ragione dell’irregolarità dell’appalto, la riconduzione della titolarità dei rapporti di lavoro in capo alla RAGIONE_SOCIALE già accolta dal Tribunale, ma anche una domanda di condanna di quest’ultima al pagamento delle relative differenze retributive;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la società soccombente con due motivi; non hanno svolto attività difensiva gli intimati;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. i motivi di ricorso possono essere sintetizzati come di seguito; 1.1. il primo denuncia: ‘Violazione di norme processuali (art. 360 n. 4 c.p.c.): violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. -non rispondenza della decisione ai requisiti minimi della motivazione -motivazione perplessa e incomprensibile’; si eccepisce la incomprensibilità della motivazione che avrebbe spinto la Corte territoriale a ritenere proposta sia la domanda di accertamento dell’interposizione fittizia, sia quella di condanna al pagamento delle relative differenze retributive;
1.2. il secondo motivo denuncia: ‘b) Violazione o la falsa applicazione di norme processuali (articolo 360 numero 3 c.p.c.): violazione degli articoli 437 e 345 c.p.c., per omessa declaratoria di inammissibilità della modifica delle conclusioni e/o della proposizione di una nuova domanda in sede di appello da parte dei lavoratori’; si critica la sentenza impugnata per avere affermato che la domanda di condanna della Maschio ‘al pagamento delle differenze retributive, formulata per la prima volta nel ricorso in appello, fosse stata già proposta ‘implicitamente’ nel giudizio di primo grado’,
2. il ricorso non può trovare accoglimento;
2.1. il primo motivo è infondato;
come noto, le Sezioni unite di questa Corte hanno ritenuto che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integri un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza solo nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014);
si è ulteriormente precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ può parlarsi laddove essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscer e l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016);
il che non ricorre nella specie in quanto la motivazione impugnata, sebbene sintetica, è idonea a spiegare le ragioni per le quali la Corte territoriale si sia indotta a ritenere che la domanda di condanna della società committente al pagamento delle somme dovute in ragione della illiceità dell’appalto fosse stata proposta sin dal primo grado, sulla base di una valutazione del contenuto complessivo dell’atto introduttivo che resta competenza del giudice del merito;
2.2. dall’infondatezza del primo motivo deriva anche l’inammissibilità del secondo perché, una volta acclarato che la domanda su cui si controverte era stata proposta sin dal primo grado, con una valutazione che ha superato il vaglio di legittimità, evidentemente la Corte territoriale non ha affatto statuito su una domanda nuova in appello, in violazione degli articoli 437 e 345 c.p.c., come invece denunciato con la doglianza in esame;
pertanto, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso; nulla per le spese in mancanza di attività difensiva degli
intimati;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale dell’11 febbraio