Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25858 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25858 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8049/2024 R.G. proposto da : COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ.DIST.TARANTO n. 46/2024 depositata il 05/02/2024. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/07/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che :
Con ricorso notificato il 25 marzo 2024, illustrato da successiva memoria, NOME COGNOME impugna la sentenza della Corte d’appello di Lecce – sez. distaccata di Taranto, depositata il 5 febbraio 2024, con la quale è stata riformata la sentenza che in primo grado che aveva accolto la domanda di risarcimento del danno extracontrattuale proposta avverso NOME COGNOME proprietaria dell’appartamento sottostante al proprio. L’intimata ha depositato controricorso.
La Corte di merito, in accoglimento del gravame proposto dall’odierna controricorrente, riteneva fondata la preliminare eccezione di motivazione apparente e/o perplessa e incomprensibile, in violazione dell’art. 132 n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c. assumendo che, ‘ in relazione all’articolato accertamento del CTU, del tutto insufficiente e incongrua risultava la motivazione espressa dal Giudice di prime cure con il limitato richiamo alle generiche conclusioni rassegnate dal CTU ‘. Al contempo riteneva inammissibile, così come proposta, la domanda di condanna al risarcimento dei danni subiti dall’odierno ricorrente al proprio immobile in relazione alla facciata posteriore dell’immobile, valutati nell’entità necessaria per la riduzione in pristino o il rifacimento delle opere a regola d’arte, poiché la domanda avrebbe dovuto formare oggetto della differente domanda di condanna specifica della convenuta ad un facere (esecuzione dei lavori). Infine, in merito alla prova del danno alla proprietà dell’odierno ricorrente, sotto il profilo
dell ‘a n e del quantum escludeva, in quanto non provata, la responsabilità della Di COGNOME in ordine alla manomissione dell’impianto citofonico e di illuminazione, alle lesioni interne all’intonaco e al foro sul tetto dell’immobile, lamentati come danni subiti in proprio dall’attore.
Considerato che :
Va ritenuta infondata l’eccezione opposta in via pregiudiziale dalla controricorrente con la quale si deduce che la procura speciale per la redazione del ricorso per cassazione, rilasciata in data 19.02.2024, non sia valida perché non contestuale al ricorso per cassazione che risulta essere stato redatto in data 25.03.2024, e dunque successivamente. Il requisito di specialità della procura implica l’esigenza che questa riguardi specificamente il giudizio di legittimità, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti. Pertanto, il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 365 e 83, comma 3, c.p.c., non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto a cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso e che il conferimento non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia successivo alla notificazione del ricorso stesso (Cass. Sez. Un. Sentenza n. 2075 del 19 gennaio 2024; Cass. Sez. U , Sentenza n. 36057 del 09/12/2022).
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. là dove il giudice del gravame, dopo aver riportato del tutto sommariamente le conclusioni della CTU, ha ritenuto che ‘ in relazione a tale articolato accertamento è stata del tutto insufficiente e non congrua la motivazione espressa con limitato richiamo alle generiche conclusioni come rassegnate dal CTU ‘. Il ricorrente deduce che il CTU, valutando il danno ha ritenuto che ‘ i problemi lamentati dalla parte attorea sono in parte sussistenti ed ancora visibili. Tali fenomeni di degrado sarebbero, riconducili alla condotta omissiva di parte convenuta dovuti a scarsa attenzione per i beni comuni e le parti private interessate in modo indiretto ai lavori di ristrutturazione edilizia effettuati. I lavori descritti per la rimozione dei danni riscontrati ammontano a € 5000 oltre iva ‘. Lamenta che non sia stato adeguatamente considerato che il giudice ben poteva motivare facendo riferimento al contenuto della CTU, riportando giurisprudenza sul tema.
Con il secondo motivo denuncia ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. là dove la Corte di merito ha ritenuto fondata la censura di extra petita formulata dalla convenuta sul rilievo che ‘ la condanna al risarcimento dei danni, quindi, costituisce l’oggetto della domanda attrice, diversa da quella (non proposta e però decisa) avente ad oggetto il pagamento in suo favore dell’ammontare dei costi per eliminarli ‘. In tesi, da una lettura più attenta dell’atto di citazione che ha introdotto il giudizio di primo grado, si evincerebbe che la somma richiesta, pari a euro 6.300,00=, sia riferita alle opere necessarie per il ripristino, così come d’altro canto verrebbe anche specificato dalla consulenza di
parte redatta dal Geom. NOME COGNOME e prodotta unitamente alla domanda introduttiva.
3.1. I due motivi vanno trattati unitariamente poiché, essendo la sentenza sorretta da due motivazioni autonome, una attinente alla ritenuta insufficienza di una motivazione contenente un mero rinvio alle conclusioni del CTU, ritenuto non idoneo a motivare congruamente la sentenza di primo grado, l’altra attinente – in sostanza alla mancata prova del danno subito in proprio dall’attore, l’inammissibilità della seconda censura rende superflua ogni considerazione della prima censura, non in grado di togliere validità alla statuizione di rigetto della domanda fondata su questa autonoma motivazione. In siffatta ipotesi, l’inammissibilità del motivo di ricorso attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 15399 del 13/06/2018; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 5102 del 26/02/2024).
3.2. Ed invero, con riguardo ai presunti danni causati sull’immobile dell’attore risulta insindacabile la statuizione di mancata prova dell’ an e del quantum dei danni subiti dalla proprietà dell’attore a causa delle opere di ristrutturazione intraprese dalla controricorrente, mentre del tutto corretta è la statuizione di inammissibilità di una pretesa risarcitoria che, essendo riferibile alle somme necessarie per il rifacimento delle opere in conformità alla facciata preesistente e nel rispetto delle distanze legali, non è strettamente attinente a un danno subito in proprio dall’attore, bensì all’esborso da sostenere per il rifacimento delle opere a regola d’arte in modo che non arrechino danno alla sua proprietà o alle parti comuni, che avrebbe dovuto essere oggetto di una domanda di condanna della controparte ad un
facere , del tutto differente dal titolo dedotto (risarcimento del danno subito in proprio dal ricorrente) dall’attore (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9709 del 21/05/2004; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8424 del 21/06/2000; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1636 del 04/03/1983).
Conclusivamente il ricorso è inammissibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese , che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte resistente
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 01/07/2025.
Il Presidente NOME COGNOME