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Domanda di restituzione: onere di allegazione

Un datore di lavoro, dopo aver ottenuto in appello la riforma di una sentenza che lo condannava a un risarcimento per licenziamento illegittimo, si è visto rigettare la richiesta di riavere indietro le somme già versate. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’azienda, stabilendo che la **domanda di restituzione** deve essere fondata su un’allegazione specifica e puntuale del pagamento effettuato. In assenza di tale allegazione, il principio di non contestazione non può operare e la domanda deve essere respinta per genericità.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Domanda di Restituzione: La Cassazione Sottolinea l’Importanza dell’Onere di Allegazione

Quando una sentenza di primo grado viene riformata in appello, la parte che aveva pagato delle somme in esecuzione della prima decisione ha diritto a chiederne la restituzione. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la domanda di restituzione non può essere generica. È necessario un preciso onere di allegazione, ovvero l’affermazione puntuale di aver effettuato il pagamento, altrimenti la richiesta rischia di essere respinta. Analizziamo insieme questo interessante caso.

Il Contesto: Dal Licenziamento alla Condanna Iniziale

Una società di trasporti licenziava un proprio dipendente per giusta causa, contestandogli l’abuso del mezzo aziendale e altri gravi comportamenti. Il lavoratore impugnava il licenziamento. Il Tribunale di Primo Grado, pur riconoscendo l’esistenza della giusta causa, riteneva che la contestazione disciplinare fosse avvenuta in ritardo rispetto alla conoscenza dei fatti da parte del datore di lavoro. Di conseguenza, dichiarava il rapporto di lavoro risolto e condannava la società al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità, oltre a parte delle spese legali.

In esecuzione di tale sentenza, la società provvedeva al pagamento di quanto statuito.

La Riforma in Appello e la Domanda di Restituzione Rigettata

La società proponeva reclamo presso la Corte d’Appello, la quale ribaltava la decisione di primo grado. I giudici di secondo grado ritenevano tempestiva la contestazione disciplinare e, di conseguenza, legittimo il licenziamento, rigettando tutte le domande del lavoratore.

Tuttavia, la Corte d’Appello rigettava anche la richiesta della società volta a ottenere la restituzione delle somme pagate in esecuzione della prima sentenza. La motivazione del rigetto era netta: la richiesta era formulata in modo generico, “perché non solo non è indicata la somma ma nemmeno il riferimento documentale”.

Il Ricorso in Cassazione: Analisi della Domanda di Restituzione

Contro la sentenza d’appello, la società proponeva ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due violazioni di legge:

1. Violazione del principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.): Secondo la ricorrente, poiché il lavoratore non aveva contestato la richiesta di restituzione, il giudice avrebbe dovuto considerare provato l’avvenuto pagamento e ordinarne la restituzione.
2. Violazione dell’art. 336 c.p.c.: La società sosteneva che la restituzione delle somme è una conseguenza automatica della riforma della sentenza e che il giudice avrebbe dovuto disporla anche d’ufficio.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso principale inammissibile, fornendo importanti chiarimenti sull’onere processuale che grava su chi avanza una domanda di restituzione. In primo luogo, gli Ermellini hanno ribadito che l’operatività del principio di non contestazione presuppone che la parte che lo invoca abbia prima adempiuto al proprio onere di allegazione. In altre parole, non si può pretendere che la controparte contesti un fatto (il pagamento) se questo non è stato prima affermato in modo chiaro e specifico. Nel caso di specie, la società si era limitata a chiedere nelle conclusioni la “restituzione di quanto erogato”, senza affermare esplicitamente di aver pagato, né specificare l’importo o fornire riferimenti documentali. Tale formulazione è stata ritenuta “radicalmente priva di ogni allegazione”, rendendo impossibile per la controparte prendere una posizione specifica e, di conseguenza, inapplicabile il principio di non contestazione.

In secondo luogo, riguardo all’obbligo del giudice di disporre la restituzione d’ufficio, la Corte ha precisato che si tratta di un potere e non di un obbligo. Il giudice dell’impugnazione può disporre la restituzione, ma non è tenuto a farlo, specialmente se, come in questo caso, la domanda è stata esaminata e respinta per una ragione specifica e non validamente contestata: la sua genericità e la mancanza di supporto probatorio. La ratio decidendi della Corte d’Appello non è stata efficacemente censurata dal ricorso della società.

le conclusioni

La decisione della Cassazione rafforza un principio fondamentale del diritto processuale: allegare prima di provare. Una domanda, per quanto fondata nel merito, deve essere presentata in giudizio in modo specifico e circostanziato. La richiesta di restituzione delle somme pagate in base a una sentenza provvisoriamente esecutiva, poi riformata, non fa eccezione. La parte che agisce per la restituzione deve prima di tutto affermare chiaramente di aver pagato, indicando le somme e fornendo i relativi riferimenti. Solo a fronte di una puntuale allegazione scatta l’onere di contestazione per la controparte. Una richiesta generica, anche se non contestata, è destinata ad essere rigettata, senza che il giudice sia obbligato a sopperire d’ufficio alle carenze dell’attore.

Perché la domanda di restituzione dell’azienda è stata respinta, nonostante la sentenza di primo grado fosse stata riformata a suo favore?
La domanda è stata respinta perché formulata in modo generico. La società non ha specificato l’importo versato né ha fornito alcun riferimento documentale a sostegno del pagamento, venendo meno al proprio onere di allegazione.

Il principio di non contestazione si applica automaticamente se la controparte non risponde a una richiesta?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il principio di non contestazione opera solo se la parte che lo invoca ha prima adempiuto al proprio onere di allegare i fatti in modo puntuale e specifico. Una richiesta generica non fa sorgere alcun onere di contestazione specifica per la controparte.

Il giudice d’appello è obbligato a ordinare d’ufficio la restituzione delle somme pagate in base a una sentenza riformata?
No, non è un obbligo ma un potere. Il giudice può disporre la restituzione d’ufficio, ma non è tenuto a farlo. In questo caso, avendo la Corte d’Appello esaminato e rigettato la domanda per la sua genericità, la sua decisione è stata considerata legittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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