Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23455 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23455 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7801/2020 R.G. proposto da : REGIONE CAMPANIA, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale EMAILregioneEMAIL
-ricorrente-
contro
CONSORZIO BONIFICA IN DESTRA SELE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domicilio digitale avvEMAIL e avvmarcellofortunatoEMAIL
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 856/2019 depositata il 24/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/06/2025 dalla consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte d’appello di Salerno con la sentenza qui impugnata ha deciso il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Consorzio di RAGIONE_SOCIALE in Destra Sele e della Regione Campania avverso la sentenza del Tribunale di Salerno che aveva pronunciato sui due giudizi reciprocamente proposti dalle parti avanti al Tribunale di Salerno e poi riuniti.
1.1. Per meglio comprendere, con la citazione notificata il 14.7.1998 iscritta al n.2305/1998 il Consorzio RAGIONE_SOCIALE in Destra Sele aveva convenuto in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) proponendo un’azione di ripetizione di indebito. Assumeva la mancata realizzazione di opere e prestazioni in relazione al contratto di appalto tra di loro intercorso stipulato l’8.11.1990 per la realizzazione di lavori di disinquinamento della zona costiera tra le foci dei fiumi Sele e Tusciano. Costituitasi in giudizio la RAGIONE_SOCIALE aveva spiegato domanda riconvenzionale per la risoluzione del contratto per grave inadempimento del Consorzio chiedendo la condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni e dagli interessi di legge.
1.2. Con autonoma citazione, iscritta al n. 2313/1998, la RAGIONE_SOCIALE aveva convenuto in giudizio il Consorzio di bonifica per l’accertamento dell’inadempimento agli obblighi derivanti dal medesimo contratto. Costituendosi in giudizio quest’ultimo aveva
contestato la domanda attorea chiedendo di essere autorizzato alla chiamata in causa della Regione Campania al fine di essere manlevato e tenuto indenne da tutti gli eventuali effetti pregiudizievoli della domanda attorea. La Regione a sua volta si era costituita eccependo la propria carenza di legittimazione passiva riguardo sia al petitum che alla causa petendi per non essere mai stata parte del contratto intercorso tra la SIBA e il Consorzio. Inoltre evidenziava che sulla base della delibera di GRC n.1334 del 13/£/1990 e della convenzione del 26/7/1991 rep. n. 3863, stipulata con il Consorzio, quest’ultimo aveva sottoscritto ed accettato la clausola di cui all’articolo 17 della convenzione in base alla quale, in sintesi, la Regione era sollevata e tenuta indenne da ogni controversia e conseguenti eventuali oneri che potessero derivare da riserve pretese sia nei confronti delle imprese appaltatrici che verso i terzi. Da ultimo la Regione affermava di avere riversato al Consorzio tra il 1991 ed il 1998 tutte le somme erogate dalla Cassa depositi e prestiti per la realizzazione dell’opera.
1.3. Il Tribunale di Salerno con la sentenza 196 del 2012 rigettava la domanda proposta dalla SIBA in via riconvenzionale nel giudizio n. 2305/1998 e in via principale nel procedimento n. 2313/1998, al primo riunito; accoglieva parzialmente la domanda proposta dal Consorzio di bonifica e condannava SIBA al pagamento di euro 58.269,38 oltre interessi legali dal 14.7.1998 al soddisfo ed il maggior danno da svalutazione in favore del Consorzio. Riguardo alla chiamata in causa della Regione da parte del Consorzio il tribunale aveva argomentato che era da ritenersi ultronea ogni valutazione in merito – essendo stata disattesa la domanda di SIBA verso il Consorzio -e, in conformità a detta statuizione, compensava interamente le spese di lite attesa la natura della controversia e l’esito processuale della stessa.
Proposto gravame avverso detta sentenza da parte della società RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, costituitisi gli appellati Consorzio e Regione Campania, il giudice d’appello ha accolto parzialmente la domanda dell’appellante nei confronti del Consorzio condannandolo al pagamento della somma di euro 629.255,74, accogliendo, al contempo, la domanda di manleva nei confronti della Regione condannata, perciò, a rivalere il Consorzio di quanto tenuto a riconoscere all’appellante.
3.La Regione Campania ha impugnato la sentenza in oggetto n. 856 e pubblicata il 24/06/2019 con ricorso notificato il 7/2/2020 ed affidato a tre motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso il Consorzio di Bonifica in Destra Sele.
E’ rimasta intimata la società RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cod. proc. civ.) la violazione del giudicato interno e ultrapetizione per avere la Corte d’appello pronunciato la condanna a carico della Regione Campania (manleva a favore del Consorzio di Bonifica) su un punto che non era stato oggetto di impugnazione né da Veolia né dal Consorzio. La Regione eccepisce la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. (corrispondenza tra chiesto e pronunciato) e degli artt. 333 e 343 cod. proc. civ. sull’appello incidentale, in quanto il giudicato interno del primo grado (che aveva escluso la responsabilità della Regione) non era stato impugnato, e pertanto, non poteva essere oggetto di nuova pronuncia.
5.1. La censura è infondata.
5.2. Invero, la Corte d’appello di Salerno non si è pronunciata in violazione di un giudicato formatosi a seguito della pronuncia di primo grado, dal momento che il giudice di prime cure aveva ritenuto ultronea la decisione sulla domanda di manleva nei
confronti della Regione, dal momento che erano state rigettate le domande di SIBA che proprio in ragione di tale soccombenza aveva articolato il gravame chiedendo la riforma della sentenza sul punto. A seguito di ciò le parti appellate hanno riproposto integralmente le loro domande ed eccezioni e la Corte d’appello, in assenza di preclusioni, ha, una volta accolta la domanda dell’appellante, esaminato la domanda di manleva formulata del Consorzio e l’ha ritenuta fondata statuendo di conseguenza senza violare alcun giudicato e senza incorrere in alcun vizio di ultrapetizione.
5.3. E’ noto, infatti, che in caso di rigetto della domanda principale e conseguente omessa pronuncia sulla domanda condizionata di garanzia, la devoluzione di quest’ultima al giudice investito del gravame sulla domanda principale non richiede la proposizione di appello incidentale, essendo sufficiente la riproposizione della domanda, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. (cfr. Cass. 13768/2018; id.121/2020; id.40833/2021).
Con il secondo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.) l’ erronea interpretazione della documentazione contrattuale, per avere la corte d’appello ritenuto esistente una clausola di manleva tra Regione e Consorzio sulla base di una lettura contraddittoria e fuorviante della documentazione (delibere e convenzioni). La Regione sottolinea come, in realtà, tutti gli atti affermino espressamente che nessun onere per lavori, varianti, ritardi o altri danni poteva gravare su di essa, che agiva solo come tramite finanziario. La sentenza, quindi, violerebbe gli artt. 1 L. n.1/1978, 1362-1374 cod. civ., estendendo erroneamente gli effetti di un contratto a un soggetto terzo.
6.1. La censura è inammissibile.
6.2. La censura è formulata senza indicare, ai sensi dell’art. 366 , comma 1, n. 6, cod. proc. civ., oltre alle norme asseritamente violate, il contenuto complessivo dei documenti richiamati e rilevanti ai fini del raffronto con le affermazioni in diritto contenute
nella sentenza impugnata, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (cfr. Cass. Sez. Un. 23745/2020). Tale onere di specificazione non si fonda su una concezione formalistica del ricorso per cassazione, e, anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU COGNOME e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, non può tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso (cfr. Cass. Sez. Un. 8950/2022). Nondimeno, detto onere deve essere assolto mediante quelle specificazioni necessarie a sorreggere la critica all’applicazione del principio di diritto fatta dal giudice a quo, al fine di non risolversi in un’inammissibile critica all’esito dell’interpretazione legittimamente svolta nella fase di merito.
6.3. Ebbene, nel caso di specie la corte territoriale ha esplicitato gli elementi desunti dalla documentazione prodotta che hanno giustificato l’accoglimento della domanda di manleva (in sintesi, la previsione nella delibera regionale dello schema di convenzione, la richiesta da parte della regione del mutuo alla banca europea per gli investimenti, la riserva in capo alla regione di nominare la commissione di collaudo, l’ingegnere capo dei lavori, della commissione di sorveglianza, la dichiarazione di opera pubblica, e la mancanza di propri fondi da parte del Consorzio); e, a fronte di ciò, parte ricorrente richiama l’argomento , già indicato fin dall’atto introduttivo, costituito dall’art. 17 della convenzione stipulata con il Consorzio nel luglio 1991, successivamente al contratto dell’8.11.1990, senza contestualizzare la critica rispetto alle osservazioni espresse nella sentenza impugnata.
7. Con il terzo motivo si censura, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., l’erronea condanna della Regione a rivalere
il Consorzio degli esborsi processuali alla luce della fondatezza del ricorso in relazione ai primi due motivi.
7.1. La censura è assorbita dall’esito dei primi due motivi .
Il ricorso è quindi rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in euro 11.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione civile,