Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20158 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20158 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
composta dai signori magistrati:
Oggetto:
dott. NOME COGNOME
Presidente
RESPONSABILITÀ CIVILE
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ad. 22/05/2025 C.C.
dott. NOME COGNOME
Consigliere relatore
R.G. n. 4444/2024
ha pronunciato la seguente
Rep.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 4444 del ruolo generale dell’anno 2024, proposto
da
QUARANTA Annunziato (C.F.: QRN NNZ 59M14 G292U)
rappresentato e difeso dall’avvocat o NOME COGNOMEC.F.: BSC LCU 66B24 F912T)
-ricorrente-
nei confronti di
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE
rappresentato e difeso dall’avvocat o NOME COGNOMEC.F.: BNU NTN 62S22 C262T)
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Salerno n. 942/2023, pubblicata in data 11 luglio 2023;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 22 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Fatti di causa
NOME COGNOME ha presentato querela e si è, successivamente, costituito parte civile in un processo penale promosso nei confronti di NOME COGNOME in cui a quest’ultimo era imputata la falsificazione di una cambiale ad apparente firma del COGNOME (reato previsto e punito dagli artt. 485 e 491 c.p.c.).
In tale processo penale, il COGNOME è stato assolto in primo grado per non aver commesso il fatto. La Corte d’ appello di Salerno, in accoglimento del l’appello della parte civile, ha, invece, affermato, ai soli effetti civilistici, la responsabilità del COGNOME per aver falsificato la cambiale, con conseguente dichiarazione di falsità del titolo di credito ai sensi dell’ art. 537 c.p.p.. Questa Corte, sempre in sede penale, con sentenza n. 8427 del 2020, ma ai fini civilistici, ha annullato la decisione di secondo grado, rinviando al giudice civile competente per valore in grado d’appello , ai sensi dell’art. 622 c.p.p..
La Corte d’a ppello civile di Salerno ha dichiarato inammissibile il ricorso in riassunzione del Quaranta.
Ricorre quest’ultimo , sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME (erede di NOME COGNOME deceduto nel corso del giudizio di rinvio).
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Nullità della sentenza ex art. 360 co. 1 nr. 4) cod. proc. civ. per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 622 cod. proc. pen.: ammissibilità, nel giudizio di rinvio, dell’emendatio libelli ex art. 183 cod. proc. civ. consistente nella precisazione dell’originaria domanda risarcitoria mediante la formulazione di una domanda di accertamento negativo dell’autenticità della cambiale. Omessa pronuncia sul punto ».
Il ricorrente deduce che « la Corte d’Appello … … prendendo atto della rinuncia alla domanda risarcitoria, si limitava a dichiarare l’inammissibilità del ricorso, senza prendere in considerazione l’ulteriore domanda volta ad ottenere la declaratoria di falsità della cambiale dedotta in giudizio ».
Il motivo è infondato.
1.1 In primo luogo, si rileva che la censura di violazione dell’art. 112 c.p.c. appare, in linea di puro diritto, di per sé infondata, non essendovi stata una vera e propria omissione di pronuncia sulla domanda proposta dal ricorrente, ma una pronuncia di inammissibilità della stessa.
La C orte d’appello non ha affatto omesso di prendere in considerazione la domanda volta ad ottenere la declaratoria di falsità della cambiale dedotta in giudizio, avanzata dal COGNOME (qualificata dalla stessa C orte d’appello come richiesta ai sensi dell’art. 537 c.p.c.), ma l’ha presa espressamente in esame e l’ha ritenuta inammissibile in sede di rinvio al giudice civile, una volta abbandonata la domanda principale risarcitoria (per avere il COGNOME, in comparsa conclusionale, rinunciato alla domanda di risarcimento dei danni e chiesto solo una pronuncia di falsità della cambiale ai sensi dell’a rt. 537 c.p.p.), essendo l’oggetto di tale giudizio di rinvio, dopo la riassunzione ai sensi dell’art. 622 c.p.p., limitato alle domande civili proposte ai sensi dell’art. 74 c.p.p. e, cioè, quelle risarcitorie e di restituzione, tra le quali non rientra la suddetta richiesta di dichiarazione di falsità del documento, prevista dall’art. 537 c.p.p..
1.2 La decisione adottata dalla C orte d’appello deve ritenersi , in ogni caso, conforme, in diritto, all’indirizzo delle sezioni penali di questa Corte, secondo il quale la dichiarazione di falsità del documento di cui all’art. 537 c.p.p. non rientra tra le statuizioni civili assunte in sede penale, ma costituisce una pronuncia autonoma ed accessoria della sentenza penale, onde tale dichiarazione non è, di per sé, oggetto dell’azione civile risarcitoria esercitata in sede penale che può essere proseguita davanti al giudice civile, al punto che la parte civile non è neanche legittimata ad impugnarla (cfr. Cass. pen., Sez. 5, Sentenza n. 14194 del 2/02/2018 Ud. -dep. 28/03/2018: « la dichiarazione relativa all’accertata falsità di atti o di documenti, prevista
dall’art. 537 c.p.p. in caso di sentenza di condanna, va revocata dai giudici di appello qualora sia pronunciata l’estinzione del reato per morte del reo, trattandosi di statuizione autonoma ed accessoria della sentenza penale e non già di una statuizione civile, sicché la parte civile, ai sensi dell’art. 576, comma 1, c.p.p., non è legittimata ad impugnare la pronunzia sulla falsità »).
Se la parte civile non può impugnare la pronuncia in ordine alla dichiarazione di falsità del documento di cui all’art. 537 c.p.p., a fortiori va escluso che possa chiedere tale dichiarazione nel giudizio civile in prosecuzione, ai sensi dell’art. 622 c.p.p., essendo tale giudizio limitato alle statuizioni civili da adottarsi in sede penale.
Avendo la C orte d’appello preso atto dell’avvenut o abbandono de ll’azione risarcitoria da parte del Quaranta, essa ha, pertanto, coerentemente e correttamente, in base ai principi appena esposti, ritenuto inammissibile nella presente sede la sola domanda (accessoria e consequenziale) di dichiarazione di falsità della cambiale oggetto dell’imputazione di falsificazione mossa nei confronti del COGNOME, dichiarando l’inammissibilità complessiva del ricorso in riassunzione.
1.3 Il ricorrente sostiene che la Corte di cassazione penale avrebbe dovuto comunque pronunciarsi sulla falsità del documento ai sensi dell’art. 537 c.p.p., nonostante l’irrevocabile proscioglimento dell’imputato sul piano penale e, pertanto, non rimettere sic et simpliciter al giudice civile la prosecuzione del giudizio. A suo avviso, tale errore della Corte di cassazione penale gli dovrebbe consentire di ottenere in ogni caso l’accertamento della falsità del titolo nel giudizio di rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.c., oltre che la condanna dell’imputato al risarcimento del danno.
In altri termini, il ricorrente sembrerebbe assumere, in sostanza, di aver proposto, in sede civile, una autonoma domanda
di accertamento della non autenticità della sottoscrizione della cambiale, anche a prescindere dalla dichiarazione falsità di essa, di natura penale, di cui all’art. 537 c.p.p. , e sostiene che su tale domanda la C orte d’appello avrebbe dovuto pronunciarsi, nonostante l’ abbandono della domanda risarcitoria.
In senso contrario è, peraltro, agevole osservare che, una volta escluso che la dichiarazione di cui all’art. 537 c.p.p. rientri tra le statuizioni civili adottate in sede penale, la domanda di accertamento della falsità della sottoscrizione della cambiale, a seguito dell’abbandono della domanda risarcito ria, finirebbe per costituire: a) o una domanda del tutto nuova e diversa rispetto alle domande risarcitorie e restitutorie di cui all’art. 74 c.p.p. (segnatamente, una querela di falso proposta in via principale); b) o una domanda di accertamento di un mero fatto (la non autenticità della sottoscrizione), non ammissibile (se non nei casi previsti e con le modalità stabilite) nel processo civile (cfr. Cass., Sez. L, Sentenza n. 11565 del l’ 11/05/2017, in motivazione).
In entrambi i casi, si tratterebbe di una domanda inammissibile nel giudizio di rinvio al giudice civile di appello di cui all’art. 622 c.p.p..
1.3.1 L a domanda volta ad ottenere l’accertamento che la sottoscrizione di una scrittura privata non sia autentica, in sede civile, può ritenersi proponibile tramite lo speciale procedimento di querela di falso (in via principale), ai sensi dell’art. 221 c.p.c. (« La querela di falso può proporsi tanto in via principale quanto in corso di causa in qualunque stato e grado di giudizio, finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato »), sussistendone i presupposti.
1.3.2 Tale domanda non potrebbe, invece, essere proposta quale azione di mero accertamento della non autenticità della sottoscrizione (cioè, di mero accertamento di un fatto), se non
in via accessoria rispetto ad un’altra distinta domanda principale avente ad oggetto diritti (che siano conseguenti a quel fatto).
Il procedimento autonomo di verificazione della scrittura privata in via principale, ai sensi dell’art. 216, comma 2, c.p.c. (che è una ipotesi eccezionale di giudizio civile avente ad oggetto l’accertamento di un fatto, come quell o di querela di falso in via principale) è, infatti, proponibile solo dal soggetto che intende avvalersi della scrittura privata, non dal soggetto che intende disconoscere la propria sottoscrizione (« La parte che intende valersi della scrittura disconosciuta deve chiederne la verificazione, proponendo i mezzi di prova che ritiene utili e producendo o indicando le scritture che possono servire di comparazione. L’istanza per la verificazione può anche proporsi in via principale con citazione, quando la parte dimostra di avervi interesse; ma, se il convenuto riconosce la scrittura, le spese sono poste a carico dell’attore »).
Secondo l’indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, in verità, « con riguardo ad una scrittura privata (nella specie, assegno bancario), che non sia stata riconosciuta e che non debba ritenersi legalmente riconosciuta -e per la quale, pertanto, non sia necessario esperire la querela di falso, al fine di contestarne la piena efficacia probatoria (art. 2702 c.c.) -, la parte che sostenga la non autenticità della propria apparente sottoscrizione non è tenuta ad attendere di essere evocata in giudizio da chi affermi una pretesa sulla base del documento per poi operare il disconoscimento ai sensi ed agli effetti degli artt. 214 e segg. c.p.c., ma può legittimamente assumere l ‘ iniziativa del processo onde vedere accertata, secondo le ordinarie regole probatorie, la non autenticità di detta sottoscrizione, nonché per sentir accogliere quelle domande che postulino tale accertamento (nella specie, condanna al risarcimento dei danni della banca che aveva pagato l ‘ assegno con firma falsa) » (Cass.,
Sez. 1, Sentenza n. 12471 del 12/10/2001; conf.: Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20882 del 21/07/2021; Sez. 3, Sentenza n. 16777 del 23/07/2014 , in cui si precisa che, in tal caso, spetta all’attore dimostrare la non autenticità della sottoscrizione, non potendo applicarsi le disposizioni di cui agli artt. 214 e ss. c.p.c.; Sez. 1, Sentenza n. 974 del 18/01/2008; Sez. 1, Sentenza n. 1420 del 24/02/1983).
Ma la possibilità di avanzare l’azione di accertamento della non autenticità della sottoscrizione di una scrittura privata non (ancora) riconosciuta, negli stessi precedenti di legittimità richiamati, è (correttamente) ritenuta ammissibile solo in via di accertamento incident ale, al fine di ottenere l’accoglimento di ulteriori e diverse domande, che postulino tale accertamento e che abbiano ad oggetto diritti.
D’altra parte, che un siffatto accertamento possa essere avanzato esclusivamente in via incidentale, al fine di ottenere il riconoscimento giudiziale di altri e diversi diritti che lo postulino, è un limite che discende inevitabilmente dalla piana applicazione dei principi generali del diritto processuale civile, in base ai quali non sono mai consentite domande giudiziali di accertamento di meri fatti, salva diversa espressa previsione di legge (come avviene appunto per le ipotesi di cui all’art. 216, comma 2, e 221 c.p.c., per le domande di verificazione della scrittura privata e per la querela di falso in via principale), essendo il processo, di regola, finalizzato all’accertamento di diritti e non di meri fatti.
Dunque, la richiesta di accertamento della non autenticità della scrittura privata non riconosciuta, trattandosi di accertamento di un fatto e non di un diritto, può ben ritenersi ammissibile -anche in mancanza di disconoscimento giudiziale della stessa -in un processo avente ad oggetto un diverso diritto, ma non può formare oggetto di una domanda autonoma proposta, da sola, in via principale, in un giudizio che non abbia (anche) ad
oggetto l’accertamento di un diritto soggettivo che postuli tale non autenticità.
1.3.3 Tutte le azioni civili indicate (querela di falso, azione di accertamento della non autenticità della sottoscrizione di scrittura privata), inoltre, non costituiscono, comunque, azioni di natura risarcitoria o restitutoria, trattandosi di azioni di accertamento di fatti, eccezionalmente ammesse per espresso disposto normativo ovvero ammissibili in via di accertamento incidentale, nell’ambito di giudizi aventi ad oggetti diritti.
1.3.4 Orbene, non essendo proponibile un giudizio autonomo di accertamento della falsità della sottoscrizione di una scrittura privata in via principale, se non tramite la querela di falso, ai sensi dell’art. 221 c.p.c., ovvero nell’ambito di una domanda giudiziale che abbia ad oggetto i diritti che tale accertamento postulino, trova ulteriore e definitiva conferma la conclusione per cui, nella specie, la domanda dichiarata inammissibile dalla C orte d’appello:
costituiva una domanda del tutto nuova, avanzata in sede di riassunzione del giudizio davanti al giudice civile ai sensi dell’art. 622 c.p.p., rispetto a quelle risarcitorie proponibili in sede penale mediante la costituzione di parte civile (trattandosi, in sostanza di una querela di falso ai sensi dell’art. 221 c.p.c., la quale si può proporre, in via incidentale, in ogni stato e grado del giudizio, ma in via principale si può proporre esclusivamente davanti al tribunale, e non trattandosi, comunque, di domanda di natura risarcitoria o restitutoria);
ovvero, una volta abbandonata la domanda di risarcimento dei danni avanzata con la costituzione di parte civile, essa era inammissibile, quale domanda di accertamento della non autenticità della scrittura privata proposta in via principale ed autonoma e non (più) quale accertamento incidentale necessario al riconoscimento del conseguente diritto risarcitorio, come tale costituente una domanda di accertamento di meri fatti.
1.3.5 Pare opportuno aggiungere, a fini di completezza espositiva , che l’oggetto di tutte tali domande non coincide con l’accertamento che deve effettuarsi nell’ambito del processo penale e che potrebbe comportare conseguenti statuizioni civili: il processo penale è, infatti, volto a stabilire se l’imputato abbia falsificato un determinato documento, mentre il giudizio di falso e quello di accertamento della non autenticità della sottoscrizione sono giudizi (civili di accertamento, non risarcitori) diretti esclusivamente a stabilire se il documento (ovvero la sua sottoscrizione) sia autentico o meno (indipendentemente da chi ne abbia operato la eventuale falsificazione).
Con il secondo motivo si denunzia « Nullità della sentenza ex art. 360 co. 1 nr. 4 cod. proc. civ. per violazione degli artt. 100, 184 e 306 cod. proc. civ. in relazione all’art. 112 cod. proc. civ. ».
Il ricorrente contesta la decisione impugnata per avere « la Corte d’Appello, ritenuto valida la rinuncia alla domanda risarcitoria effettuata dal difensore privo di mandato ad hoc ed invece munito della sola procura alle liti ».
Il motivo è infondato.
La decisione impugnata risulta, sul punto in contestazione, conforme ai consolidati principi di diritto affermati da questa Corte, secondo i quali « la rinuncia alla domanda o ai suoi singoli capi, qualora si atteggi come espressione della facoltà della parte di modificare ai sensi dell ‘ art. 184 c.p.c. (e 420 c.p.c. per le controversie soggette al cosiddetto rito del lavoro), le domande e le conclusioni precedentemente formulate, rientra fra i poteri del difensore (che in tal guisa esercita la discrezionalità tecnica che gli compete nell ‘ impostazione della lite e che lo abilita a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio rappresentato), distinguendosi così dalla rinunzia agli atti del giudizio, che può essere fatta solo dalla parte
personalmente o da un suo procuratore speciale, nelle forme rigorose previste dall ‘ art. 306 c.p.c., e non produce effetto senza l ‘ accettazione della controparte » (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 1439 del 4/02/2002 e successive conformi).
Nella specie, va esclusa che sia stata effettuata una vera e propria rinuncia agli atti del giudizio, in quanto, in sede di comparsa conclusionale, risulta semplicemente abbandonata la originaria domanda di risarcimento del danno.
Con il terzo motivo si denunzia « Nullità della sentenza ex art. 360 co. 1 nr. 4 cod. proc. civ. per violazione dell’art. 101 cpv. cod. proc. civ. ».
Il ricorrente deduce che « la pretesa inconciliabilità della rinuncia alla domanda risarcitoria con la ratio sottesa al giudizio ex art. 622 cod. proc. pen. -che condurrà poi all’impugnata pronuncia di inammissibilità -sia stata rilevata di ufficio dalla Corte d’Appello e che sia stata posta a fondamento del decisum, senza che alle parti sia stato assegnato un congruo termine per il deposito di osservazioni sulla stessa, così come sancito, a pena di nullità, dall’art. 1 01 del codice di rito ».
Anche questo motivo è infondato
Secondo i consolidati principi di diritto affermati da questa Corte « l’ art. 101, comma 2, c.p.c., secondo la perimetrazione della portata applicativa della norma data dal diritto vivente, si riferisce soltanto alla rilevazione d ‘ ufficio di circostanze modificative del quadro fattuale che non sono state valutate dalle parti » (Cass., Sez. U, Sentenza n. 30883 del 3/12/2024; Sez. 3, Ordinanza n. 6483 del l’ 11/03/2025).
Nella specie, non è stata rilevata di ufficio una questione estranea al thema decidendum discusso dalle parti e tale da alterare il quadro fattuale di riferimento rilevante, essendo stata semplicemente dichiarata l’inammissibilità, in rito, della domanda di dichiarazione della falsità del documento, in sede civile,
senza alcuna modificazione del quadro fattuale di riferimento valutato dalle parti, per una ragione di puro diritto processuale.
Il ricorso è rigettato.
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo, con distrazione in favore dell’avvocato NOME COGNOME difensore del controricorrente, che ha reso la prescritta dichiarazione di anticipo ai sensi dell’art. 93 c.p.c. .
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso;
-condanna il ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, liquidandole in complessivi € 3.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge, con distrazione in favore dell’avvocato del controricorrente NOME COGNOME
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P .R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in camera di consiglio, in data 22 maggio 2025.