Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4725 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4725 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
sul ricorso 31544/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1785/2021 depositata il 10/11/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6/2/2024 dal AVV_NOTAIO.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’Appello di Palermo ha dichiarato inammissibile la domanda di condanna della società intimata alla restituzione delle somme erogatele dal Ministero intimante in attuazione dei programmi di finanziamento previsti a favore degli interventi nel Mezzogiorno, già declinata dall’intimante in sede di insinuazione al passivo del fallimento dell’intimata e, di seguito al ritorno in bonis di questa, in sede di giudizio di rinvio, sul presupposto che, pur essendo in questa sede consentito mutare le conclusioni di merito, nella specie andava rilevata la predetta preclusione in considerazione dell’intervenuta chiusura del fallimento.
La pronunciata sentenza è impugnata dal Ministero soccombente in forza di due mezzi, ai quali resiste l’intimata società con controricorso e memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, con il quale si lamenta l’erroneità dell’impugnata sentenza per aver essa negato l’ammissibilità della domanda in disamina, quantunque sia principio invalso nella giurisprudenza di questa Corte che nell’ipotesi di ritorno in bon is la domanda originariamente proposta nei confronti del fallito, nelle forme dell’insinuazione al passivo, non costituisca una domanda nuova, si ché non ne sia prospettabile l’accoglimento in guisa di ordinaria domanda di condanna, è fondato e merita accoglimento con conseguente assorbimento del secondo motivo di ricorso.
Questa Corte, pur non esaminando funditus la questione con
riferimento al giudizio di rinvio, ha da tempo enunciato il convincimento -maturato, peraltro, nel quadro del diritto antecedente alla novella fallimentare, qui applicabile ratione temporis -secondo cui non è esatto sostenere che la domanda formulata nei confronti del debitore, allorché esso sia ritornato in bonis , sarebbe diversa da quella proposta contro il fallimento nelle forme dell’insinuazione al passivo, sol perché conterrebbe la richiesta di condanna. «La domanda d’insinuazione al passivo» -si è detto in particolare da Cass. 15934/2007, sulle cui tracce anche Cass. 13868/2017 e Cass. 13337/2013 -«si inserisce in un processo esecutivo concorsuale, e tende all’accertamento del credito in funzione esecutiva, mediante la sua collocazione sul ricavato dell’attivo fallimentare, sicché include qualcosa di più – non di meno – della mera condanna al pagamento richiesta nel giudizio ordinario. Il concorso, che è proprio del processo fallimentare, attiene esclusivamente ai rapporti del creditore istante con gli altri creditori, e non al rapporto di credito nei confronti del fallito».
Per vero, il riacquisto della capacità processuale del fallito, conseguente alla chiusura (o alla revoca) del fallimento, determina soltanto l’interruzione del processo nel quale sia parte il curatore fallimentare, onde il giudizio di opposizione allo stato passivo può essere riassunto nei confronti del (o proseguito dal) fallito tornato in bonis , al fine di giungere all’accertamento giudiziale sull’esistenza o meno del credito di cui si era chiesta l’ammissione al passivo; e ciò perché l’interruzione non produce effetti sull’azione, i cui elementi essenziali del petitum e della causa petendi restano sostanzialmente inalterati (incentrandosi, per l’appunto, in caso di impugnazione, nella contestazione in ordine alla esistenza del credito), risultando solo la modificazione della pretesa originaria (in una domanda ordinaria di accertamento, certamente ricompresa nella originaria domanda di inclusione del credito dallo stato passivo) per il
mutamento della situazione giuridica determinato dalla chiusura del fallimento. Circostanza, quest’ultima, peraltro, non ignota neppure al legislatore fallimentare ante novella se l’art. 102 l. fall. si dava cura di precisare che “se il fallimento si chiude senza che la contestazione sia stata decisa, il giudizio continua dinanzi allo stesso tribunale”.
Né questo quadro di giudizio soffre smentite per effetto del fatto che la questione si ponga qui in relazione al giudizio di rinvio. L’identità della domanda, indipendentemente dalla forma in cui essa sia proposta, porta ad escludere che nell’atto di adottare una conclusione di merito diversa da quella inizialmente proposta si siano violati i limiti propri di quel giudizio.
Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza va, di riflesso, cassata con rinvio alla Corte territoriale palermitana, in diversa composizione, per la rinnovazione del giudizio alla luce del criterio sin qui enunciato e per la regolazione delle spese del giudizio di cassazione .
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso, cassa l’impugnata sentenza nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Palermo che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il