Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11312 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11312 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 19532-2022 r.g. proposto da:
AVV_NOTAIO COGNOME NOME, nato a Faenza (RA) il DATA_NASCITA, con studio in Faenza INDIRIZZO, INDIRIZZO, cod. fisc. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO del Foro di RAGIONE_SOCIALE , con domicilio eletto presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede legale in RAGIONE_SOCIALEINDIRIZZO, cod. fisc. CODICE_FISCALE, in persona dei Curatori AVV_NOTAIO NOME COGNOME e AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO del Foro di RAGIONE_SOCIALE, in forza di procura speciale alle liti apposta in calce al controricorso.
-controricorrente –
avverso il decreto pronunciato dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in data 15/06/2022, comunicato in data 21/06/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/2/2024
dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
Con ricorso ex art. 93 L. Fall. proposto in data 03/03/20211, l’AVV_NOTAIO chiedeva l’ammissione al passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di un credito di euro 128.000,00 oltre accessori, asseritamente maturato per prestazioni professionali svolte dal 2014 in favore di RAGIONE_SOCIALE in bonis .
3 Il Giudice Delegato dispone va l’esclusione dell’ulteriore somma di euro 162.440,03, anche in considerazione della tardività delle ulteriori allegazioni che risultavano pervenute il giorno della verifica del passivo.
2.Con ricorso ex artt. 98 e 99 l. fall. depositato in data 09/08/202 1, l’AVV_NOTAIO proponeva dunque opposizione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE: (i) in via preliminare, ecc epiva l’ inesistenza, l’ invalidità e la nullità dello stato passivo approvato con decreto del 09/07/2021, per asserita violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, perché non gli sarebbe stato consentito di partecipare all’udienza di verifica del 09/07/2021; (ii) nel merito, previo accertamento della tempestività e regolarità della domanda di ammissione al passivo e successive integrazioni, chiedeva di essere ammesso al passivo per il complessivo importo di euro 246.427,33, oltre accessori (di cui euro 197.458,37 per prestazioni in favore di RAGIONE_SOCIALE ed euro 48.968,96 per prestazioni in favore della controllata RAGIONE_SOCIALE), al netto delle somme già percepite (indicate in euro 47.176,72 per le posizioni RAGIONE_SOCIALE ed euro 56.247,71 per le posizioni RAGIONE_SOCIALE) e con il privilegio di cui all’ar t. 2751 bis n. 2) cod. civ.; (iii) in subordine, chiedeva che la domanda fosse comunque trattata -ed accolta -quale istanza tardiva di ammissione al passivo.
Il Tribunale, con il decreto qui oggetto di ricorso per cassazione e nella resistenza del RAGIONE_SOCIALE, ha rigettato l ‘ opposizione proposta, confermando pertanto il provvedimento del g.d.
5. Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha infatti statuito che: (a) non vi era stata alcuna lesione del contraddittorio, in quanto all’AVV_NOTAIO erano state regolarmente comunicate le modalità di partecipazione all’udienza del 09/07/2021 e l’opponente non aveva offerto alcuna prova di avere effettuato tempestiva richiesta di accesso alla stanza virtuale del giudice, entro l’orario di inizio dell’ udienza; (b) le integrazioni all’originaria domanda di ammissione al passivo costitui vano un’ inammissibile mutatio libelli , in quanto introducevano nuovi temi di indagine e concernevano vicende sostanziali diverse da quelle tempestivamente dedotte con il ricorso ex art. 93 l. fall.; (b) tali ‘integrazioni’ della domanda non potevano neppure essere qualificate come autonome domand e tardive, poiché l’opponente aveva inequivocabilmente inteso sottoporre al giudic e delegato un’ unica domanda di insinuazione, e non una pluralità di autonome domande; (c) nel merito, con riferimento alle posizioni indicate sub lett. da A) ad F) del l’originaria domanda di ammissione al passivo (le sole ritualmente dedotte), il credito maturato dall’AVV_NOTAIO, tenuto conto dell’attività effettivamente svolta e dei parametri di legge per la determinazione dei compensi, era valutabile in complessivi euro 27.098,32; (d) per le altre posizioni indicate a pag. 3 della domanda di ammissione al passivo, la domanda doveva invece ritenersi viziata da nullità insanabile, per mancata indicazione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti la ragione della domanda; (e) l’opponente stesso aveva allegato di aver ricevuto dalla società fallita il pagamento di euro 47.176,72, non indicando, rispetto ai crediti oggetto del presente giudizio, a quali posizioni corrispondessero le fatture emesse, così sottraendosi all’onere della prova del residuo credito per le posizioni di cui alla domanda di ammissione al passivo; (f) a fronte di crediti per complessivi euro 27.098,32, ed a fronte del pagamento (allegato dallo stesso opponente) della maggior somma di euro 47.176,72, non vi era dunque prova di alcun residuo credito in favore dell’AVV_NOTAIO .
6.Il decreto, pubblicato il 17.6.2022, è stato impugnato da AVV_NOTAIO con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, a cui il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha resistito con controricorso.
Il fallimento controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 115 c.p.c., anche in relazione agli artt. 3 e 24 Cost..
1.1 Sostiene, in particolare, il ricorrente che nella fase di verifica dello stato passivo vi sia stata una lesione del contraddittorio e del diritto di difesa, poiché -secondo la sua ricostruzione della vicenda processuale -non gli è stato consentito di partecipare all’udienza di verifica dello stato passivo del 09/07/2021 (tenutasi da remoto, tramite la piattaforma ‘Teams’), nonostante all’ora indicata (ore 10.30) fosse collegato alla predetta piattaforma.
1.2 Il motivo, così prospettato, è inammissibile.
1.2.1 Va ricordato che, in sede di opposizione allo stato passivo, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato la relativa doglianza, evidenziando come all’AVV_NOTAIO fossero state regolarmente comunicate le istruzioni per partecipare all’udienza da remoto e come l’opponente non avesse offerto la prova di una tempestiva richiesta di accesso alla stanza virtuale del giudice.
Sostiene ora il ricorrente che: (i) all’ora indicata, egli avrebbe ‘cercato di collegarsi alla stanza virtuale per presenziare al processo’, ma sarebbe stato autorizzato a connettersi solo dopo varie telefonate alla cancelleria, al termine dell’udienza; (ii) non sarebbe suo onere provare la richiesta di accesso alla stanza virtuale, in quanto i curatori non avrebbero contestato in giudizio la sua ricostruzione dei fatti processuali ed egli ricorrente, con PEC in data 08/07/2021, aveva già avanzato istanza p er poter partecipare all’udienza.
1.2.2 La doglianza è inammissibile perché le deduzioni difensive non colgono né censurano la ratio decidendi posta a sostegno della decisione impugnata che, in ordine alla questione qui riproposta, hanno evidenziato che il ricorrente non aveva offerto di provare che, nonostante la trasmissione del link di accesso alla piattaforma informatica, non era riuscito a collegarsi alla piattaforma informatica per seguire il celebrarsi dell’udienza di verifica, p er ragioni indipendenti dalla volontà del ricorrente stesso.
Tale è la ratio decidendi del provvedimento impugnato ed il ricorrente non riesce a spiegare, ancora una volta, quale fosse stato l’impedimento tecnico che si era frapposto alla sua volontà di partecipare al contraddittorio processuale, nonostante l’Ufficio avesse adempiuto a tutt e le incombenze necessarie alla partecipazione dei vari contraddittori all ‘ udienza di verifica del passivo. Il Tribunale ha infatti verificato, con accertamento in fatto, che l ‘odierno ricorrente, al pari degli altri creditori ista nti, era stato regolarmente e tempestivamente informato dai curatori del fallimento, con comunicazione a mezzo EMAIL in data 24.06.202116, circa le modalità di svolgimento (da remoto) dell’udienza di verifica dello stato passivo fissata per il giorno 09/07/2021. Detta comunicazione conteneva le istruzioni operative per la partecipazione in videoconferenza ed il link per l’accesso alla c .d. stanza virtuale.
Sul punto il ricorrente deduce (ma, non dimostra neanche in questo giudizio di legittimità) che, alle ore 10.30, sarebbe stato ‘collegato alla predetta piattaforma’ , ma che non gli sarebbe stato consentito di partecipare all’udienza nonostante varie telefonate alla cancelleria.
Orbene, le predette affermazioni sono rimaste tali anche in questo giudizio e sono state smentite dal Tribunale nel decreto qui impugnato, per quanto accertato, sul piano documentale, dal verbale di udienza del 09.07.2021 ove non vi era traccia del l’asserito collegamento (o tentativo di collegamento) da parte dell’AVV_NOTAIO.
A ciò va anche aggiunto -a dimostrazione dell’assoluta inconferenza della doglianza con la ragione decisoria posta a sostegno del decreto impugnato -che il giorno della verifica era stato fissato per il 9 settembre, mentre il ricorrente sostiene di aver chiesto l’8 luglio di poter partecipare all’udienza da remoto.
2. Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 93, 94 e 95 l. fall., nella parte in cui il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha preso in esame i soli crediti rinvenienti dall’attività professionale svolta con riferimento alle posizioni indicate sub lett. da A) ad F) della domanda di ammissione al passivo in data 03/03/2021, ed ha invece dichiarato: (i) l’inammissibilità delle successive
‘integrazioni’ della domanda in data 08/07/2021 e in data 0 9/07/2021, in quanto introduttive di nuovi temi di indagine, come tali riguardanti vicende sostanziali diverse da quelle dedotte con il ricorso ex art. 93 l. fall.; (ii) la nullità insanabile della domanda originaria di ammissione al passivo, nella parte in cui si faceva generico riferimento ad ‘altri procedimenti giudiziari e vertenze stragiudiziali’, stante la mancata indicazione degli elementi di fatto e di diritto costituenti la ragione della domanda.
Secondo il ricorrente, invece, tali statuizioni sarebbero errate, in quanto: (a) le integrazioni alla domanda di ammissione al passivo non avrebbero introdotto nuovi temi di indagine, né riguarderebbero vicende sostanziali diverse da quelle dedotte con il ricorso; (b) in ogni caso, tali integrazioni della domanda sarebbero state autorizzate dal Giudice Delegato, senza la previsione di alcun termine; (c) sempre secondo il ricorrente, sino all’udienza di verifica sarebbe comunque consentita al creditore la modifica della domanda, non potendosi trasporre le regole del giudizio ordinario di cognizione al giudizio sommario di verifica; (d) da ultimo, non sussisterebbe la nullità parziale della domanda di ammissione al passivo, che -sempre secondo il ricorrente -avrebbe contenuto ab origine la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti la ragione della domanda, come richiesto dall’art. 93 l. fall.
2.1 Il motivo, così articolato, è in parte infondato e, per altra parte, inammissibile.
2.1.1 Sotto il primo profilo, le censure proposte dal ricorrente si scontrano con i consolidati principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità.
Sul punto è infatti necessario ricordare che la domanda di ammissione al passivo fallimentare, pur potendo essere precisata attraverso le osservazioni scritte di cui all’art. 95, comma 2, l.fall. nella fase che precede la formazione dello stato passivo, non può essere modificata attraverso un ampliamento del “petitum” o una variazione della “causa petendi”, ma al più può essere ridotta, ricorrendo in tal caso un’ipotesi di rinuncia parziale della pretesa (così Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 37802 del 27/12/2022: nella fattispecie, la RAGIONE_SOCIALE ha confermato la pronuncia impugnata, che aveva ritenuto inammissibile variare
la domanda di insinuazione, sostituendo il titolo della pretesa da rivalsa Iva a compenso per l’attività prestata; v. anche in tema di prededuzione: Cass. S ez. 6 – 1, Ordinanza n. 2899 del 31/01/2022, secondo cui espressamente: ‘ In tema di amministrazione straordinaria, l’allegazione – dopo il deposito del progetto di stato passivo ma prima dell’udienza di verifica – di una ragione di prededucibilità del credito già insinuato in via chirografaria integra una ammissibile precisazione (o “emendatio”) della domanda, e non già una inammissibile “mutatio libelli”, qualora i fatti costitutivi della prededuzione siano stati già tempestivamente dedotti con la richiesta di insinuazione ‘).
2.1.2 Sotto altro profilo, le censure sopra ricordate sono invece inammissibili per difetto di autosufficienza, ex art. 366, 1° co., n. 3 e n. 6) c.p.c.. (cfr.: Cass. civ. sez. un., 27 dicembre 2019, n. 34469; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18695 del 01/07/2021).
Sul punto giova infatti ricordare che devono ritenersi inammissibili per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6 c.p.c., le censure fondate su atti e documenti del giudizio di merito qualora il ricorrente si limiti a richiamare tali atti e documenti senza riprodurli nel ricorso, ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, ovvero ancora senza precisarne la collocazione nel fascicolo di ufficio o in quello di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità. Detto altrimenti, indicare in modo specifico tali atti processuali sui quali si fondano i motivi di censura, vuol dire: (a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo; (b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti; (c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione.
Ciò posto, osserva il Collegio che – in considerazione del fatto che, nel caso di specie, viene lamentata l’erronea declaratoria di inammissibilità delle ‘integrazioni’ all’originaria domanda di ammissione al passivo e viene contestato che tali integrazioni avessero comunque introdotto nuovi temi di indagine e riguardassero vicende sostanziali diverse da quelle dedotte con il ricorso ex art. 93 l. fall., come invece ha ritenuto il Giudice di merito –
l’odierno ricorrente avrebbe dovuto fornire, in ossequio al principio di autosufficienza, non solo la specifica indicazione del contenuto dell’originaria domanda di ammissione al passivo, ma anche la specifica indicazione del contenuto delle successive integrazioni della cui ammissibilità qui si discute, e ciò al fine di consentire a questa Corte di verificare se dette integrazioni della domanda dessero luogo o meno ad una mutatio libelli , come tale inammissibile in sede di verifica dello stato passivo.
Orbene, va osservato che l’odierno ricorrente si è limitato , in realtà, a trascrivere ovvero riassumere solo il contenuto della domanda originaria di ammissione al passivo (cfr. pagg. 31-33 ricorso), e che ha invece omesso di trascrivere ovvero riassumere in modo esaustivo il contenuto delle due successive integrazioni della domanda, limitandosi ad una generica ed apodittica affermazione secondo cui, con dette integrazioni, si sarebbe limitato a ‘meglio precisare le varie posizioni stragiudiziali e giudizia li seguite dallo stesso nell’interesse delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ante fallimento’, con una domanda che sempre secondo il ricorrente -sarebbe rimasta ‘ancorata alla vicenda sostanziale dedotta tempestivamente con il ricorso ex art. 93 L. Fall.’ (cfr. pag. 35 ricorso). Con l ‘ evidente conseguenza che tale mancata indicazione specifica del contenuto delle integrazioni della domanda di ammissione al passivo rende il motivo in questione inammissibile per difetto di autosufficienza.
2.1.3 P arimenti inammissibile per difetto di autosufficienza è l’ulteriore doglianza formulata dal ricorrente, nell’ambito del medesimo motivo, circa il fatto che l’integrazione della domanda di ammissione al passivo sarebbe stata autorizzata dal Giudice Delegato, senza la fissazione di alcun termine (cfr. pagg. 33 e 36 ricorso).
Osserva anche in tal caso il Collegio che di tale autorizzazione non risulta traccia dalla lettura del provvedimento impugnato, né il ricorrente si è curato, nuovamente, di precisarne il contenuto e la sua collocazione nel fascicolo d’ufficio ovvero di parte.
2.1.4 Da ultimo, il ricorrente deduce, come già sopra solo tratteggiato, l’illegittimità del decreto impugnato, per violazione degli artt. 93 e 9 4 l. fall., nella parte in cui era stata dichiarata la nullità parziale della domanda di
ammissione al passivo, con riferimento alle posizioni indicate solo genericamente a pag. 3 della domanda ex art. 93 l. fall..
Sul punto occorre ricordare che il decreto qui impugnato aveva affermato, per quanto qui ancora di interesse, che ‘ per quanto concerne le posizioni altri procedimenti giudiziari + vertenze stragiudiziali (a titolo esemplificativo: RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, ecc. …, sino a quanto dovuto p er lo studio della domanda concordataria’ (cfr. pag. III doc. 3 di parte ricorrente), deve ritenersi che la domanda d’insinuazione al passivo fallimentare trasmessa ai curatori in data 3/3/2021 sia, in parte qua, nulla, atteso che essa non indica i fatti e gli elementi di diritto costituenti la ragione della domanda e non è idonea a produrre gli effetti della domanda giudiziale, perché affetta da totale genericità e, pertanto, geneticamente inidonea alla produzione di qualsivoglia effetto ‘ (cfr. pag. 9 del decreto impugnato). Aggiunge inoltre il Tribunale che ‘ tale nullità non potrebbe ritenersi sanata dalle ‘integrazioni’ alla domanda d’insinuazione al passivo trasmesse ai curatori in data 8/7/2021 e 9/7/2021, in quanto tali ‘integrazioni’, alla luce della genericità e genetica nullità, in parte qua, della domanda d’insinuazione al passivo del 3/3/2021, determinano un inammissibile ampliamento del tema d’indagine rispetto all’iniziale dom anda d’insinuazione a passivo ‘ .
2.1.5 Orbene, il ricorrente censura tale statuizione, sostenendo (cfr. pagg. 35-36 ricorso) che nella domanda originaria sarebbero state indicate le posizioni da lui seguite come difensore e che non sarebbe sussistita la rilevata genericità della domanda, anche perché, per la domanda di ammissione al passivo ex art. 93 l. f all. (a differenza dell’opposizione ex art. 98 l. fall.) sarebbe sufficiente una ‘esposizione succinta’, ossia una articolazione strutturale minima e ‘scheletrica’.
2.2 Sul punto va chiarito che -sebbene nella domanda di ammissione al passivo l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituisc ono la ragione della domanda possano essere espresse in modo sintetico – deve esserne assicurata tuttavia la chiarezza ed intellegibilità, tenuto conto delle complessive indicazioni contenute nell’atto processuale e nei documenti ad
esso allegati, come correttamente rilevato anche dal Tribunale nel provvedimento ora impugnato (cfr. sul punto: Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 22080 del 04/09/2019). Nel caso di specie, il generico riferimento ad ‘altri procedimenti giudiziari e vertenze stragiudiziali’, non accompagnato da alcuna indicazione in merito al tipo di attività svolta dall’AVV_NOTAIO, né dalla produzione di idonea documentazione, non soddisfa certo il requisito di chiarezza ed intellegibilità richiesto ai fini della ammissibilità della domanda ex art. 93 l. fall.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell’art. 101 l. fall., sul rilievo che il Tribunale non avrebbe qualificato ed esaminato la domanda come istanza tardiva ex art. 101 l. fall..
3.1 La doglianza è infondata.
3.1.1 Sul punto va ricordato che il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, nel decreto qui impugnato, ha giustificato l’impossibilità di riqualificare una parte della domanda come istanza tardiva ex art. 101 l. fall., argomento che non sarebbe stato ‘ possibile qualificare le ‘integrazioni alla domanda d’insinuazione al passivo’ trasmesse ai curatori del fallimento in data 8/7/2021 e 9/7/2021 come autonome domande tardive, atteso che, evidentemente, ‘integrando’ l’iniziale domanda trasmessa ai curatori del fallimento (il 3/3/2021) l’odierno opponente ha inteso appunto, inequivocabilmente sottoporre al giudice delegato un’unica domanda d’insinuazione, tempestivamente trasmessa ai creditori entro i 30 gg. antecedenti l’udienza di verifica de llo stato passivo (vale a dire il 3/3/2021), come peraltro confermato dallo stesso opponente nel presente giudizio (cfr., in particolare, le conclusioni del ricorso in cui il ricorrente si riferisce sempre ‘alla domanda’, vale a dire, all’unica domanda di ammissione al passivo avanzata) ‘ .
3.1.2 Secondo il ricorrente, invece , il giudice dell’opposizione, una volta dichiarata l’inammissibilità della domanda per una parte dei crediti, in quanto non indicati nell ‘ originaria istanza di ammissione, avrebbe dovuto comunque esaminare tali crediti considerando l’integrazione della domanda quale richiesta di insinuazione tardiva.
3.2 La statuizione giudiziale qui impugnata è giuridicamente corretta e le censure proposte dal ricorrente si smentiscono da sole già nella loro stessa prospettazione. Ed invero, è lo stesso ricorrente a qualificare, nella sua descrizione fattuale dell ‘ odierna vicenda processuale, la domanda di insinuazione al passivo come tempestiva, anche nella sua appendice integrativa. Ed il Tribunale fa un’affermazione corretta nel decreto qui impugnato, e cioè che se il creditore istante integra un’iniziale domanda, c iò vuol significare che lo stesso pretende di sottoporre al g.d. un’unica domanda di insinuazione e non già una domanda tardiva, che, diversamente, dovrebbe rivestire una sua autonomia temporale e strutturale.
Con il quarto motivo, il ricorrente censura l’impugnato decreto del Tribunale, nella parte relativa alla quantificazione del compenso dovuto per le posizioni indicate nella domanda di ammissione al passivo in data 03/03/2021.
4.1 Secondo il ricorrente, la quantificazione operata dal Tribunale (complessivi euro 27.098,32) sarebbe errata perché ritenuta riduttiva e contraria ai parametri del D.M. 55/2014.
4.1.1 La censura è inammissibile già per difetto di autosufficienza.
In realtà, il ricorrente basa le proprie doglianze su una serie di documenti depositati nel giudizio di opposizione allo stato passivo (cfr. pagg. 41-44 ricorso), dai quali emergerebbe -secondo la sua prospettazione -lo svolgimento di attività non considerate dal Tribunale nella liquidazione dei compensi, ovvero attività per le quali sarebbe stato riconosciuto dal Tribunale un compenso inadeguato.
Tuttavia, il ricorrente ha omesso di fornire un ‘ indicazione specifica del contenuto di detti documenti ed anzi non ha neanche specificato ove le predette questioni fossero state dedotte nel giudizio di merito.
A ciò va aggiunto che la doglianza è inammissibile, in quanto – richiedendo valutazioni sulla determinazione del compenso -le relative censure attingono il merito della decisione e risultano pertanto rimesse al prudente apprezzamento del giudice di merito e non possono essere sindacate in sede di legittimità (Cass. civ., 24 febbraio 2020, n. 4782; conforme: Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 6110 del 04/03/2021).
4.2 Anche le specifiche contestazioni riguardanti i vari incarichi defensionali risultano inammissibili sia in ragione del difetto di autosufficienza delle relative censure sia in considerazione della richiesta di un nuovo apprezzamento della quaestio facti, che invece è inibita al giudice di legittimità. Più nello specifico: (a) per la posizione RAGIONE_SOCIALE, le doglianze del ricorrente sono inammissibili sia nella parte in cui si invoca l’applicazione del parametro medio, in luogo di quello minimo ( giacché implicante una valutazione, come tale, insindacabile in sede di legittimità), sia nella parte in cui si richiede un nuovo apprezzamento della quantificazione complessiva del credito rispetto all’attività svolta, stante l’accertamento in fatto svolto sul punto dal Tribunale, non più sindacabile in questo giudizio di legittimità, per lo meno sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, ex art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c.; (b) per la posizione COGNOME del Benessere, il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento del compenso per la fase stragiudiziale, richiamando un documento (scrittura transattiva) di cui non è stato tuttavia indicato il contenuto, né l’esatta localizzazione all’interno del fascicolo di par te (in violazione, dunque, del sopra richiamato principio di autosufficienza); in ogni caso, il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha accertato che non spettava al professionista un compenso per la fase stragiudiziale, non avendo il ricorrente provato in cosa fosse consistita la relativa attività (avendo più in particolare prodotto una scrittura transattiva che non risultava firmata), né l’autonomia di tale asserita attività rispetto a quella processuale: così lamentando il carattere ‘non satisfattivo’ del compens o relativo alla fase esecutiva che costituisce, ancora una volta, un apprezzamento insindacabile in sede di legittimità; (c) per la posizione COGNOME NOME -esecuzione immobiliare, il ricorrente lamenta il riconoscimento di un importo ‘ben al di sotto dei parametri medi’ (valutazione insindacabile in sede di legittimità) e richiama, anche in tal caso, una pluralità di documenti di cui non è specificamente riportato il contenuto, con conseguente difetto, anche in tal caso, di autosufficienza delle relative censure; (d) per la posizione COGNOME NOME, il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento del compenso per la fase stragiudiziale, senza neppure indicare in cosa fosse consistita tale attività e quale documento ne provasse
lo svolgimento, in palese violazione del principio di specificità delle relative censure; (e) anche per la posizione RAGIONE_SOCIALE, il ricorrente ritiene incongruo il riconoscimento di un compenso pari al parametro minimo di legge, anch’essa all’evidenza valutazione incensurabile in sede di legittimità, richiamando documenti non specificamente indicati, né esattamente localizzati all ‘interno del fascicolo di parte; (f) identiche considerazioni valgono anche per le esecuzioni BPER e Monte dei Paschi, ove il ricorrente lamenta la non congruità dell’importo liquidato (valore minimo dello scaglione di riferimento) e la mancata considerazione dello svolgimento di attività che -secondo la sua ricostruzione -sarebbero comprovate dalla documentazione in atti: si tratta, anche in tal caso, di valutazioni non censurabili in sede di legittimità perché richiedenti apprezzamenti di merito, con riferimento a documentazione, peraltro, neanche specificamente indicata e non esattamente descritta e localizzata al l’interno del fascicol o processuale. 5. Il ricorrente propone, infine, un quinto mezzo col quale lamenta, ex art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in tema di valutazione delle prove.
5.1 Il ricorrente censura il decreto impugnato laddove il Tribunale, dopo aver quantificato il suo compenso in complessivi euro 27.098,32, ha rilevato che lo stesso opponente aveva allegato di aver già percepito dalla società fallita il maggior importo di euro 47.176,72, con conseguente assenza di prova di un residuo credito in suo favore.
5.2 Il motivo è inammissibile perché richiede, peraltro sotto l’egida applicativa del vizio di violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., un nuovo apprezzamento in fatto della questione relativa all’entità del compenso dovuto al professionista, e ciò tramite la rilettura della documentazione versata in atti e della quale, inoltre, in difetto di autosufficienza, neanche si descrive compiutamente il contenuto.
Sul punto va ricordato che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, per dedurre con il ricorso per cassazione la violazione dell’art. 115 c.p.c. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri
officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (cfr. Sez. U., Sentenza n. 20867 del 30/09/2020).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 27.2.2024