Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15560 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15560 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13382/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso da sé stesso;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 977/2018, depositata il 30/04/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Il Tribunale di Caltagirone, con la sentenza n. 215/2013, accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME di annullamento del contratto di vendita di una autovettura BMW a causa degli artifizi e raggiri posti in essere dal venditore RAGIONE_SOCIALE (consistiti nell’alterazione del numero dei chilometri percorsi dall’auto, 90.000 invece degli effettivi oltre 131.000) e condannava la convenuta alla restituzione del prezzo di euro 25.200.
La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE. La Corte d’appello di Catania con la sentenza 30 aprile 2018, n. 977 -ha accolto il gravame e ha rigettato entrambe le domande proposte da NOME COGNOME, sia quella di annullamento per dolo del contratto accolta in primo grado che quella subordinata, assorbita, di accertamento del difetto di conformità dell’autovettura e di condanna del venditore al pagamento della somma necessaria per renderla idonea all’uso.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione. L’intimata RAGIONE_SOCIALE non ha proposto difese.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1439 e 2697 c.c., per avere la Corte d’appello considerato l’alterazione del numero dei chilometri dell’auto un comportamento colposo e non doloso di RAGIONE_SOCIALE‘.
Il motivo non può essere accolto. Ad avviso della Corte d’appello diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice -non è stata raggiunta la prova di un comportamento doloso da parte della società venditrice, essendo insufficiente al riguardo la mancata consegna del libretto di manutenzione e la mancata indicazione dei procedenti proprietari, nonché il fatto che la venditrice avrebbe in ogni caso potuto, usando la diligenza minima, constatare la manomissione del contachilometri ad opera di terzi; si
deve distinguere, ha osservato il giudice d’appello, tra la carenza di diligenza anche minima, elemento idoneo ai fini della dimostrazione dell’inadempimento ove sia avanzata domanda di risoluzione del contratto (domanda non fatta valere nel caso in esame), e la condotta dolosa posta alla base della domanda del ricorrente di annullamento del contratto per vizio del contratto. Ad avviso del ricorrente il giudice d’appello ‘ha erroneamente ricostruito la quaestio facti non utilizzando correttamente il materiale probatorio acquisito (prove testimoniali e documenti)’: ciò che viene contestato non è in realtà l’errore di diritto, ma la valutazione degli elementi di prova (cfr. in particolare le pagg. 7-9 del ricorso), elementi che il giudice di merito ha, esercitando il suo prudente apprezzamento, ritenuto insufficienti a provare il dolo anche omissivo, che -secondo la giurisprudenza di questa Corte -‘ è causa di annullamento, ai sensi dell’art. 1439 c.c., solo quando l’inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito, determinando l’errore del deceptus ‘, così che ‘il semplice silenzio, anche in ordine a situazioni di interesse della controparte, e la reticenza, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione della realtà alla quale sia pervenuto l’altro contraente, non costituiscono di per sé causa invalidante del contratto’ (così Cass. n. 11605/2022).
Il secondo motivo contesta ‘nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 e 184bis c.p.c., vigente ratione temporis , per avere la Corte d’appello considerato domanda nuova inammissibile (senza esaminarla) la richiesta di condanna alla somma di euro 4.142,40, presuntivamente avanzata per la prima volta nella comparsa conclusionale’.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello, rigettata la domanda di annullamento del contratto, ha esaminato la
domanda -assorbita in primo grado e riproposta in appello dal ricorrente -di condanna della controparte al pagamento della somma pagata dal ricorrente per eliminare i difetti riscontrati nell’autoveicolo. Al riguardo il giudice ha osservato che, sia con l’atto di citazione che con la memoria di cui all’art. 183, comma 6, n. 1 c.p.c., la domanda era stata quantificata nella minore somma di euro 2.897,90, importo richiesto sulla base di tre fatture (la prima del 5 novembre 2007, la seconda del 23 novembre 2007 e la terza del 15 febbraio 2008), nelle quali erano descritte le riparazioni eseguite e pagate dal ricorrente, mentre il maggiore importo di euro 4.142,40 era stato richiesto solo con la comparsa conclusionale di primo grado ed era pertanto inammissibile, così che ha considerato la domanda di condanna al pagamento di euro 2.897,90.
Il ricorrente contesta l’affermazione del giudice d’appello, sostenendo di avere modificato la domanda già nella memoria di cui al n. 3 dell’art. 183 c.p.c. del febbraio 2009 e di essere stato rimesso in termini dal Tribunale. La tesi del ricorrente non può essere seguita. Se con la memoria di cui al n. 1 dell’art. 183, comma 6 c.p.c., la parte può precisare o modificare le domande e con la memoria di cui al n. 2 può replicare alle domande modificate dall’altra parte e indicare i mezzi di prova e le produzioni documentali, la memoria di cui al n. 3 è limitata alle indicazioni di prova contraria. Con ordinanza istruttoria (v. la trascrizione del provvedimento alle pagg. 18 e 19 del ricorso), il Tribunale si è limitato a pronunciare sulle richieste istruttorie: ha ritenuto ammissibili e rilevanti le prove per testimoni dedotte dal ricorrente con la memoria istruttoria di cui al n. 2 dell’art. 183 c.p.c. e, ‘con riserva di ulteriormente valutare l’ammissibilità della prova per testi calendata da parte attrice nella memoria istruttoria del febbraio 2009 in relazione alla intervenuta decadenza e stante la rilevanza’, ha ulteriormente ritenuto che ‘possa essere raccolta la prova sui
capitoli 1, 2 e 3 con i testi ivi indicati, rimettendo così in termini l’attore’. Il Tribunale si è quindi pronunciato, con riserva, unicamente sulla richiesta di prova tardivamente proposta con la memoria di cui al n. 3 dell’art. 183 c.p.c., rimettendo al riguardo in termini il ricorrente, e non si è affatto pronunciato sulla domanda di pagamento della somma di euro 4.142,40, così che legittimamente la Corte d’appello ha ritenuto tale domanda tardivamente proposta.
3. Il terzo motivo denuncia ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 128 e segg. del d.lgs. n. 206/2005 e 2697 c.c. per avere la Corte d’appello considerato carente la prova fornita dal consumatore sulla presenza dei difetti di conformità’ della autovettura.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha anzitutto precisato che la disciplina della vendita del beni di consumo di cui al d.lgs. n. 206/2005 trova applicazione anche con riguardo ai beni usati, tenuto però conto del tempo di pregresso utilizzo e limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale del bene; ha quindi ritenuto che sia mancata nel caso in esame la prova che i denunciati vizi siano vizi di conformità e non riparazioni collegate alla normale usura, essendo al riguardo carente l’allegazione fornita dall’attore, oggi ricorrente, ‘mancando qualunque precisazione del guasto verificatosi e della natura dello stesso quale vizio di conformità, limitandosi questi a richiamare le fatture allegate e l’importo speso’, carenza presente anche nella memoria di cui al n. 1 dell’art. 183 c.p.c. ed essendo tardive le allegazioni contenute nella comparsa conclusionale; anche a volere considerare le fatture -ha ancora considerato il giudice d’appello si tratta di riparazioni legate alla normale usura dell’autovettura. Al riguardo il ricorrente contesta alla Corte d’appello di avere violato ‘lo standard probatorio che in sede civile si impone all’apprezzamento del giudice’ e al proposito richiama alcune dichiarazioni testimoniali e le fatture depositate. Le dichiarazioni
testimoniali non appaiono decisive rispetto a quanto affermato dal secondo giudice (non essendo nei capitoli di prova, trascritti alle pagg. 22-24 del ricorso, indicati e specificati gli asseriti difetti di conformità, ma unicamente i ‘lavori’ cui l’autovettura era stata sottoposta) e le tre fatture cui il ricorrente fa riferimento sono state considerate dal giudice d’appello (le ulteriori due fatture indicate non sono state esaminate in quanto relative alla maggior somma richiesta e ritenuta inammissibile, v. supra sub 2, dal giudice d’appello). Il ricorrente, pertanto, pur parlando nel motivo di ‘errore di diritto commesso dalla Corte d’appello’, in realtà contesta la valutazione degli elementi di prova operata dal giudice di merito, valutazione che a questi spettava e che non è censurabile, ove come nel caso in esame sia motivata, da questa Corte di legittimità.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Non vi è pronuncia sulle spese non essendosi l’intimata difesa nel presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione