Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16292 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16292 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16524/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall ‘ avvocato NOME AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Genova n. 1180/2020, depositata il 9 dicembre 2020.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ex art 702 bis cod. proc. civ. NOME COGNOME chiedeva al Tribunale di Genova la condanna di NOME COGNOME al pagamento della somma di euro 5.721,07, anticipata dall’attrice ne ll’interesse della convenuta, per il pagamento di oneri dovuti in virtù di Denuncia di inizio attività edilizia (DIA) presentata per il frazionamento di un immobile. Al riguardo, premetteva che la ricorrente e la convenuta erano proprietarie, la prima del piano terra e la COGNOME del piano primo e del sottotetto, di un edificio da cielo a terra; avendo la convenuta promesso in vendita al coniuge della ricorrente una porzione dell’immobile di sua esclusiva proprietà al piano primo, si era reso necessario procedere alla presentazione al comune di una DIA per il frazionamento del piano primo ed il recupero e la ristrutturazione del sottotetto, sicché, essendosi trovata la RAGIONE_SOCIALE nell ‘ indisponibilità delle somme necessarie a far fronte al pagamento degli oneri relativi, questi erano stati anticipati dalla COGNOME, che ora ne richiedeva il rimborso integrale.
Nel costituirsi in giudizio, la RAGIONE_SOCIALE, preliminarmente, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa il marito della COGNOME, NOME COGNOME , acquirente nell’atto di compravendita, affinché, in via riconvenzionale, il Tribunale accertasse il credito residuo di euro 3.499,50 vantato dalla convenuta a titolo di saldo del prezzo di vendita della porzione di immobile frazionato, con conseguente condanna al suo pagamento; chiedeva, inoltre, accertarsi che ogni pagamento per debiti della venditrice fosse stato assolto, e in particolare che la somma di euro 5.721,07 fosse da ricomprendere tra i pagamenti effettuati a terzi dell’importo complessivo di euro 23.724,50, di cui alla scrittura privata del 1 ottobre 2014, effettuati dalla COGNOME e scalati dal prezzo finale di vendita; chiedeva, infine, accertarsi la natura condominiale di talune delle spese sostenute dalle parti per la realizzazione delle opere oggetto di DIA, con conseguenziale riparto delle stesse. La convenuta contestava di dover corrispondere alla ricorrente ancora a titolo di saldo la somma
di euro 3.499,50, richiesta come costo sopportato per poter assolvere al pagamento della casa, ritenuto non dovuto dalla COGNOME.
Il Tribunale rigettava la domanda di chiamata in causa del terzo, rispetto al quale nessuna domanda era spiegata dalla COGNOME per quanto riguardava l ‘ eccezione di pagamento, e che, quanto alla domanda di pagamento del prezzo residuo, doveva ritenersi inammissibile, atteso che la COGNOME era priva di legittimazione passiva per non essere lei, ma bensì il marito, l’acquirente nel contratto definitivo di compravendita; rigettava le prove testimoniali articolate, ritenute inammissibili; quindi, preso atto che le spese della DIA erano state anticipate dalla COGNOME come coobbligata in quanto condomina e che fosse la ricorrente ad assumere che le spese fossero di esclusiva spettanza della convenuta, in mancanza della prova che la ristrutturazione oggetto di DIA fosse stata effettuata nell’esclusivo interesse della COGNOME e che le spese relative fossero a carico esclusivo della stessa, dichiarava l’infondatezza della domanda. Il Tribunale rigettava altresì la domanda riconvenzionale di pagamento del prezzo residuo per difetto di legittimazione passiva della COGNOME, atteso che l’ acquirente nel contratto definitivo era stato il marito dell’attrice.
-Avverso detta sentenza, NOME COGNOME promuoveva appello chiedendo la riforma della pronuncia di prime cure.
Si costituiva NOME COGNOME chiedendo confermarsi la sentenza gravata.
La Corte di appello di Genova, con sentenza depositata il 9 dicembre 2020, ha rigettato l’impugnazione, condannando l’appellante a rimborsare le spese del giudizio.
–NOME COGNOME ha proposito ricorso per cassazione.
NOME COGNOME si è costituita in giudizio.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via preliminare vanno respinte le doglianze di inammissibilità, cumulativamente formulate dalla controricorrente relativea presunti vizi nella formulazione dei motivi di ricorso giacché è possibile, dalla lettura dell’atto, comprendere le ragioni di doglianza poste alla base dell’impugnazione.
È insegnamento di questa Corte che l’ambiguità del ricorso per cassazione non ne comporta l’inammissibilità tutte le volte che essa possa essere agevolmente superata mediante un’interpretazione complessiva dell’atto, in conformità al principio secondo cui nell’interpretazione non solo delle norme processuali, ma anche degli atti processuali, il giudice nazionale ha il dovere di preferire le interpretazioni tali da consentire una pronuncia sul merito, piuttosto che quelle tali da imporre una pronuncia in rito, al duplice fine di assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., nell’ambito del rispetto dei principi del giusto processo di cui all’art. 111, comma secondo, Cost. e in coerenza con l’art. 6 Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (Cass., Sez. III, 8 novembre 2019, n. 28811; Cass., Sez. V, 23 gennaio 2019, n. 1787; Corte EDU 7 giugno 2012, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , in causa n. 38433/09, § 140; Corte EDU 17 maggio 2016, COGNOME ed al. c. Ungheria , in cause nn. 42641/13 e 44357/13; Corte EDU, sez. I, 15 settembre 2016, Trevisanato c. RAGIONE_SOCIALE , in causa n. 32610/07, §§ 42-44; Corte EDU, sez. I, 24 aprile 2008, Kemp c. Lussemburgo , in causa n. 17140/05).
-Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., nonché agli artt. 2697 cod. civ., 2727 cod. civ. e 2729 cod. civ. nonché 1101 cod. civ. e 1104 cod. civ. per non avere la Corte di appello posto a fondamento della decisione i fatti dedotti e non contestati dalle parti; per aver violato l’onere della prova e le regole probatorie in materia di presunzioni, in relazione alle eccezioni formulate dalle parti; per
avere violato le norme che presiedono alla ripartizione delle spese nella comunione di immobile.
Parte ricorrente sostiene che la convenuta non aveva contestato i fatti posti a fondamento del ricorso. A tal fine vengono richiamati alcuni passi della comparsa di costituzione e delle conclusioni da cui si dovrebbe evincere tale assunto, trovando conferma del carattere subordinato dell’eccezione riconvenzionale, essendo l’eccezione di estinzione volta a eliminare in toto il debito, mentre l’eccezione di ‘condomin ialità” delle spese è volta a ripartirlo tra le comproprietarie della villa. Sarebbe stato dunque prioritario, in ossequio al disposto degli artt. 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. , l’esame dell’eccezione di pagamento, stante la non contestazione dei fatti narrati dalla ricorrente. La Corte di appello, inoltre, ha ritenuto esistere una presunzione circa il carattere condominiale delle spese, senza considerare che la convenuta non aveva contestato che le spese fossero state sostenute per immobili di sua esclusiva proprietà, e non esisteva presunzione alcuna che la ricorrente dovesse vincere. A sostegno di tale tesi richiama, riassumendoli, estratti dagli atti difensivi, evidenziando che non vi fosse alcuna deduzione che indicasse il pagamento degli oneri in relazione a una eventuale ristrutturazione o variante di parti comuni dell’edificio.
Con il secondo motivo di ricorso si prospetta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., nonché agli artt. 2697 cod. civ., 1372 cod. civ., 2721 cod. civ. e 2726 cod. civ. per non avere la Corte di appello posto a fondamento della decisione i fatti dedotti e non contestati dalle parti; per aver violato l’onere della prova e le regole probatorie in relazione alla prova dell’accordo contrattuale, alla data certa della scrittura privata, rispetto ai terzi ed alla prova del pagamento; per avere violato l’art. 1372 cod. civ., in relazione ai limiti di efficacia del contratto rispetto a terzi. Secondo quanto dedotto, una volta affermato il carattere condominiale delle
spese e addossato il relativo costo alla COGNOME, la Corte di appello ha ritenuto assorbito il secondo motivo a seguito nel rigetto del primo, omettendo l’esame del motivo di appello volto a contestare che la COGNOME avesse dato prova della restituzione alla NOME della somma da lei pagata per gli oneri accessori. Si sostiene che a fronte della domanda di restituzione delle somme pagate, a titolo di oneri accessori, la COGNOME, in comparsa, aveva formulato, come prima difesa, un’eccezione di intervenuta estinzione del debito, con ciò ponendo il relativo onere delia prova a suo carico.
Con il terzo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione all’art. 702 quater c.p. e 132 cod. proc. civ.. agli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. per avere la Corte di appello violato l’ obbligo di motivare la sentenza, in relazione all’applicazione del secondo comma dell’art . 702 quater cod. proc. civ.
Parte ricorrente deduce di aver prodotto un fax datato 30 settembre 2014 e una fattura della ditta RAGIONE_SOCIALE del 9 novembre 2012, affermando espressamente che la produzione veniva effettuata ai sensi e nei limiti dell’art. 702 quater e illustrandone la rilevanza. La pronuncia di inammissibilità da parte della Corte violerebbe il combinato disposto degli artt. 702 quater e 132 cod. proc. civ., essendo possibile produrre, in un giudizio svoltosi in primo grado secondo il rito sommario di cognizione ( ex art. 702 bis e ss. cod. proc. civ.), in fase di impugnazione, nuovi documenti, non solo se si versa in un ‘ ipotesi di rimessione in termini, per non aver potuto produrre prima il documento, ma anche se il Collegio li ritiene indispensabili. La Corte avrebbe comunque dovuto spiegare perché i documenti non erano da considerarsi indispensabili.
2.1. -Deve essere affrontata, preliminarmente, la questione di rito di cui al terzo motivo.
La censura è fondata.
Nel procedimento sommario di cognizione, in appello sono ammessi nuovi documenti, ai sensi dell’art. 702quater cod. proc. civ., quando il collegio li ritiene indispensabili ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento di primo grado per causa ad essa non imputabile. In alternativa alla valutazione di indispensabilità, l’art. 702-quater cod. proc. civ. consente l’ammissione di nuovi documenti che la parte non abbia potuto produrre nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (Cass., sez. II, 10 marzo 2023, n. 7193).
Ai sensi dell’art. 702 quater cod. proc. civ., sono considerati nuovi mezzi di prova o documenti indispensabili per la decisione, quelli idonei a eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla sentenza gravata senza lasciare margini di dubbio, ovvero quelli che provano quello che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, indipendentemente dal rilievo e dalle ragioni della mancata deduzione o produzione in primo grado (Cass., sez. VI, 6 maggio 2021, n.NUMERO_DOCUMENTO).
Nella specie, la Corte di appello ha dichiarato semplicemente inammissibile la produzione documentale, ritenendo che fosse tardiva, trattandosi di documenti anteriori all’ordinanza e che non fosse stata fornita da prova della mancata produzione per causa non imputabile. Nessun apprezzamento risulta dunque essere stato effettuato sulla non indispensabilità.
Nel giudizio di legittimità, qualora venga dedotta l’erroneità dell’ammissione o della dichiarazione di inammissibilità di una prova documentale in appello, la RAGIONE_SOCIALE, in quanto chiamata ad accertare un error in procedendo , è giudice del fatto, ed è, quindi, tenuta a stabilire se si trattasse in astratto di prova indispensabile, ossia teoricamente idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione dei fatti di causa (Cass., sez. IV, 27 novembre 2023, n. 32815).
Nel caso di specie, come evidenziato da parte ricorrente, si può rilevare che nel fax datato 30 settembre 2014 vengono dettagliati importi relativi ai rapporti intercorsi tra le parti (euro 10,900,00 alla ditta RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE, euro 11.625,50 per pagamenti impianto fotovoltaico con pratiche GSE, Arch. RAGIONE_SOCIALE, Tesla e fari, euro 1.200,00, versati al boscaiolo/taglialegna, la cui somma dà il risultato di 23.725,50), che appaiono indispensabili ai fini del decidere, potendo avere incidenza sull’individuazione della somma richiesta per gli oneri accessori (euro 5.721,07), ritenuta dal Tribunale oggetto di compensazione.
La Corte d’appello avrebbe dovuto dunque ammettere la produzione documentale e valutarne l’incidenza all’interno del compendio probatorio.
L’accoglimento di questo motivo determina l’assorbimento degli altri due.
3. -La pronuncia va dunque cassata in merito al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Genova in diversa composizione anche per la regolazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i primi due motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione