Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1552 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1552 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso N. 16894/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentata e dife sa dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZOpresso Palumbo Antonio), rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 1379/2019 dep.
l’
8.10.2019;
N. 16894/20 R.G.
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 6.11.2023 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propose reclamo ex art. 630 c.p.c. avverso l’ordinanza del 23.10.2017, con cui il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Nocera Inferiore aveva dichiarato estinta la procedura esecutiva immobiliare n. 291/2011 R.G.E. in danno di De RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME; ciò ai sensi dell’art. 567, comma 3, c.p.c., non avendo il creditore procedente COGNOME – secondo il giudice dell’esecuzione – depositato una completa documentazione ipocatastale relativa al compendio pignorato. Il Tribunale di Nocera Inferiore rigettò il reclamo con sentenza del 2.10.2018, che venne dunque impugnata dall’Abate. Nel contraddittorio con l’esecutata, la Corte d’appello di Salerno accolse il gravame con sentenza dell’8.10.2019, rilevando contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale -che l’Abate aveva depositato completa documentazione ipocatastale del bene pignorato per l’intero ventennio e che la crasi temporale riscontrata dal primo giudice per il periodo 1991-1997 era solo apparente, derivando esclusivamente dalla diversa identificazione catastale assunta nel tempo dal medesimo bene pignorato.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi ad un unico motivo, cui resiste con controricorso NOME COGNOME. Ai sensi dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell ‘ ordinanza nei sessanta giorni successivi all ‘ odierna adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con l’unico motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 567, commi 2 e 3, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte d’appello ritenuto che la documentazione ipocatastale depositata dal creditore procedente fosse completa e che rientrasse nei poteri discrezionali del g iudice dell’esecuzione la possibilità di ordinare o meno allo stesso procedente di depositare il titolo di provenienza ultraventennale.
2.1 -Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità , in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis .
La ricorrente, infatti, omette del tutto di confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, che ha accertato come -con specifico riferimento all’immobile pignorato fossero state dimostrate tutte le vicende del ventennio a ritroso dalla data della trascrizione del pignoramento, mediante la produzione della documentazione di cui all’art. 567 c.p.c . La censura, quindi, si risolve in una sterile contrapposizione con l’avversata decisione, limitandosi a richiamare la (pretesa) bontà dell’operato del giudice dell’esecuzione e del Tribunale, che invece avevano ritenuto fondata l’eccezione sollevata dalla società esecutata.
Inoltre, la censura -per come costruita dalla ricorrente -investe in pieno l’apprezzamento fattuale operato dalla Corte d’appello , che ovviamente è riservato al giudice del merito e non è stato adeguatamente attinto in questa sede, nei soli ristretti limiti in cui tanto, per la giurisprudenza di legittimità, è ancora possibile (v., per tutte, Cass., Sez. Un., n. 8053/2014).
Inammissibile, infine, si rivela anche l’ulteriore profilo della censura che investe il richiamo – operato dalla Corte campana – a Cass. n. 15597/2019, laddove si
N. 16894/20 R.G.
evidenzia che, in ogni caso, rientra nella discrezionalità del giudice dell’esecuzione la valutazione circa la necessità o meno di acquisire il titolo di provenienza ultraventennale: si tratta, chiaramente, di argomentazione resa ad abundantiam dal giudice del merito, che dunque non rappresenta la ratio decidendi della sentenza impugnata. Con questa, infatti, si è chiaramente ritenuta la completezza della documentazione prodotta dal creditore per l’intero ventennio ed in conformità alla previsione dell’art. 567 c.p.c., al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, e dunque il riferimento al cennato arresto nulla aggiunge al fondamento giuridico della decisione adottata.
3.1 -In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.300,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di cassazione, il giorno