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Divisione ereditaria: valore immobile con opere di terzi

In una causa di scioglimento di comunione tra fratelli relativa a un terreno su cui un terzo (il padre) aveva edificato un canile, la Cassazione ha stabilito un principio fondamentale per la divisione ereditaria. Il valore del bene da dividere, e di conseguenza l’importo del conguaglio spettante al condividente non assegnatario, deve essere calcolato con riferimento al valore del terreno senza considerare l’edificio. Includere il valore dell’opera costruita dal terzo comporterebbe un ingiusto arricchimento per il non assegnatario e un doppio onere per l’assegnatario, che dovrebbe pagare sia il conguaglio maggiorato sia l’indennità al terzo costruttore.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Divisione Ereditaria: Come Valutare un Immobile con Opere Costruite da Terzi?

La divisione ereditaria di un bene immobile può trasformarsi in un percorso complesso, specialmente quando sulla proprietà sono state realizzate opere da soggetti terzi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: come si determina il valore delle quote e del conguaglio in questi casi? La risposta tutela l’equità tra i condividenti ed evita ingiusti arricchimenti.

I Fatti del Caso: La Controversia tra Fratelli

La vicenda nasce dalla richiesta di un fratello di sciogliere la comunione su un terreno cointestato con gli altri due germani. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che sul terreno era stato costruito un canile, realizzato non dai comproprietari, ma da un terzo (nella fattispecie, il loro padre).

Il Tribunale di primo grado, e successivamente la Corte d’Appello, avevano disposto lo scioglimento della comunione assegnando l’intero terreno ai due fratelli che detenevano la quota maggiore e che ne avevano fatto richiesta. Al fratello non assegnatario era stato riconosciuto un conguaglio in denaro. Il punto nodale della disputa era proprio il calcolo di tale conguaglio: i giudici di merito lo avevano determinato basandosi sul valore del solo terreno, escludendo il valore dell’edificio (il canile).

La Divisione Ereditaria e le Opere del Terzo: I Motivi del Ricorso

Il fratello non assegnatario ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Errata valutazione del bene: Secondo il ricorrente, in base al principio dell’accessione (art. 934 c.c.), i proprietari del suolo diventano automaticamente proprietari anche dell’edificio su di esso costruito. Di conseguenza, il valore del terreno da dividere avrebbe dovuto includere anche quello del canile, portando a un conguaglio a suo favore di importo ben maggiore. Omettere tale valore avrebbe causato un indebito arricchimento per i fratelli assegnatari.
2. Violazione del principio di divisione in natura: Il ricorrente sosteneva che il terreno fosse comodamente divisibile, come ipotizzato in una delle soluzioni proposte dal consulente tecnico d’ufficio (CTU), e che quindi si sarebbe dovuta preferire la divisione in natura all’assegnazione dell’intero bene.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i motivi, fornendo chiarimenti fondamentali sull’applicazione delle norme in materia di accessione e divisione.

Analisi dell’Art. 936 c.c. nell’ambito della divisione ereditaria

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 936 del Codice Civile, che regola le “Opere fatte da un terzo con materiali propri”. La Corte ha spiegato che, sebbene sia vero che il proprietario del suolo acquista la proprietà dell’edificio per accessione fin dal momento della sua incorporazione, la gestione dei rapporti con il terzo costruttore segue regole precise.

Il proprietario del fondo ha una duplice scelta:
Esercitare lo ius tollendi*: obbligare il terzo a rimuovere l’opera a sue spese.
Esercitare lo ius retinendi*: trattenere l’opera, pagando al costruttore un’indennità.

Questo rapporto obbligatorio tra proprietario e terzo è distinto e separato dalla divisione della comunione. La Corte ha chiarito che, ai fini della divisione ereditaria, il valore delle quote deve essere calcolato sul bene comune privo delle costruzioni realizzate dal terzo.

Il motivo è logico ed equitativo: se il valore dell’edificio fosse incluso nel calcolo del conguaglio, l’assegnatario subirebbe un doppio esborso. Dovrebbe, infatti, pagare:
1. Un conguaglio maggiorato al coerede non assegnatario, che terrebbe conto di un valore che non ha contribuito a creare.
2. L’indennità al terzo costruttore per poter legittimamente trattenere l’opera.

Questa duplicazione di pagamento porterebbe a un ingiusto arricchimento del condividente non assegnatario a scapito dell’assegnatario. Pertanto, la Corte ha confermato che il calcolo corretto del conguaglio deve basarsi unicamente sul valore del terreno.

Sulla non comoda divisibilità del bene

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito che il principio della divisione in natura può essere derogato quando un bene non è “comodamente divisibile”. La Corte d’Appello aveva accertato, con una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, che frazionare il terreno avrebbe richiesto la creazione di nuove servitù e la duplicazione di impianti essenziali per il canile (acquedotto, fognature, linee elettriche), compromettendo la funzionalità e deprezzando il valore delle singole porzioni. Di conseguenza, l’assegnazione dell’intero immobile ai quotisti maggioritari era la soluzione giuridicamente corretta.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione stabilisce un principio guida per tutte le situazioni di divisione ereditaria o scioglimento di comunione in cui siano presenti opere realizzate da terzi. Il valore da considerare per la stima delle quote e la determinazione dell’eventuale conguaglio è quello del bene nello stato in cui si trovava prima dell’intervento del terzo. Le obbligazioni verso il costruttore, derivanti dall’esercizio del diritto di ritenzione, sono una questione successiva e separata, che riguarda esclusivamente il soggetto a cui il bene viene assegnato. Questa interpretazione garantisce l’equità del procedimento divisorio, impedendo che un condividente si arricchisca a spese di un altro per un valore generato da un soggetto esterno alla comunione.

Come si calcola il valore di un bene in comunione se un terzo vi ha costruito sopra un’opera?
In sede di divisione, il valore del bene deve essere determinato con riferimento al suo stato originario, quindi senza considerare le costruzioni realizzate dal terzo. Il rapporto obbligatorio con il terzo costruttore, che prevede il pagamento di un’indennità in caso di ritenzione dell’opera, è una questione separata che riguarda solo il futuro proprietario assegnatario.

In una divisione ereditaria, il co-proprietario non assegnatario ha diritto a una quota del valore dell’edificio costruito dal terzo?
No. Il co-proprietario non assegnatario ha diritto a un conguaglio calcolato esclusivamente sul valore del bene comune privo delle costruzioni. Riconoscergli una quota del valore dell’edificio rappresenterebbe un indebito arricchimento, poiché l’onere di indennizzare il terzo costruttore ricade unicamente sull’assegnatario.

Quando un immobile è considerato “non comodamente divisibile”?
Un immobile è ritenuto non comodamente divisibile quando il suo frazionamento, sebbene materialmente possibile, darebbe origine a porzioni non suscettibili di un autonomo e libero godimento, o richiederebbe la costituzione di servitù eccessive, opere complesse e costose, o ancora provocherebbe un sensibile deprezzamento del valore delle porzioni rispetto al valore dell’intero.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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