Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21505 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21505 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
DI NOME
-INTIMATA – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2290/2019, pubblicata in data 3.4.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.6.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 2290/2019, la Corte d’appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado, con cui era disposta la divisione dell’asse ereditario di NOME COGNOME in esecuzione del testamento redatto in data 2.3.1967, che prevedeva
Oggetto:
successioni
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18110/2019 R.G. proposto da COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Cassino, INDIRIZZO.
-RICORRENTE –
contro
NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, INDIRIZZO.
-CONTRORICORRENTE –
e
il lascito di 1/6 ciascuno della disponibile ai figli NOME e NOME e dei restanti 4/6 al figlio NOME o, in alternativa, nel caso che la proprietà pervenuta a quest’ultimo dal nonno paterno fosse risultata di valore almeno pari alla metà della disponibile, che detta disponibile fosse devoluta per 1/3 a NOME e 2/3 a NOME, escludendo NOME. La divisione era avvenuta in primo grado suddividendo la disponibile tra tutti i figli e con la formazione di tre quote, disponendo i conguagli.
La Corte di appello ha respinto le contestazioni di NOME COGNOME, ritenendo che questi non potesse dolersi che il fratello NOME aveva ricevuto una quota della disponibile pur non essendo stati valutati i beni ricevuti dal nonno paterno, poiché la formazione di tre quote non era stata mai posta in contestazione, avendo lo stesso appellante chiesto semplicemente la formazione delle porzioni secondo la suddivisione effettuata dal giudice con provvedimento ex art. 785 c.p.c., divenuto vincolante poiché non impugnato. Ha confermato il giudizio di indi visibilità dell’appartamento al secondo piano, assegnato all’appellante, evidenziando che una diversa soluzione avrebbe richiesto un esborso di € 20.000 e comportato un deprezzamento del bene, poiché i due appartamenti ricavabili dalla divisione sarebbero stati meno appetibili e, inoltre, vi era il rischio di modificare la tenuta statica del fabbricato.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso in tre motivi, illustrati con memoria; NOME COGNOME ha resistito con controricorso; NOME COGNOME è rimasta intimata.
Il primo motivo deduce la violazione degli artt. 101 c.p.c., 3 e 111 Cost..
Nel decidere la lite ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. la Corte distrettuale avrebbe precluso al ricorrente la possibilità di controdedurre per iscritto, mediante lo scambio di comparse e
memorie, alle eccezioni di inammissibilità delle questioni dedotte in appello, ritenendo non utilizzabili le note depositate all’udienza di discussione.
Il motivo è infondato.
L’applicazione al giudizio di appello della disciplina di cui all’art. 281-sexies c.p.c., già ritenuta ammissibile anche prima dell’adozione dell’art. 352, comma 6, c.p.c., come novellato dall’art. 27 della legge 12 novembre 2011 n. 183, con decorrenza 1° febbraio 2012, era consentita anche nel giudizio di appello proposto dal ricorrente nel 2014 (Cass. 344/2020; Cass. 22190/2013; Cass. 20124/2015).
La scelta di tale modulo decisorio era discrezionale e -di per sé -non è lesiva dei diritti di difesa (Cass. 22094/2019); anche ove sia richiesta la concessione delle memorie ex art. 190 c.p.c. è in facoltà del giudice procedere ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., come prevede l’ultimo comma dell’art. 352 c.p.c. .
La definizione della causa mediante lettura del dispositivo non è neppure soggetta ad istanza di parte, salvo a garantire, ove richiesto, il differimento dell’udienza (Cass. 26106/2022; Cass. 22120/2016).
Nel caso in esame la Corte di merito, prima di definire il giudizio, ha disposto il rinvio della causa per la discussione orale, consentendo alle parti di esercitare le difese sia pure in forma orale e di replicare oralmente sulle eccezioni di inammissibilità dei motivi di gravame, essendo -infine -discrezionale e, quindi, insindacabile, la scelta di non consentire il deposito di memorie scritte direttamente all’udienza di discussione .
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 112 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo e la violazione degli art. 475 e 520 c.c..
Il giudice di merito avrebbe sciolto la comunione ereditaria e diviso l’asse senza dare attuazione al testamento, che imponeva di stabilire le quote della disponibile spettanti a ciascun coerede dopo aver accertato se il lascito ricevuto da NOME COGNOME dal nonno paterno avesse un valore almeno pari alla metà della disponibile, non avendo le parti esplicitamente accettato una diversa ripartizione dei beni, non avendo rilievo che non fosse stata impugnata l’ordinanza ex art. 785 c.c. con cui erano state stabilite le quote.
Il motivo è infondato.
L’individuazione delle quote cui avevano titolo i singoli eredi è stata effettuata con provvedimento assunto in forma di sentenza non autonomamente impugnata, né la suddivisione delle quote è stata oggetto di contestazioni (come è evidenziato a pag. 7 della decisione), essendo vincolante.
Il giudizio di divisione si compone di una fase dichiarativa, avente ad oggetto l’accertamento della comunione e del relativo diritto potestativo di chiederne lo scioglimento, e di una esecutiva, volta a trasformare in porzioni fisicamente individuate le quote ideali di comproprietà sul bene comune.
Con riferimento alla prima fase già l’ordinanza che, ai sensi dell’art. 785 c.p.c., disponga la divisione, al pari della sentenza che, in base all’ultimo inciso della menzionata disposizione, statuisca in maniera espressa sul diritto allo scioglimento della comunione, ancorché non possieda efficacia di giudicato, preclude un diverso accertamento anche in altra sede giudiziale, in quanto la non contestazione attribuisce all’esito finale del procedimento la medesima stabilità del giudicato sul diritto allo scioglimento della comunione pronunciato con sentenza (Cass. 2951/2018; Cass. 5386/2024).
Né può dirsi che -stabilite le quote astratte spettanti a ciascun coerede -occorresse procedere nella fase successiva all’effettiva individuazione dei beni assegnati a ciascun coerede conformemente alla volontà testamentaria, poiché con il provvedimento adottato all’esito della fase dichiarativa il Tribunale aveva esplicitamente provveduto a regolare la successione in base ad una delle due opzioni previste dal testamento e a riconoscere a NOME COGNOME il diritto a concorrere sulla disponibile.
Resta -quindi – assorbita ogni altra contestazione.
3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 720 e 727 c.c. l’omesso esame delle consulenze e di un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che l’appartamento al secondo piano, definitivamente assegnato al ricorrente, poteva essere comodamente diviso in due immobili suscettibili di essere assegnati agli altri due coeredi, con attribuzione a NOME COGNOME della proprietà esclusiva di quello al primo piano, soluzione respinta dalla Corte di appello benché suggerita dalla seconda relazione integrativa che aveva quantificato in appena € 660,00 le spese necessaria alla creazione di porzioni separate.
Il motivo è inammissibile.
La sentenza di appello è integralmente confermativa della pronuncia di prima grado riguardo alla indivisibilità dell’appartamento al secondo piano, per cui il ricorrente, nel dolersi dell’omesso esame di un fatto decisivo, avrebbe dovuto indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, essendo – in mancanza – la censura inammissibile (Cass. 5528/2014; Cass. 26774/2016; Cass. 5947/2023).
Per giunta l’indivisibilità dell’appartamento al secondo piano è stata esaminata, il che esclude, anche sotto tale profilo, la violazione denunciata (Cass. s.u. 8053/2014). La Corte di merito ha motivatamente preferito la prima soluzione proposta dal consulente, sul rilievo che la divisione dell’immobile al secondo piano avrebbe compromesso il valore e la stessa stabilità del fabbricato, comportando costi non irrisori, con apprezzamento che attiene al giudizio di fatto, insindacabile in cassazione, conforme ai criteri di legge.
Il ricorso è, pertanto, respinto, con addebito delle spese.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad € 5800,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 19.6.2024.
LA PRESIDENTE
NOME COGNOME