Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 874 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 874 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso n. rg. 27969/2019 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO
– RICORRENTI-
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio in Roma, INDIRIZZO
– CONTRORICORRENTE-
e
COGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio in Roma, INDIRIZZO
– CONTRORICORRENTE-
Oggetto: divisione
RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi rappresentanti p.t..
-INTIMATE – avverso la sentenza n. 3393/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14.11.2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di accogliere il ricorso.
Uditi gli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte distrettuale di Roma ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Roma quanto alla regolamentazione delle spese processuali, confermando la decisione nel punto in cui, sulla domanda di divisione avanzata da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME (cui era poi succeduta la moglie NOME COGNOME e la figlia NOME COGNOME) e di Equitalia, poi Agenzia Entrata Riscossione, creditrice ipotecaria, aveva sciolto la comunione avente ad oggetto un villino ubicato in Roma alla INDIRIZZO composto da più unità abitative, con esclusione dell’appartamento di cui all’interno 2.
Era accaduto che NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano concluso con la RAGIONE_SOCIALE -Opera Don Guanella – un contratto preliminare di vendita del villino, di cui, stante l’inadempimento del la Congregazione, promittente venditrice, avevano ottenuto l’esecuzione specifica, acquistandone la proprietà comune in forza di sentenza ex art. 2932 c.c..
Successivamente il COGNOME aveva chiesto la divisione giudiziale e il Tribunale aveva assegnato all’attore l’appartamento di cui a gli interni nn. 3 e 4, e alla moglie del COGNOME, nel frattempo deceduto, l’appartamento di cui all’interno n. 1, con previsione di un conguaglio, escludendo dall ‘asse da divi dere l’appartamento di cui all’interno 2, rilevando che il bene era stato venduto a NOME COGNOME dalla Provincia Italiana della Congregazione dei Servi della Carità Opera Don COGNOME con atto trascritto in data 24.1.2001.
Nel confermare la decisione appellata, la Corte distrettuale, oltre a ritenere che la trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare, sebbene anteriore, non potesse prevalere sulla trascrizione dell’atto di acquisto della COGNOME, non essendovi identità dei soggetti alienanti risultanti dalla nota, ha affermato che ‘ rimaneva effettivamente subordinata all’esito di altro giudizio la questione volta ad accertare la proprietà dell’appartamento n. 2 in capo a NOME COGNOME in forza del titolo ritenuto prevalente su quello di NOME COGNOME e NOME COGNOME (essendo, comunque, il conflitto tra i titoli correlato all’accertamento dell’identità o meno del soggetto dante causa) e che , ‘una volta passata in giudicato la sentenza di quel processo, si sarebbe potuto provvedere in ordine all’appartamento in discussione’.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, propongono ricorso articolato in tre motivi.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistono con distinti controricorsi. RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto attività difensive.
La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale dinanzi alla Sesta sezione civile, è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 1925/2021, sulla questione posta dal terzo motivo di ricorso riguardante la rilevanza nel giudizio di divisione della causa di accertamento della titolarità dei beni da ricomprendere nell’asse da dividere, ai sensi de gli artt. 295 e 337, comma secondo, c.p.c..
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2659, 2660 e 2665 c.c., l’omesso esame circa fatti decisivi e il difetto assoluto di motivazione, assumendo che la Corte d’appello avrebbe frainteso lo svolgersi delle vicende oggetto di lite, non avvedendosi che il medesimo bene era stato trasferito due volte e a due diverse parti contrattuali dallo stesso soggetto, benché diversamente denominato, non essendovi alcuna alterità soggettiva tra la Provincia Italiana della RAGIONE_SOCIALE COGNOME, dante causa di NOME COGNOME e la Congregazione dei RAGIONE_SOCIALE COGNOME, dante causa dei ricorrenti, contro la quale era stata annotata la sentenza di trasferimento della proprietà.
Si censura l’erronea interpretazion e del contenuto della nota di trascrizione, effettua ta senza considerare l’insieme degli elementi forniti dalle parti (denominazione e sede dell’ente venditore, individuazione dell’immobile) proprio al fine di superare ogni incertezza anche in ordine all’individuazione de lle parti dei due distinti contratti.
Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2659, 2660 e 2665 c.c., l’omesso esame circa fatti decisivi e il difetto assoluto di motivazione riguardo alle
vicende che avevano interessato la Congregazione, consistenti in un mero cambio di denominazione dell’ente senza alcuna modificazione soggettiva, per cui entrambi i contratti dovevano ritenersi conclusi dal medesimo ente ecclesiastico, con conseguente prevalenza della trascrizione della sentenza n. 7209/2003, che aveva trasferito la proprietà indivisa a NOME COGNOME e NOME COGNOME su quella avente ad oggetto il titolo di acquisto dell’appartamento numero 2 da parte di NOME COGNOME.
Il terzo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 295-298 c.p.c., lamentando la mancata sospensione del giudizio in attesa della definizione della causa sulla proprietà dell’appartamento n. 2.
Non sussistono, in primo luogo, le ragioni di inammissibilità evidenziante nel controricorso, ponendo l’impugnazione questioni in diritto pertinenti ai criteri di identificazione degli enti, alla corretta interpretazione della nota di trascrizione e, soprattutto, alla sussistenza di un rapporto di pr egiudizialità ai sensi dell’art. 295 c.p.c. tra la causa di accertamento della proprietà in capo a terzi di un immobile ricompreso dell’asse comune e il giudizio di divisione .
Per ragioni di ordine logico va esaminato prioritariamente il terzo motivo di ricorso, che è meritevole di accoglimento.
Restano assorbite le questioni poste nel primo e nel secondo motivo, che saranno decise dal giudice del rinvio.
La sentenza della Corte d’appello di Roma ha proceduto allo scioglimento solo parziale della comunione, avente ad oggetto un immobile sito in INDIRIZZO composto da quattro distinti appartamenti, stralciando dalla divisione l’appartamento di cui all’ interno n. 2, sul presupposto della pendenza di altro giudizio volto ad accertare l ‘acquisto della proprietà del bene per usucapione da parte di NOME COGNOME affermando che, una volta
passata in giudicato la sentenza di quel processo, si potrà provvedere in ordine all’appartamento in discussione’.
NOME COGNOME aveva inizialmente rivendicato la proprietà esclusiva d ell’ appartamento in virtù di un titolo di acquisto -la vendita del 2001 conclusa con la Provincia Italiana della Congregazione dei servi della Carità Opera Don COGNOME -ritenuto prevalente sulla sentenza ex art. 2932 c.c., benché la domanda giudiziale fosse stata trascritta prima della vendita; aveva poi proposto un autonomo giudizio per far dichiarare l’usucapione abbreviata dell’immobile, attualmente oggetto della sentenza di accoglimento, non passata in giudicato, della Corte di appello di Roma pubblicata il 4.10.2023.
Deve ritenersi che, essendo al momento della decisione di appello già intervenuta una sentenza di primo grado, non passata in giudicato che aveva pronunciato sulla proprietà dell’appartamento controverso, il giudice distrettuale, investito della domanda di divisione, non poteva esimersi dal valutare il contenuto di tale pronuncia, conformandosi o disattendendola, né poteva escludere che la questione dell’appartenenza dell’immobile fosse subordinata alla formazione del giudicato in quel diverso giudizio, dimodoché, solo successivamente, con un nuovo processo, sarebbe stato possibile provvedere in ordine alla divisione de ll’appartamento di cui l’attore si era dichiarato comproprietario.
Questa Corte, andando di contrario avviso rispetto a precedenti decisioni di legittimità, ha riconosciuto, in un caso analogo, l’esistenza di un rapporto di pregiudizialità ai sensi dell’art. 295 c.p.c. tra la causa di divisione e il giudizio avente ad oggetto l’accertamento della proprietà di un bene asseritamente ricompreso nella massa da dividere, pregiudizialità tale da comportare la sospensione obbligatoria nel caso in cui nel processo pregiudicante
non sia stata emessa sentenza o, in caso contrario, l’applicazione del secondo comma dell’art. 337 c.p.c. , secondo cui quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso, se tale sentenza è impugnata (Cass. 9470/2022).
Si era già affermato che la decisione sull’usucapione si riflette necessariamente, condizionandola, sul diritto alla divisione riguardo ad uno specifico cespite e che il giudicato derivante dal giudizio di divisione, avente ad oggetto l’accertamento della comunione e del relativo diritto potestativo di chiederne lo scioglimento, ove statuisca sulla non appartenenza di un bene alla massa da dividere, in quanto spettante in proprietà esclusiva ad una delle parti, preclude un diverso accertamento in altra sede giudiziale (Cass. 2951/2018; Cass. 15926/2019).
La domanda di divisione contiene in sé, in caso di contestazione, quella di accertamento della proprietà comune, che va decisa, in qualsiasi stadio della procedura, nelle forme del procedimento ordinario, con sentenza (Cass. 11293/1998).
Tale principio vale anzitutto nei rapporti tra condividenti (cfr. Cass. 1901/1974; Cass. 15504/2018 secondo cui, il contitolare che si ritenga proprietario per usucapione di un bene in comunione, ove sia stato convenuto per la divisione giudiziale da uno o più degli altri compartecipi, deve far valere l’usucapione nel medesimo giudizio. Ove non abbia contestato il diritto alla divisione di quel determinato cespite, non può poi opporre l’usucapione al condividente al quale quella porzione sia stata assegnata, né tanto meno all’aggiudicatario qualora quella stessa porzione sia stata venduta agli incanti, «salvo che non possa impugnare la divisione contestandone il presupposto e deducendo un titolo di possesso diverso da ogni altro che possa derivargli dalla sciolta comunione) e
d’altronde, nonostante l’unitarietà del procedimento di divisione non è affatto escluso che, nell’ambito di tale processo, sia necessario pronunciare sentenze strumentali alla successiva determinazione della consistenza dell’asse ereditario, tali essendo quelle che risolvano le contestazioni insorte fra i condividenti in ordine ai rispettivi diritti o all’appartenenza di un bene alla massa da dividere, come nel caso che ne sia rivendicata l’usucapione in proprietà esclusiva (Cass. 543/1986; Cass. 4080/1986; Cass. 4777/1989; Cass. 4954/1990; Cass. 4827/1994; Cass. 5960/1996; Cass. 29829/2011; Cass. 10067/2020).
L ‘accertamento della proprietà assume rilievo pregiudiziale ai sensi dell’art. 295 c.p.c. anche quando il bene da dividere sia rivendicato in un autonomo giudizio da terzi non comproprietari (se le due cause pendono tra le stesse parti, come nel caso in esame, in cui NOME COGNOME evocata nella qualità di occupante dell’immobile di cui all’interno 2 nel giudizio di divisione pur non avendo accettato l’eredità paterna , ha agito separatamente verso le parti del presente processo per far accertare l’usucapione dell’appartamento n. 2 ), poiché anche in tal caso la rivendicazione della proprietà esclusiva viene a collidere con l ‘allegazione della situazione di comproprietà che è implicita nella domanda di divisione, e la pronuncia sull’una causa si riflette necessariamente sull ‘altra.
Nel caso di cui si discute, poiché nel processo pregiudicante, avente ad oggetto di domanda di usucapione abbreviata dell’immobile proposta nei confronti delle parti della presente controversia, era già intervenuta la decisione non passata in giudicato (la sentenza n. 12337/2017 del Tribunale di Roma, che aveva rigettato la domanda di NOME COGNOME), il giudice della divisione non poteva rinviare alla formazione del giudicato la divisione del bene conteso, dovendo valutare il contenuto della sentenza emessa nell’altr a
giudizio, sebbene soggetta ad impugnazione, salva la facoltà di sospensione facoltativa della causa pregiudicata qualora non avesse inteso riconoscere l’autorità dell’altra decisione (Cass. s.u. 10027/2012).
Come già evidenziato, quando tra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità, la sospensione ex art. 295 c.p.c. della causa dipendente deve essere disposta e deve permanere fintanto che la causa pregiudicante sia ancora pendente in primo grado, mentre, una volta che questa sia definita con sentenza non passata in giudicato, spetta al giudice della causa dipendente scegliere se conformarsi alla predetta decisione, o attendere la sua stabilizzazione con il passaggio in giudicato attraverso il ricorso all’esercizio del potere facoltativo di sospensione previsto dall’art. 337, comma 2, c.p.c. (Cass. 9470/2022; Cass. S.u. 21763/2021).
Competerà al giudice del rinvio valutare il contenuto della decisione sull’usucapione nel frattempo adottata dalla Corte di appello di Roma il 4.102023, in quanto non passata in giudicato.
E’ , pertanto, accolto il terzo motivo di ricorso, con assorbimento delle altre censure.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che pronuncerà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte
accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i primi due motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda