Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4142 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4142 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2214/2019 R.G. proposto da: COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE. -RICORRENTE- contro
COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE).
-CONTRORICORRENTI- avverso la sentenza di Corte d’appello di BRESCIA n. 1586/2018, depositata il 11/10/2018.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 09/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso, chiedendo di respingere il ricorso.
Uditi gli avv.ti. NOME COGNOME e NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. NOME e NOME COGNOME, eredi legittimi di NOME COGNOME, deceduto ab intestato in data 26.1.2005, hanno adito il tribunale di Bergamo, esponendo che la sorella NOME COGNOME, evocata in giudizio unitamente alla madre NOME COGNOME, moglie del de cuius, si era appropriata di liquidità e titoli giacenti su un conto cointestato, di esclusiva proprietà del defunto genitore.
Hanno chiesto di ordinare la restituzione delle somme e di procedere alla divisione.
Il Tribunale ha respinto tutte le domande.
Su appello degli attori, la sentenza è stata integralmente riformata dalla Corte distrettuale di Brescia, secondo la quale le somme controverse erano di esclusiva proprietà del de cuius il quale, cointestando il conto alla figlia, non aveva inteso effettuare una donazione indiretta, dovendo la convenuta restituire alla massa l’intero importo di cui si era appropriata; ha suddiviso gli importi in tre quote su istanze delle parti, poiché NOME COGNOME era deceduta in corso di causa.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso in 5 motivi, cui hanno replicato con controricorso NOME e NOME COGNOME anche quali eredi della madre NOME COGNOME deceduta nel corso del giudizio di merito.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 183, comma sesto, c.p.c., asserendo che il giudice di appello non poteva utilizzare i documenti bancari acquisiti dal CTU e quelli richiesti ai sensi dell’articolo 210 c.p.c. dagli attori, poiché, quanto ai primi, il consulente aveva effettuato gli accessi alle banche senza avvertire
il consulente di parte, mentre i due libretti bancari depositati dagli appellanti dopo che il giudice ne aveva ordinato l’ esibizione erano già nella loro disponibilità, essendo infine irrituale il deposito della documentazione effettuata dagli attori perché erano stati numerati solo due documenti a fronte del deposito di un numero rilevantissimo di atti.
Il motivo è inammissibile.
La censura solleva una generica doglianza in ordine alla presunta irritualità dell’acquisizione documentale su cui si baserebbe la decisione, che è priva di decisività, avendo la Corte di merito utilizzato i documenti depositati tempestivamente dagli attori al momento della costituzione in giudizio (cfr. sentenza pag. 8).
La loro non corretta numerazione integrava una mera irregolarità, idone a a pregiudicarne l’esame, avendo gli attori provveduto al loro deposito e al loro inserimento nell’indice .
Riguardo ai documenti acquisiti dal c.t.u., va inoltre evidenziato come non emerga dal ricorso se la questione sia stata sottoposta all’esame della Corte d’appello, che non ne ha fatto menzione, e se la dedotta violazione sia stato oggetto di rituale eccezione in primo grado da parte dei convenuti, proposta nella prima difesa utile successiva ai sensi dell’art. 157 c.p.c. , essendo altrimenti sanata.
2. Il secondo motivo denuncia la violazione degli articoli 110,112 e 345 c.p.c., contestando alla Corte d’appello di non aver dichiarato inammissibile la costituzione in giudizio di NOME e NOME COGNOME nella qualità di eredi di NOME COGNOME, deceduta in corso di giudizio, e le conclusioni formulate anche a nome della madre, con cui avevano chiesto di accogliere le domande. Sostengono che erroneamente la Corte di appello abbia suddiviso le somme conferite alla massa in tre quote, anziché quattro, pari al numero dei coeredi, estendendo la divisione a ll’asse di NOME COGNOME in assenza di una richiesta congiunta degli aventi causa.
Il motivo è parzialmente fondato.
Legittimamente gli originari attori, eredi della madre, rimasta contumace e poi deceduta in corso di causa, si erano costituiti in prosecuzione quali eredi della COGNOME, poiché il giudizio di divisione, in caso di morte di un coerede, deve proseguire nei confronti degli eredi di successori, non avendo alcun rilievo che essi abbiano poi concluso per l’ accoglimento delle ragioni introdotte con l’atto introduttivo, dovendo il tribunale comunque accertare la fondnatezza delle domande e la consistenza dell’asse e , quindi, procedere alla divisione in base al numero dei coeredi.
2.1 Le somme restituite alla massa dovevano esser ripartite in tre quote, anziché in quattro, in base al numero degli originari coeredi. La morte di uno dei condividenti successivamente all’apertura della successione ed alla stessa accettazione dell’eredità, con il subentro ad esso di una pluralità di soggetti, determina l’insorgere di una nuova comunione tra gli eventuali coeredi del condividente defunto, oggetto di distinta divisione rispetto a quella concernente i beni di cui quest’ultimo era comproprietario. Nel caso di divisioni di beni provenienti da titoli diversi e, perciò, appartenenti a distinte comunioni, si deve procedere a tante divisioni quante sono le masse; può invece procedersi a un’unica divisione solo in presenza del consenso di tutte le parti, purché la circostanza risulti da uno specifico negozio, mentre, nello specifico, la formazione di tre quote non era stata soluzione condivisa dalla ricorrente (Cass. 3029/2009; Cass. 25756/2018; Cass. 18910/2020).
Non rileva che la massa fosse costituita esclusivamente dal credito alla restituzione delle somme prelevate dal conto del de cuius, poiché i crediti ereditari, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria (Cass. 19062/2006; Cass. Su 24657/2007; Cass. 15894/2017; Cass. 27417/2017; Cass. 10585/2024).
3. Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’articolo 116 c.p.c. e il travisamento della prova, per aver la sentenza accertato un debito verso la massa pari ad € 34.860,02, non considerando che la convenuta aveva corrisposto € 11.600 a NOME COGNOME ed € 7.733,34 agli altri due fratelli mediante assegni circolari non trasferibili, importi che questi ultimi avevano restituito affinché la ricorrente li impiegasse per la cura dei genitori, sicché la divisione doveva considerarsi già effettuata prima del giudizio; si censura la sentenza per aver disposto la restituzione l’intero importo giacente sul conto pari ad € 23.200,00 anziché la somma, pari ad € 14.666,68, spettante agli attori.
Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha ritenuto superata la presunzione di comproprietà delle somme giacenti sui conti cointestati, evidenziando che la provenienza degli importi e dei titoli, appartenenti esclusivamente al de cuius, trovava riscontro negli estratti conto tempestivamente prodotti, da cui emergeva che quegli importi erano frutto di investimenti effettuati da NOME COGNOME o provenienti dalla pensione, ponendo anche in rilievo che la ricorrente non svolgeva attività lavorativa ed era priva di reddito.
La circostanza che le somme fossero state divise e poi restituite alla ricorrente per esser destinate alla cura dei genitori è smentita in fatto dalla sentenza, poiché carente di prova (cfr. sentenza, pag. 11).
Si è già evidenziato che legittimamente gli attori potevano ottenere la restituzione l’intero credito appartenente al de cuius, in alternativa al pagamento della solo quota ad essi spettante iure successionis (Cass. 10585/2024; Cass. 27417/2017; Cass. SU 24657/2007): la convenuta doveva rispondere dell’intera somma per procedere alle successive operazioni divisionali tra gli aventi titolo alla successione paterna.
4. Il quarto motivo denuncia la violazione dell’articolo 116 c.p.c. e il travisamento della prova, per avere la Corte di merito affermato che l’intero importo giacente sui conti era di proprietà del de cuius sulla base di una presunta non contestazione da parte della resistente anche riguardo al fatto che su quel conto erano confluiti £. 120.000.000 provenienti da altro conto su cui giacevano liquidità del genitore defunto, non tenendo conto delle deduzioni della ricorrente che aveva sempre sostenuto di essere titolare del 50% di tali somme. Inoltre, avendo accertato che la ricorrente era priva di redditi e si era sempre occupato della cura dei genitori, il giudice avrebbe dovuto verificare le causali dei singoli prelevamenti, non potendo ritenere oggetto di illecita appropriazione l’intero importo dei prelievi, impiegati sia per fronte alle esigenze di cura e personali del de cuius, sia per il pagamento delle spese funerarie e per le tasse di successione.
Il motivo è parzialmente fondato.
L’appartenenza dell’ intero importo giacente sui conti dal patrimonio del de cuius è frutto di un accertamento in fatto insindacabile in questa sede, poiché adeguatamente motivato.
Non poteva tuttavia addebitarsi alla ricorrente l’ intero importo dei prelievi risultanti dalla documentazione contabile, specie dopo aver affermato che quest’ultima si era sempre dedicata alla cura dei genitori e non aveva redditi o proprie disponibilità, non potendosi prescind ere dall’accertamento, anche mediante la valorizzazione di elementi presuntivi (datazione e reiterazione dei prelievi, entità di ciascuno di essi, età e condizioni personali dei titolari delle somme, situazione reddituale e lavorativa della convenuta), di quale fosse stato il più probabile impiego delle liquidità, stabilendo la loro eventuale coerenza rispetto alle esigenze di cura dei genitori, in rapporto all’età e alle loro condizioni personali e di salute, e di mantenimento della stessa ricorrente, priva di redditi, in
adempimento degli obblighi di solidarietà familiare, stabilendo il corretto ammontare delle somme da restituire alla massa.
Il quinto motivo, con cui si denuncia l’erroneità della pronuncia sulle spese, è assorbito.
Segue accoglimento del secondo e del quarto motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, con rigetto del primo e del terzo e con assorbimento del quinto motivo.
La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo ed il quarto motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, respinge il primo e il quarto e dichiara assorbito il quinto motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda