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Divieto di sopraelevazione: la Cassazione decide

Un condomino realizza opere sull’ultimo piano, inclusa un’estensione e l’innalzamento di un muro, violando il regolamento contrattuale che imponeva un divieto di sopraelevazione. La Corte di Cassazione ha confermato l’ordine di demolizione, chiarendo che tale divieto costituisce una servitù reale (servitù altius non tollendi). Di conseguenza, l’azione per farla rispettare è soggetta alla prescrizione ventennale, non decennale. Il ricorso del condomino, basato su vizi procedurali e sulla presunta preesistenza delle opere, è stato integralmente respinto.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Divieto di Sopraelevazione: Quando il Regolamento Condominiale Prevale sul Codice Civile

Il divieto di sopraelevazione contenuto in un regolamento condominiale contrattuale è un tema di grande rilevanza nel diritto immobiliare. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia, chiarendo la natura di tale divieto e i termini di prescrizione per agire contro le violazioni. La pronuncia offre spunti essenziali per comprendere i limiti imposti alla proprietà individuale a tutela dell’interesse collettivo del condominio.

I Fatti del Caso: Opere Abusive sul Lastrico Solare

Il caso ha origine dalla causa intentata da un condominio contro un proprietario che aveva eseguito diverse opere non autorizzate sull’ultimo piano dell’edificio. Queste modifiche includevano la realizzazione di una scala interna, il cambio di destinazione d’uso di un locale tecnico, la creazione di un nuovo vano sul lastrico solare e, soprattutto, la sopraelevazione di un muretto comune. Il regolamento condominiale, di natura contrattuale, vietava espressamente la realizzazione di sopraelevazioni, anche parziali, che potessero ledere il decoro architettonico dello stabile.

La Decisione dei Giudici: Il Divieto di Sopraelevazione e la Prescrizione

Dopo un iter processuale che ha visto decisioni parzialmente diverse tra primo e secondo grado, la questione è giunta dinanzi alla Corte di Cassazione. I giudici di legittimità hanno respinto il ricorso del condomino, confermando l’ordine di riduzione in pristino delle opere abusive.

La Natura di Servitù del Divieto

Il punto centrale della decisione riguarda la qualificazione giuridica del divieto di sopraelevazione. La Corte ha stabilito che una clausola di questo tipo, inserita in un regolamento contrattuale, costituisce una servitù altius non tollendi. Si tratta di un diritto reale che grava sull’immobile del singolo proprietario (fondo servente) a vantaggio di tutte le altre unità immobiliari del condominio (fondi dominanti). Tale servitù limita la facoltà del proprietario dell’ultimo piano di costruire in altezza, anche qualora le norme del Codice Civile (art. 1127 c.c.) lo consentirebbero in astratto.

La Prescrizione dell’Azione

Di conseguenza, l’azione legale promossa dal condominio per ottenere la demolizione delle opere non è un’azione personale, ma un’azione reale a tutela della servitù (actio confessoria servitutis). Questo ha un’implicazione cruciale sui termini di prescrizione: non si applica il termine ordinario decennale (art. 2934 c.c.), bensì quello ventennale previsto per l’estinzione dei diritti reali per non uso (art. 1073 c.c.).

I Motivi del Ricorso in Cassazione e le Risposte della Corte

Il condomino aveva basato il suo ricorso su diversi motivi, sia procedurali che di merito, tutti rigettati dalla Corte.

Le Questioni Procedurali

Il ricorrente aveva lamentato presunti vizi nella rappresentanza legale del condominio nel primo grado di giudizio e la mancata interruzione del processo a seguito della cancellazione dall’albo di un difensore. La Cassazione ha ritenuto infondate tali censure, specificando che eventuali irregolarità non avevano inciso sul contenuto della decisione e che la mancata interruzione poteva essere eccepita solo dalla parte colpita dall’evento, non dalla controparte.

L’Onere della Prova e la Datazione delle Opere

Nel merito, il condomino sosteneva che le opere fossero preesistenti all’adozione del regolamento e che l’azione fosse prescritta. La Corte ha chiarito che l’onere di provare l’anteriorità delle modifiche rispetto alla costituzione del vincolo gravava sul condomino stesso, prova che i giudici di merito avevano correttamente ritenuto non raggiunta.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione ribadendo che i limiti alla proprietà esclusiva contenuti in un regolamento contrattuale danno vita a servitù reciproche, pienamente valide ed efficaci. Il divieto di modificare lo stato di fatto, come quello di sopraelevare, è assoluto e prevale sulle facoltà generali concesse dal Codice Civile, come quella di innalzare un muro comune (art. 885 c.c.). La richiesta di eliminazione delle opere abusive deve essere indirizzata contro l’attuale proprietario dell’immobile, in quanto soggetto passivo della servitù, e non necessariamente contro l’autore materiale delle modifiche. L’azione reale a difesa di questo diritto, come detto, si prescrive in vent’anni, termine che nel caso di specie non era trascorso.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza pratica. I regolamenti condominiali di natura contrattuale possono imporre vincoli reali molto stringenti sui diritti dei singoli proprietari. Il divieto di sopraelevazione è uno degli esempi più significativi, creando una vera e propria servitù che tutela il decoro e l’assetto dell’edificio. I proprietari che intendono eseguire modifiche devono quindi prestare la massima attenzione non solo alle norme urbanistiche e civilistiche, ma anche e soprattutto alle clausole del regolamento, la cui violazione può portare a un ordine di demolizione anche a distanza di molti anni.

Che valore legale ha un divieto di sopraelevazione inserito in un regolamento condominiale contrattuale?
Ha il valore di una servitù reale, nota come servitù altius non tollendi. Questo significa che è un vincolo che grava direttamente sull’immobile e si trasferisce a tutti i futuri proprietari, limitando il loro diritto di costruire in altezza a vantaggio delle altre unità immobiliari.

Qual è il termine di prescrizione per chiedere la demolizione di un’opera che viola tale divieto?
Il termine di prescrizione è di vent’anni. Poiché l’azione legale è a tutela di un diritto reale di servitù, si applica la prescrizione ventennale per non uso prevista dall’art. 1073 del Codice Civile, e non il termine ordinario di dieci anni.

A chi spetta dimostrare che un’opera abusiva è stata costruita prima dell’introduzione del divieto nel regolamento?
L’onere della prova spetta al proprietario che ha realizzato le opere o che ne è attualmente titolare. È lui che deve dimostrare in modo inequivocabile che le modifiche erano già esistenti al momento in cui il regolamento contrattuale è stato approvato e il vincolo è stato costituito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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