Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3598 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 3598 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13435-2020 proposto da
COGNOME rappresentata e difesa, in forza di procura conferita a margine del ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in ROMA, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE (INPS), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, in virtù di procura rilasciata in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME, COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 3276 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 21 ottobre 2019 (R.G.N. 1934/2018).
R.G.N. 13435/2020
COGNOME
Rep.
C.C. 15/11/2024
giurisdizione Indennità di disoccupazione ASpI e pensionamento anticipato.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -Con sentenza n. 3276 del 2019, depositata il 21 ottobre 2019, la Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame proposto dalla signora NOME COGNOME e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Velletri, che aveva accertato il diritto dell’INPS di ripetere, in quanto indebita, l’indennità di disoccupazione (Euro 2.708,82), corrisposta per il periodo in cui la beneficiaria aveva già raggiunto i requisiti per accedere al pensionamento anticipato.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha argomentato che l’impugnazione è in parte inammissibile e in parte infondata. L’appellante ha irritualmente riproposto le doglianze già introdotte in primo grado, senza una specifica confutazione delle ragioni espresse dal Tribunale, e ha poi formulato contestazioni nuove in ordine al requisito anagrafico , idonee a modificare i temi d’indagine, in violazione del divieto di nova previsto dal codice di rito.
La disciplina vigente è inequivocabile nel sancire la decadenza dall’indennità di disoccupazione al mero raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato, senza attribuire alcun rilievo alla consapevolezza dell’assicurato e senza prescrivere all’Istituto obblighi informativi di sorta. Non è pertinente il richiamo al principio di automaticità delle prestazioni.
Infine, quanto al riparto delle spese di lite, in difetto di una rituale dichiarazione resa ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ. e corredata dall’indicazione del reddito familiare, occorre applicare il generale principio della soccombenza (art. 91 cod. proc. civ.).
-La signora NOME COGNOME ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, contro la sentenza d’appello .
-L’INPS resiste con controricorso, illustrato da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio .
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo , la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, numeri 3 e 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in riferimento «all’art. 40, sub c, della L. n. 92/2012», all’art. 24, comma 3, lettera b ), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, e all’art. 348 -bis cod. proc. civ.
Avrebbe errato la sentenza impugnata, nel recepire la prospettazione dell’Istituto, «senza aver preventivamente acquisito, ex art. 2697 c.c., la prova sull’affermato perfezionamento, nel febbraio 2015, dei requisiti normativamente previsti per la pensione di vecchiaia anticipata» (pagina 20 del ricorso per cassazione), secondo la disciplina dettata dall’art. 24 del d.l. n. 201 del 2011 .
2. -Con la seconda censura , formulata in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente si duole della violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., anche in relazione agli artt. 115, 116, 348bis e 348ter cod. proc. civ.
La sentenza d’appello, nel condividere la pronuncia del Tribunale, a sua volta basata sulle apodittiche affermazioni della sede locale dell’INPS, non avrebbe esposto alcuna motivazione in ordine ai requisiti di età e di contribuzione per beneficiare del pensionamento anticipato. La parte ricorrente non avrebbe potuto che «lamentare l’acritica adesione all’infondata e non provata tesi dell’INPS» (pagine 26 e 27 del ricorso). Nell’atto di gravame, sarebbero state specificamente contestate le ragioni addotte a supporto della decisione del Tribunale,
dimostrando l’insussistenza, alla data del febbraio 2015, dei requisiti di ammissione al trattamento pensionistico (sessantatré anni e sei mesi di età).
Lapidarie sarebbero poi le affermazioni della Corte di merito sull’inconferenza del richiamo al principio di automaticità delle prestazioni. La sentenza d’appello avrebbe erroneamente trascurato l’obbligo dell’Istituto di comunicare i dati relativi alla posizione previdenziale dell’interessat a, in contrasto con la disciplina di legge, che non contemplerebbe alcuna decadenza dall’indennità di disoccupazione nell’ipotesi di «inconsapevolezza dell’assicurato di aver raggiunto i requisiti di accesso alla pensione anticipata» (pagina 35 del ricorso per cassazione).
-Con la terza critica, la ricorrente deduce, infine, in relazione all’art. 360, primo comma, numeri 3 e 5, cod. proc. civ., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 152 disp. att. cod. proc. civ. e 92 cod. proc. civ.
La sentenza d’appello meriterebbe censura anche nella parte in cui non ha compensato le spese del giudizio, a dispetto della complessità della controversia, e non ha dichiarato le spese irripetibili. Nessuna previsione di legge imporrebbe l’indicazione dell’importo del reddito familiare nella dichiarazione presentata ai fini dell’esenzione dalle spese.
-Le prime due censure possono essere scrutinate congiuntamente, in quanto investono, sotto profili tra loro connessi, il medesimo tema dell’insussistenza dei requisiti per conseguire il pensionamento anticipato, pensionamento incompatibile con la fruizione della indennità ASpI (Cass., sez. lav., 16 agosto 2024, n. 22877, e 3 maggio 2024, n. 11965).
4.1. -Le doglianze sono inammissibili.
4.2. -Come emerge dagli antefatti processuali, analizzati nella sezione ‘Fatti di causa’ (punto 1), la Corte territoriale ha rilevato che
le contestazioni sui requisiti anagrafici, diffusamente esposte anche nell’odierno ricorso, contravvengono al divieto di nova in appello (art. 437 cod. proc. civ.).
Divieto che, nell’interpretazione delineata dalla Corte di merito, non concerne soltanto le domande e le eccezioni, ma anche le contestazioni, allorché implichino un mutamento de i temi d’indagine (pagina 3 della pronuncia d’appello) . Una diversa interpretazione tramuterebbe il giudizio di gravame da mera revisio prioris instantiae in iudicium novum , in antitesi con il modello processuale recepito dal sistema vigente, come rammentano i giudici d’appello, sulla scorta delle enunciazioni di principio di questa Corte (Cass., sez. lav., 28 febbraio 2014, n. 4854, sul rito del lavoro; in generale, Cass., sez. VIIII, 1° febbraio 2018, n. 2529, e, di recente, Cass., sez. III, 22 marzo 2022, n. 9211).
4.3. -Queste statuizioni, di per sé idonee a sorreggere la conferma della decisione del Tribunale sulla questione specificamente riproposta nell’odierno giudizio , non sono state sottoposte a un’ adeguata e persuasiva confutazione in sede di legittimità, come il controricorrente ha puntualizzato, con rilievi che la ricorrente non ha efficacemente scalfito.
La ricorrente imputa alla Corte territoriale di non aver svolto gl’indispensabili approfondimenti sui requisiti del pensionamento anticipato e di avere riprodotto pedissequamente gli argomenti del Tribunale e dell’Istituto , senza esaminare funditus censure che ha considerato a torto generiche.
4.4. -Nondimeno, il fulcro del percorso argomentativo risiede nella novità e nella conseguente inammissibilità delle contestazioni introdotte solo in fase di gravame.
Come ha evidenziato l’Istituto (pagine 10 e seguenti del controricorso), richiamando debitamente le difese svolte in sede di gravame, le affermazioni della Corte d’appello di Roma avvalorano la
ratio decidendi e si correlano a una puntuale eccezione mossa dalla parte appellata sul presupposto della tardività delle contestazioni ribadite anche nel presente giudizio.
4.5. -Su questo profilo dirimente, il primo e il secondo motivo di ricorso non formulano critiche circostanziate, idonee a dimostrare la violazione e l’erronea applicazione dell’art. 437 cod. proc. civ. e così a minare il fondamento giuridico della pronuncia d’appello, che su tale aspetto eminentemente processuale s’incardina , riguardo al tema devoluto a questa Corte.
Donde l’inammissibilità dei motivi, volti a ridiscutere il merito della pretesa e, sul versante processuale, soltanto a perorare la specificità dei motivi d’impugnazione, in quanto conformi al paradigma dell’art. 434 cod. proc. civ., senza cimentarsi con il tema decisivo del divieto di nova .
-Inammissibile, infine, è la terza doglianza, in entrambi i profili in cui si articola.
5.1. -Quanto alla scelta dei giudici d’appello di applicare in maniera rigorosa il principio « Victus victori » e di non avvalersi del potere discrezionale di compensare le spese di lite, giova ribadire che la pronuncia di condanna alle spese, quand’anche sia adottata senza prendere in esame l ‘ eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass., sez. VI-III, 26 aprile 2019, n. 11329; di recente, Cass., sez. I, 17 gennaio 2025, n. 1163, punto 4.1. delle Ragioni della decisione ).
5.2. -Inoltre, sono irrimediabilmente generiche le contestazioni che vertono su lla ritualità della dichiarazione resa ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., in quanto sguarnite della riproduzione degli stralci salienti della dichiarazione che si reputa conforme a legge.
Tale riproduzione è imprescindibile per apprezzare ex actis la veridicità delle asserzioni della ricorrente e la regolarità della
dichiarazione, che la sentenza d’appello esclude, con motivato apprezzamento delle risultanze di causa, e che il ricorso, per contro, propugna in modo assertivo.
-Dalle considerazioni esposte deriva, in ultima analisi, l’inammissibilità del ricorso nel suo complesso.
-Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura indicata in dispositivo, alla stregua del valore della controversia e dell’attività processuale svolta.
-La declaratoria d’inammissibilità del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del la ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione