Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15880 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15880 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1620-2024 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, AVV_NOTAIO, domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
e contro
COGNOME NOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO , presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, ma
Oggetto
ASSICURAZIONE RAGIONE_SOCIALE
Divieto di ‘ nova ‘ in appello – Portata. Spese di lite
R.G.N. 1620/2024
COGNOME.
Rep.
Ud. 28/01/2025
Adunanza camerale
domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica dei propri difensori come in atti, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME,
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza n. 283/23 del la Corte d’appello di Trieste, depositata in data 31/05/2023;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 28/1/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 283/23, del 31 maggio 2023, della Corte d’appello di Trieste, che accogliendone solo in parte il gravame avverso la sentenza n. 374/22, del 22 giugno 2022, del Tribunale di Pordenone -ha condannato la società RAGIONE_SOCIALE a comunicarle il nominativo del ‘nuovo’ soggetto beneficiario della polizza assicurativa sulla vita, stipulata il 21 agosto 2008 con la predetta società dalla di lei madre, NOME COGNOME, confermando, per il resto, la reiezione di ogni altra domanda, condannando, infine, l’odierna ricorrente a pagare due terzi delle spese di ambo i gradi di giudizio alla convenuta società RAGIONE_SOCIALE e all’intervenuta NOME COGNOME .
Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente di essere coerede legittima ‘ ab intestato ‘ -al pari di sua sorella, NOME COGNOME -della madre NOME COGNOME, la quale, in data 21 marzo 2008, ebbe a concludere con la società RAGIONE_SOCIALE un’assicurazione sulla vita, i cui beneficiari erano inizialmente individuati negli ‘eredi testamentari o legittimi dell’assicurato’. Avendo ella appreso, dopo il decesso della genitrice, che la predetta società aveva liquidato l’indennizzo in favore di terzi,
poiché la RAGIONE_SOCIALE -con comunicazione del 15/19 febbraio 2016 -aveva mutato il beneficiario (escludendola dall’attribuzione), chiedeva di conoscerne il nominativo, vedendosi opporre un rifiuto ‘per motivi di privacy’.
NOME COGNOME, pertanto, conveniva in giudizio la società assicuratrice, per chiedere, in via principale, l’accertamento e la dichiarazione della nullità della designazione del nuovo beneficiario, per difetto assoluto di volontà e/o per violazione di norma imperativa, vale a dire della norma che incrimina la circonvenzione d’incapace, nonché, per l’effetto, la condanna da pronunciarsi, se del caso, anche ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. alla reintegrazione, nel patrimonio ereditario della COGNOME, dell’i mporto del premio, maggiorato di rivalutazione e interessi, ovvero al pagamento della metà dell ‘ importo già liquidato/versato in favore del ‘nuovo’ beneficiario e/o la diversa somma che fosse emersa nel corso del giudizio, sempre comprensiva di interessi e rivalutazione.
In subordine, chiedeva l’accertamento e la dichiarazione dell’annullabilità per incapacità ex art. 428 cod. civ. o ex art. 775 cod. civ., ovvero per vizio del consenso e/o errore -della designazione del nuovo beneficiario della polizza, nonché, per l’effetto, la condanna al pagamento dell’importo del premio, negli stessi termini di cui alla domanda principale.
L’attrice, infine, in via ulteriormente gradata , concludeva per la condanna di RAGIONE_SOCIALE a comunicare il nominativo del ‘nuovo’ beneficiario della polizza.
Costituitasi la convenuta, per resistere alla domanda, nel giudizio interveniva volontariamente anche NOME COGNOME, chiedendone il rigetto.
Interamente respinta la domanda dal primo giudice, che condannava l’attrice alla rifusione integrale delle spese sostenute dalla convenuta e dalla terza intervenuta, su gravame della
soccombente il giudice d’appello, in parziale accoglimento dello stesso, condannava RAGIONE_SOCIALE a comunicare il nominativo della nuova beneficiaria, provvedendo sulle spese del doppio grado di giudizio nei termini sopra meglio indicati.
Avverso la sentenza della Corte giuliana ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, sulla base -come detto -di due motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92, comma 2, 112 e 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ., in relazione al rapporto processuale tra l’odierna ricorrente e la società RAGIONE_SOCIALE.
Viene lamentato che la Corte territoriale, dichiarato assorbito il quarto motivo d’appello in punto ‘spese’ (e ciò in conseguenza dell’accoglimento del terzo motivo di gravame, con il quale era stata chiesta la riforma della decisione del primo giudice, almeno in relazione alla mancata condanna della convenuta a comunicare il nominativo della nuova beneficiaria della polizza), ha statuito sulle spese dei due gradi di giudizio con compensazione delle stesse per un terzo e con condanna dell’appellante al paga mento dei residui due terzi, ma ciò -si assume -in violazione del principio della soccombenza e con provvedimento privo di motivazione.
Infatti, la sentenza avrebbe errato nello statuire sulle spese, ‘riconnettendo l’esercizio da parte dell’attrice del diritto di «agire anche per ottenere la condanna di RAGIONE_SOCIALE ad un facere (vale a dire dichiarare il nome del nuovo beneficiario)» alla condotta processuale silente della signora NOME COGNOME‘, non avendo la medesima ‘mai dichiarato’ di essere, o meno, ‘ la beneficiaria dell’intera somma e se abbia incassato l’indennizzo’. Obietta, al
riguardo, la ricorrente che essa ‘non avrebbe avuto la necessità di esercitare il diritto di azione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE avanti all’RAGIONE_SOCIALE Mediazione Forense di Pordenone, al Tribunale di Pordenone ed alla Corte d’Appello di Trieste se la RAGIONE_SOCIALE non avesse invocato senza fondamento un’asserita tutela della privacy’.
Si assume, dunque, la sussistenza della violazione del principio secondo cui il giudice può ‘escludere la ripetizione di spese sostenute dalla parte vittoriosa ove le ritenga eccessive o superflue’, ma non ‘anche condannare la stessa parte vittoriosa ad un rimborso di spese sostenute dalla controparte, indipendentemente dalla soccombenza’.
D’altra parte, la condanna, comminatale, ‘al pagamento dei due terzi delle spese di lite a favore di RAGIONE_SOCIALE‘, neppure risulta -evidenzia la ricorrente -essere stata ‘specificamente ed espressamente motivata dall’ipotesi eccezionale prevista dal legislatore di essere state causate all’altra parte attraverso la trasgressione del dovere di lealtà e probità di cui all ‘ art. 88 cod. proc. civ.’.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 91, 92, comma 2, 112 e 132, comma 2, n. 4), cod. proc. civ., in relazione al rapporto processuale tra l’odierna ricorrente e l’interven uta NOME COGNOME.
La ricorrente reitera, al riguardo, le medesime considerazioni già oggetto del primo motivo, aggiuntivamente rilevando di non avere ‘trovato il sostegno della sorella nell’articolata ed estenuante attività di corrispondenza con la RAGIONE_SOCIALE‘, non senza stigmatizzare il contegno processuale di NOME COGNOME. Essa, infatti, dopo aver proceduto immediatamente alla notificazione della sentenza di primo grado
ai fini del decorso del termine breve per l’impugnazione (nonché a porre repentinamente in esecuzione la condanna alle spese disposta in proprio favore dal Tribunale pordenonese, senza neppure dare atto, in appello, del loro avvenuto pagamento), non risulta aver mai ha contestato la circostanza di aver chiesto ed ottenuto da RAGIONE_SOCIALE la liquidazione del premio della polizza assicurativa stipulata dalla madre.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
Ha resistito, altresì, all’avversaria impugnazione NOME COGNOME, proponendo anche ricorso incidentale, sulla base di due motivi.
5.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 4), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 cod. proc. civ., per avere la Corte giuliana pronunciato sulla domanda di condanna di comunicazione di dati pur essendo questa nuova, avendo, rispetto a quella recante lo stesso ‘ petitum ‘ svolta in primo grado, una ‘ causa petendi ‘ del tutto differente . E ciò per la diversità dei fatti costitutivi su cui viene fondata, poiché -in quella di cui all’atto di appello -l’interesse a conoscere i l ‘nominativo del «nuovo» beneficiario della polizza indicato nella comunicazione di data 15/19 febbraio 2016’, e con essa la titolarità del diritto all’ostensione dell’informazione , risultano fondati sulla qualità di erede legittimario e sulla necessità di far valere i conseguenti diritti ereditari sulla quota di legittima. Per contro, nella domanda svolta in primo grado, il diritto all’ostensione di tale dato era stato fondato da NOME COGNOME , esclusivamente, sulla sua nomina a beneficiaria della polizza
assicurativa e sull’invalidità della successiva designazione del ‘nuovo’ beneficiario, ciò che avrebbe comportato il ripristino della designazione originaria, donde la possibilità della tutela giudiziaria dei diritti che ne conseguono.
Secondo la ricorrente incidentale, infatti, il diritto all’ostensione non è un diritto assoluto, e dunque autodeterminato, avente a oggetto l’accesso al dato in quanto tale, vale a dire a prescindere dagli interessi attuali concretamente perseguiti, bensì integra un diritto eterodeterminato, che si qualifica in relazione all’interesse concreto e attuale perseguito, ossia il diritto sostanziale per la cui tutela si chiede la conoscenza del dato. Di conseguenza, avendo NOME COGNOME agito in primo grado correlando il suo interesse a conoscere il dato occultatole alla sola tutela dei propri diritti ereditari, essa non poteva invocare, in appello, la strumentalità di tale interesse rispetto, invece, al futuro esercizio del diritto quale beneficiaria della polizza.
5.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), cod. proc. civ. -violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per non aver posto le spese di lite integralmente a carico di NOME COGNOME, in quanto totalmente soccombente, per le ragioni di cui al motivo che precede , ovvero perché il giudice d’appello avrebbe dovuto respingere ogni domanda dell’attrice .
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Tutte le parti hanno presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
9. Entrambi i ricorsi vanno rigettati.
Il ricorso incidentale va scrutinato con priorità, avendo il suo primo motivo carattere pregiudiziale, contestando NOME COGNOME, attraverso di esso, il merito della decisione della Corte territoriale, e non -come il ricorso principale -la sola statuizione sulle spese di lite, sicché il suo eventuale accoglimento travolgerebbe anche quest’ultima, ai sensi dell’art. 336, comma 1, cod. proc. civ.
10.1. Il primo motivo del ricorso incidentale non è fondato.
10.1.1. Deve, infatti, escludersi la denunciata violazione dell’art. 345 cod. proc. civ.
Invero, l a domanda relativa all’ostensione del nominativo del beneficiario della polizza ha conservato immutato, tra il primo e il secondo grado, non solo l’elemento del ‘ petitum ‘ -l ‘acquisizione di quel dato -ma pure della ‘ causa petendi ‘ , da identificare nell’interesse a conseguire la riscossione della somma, della quale (in veste di beneficiaria della polizza o di erede) NOME COGNOME ha sempre ritenuto aver diritto.
D’altra parte, anche ad ammettere che tale differente ‘qualità’ incida, in qualche misura, sulla ‘ragione del domandare’, dovrebbe egualmente escludersi la violazione del c.d. divieto di ‘ nova ‘ in appello.
Questa Corte, infatti, proponendo -sulla scorta di quanto già affermato, nella sua massima sede nomofilattica, in merito
all’esatta portata dell’art. 183, comma 5, cod. proc. civ. (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) -un’interpretazione ‘sistematica’ dell’art. 345 cod. proc. civ., che la correli a tale norma, ha notevolmente circoscritto l’operatività del divieto di domande nuove in appello.
Muovendo, infatti, dalla premessa secondo cui -in base a quanto affermato dal Supremo Collegio (il riferimento è a Cass. Sez. Un., sent. 15 giugno 2015, n. 12310, Rv. 635536-01) -‘p ossono ritenersi inammissibili ‘, ai sensi del previgente testo dell’art. 183, comma 5, cod. proc. civ. , ‘ solo domande le cui qualità di novità corrispondono a quei tratti di novità che sono propri delle domande ammesse in appello esplicitamente dall’art. 345, comma 1, seconda parte, cod. proc. civ. («Possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata, nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa») in deroga alla regola della inammissibilità, la quale è assunta implicitamente (ma univocamente) in termini molto ristretti ‘, questa Corte ha osservato che, fuori ‘ dai tratti che accomunano le domande eccezionalmente ammissibili in appello (nonostante il loro carattere di novità), la legge vuole il contrario: cioè l’ammissibilità’ (così, in motivazione, Cass. S ez. 2, ord. 23 ottobre 2023, n. 29324, Rv. 669201-01).
In altri termini, si è evidenziato che il ‘ principale tratto comune alle domande nuove ammesse ex art. 345, comma 1, seconda parte, cod. proc. civ. è che con esse si richiedono utilità maturate dopo la sentenza di primo grado, le quali sono consequenziali al bene avuto di mira con la domanda introduttiva; sono domande che si aggiungono senza potersi sostituire a quest’ultima, proiettandosi sul tratto ulteriore della stessa linea tracciata dalla domanda di prime cure ‘, ragion per cui ‘ possono (implicitamente) ritenersi inammissibili solo le (altre) domande
che (al pari di quelle eccezionalmente ed esplicitamente ammesse) si aggiungono alla domanda principale ‘ , mentre non possono essere considerate nuove (e quindi sono ammissibili) le domande ‘ diverse che però non si aggiungono a quelle iniziali ma le sostituiscono e si pongono pertanto, rispetto a queste, in un rapporto di alternatività ‘ (così, in motivazione, Cass. Sez. 2, ord. 29324 del 2023, cit ., che rimanda testualmente a pag. 19 di Cass. Sez. Un. sent. n. 12310 del 2015, cit .). Orbene, fondamento comune a questa interpretazione, che reputa non precluse, in primo grado come anche in appello, le domande nuove’ purché ‘sostitutive’ rispetto alle originarie , va ravvisato ‘nell’esigenza di «massimizzare la portata dell ‘intervento giurisdizionale […] così da risolvere in maniera tendenzialmente definitiva i problemi che hanno portato le parti dinanzi al giudice, evitando che esse tornino nuova mente in causa in relazione alla medesima vicenda sostanziale» ‘ (così, conclusivamente, Cass. Sez. 2, ord. 29324 del 2023, cit ., che rinvia a pag. 21 di Cass. Sez. Un. sent. n. 12310 del 2015, cit .).
Ciò premesso, quindi, anche ad ammettere che, nella specie, si sia assistito -quanto alla domanda di ostensione del nominativo del nuovo beneficiario della polizza vita -ad un parziale mutamento della ‘ causa petendi ‘, tra primo e secondo grado di giudizio , la domanda (ipoteticamente) ‘nuova’ si sarebbe sostituita, e non aggiunta, a quella originaria, donde la sua piena ammissibilità, sulla scorta dei principi appena illustrati che escludono la violazione del divieto di ‘ nova ‘, ex art. 345 cod. proc. civ.
10.2. Il secondo motivo del ricorso incidentale è, invece, inammissibile.
10.2.1. Esso, infatti, non deduce alcun autonomo e specifico vizio di legittimità in relazione alla statuizione sulle spese di lite, prospettando la caducazione della stessa alla stregua di ‘ res sperata ‘, quale conseguenza all’accoglimento della proposta impugnazione, presentandosi, così, alla stregua di un ‘non motivo’ (Cass. Sez. 3, sent. 31 agosto 2015, 17330, Rv. 636872 -01; Cass. Sez. 1, ord. 24 settembre 2018, n. 22478, Rv. 65091901).
11. Entrambi i motivi del ricorso principale non sono fondati.
11.1. La Corte giuliana ha ravvisato, tra (tutte) le parti del giudizio una ‘parziale reciproca soccombenza’, su tali basi motivando una (altrettanto) parziale compensazione delle spese dei due gradi di giudizio di merito.
Si tratta di decisione del tutto legittima -come sottolineano sia la controricorrente che la ricorrente incidentale -alla stregua di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte. Esse, infatti, hanno chiarito, ponendo fine ad un contrasto di giur isprudenza, che mentre ‘l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza’, tale evenienza è, invece, ‘configurabile in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti, ovvero nell’ipotesi’ che è quella qui sussistente, visto che NOME COGNOME ha visto accogliere il solo capo di domanda che mirava a rendere ostensibile il nominativo del nuovo beneficiario della polizza conclusa dalla madre -‘di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi’ (così Cass. Sez. Un., sent. 31 ottobre 2022, n. 32061, Rv. 666063-01).
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, dovendo disporsi la loro integrale compensazione, quanto al rapporto processuale tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, e ciò in ragione della loro reciproca soccombenza, condannando, invece, NOME COGNOME a rifonderle alla società RAGIONE_SOCIALE
A carico della ricorrente principale e di quella incidentale, stante il rigetto dei rispettivi ricorsi , sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale, compensando integralmente le spese del presente giudizio di legittimità, quanto al rapporto processuale tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, condannando, invece, NOME COGNOME a rifondere, alla società RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 6. 3 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della