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Divieto di espulsione padre convivente: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16079/2025, ha stabilito un principio fondamentale a tutela del nucleo familiare. La Corte ha chiarito che il divieto temporaneo di espulsione, previsto per la madre nei sei mesi successivi al parto, si estende anche al padre convivente, pur se non sposato. Il caso riguardava un cittadino straniero, padre di un neonato, il cui ricorso era stato inizialmente respinto a causa di un errore sulla data di nascita del figlio. La Cassazione ha cassato la decisione, affermando che il giudice deve valutare l’effettività e la stabilità del legame familiare, superando il formalismo del vincolo matrimoniale per proteggere l’interesse superiore del minore. La sentenza ribadisce l’importanza del divieto di espulsione del padre convivente per garantire l’unità familiare nella sua fase formativa.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

Divieto di espulsione del padre convivente: La Cassazione tutela la famiglia di fatto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 16079/2025) ha segnato un punto di svolta nella tutela dei nuclei familiari di fatto, estendendo il divieto di espulsione del padre convivente anche in assenza di un vincolo matrimoniale. Questa decisione, fondata sulla protezione dell’interesse superiore del minore e sull’effettività dei legami familiari, chiarisce che la tutela prevista per la madre nei primi sei mesi di vita del figlio si applica anche al padre, a condizione che esista una convivenza stabile e seria. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal ricorso di un cittadino straniero, padre di un bambino nato in Italia nel dicembre 2022, contro un decreto di espulsione notificatogli nel febbraio 2023. L’uomo sosteneva di avere diritto a rimanere sul territorio nazionale in applicazione dell’art. 19, comma 2, lett. d) del D.Lgs. 286/1998. Questa norma vieta l’espulsione delle donne in stato di gravidanza e nei sei mesi successivi al parto, una tutela che la Corte Costituzionale, con la storica sentenza n. 376 del 2000, aveva esteso anche al marito convivente.

Il Giudice di Pace, in prima istanza, aveva rigettato il ricorso per due motivi. In primo luogo, a causa di un palese errore di fatto, aveva ritenuto che il bambino fosse nato a giugno 2022, e che quindi il periodo di tutela di sei mesi fosse già scaduto. In secondo luogo, aveva dato peso alla mancata produzione di un certificato di stato di famiglia, ritenendo non provata la convivenza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del padre, cassando la sentenza del Giudice di Pace e rinviando la causa a un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno innanzitutto censurato il ‘travisamento della prova’ commesso dal primo giudice riguardo alla data di nascita del bambino, un errore che si è rivelato decisivo. Il punto centrale della decisione, tuttavia, risiede nell’interpretazione evolutiva della norma sul divieto di espulsione.

La Corte ha affermato che la tutela prevista non può essere limitata ai soli genitori uniti in matrimonio. Al contrario, essa deve essere estesa anche al padre convivente more uxorio, in linea con un’interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata (con riferimento all’art. 8 della CEDU sulla protezione della vita familiare).

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si articolano su più livelli. Il fondamento della decisione risiede nella ratio della norma stessa: proteggere il nucleo familiare in un momento cruciale e delicato come quello immediatamente successivo alla nascita di un figlio. L’obiettivo è garantire al minore la presenza e il supporto di entrambe le figure genitoriali.

La Corte ha sottolineato come discriminare tra figli nati all’interno o al di fuori del matrimonio sia contrario ai principi costituzionali (art. 30 Cost.) e alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Il rapporto di filiazione e il diritto-dovere dei genitori di prendersi cura della prole non dipendono dal vincolo coniugale. Pertanto, negare la tutela al padre non sposato significherebbe penalizzare ingiustamente il minore.

Inoltre, la Cassazione ha evidenziato come l’ordinamento giuridico si sia evoluto, riconoscendo sempre maggiore rilevanza ai ‘legami familiari’ effettivi, anche al di fuori del matrimonio. Il giudice non deve quindi fermarsi a una verifica formale (come la presenza di un certificato di matrimonio), ma è tenuto ad accertare in fatto la natura, la stabilità e l’effettività della convivenza e del legame familiare dedotto.

Le Conclusioni

L’ordinanza stabilisce un principio di diritto chiaro e di grande impatto pratico: il divieto di espulsione del padre convivente si applica anche se non è sposato con la madre del neonato, a patto che sussistano i requisiti di stabilità e serietà della convivenza. Questa pronuncia rafforza la tutela delle famiglie di fatto e riafferma la centralità dell’interesse del minore nelle procedure di allontanamento dello straniero. Per i giudici, ciò si traduce nel dovere di condurre un’indagine approfondita sulla realtà dei legami familiari, andando oltre i meri formalismi documentali. Per le famiglie, rappresenta un importante riconoscimento del valore della convivenza come fondamento della vita familiare.

Il divieto di espulsione per la madre di un neonato si applica anche al padre non sposato?
Sì, secondo l’ordinanza della Corte di Cassazione, il divieto temporaneo di espulsione previsto per la madre nei sei mesi successivi al parto si estende anche al padre convivente, pur se non sposato, a condizione che abbia riconosciuto il figlio e che la convivenza sia stabile e seria.

Cosa deve verificare il giudice per accertare il diritto al divieto di espulsione del padre convivente?
Il giudice non deve limitarsi a richiedere un certificato di matrimonio, ma deve accertare in fatto la natura e l’effettività dei vincoli familiari. Deve quindi verificare le allegazioni del ricorrente riguardo alla sussistenza e alla stabilità della convivenza con la madre del neonato e con il nucleo familiare.

Qual è stato l’errore decisivo del Giudice di Pace nel caso specifico?
Il Giudice di Pace ha commesso un duplice errore. Il primo, un ‘travisamento della prova’, è stato ritenere erroneamente che il bambino fosse nato a giugno 2022 invece che a dicembre 2022, calcolando quindi in modo sbagliato il periodo di tutela di sei mesi. Il secondo è stato non interpretare la norma in modo estensivo per includere il padre convivente non sposato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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