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Divieto casa vacanza: il regolamento può prevalere?

Una sentenza della Corte di Appello di Roma ha confermato il divieto di destinare un appartamento a casa vacanza, in base a un regolamento condominiale del 1975. La Corte ha stabilito che la clausola che vietava attività di ‘albergo e locanda’ deve essere interpretata estensivamente, includendo anche le moderne forme di ospitalità extra-alberghiera. Secondo i giudici, l’intento originario del regolamento era quello di precludere qualsiasi attività che comportasse l’alloggio temporaneo a terzi dietro corrispettivo, in quanto potenziale fonte di disturbo. La decisione sottolinea come i regolamenti di natura contrattuale, se correttamente trascritti, siano pienamente vincolanti per tutti i condomini, anche per i successivi acquirenti.

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Pubblicato il 12 luglio 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Divieto Casa Vacanza: Quando il Regolamento Condominiale Vince

L’apertura di una casa vacanza o di un B&B è un’opzione sempre più diffusa per mettere a reddito un immobile. Tuttavia, è fondamentale prestare attenzione ai vincoli imposti dal proprio condominio. Una recente sentenza della Corte di Appello di Roma ha chiarito un punto cruciale: il divieto casa vacanza può essere valido anche se il regolamento è datato e non menziona esplicitamente questa attività. Vediamo insieme come i giudici sono arrivati a questa conclusione e quali sono le implicazioni pratiche per i proprietari di immobili.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla decisione di una società, condomina di un palazzo, di citare in giudizio la proprietaria di un appartamento vicino. L’accusa era di aver adibito il proprio immobile ad attività di locazione turistica, violando una specifica clausola del regolamento condominiale. Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla società, condannando la proprietaria a cessare l’attività e a pagare una penale per ogni giorno di ritardo.

La proprietaria ha impugnato la sentenza, presentando appello e sostenendo principalmente due argomenti:
1. La materia del contendere era cessata, poiché nel frattempo il contratto di locazione con l’inquilino che gestiva la casa vacanze era stato risolto.
2. Il regolamento, risalente al 1975, vietava l’uso degli appartamenti come ‘albergo’ e ‘locanda’, termini che, a suo dire, non potevano essere equiparati alla moderna attività di ‘casa vacanza’.

L’Importanza del Regolamento Condominiale e il Divieto Casa Vacanza

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione di un regolamento condominiale di natura ‘contrattuale’. Questo tipo di regolamento, a differenza di quello ‘assembleare’, viene accettato da tutti i condomini al momento dell’acquisto dell’immobile e può imporre limiti significativi all’uso delle proprietà private. In questo caso, il regolamento era stato redatto nel 1975 e regolarmente trascritto nei registri immobiliari, rendendolo così vincolante per tutti i successivi acquirenti, inclusa l’appellante.

La Corte d’Appello è stata chiamata a decidere se un divieto concepito quasi cinquant’anni fa potesse essere applicato a una forma di ospitalità che all’epoca non esisteva.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Appello ha respinto integralmente l’appello, confermando la sentenza di primo grado. Le motivazioni dei giudici sono state chiare e si basano su un’interpretazione logica e finalistica del regolamento.

Innanzitutto, la Corte ha specificato che la cessazione del contratto di locazione non faceva venir meno l’interesse ad agire. L’interesse a ottenere un accertamento giudiziale sulla legittimità dell’uso dell’immobile come casa vacanza persisteva, per evitare future violazioni.

Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione della clausola di divieto. I giudici hanno affermato che, sebbene il termine ‘casa vacanza’ non fosse presente nel testo del 1975, l’intenzione dei redattori era chiaramente quella di vietare tutte le attività che implicassero un alloggio temporaneo a terzi dietro corrispettivo. Le diciture ‘albergo e locande’ erano le espressioni comunemente usate all’epoca per indicare questo tipo di servizio. Secondo la Corte, l’attività di casa vacanza, pur con le sue specificità normative, rientra a pieno titolo in questa categoria concettuale, poiché condivide la stessa finalità di offrire dimora a persone estranee al condominio, con un conseguente aumento del viavai e del potenziale disturbo. A rafforzare questa interpretazione, il regolamento vietava anche qualsiasi attività ‘contraria alla stabilità e alla normalità’ e che recasse ‘eccessivo disturbo agli altri condomini’. L’attività di casa vacanza, per sua natura, implica un utilizzo non ordinario dell’appartamento, incompatibile con la tranquillità condominiale che il regolamento intendeva tutelare.

Conclusioni

Questa sentenza offre un insegnamento fondamentale: i divieti contenuti in un regolamento condominiale di natura contrattuale devono essere letti non solo alla lettera, ma anche secondo la loro ‘ratio’, ovvero lo scopo per cui sono stati scritti. Un divieto di ‘albergo’ o ‘locanda’, seppur datato, può essere interpretato estensivamente fino a comprendere le moderne forme di ospitalità come B&B e case vacanza. Prima di avviare un’attività ricettiva in un condominio, è quindi imperativo analizzare con attenzione il regolamento, specialmente se di natura contrattuale, per evitare di incorrere in costose controversie legali e condanne alla cessazione dell’attività.

Un divieto di ‘albergo e locanda’ in un vecchio regolamento condominiale si applica anche a una moderna ‘casa vacanza’?
Sì. Secondo la Corte d’Appello, un tale divieto deve essere interpretato in modo estensivo. L’intento originale era quello di vietare ogni attività di alloggio temporaneo a terzi dietro corrispettivo, che possa generare disturbo. L’attività di casa vacanza rientra in questa categoria, anche se il termine specifico non era usato all’epoca della stesura del regolamento.

Cosa rende un regolamento condominiale vincolante per i futuri acquirenti?
Un regolamento condominiale è vincolante per tutti i successivi acquirenti se ha ‘natura contrattuale’ (cioè è stato accettato da tutti i condomini o predisposto dall’unico originario costruttore) e se è stato regolarmente trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari. La trascrizione gli conferisce pubblicità e lo rende opponibile a terzi.

La cessazione dell’attività di casa vacanza durante la causa fa terminare il processo?
No. La Corte ha stabilito che, anche se l’attività illecita cessa, permane l’interesse della parte attrice a ottenere una sentenza che accerti l’illegittimità di quella condotta. Questo serve a prevenire che la stessa violazione possa ripetersi in futuro e a decidere correttamente sulla ripartizione delle spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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