Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27668 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27668 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20380/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME;
– controricorrente e ricorrente incidentale nonché nei confronti di
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
– controricorrente sul ricorso incidentale –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 818/2021, depositata il 16/04/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/09/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 1171 cod. civ. NOME COGNOME chiedeva al Tribunale di Grosseto -Sez. dist. di Orbetello, che venisse applicata la disciplina in materia di distanze al fine di sospendere la indebita costruzione, a cura del convenuto NOME COGNOME, di un terrazzo calpestabile con affaccio sulla proprietà attrice, e di rimuovere una porta finestra nella camera da letto e una finestrella nel bagno.
Esponeva l’attore che il convenuto, proprietario dell’abitazione posta in adiacenza a quella di sua propriet à , aveva iniziato la demolizione del tetto inclinato e non praticabile a copertura di un volume sporgente rispetto al corpo del fabbricato, realizzandovi una copertura piana, costituente un terrazzo calpestabile con affaccio sulla propriet à attrice, ove veniva anche aperta una porta finestra sulla parete del proprio appartamento per creare un accesso sul lastrico, prima inesistente, dalla camera, nonch é́ un’ulteriore piccola finestra in corrispondenza del bagno.
Adducendo la violazione delle distanze, parte attrice chiedeva che il giudice ordinasse l’immediata sospensione dei lavori.
Respinto il ricorso, nel giudizio di merito parte attrice chiedeva accertarsi l’ illegittimit à̀ delle nuove opere per violazione delle norme sulle distanze tra le costruzioni e ottenere il ripristino dello stato dei luoghi o, comunque, chiedeva che venissero adottate le opportune cautele per evitare il concretizzarsi delle violazioni dedotte, nonch é́ il risarcimento del danno, da liquidarsi in misura pari almeno a €. 10.000,00 oltre interessi e rivalutazione.
Il Tribunale di Grosseto rigettava la domanda attorea.
La sentenza veniva impugnata da NOME COGNOME (succeduta in giudizio al padre NOME COGNOME) innanzi alla Corte d ‘ appello di Firenze, che accoglieva parzialmente il gravame, ordinando a NOME di non apporre ringhiere sulla terrazza e di rimuovere quelle apposte. Condannava, altresì, il convenuto al risarcimento del danno in favore di NOME COGNOME, liquidato in complessivi €. 5000,00.
A sostegno della sua decisione, osservava la Corte, per quanto ancora qui di interesse:
le due abitazioni sono prospicienti la pubblica via: pertanto, non è applicabile il regime legale delle distanze delle costruzioni dalle vedute prescritto dall’art. 907 cod. civ.;
sussiste, invece, la violazione dell’art. 906 cod. civ., atteso che la trasformazione dell’originaria copertura inclinata e non calpestabile in una superficie piana e calpestabile (terrazzo) e, soprattutto, l’apposizione di una ringhiera con funzione di parapetto, quale più vicino sporto, hanno reso possibile la veduta laterale tra il terrazzo realizzato e la finestra del bagno di proprietà COGNOME, rispetto alla quale la veduta obliqua è certamente inferiore ai 75 cm prescritti dalla norma;
rispetto a tale violazione neanche può essere invocato l’esonero dall’obbligo delle distanze per l’apertura di vedute tra fondi separati da una via pubblica, di cui all’art. 905, comma 3, cod. proc. civ. che non opera nel caso di veduta laterali ed oblique aperte sul fondo del vicino;
-la violazione si ravvisa solo nel parapetto e, quindi, nell’apposizione della ringhiera che consente di affacciarsi sul fondo del vicino, per cui la Corte ritiene di dover circoscrivere la condanna nel senso di ordinare al convenuto di non apporre ringhiere sul
lastrico e di rimuovere quelle apposte, potendosi lasciare inalterato il resto senza ulteriori interventi.
Avverso la suddetta sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.
NOME COGNOME resiste con controricorso, illustrato da memoria, e con ricorso incidentale affidato a due motivi, contrastato da NOME COGNOME con controricorso.
A seguito della proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato dal Presidente di Sezione, il ricorrente principale ha chiesto la decisione ex art. 380bis , comma 2, cod. proc. civ.
È opportuno precisare che, alla luce della decisione di questa Corte resa a Sezioni Unite (Cass. Sez. U., n. 9611 del 10.04.2024), e per le ragioni ivi chiarite, la partecipazione – quale componente del Collegio che definisce il giudizio -del Consigliere Delegato proponente, ex art. 380bis cod. proc. civ., non rileva quale ragione di incompatibilità, ai sensi dell’art. 51, comma 1, n. 4 e dell’art. 52 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. RICORSO PRINCIPALE
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce violazione e/o falsa applicazione di norma di legge, ex art. 906 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Parte ricorrente lamenta la errata lettura dell’art. 906 cod. civ. da parte della Corte di merito: a fronte del chiaro disposto della norma, la decisione della Corte territoriale inibisce al ricorrente l’esercizio del suo diritto dominicale.
Con il secondo motivo si chiede la declaratoria di nullità parziale della decisione per sostanziale mancanza e/o illogicità della motivazione e contraddittorietà intrinseca tra parte motiva e
dispositivo, ex art. 111, comma 6, Cost., art. 24 Cost., art. 132 cod. proc. civ., art. 118 disp. att. cod. proc. civ. Il ricorrente lamenta la illogicità e la contraddittorietà della motivazione rispetto al dispositivo in quanto non si limita, come avrebbe dovuto correttamente fare, ad ordinare al COGNOME la rimozione della ringhiera precedentemente apposta a meno di 75 cm dal fondo del vicino e a inibirgli il posizionamento di altra ringhiera o parapetto o balaustra ad una distanza comunque inferiore a quella prescritta dal codice civile, ma si spinge a vietare all’odierno ricorrente l’apposizione di qualsiasi ringhiera sul proprio terrazzo, anche nell’ipotesi della piena osservanza delle distanze legali ai sensi dell’art. 906 cod. civ. Sul punto il ricorrente lamenta altresì l’inosservanza dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto complementari, e sono fondati.
Deve, innanzitutto, ribadirsi che il diritto di veduta ha natura giuridica e contenuto precettivo di diritto reale assoluto. Pertanto, ove esso venga violato l’unico modo possibile di ripristinare la situazione legale è quello della rimessione nel pristino stato (Sez. 2, Ordinanza n. 8283 del 27/03/2024, Rv. 670674 -01; Sez. 2, n. 11271, 2/11/1990, Rv. 469868).
3.1. Tanto ricordato, nel caso che ci occupa la «rimessione in pristino» non sta a significare la demolizione del lastrico solare e, persino, la ricostruzione dell’originario tetto inclinato: tanto perché, come chiarito dalla stessa Corte territoriale, si deve escludere nel caso di specie l’applicazione del regime legale delle distanze delle costruzioni dalle vedute, prescritto dall’art. 907 cod. civ., ricorrendo l’ipotesi di cui all’art. 879, comma 2, cod. civ., di abitazioni prospicenti la pubblica via.
Neanche, però, la rimessione in pristino può significare il divieto per il ricorrente di non apporre ringhiere sul lastrico, come invece sostenuto in sentenza sia in motivazione (p. 6, 3° capoverso), sia in dispositivo. Né le affermazioni della Corte d’ appello possono essere considerate quale risultante di una valutazione dello stato dei luoghi, che non avrebbe consentito l’apposizione di alcuna ringhiera nel rispetto dei 75 cm dalla finestra, come sostenuto nel controricorso (pp. 5-6), atteso che nulla in sentenza si dice a tal proposito: la Corte territoriale, infatti, si è limitata ad accertare la distanza «certamente» inferiore ai 75 cm tra lo spigolo interno del terrazzo e la finestra nella proprietà COGNOME.
L’i nterpretazione sottesa nella sentenza impugnata è, invero, irrispettosa della lettera della legge, che non esclude in assoluto l’apertura di vedute laterali o oblique, né l’apposizione di una ringhiera con funzione di parapetto («sporto»), ma consente tali aperture alla distanza di 75 cm, da misurarsi «dal più vicino lato della finestra o dal più vicino sporto».
3.2. In sintesi: la rimessione in pristino nel caso concreto deve senz’altro tradursi nella rimozione delle ringhiere apposte in violazione del rispetto della distanza di cui all’art. 906 cod. civ., ma non può spingersi fino al divieto di apposizione di un qualsiasi «sporto», se non alla distanza di questo dalla finestra del vicino consentita dalla legge, ove lo stato dei luoghi lo consenta.
La sentenza, pertanto, merita di essere cassata in parte qua , affinché il giudice del merito accerti la possibilità del rispetto delle distanze oblique nello stato dei luoghi ai fini del rispristino del parapetto.
II. RICORSO INCIDENTALE
Con il primo motivo del ricorso incidentale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 879, comma 2, cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 ) cod. proc. civ. Secondo la ricorrente incidentale, la Corte d’a ppello avrebbe fatto errata ricognizione del principio di diritto secondo cui l’art. 907 cod. civ. non deve trovare applicazione non solo quando la strada o la piazza pubblica si frappongono tra gli edifici interessati, ma anche nel caso in cui le stesse delimitino ad angolo retto, da un lato, il fondo dal quale si gode la vedut a e, dall’altro, il fondo sul quale si esegue la costruzione. La Corte, infatti, non ha precisato che per l’esclusione dal rispetto della disciplina sulle distanze il suolo sottostante deve risultare adibito effettivamente a strada o piazza pubblica.
Con il secondo motivo si deduce omesso esame del fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti: la destinazione dell’area sottostante la veduta diretta e l’affaccio realizzato da NOME COGNOME, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 5) cod. proc. civ. La ricorrente incidentale si duole del fatto che la Corte non ha verificato l’effettiva destinazione dell’area sottostante che nel caso di specie, secondo quanto attestato dalla certificazione del Comune di Manciano, non risulta destinata né utilizzata come piazza o via pubblica: infatti, l’affaccio del lastrico solare di cui si discute involge la sola proprietà COGNOME.
6 . Il Collegio rileva l’omessa richiesta di decisione, ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., da parte di NOME COGNOME, ricorrente incidentale, in risposta alla proposta di definizione accelerata: si tratta di un’inerzia assoluta, che integra la rinuncia tacita giustificativa della definizione del ricorso con provvedimento di estinzione, con possibilità di liquidare le spese. «In tema di procedimento per la decisione accelerata ai sensi dell’art. 380bis cod. proc. civ., ove la
proposta di decisione riguardi sia il ricorso principale che quello incidentale non condizionato e l’istanza di decisione sia depositata da una sola delle parti, l’impugnazione non coltivata va considerata rinunciata e va decisa solo quella coltivata, cosicché se tale decisione sia conforme alla proposta, la condanna in favore della cassa ammende ex art. 96, comma 4, cod. proc. civ. ed il raddoppio del contributo unificato, dipendente dalla pronuncia di improcedibilità, inammissibilità o rigetto del ricorso, si applicano nei soli confronti della parte richiedente la decisione, mentre le spese del giudizio di legittimità vanno regolate in base al suo esito complessivo, considerando non soltanto la decisione del ricorso coltivato, ma anche la sostanziale soccombenza dell’altra parte, che pur avendo inizialmente proposto impugnazione, abbia scelto di non coltivarla facendo acquiescenza alla proposta di definizione anticipata» (Sez. 2 – , Ordinanza n. 10164 del 16/04/2024, Rv. 670739 – 01).
6.1. Il Collegio dichiara, pertanto, l’estinzione del ricorso incidentale per rinuncia tacita della ricorrente.
In accoglimento del ricorso principale, la Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio alla medesima Corte d’ appello in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Dichiara estinto il ricorso incidentale.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso principale e dichiara estinto il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto, e rinvia il giudizio alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 16 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME