Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21828 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21828 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 26410 – 2021 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO dal quale è rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO , giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 499/2021 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, pubblicata il 1/4/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/12/2023 dal consigliere COGNOME;
lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 703 cod. proc. civ. del 12 aprile 2013, NOME COGNOME, quale proprietario e possessore di un magazzino sito in Cefalù nella INDIRIZZO convenne davanti al Tribunale di Termini Imerese, sez. di Cefalù, la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE lamentando che quest’ultima lo avesse privato del passaggio sulla scogliera del mare antistante il localemagazzino di sua proprietà e disturbato nel godimento dello stesso locale, perché aveva realizzato, sulla scogliera, una terrazza a servizio del ristorante gestito nel locale finitimo, al INDIRIZZO.
La società convenuta, costituitasi nel giudizio possessorio, replicò che l’opera, realizzata per regolare concessione demaniale, era da ritenersi precaria e, per le sue caratteristiche, inidonea a turbare il possesso del ricorrente.
Con ordinanza del 29.1.2014 il Tribunale di Termini Imerese, rigettò, perché infondata, la richiesta di reintegrazione nel possesso della servitù di passaggio attraverso la scogliera, ma ordinò l’ arretramento della struttura collocata dalla società RAGIONE_SOCIALE sulla scogliera a tre metri dal fabbricato in proprietà di NOME COGNOME, per violazione delle distanze legali.
Con sentenza n. 699/2017, lo stesso Tribunale confermò le statuizioni dell’ordinanza interdittale, condannando il COGNOME alle spese di lite; in particolare, ritenne che la costruzione avesse le caratteristiche dell’opera precaria e temporanea e, perciò, fosse
consentita dal Piano particolareggiato del centro storico di Cefalù, approvato il 18.2.1982, in particolare dalla Tav. B4/4 recante «Caratteristiche degli interventi e dell’uso dell’isolato urbanistico A/4», considerando pure che «l’edificabilità delle strutture come quelle in esame» fosse espressamente consentita dall’art. 1 della legge regionale Sicilia 29.11.2005 n. 15, secondo cui nei beni demaniali marittimi si possono effettuare costruzioni per l’esercizio della ristorazione.
Con sentenza n. 499/2021, la Corte di appello di Palermo rigettò l’impugnazione del COGNOME, osservando che i limiti di distanza tra fabbricati come prescritti dal d.m. 1444/1968 non operassero nella fattispecie perché previsti soltanto per la zona urbanistica C, laddove le opere in questione ricadevano nella zona A 4 del Comune di Cefalù.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi, a cui la società RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., il ricorrente ha denunciato la violazione degli artt. 112 e 345 cod. proc. civ., per non avere la Corte d’appello esaminato il primo motivo di appello, con cui, con un primo profilo, era stata censurata la qualificazione della costruzione realizzata dalla società come opera precaria, in mancanza di una adeguata valutazione delle caratteristiche strutturali e, con un secondo profilo, era stata lamentata l’omessa applicazione della disposizione contenuta al primo comma del l’art. 9 del D.M. n. 1444, secondo cui nella zona A le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i
volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale ; in tal senso, l’ordine di arretramento a tre metri di distanza dal confine del fabbricato di sua proprietà non sarebbe stato comunque conforme a diritto.
1.1. Il motivo è fondato.
Innanzitutto, va richiamato il principio di diritto secondo cui il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al n. 4 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (cfr. Sez. U, Sentenza n. 17931 del 24/07/2013). Nel caso in esame, il chiaro riferimento al parametro dell’art. 360 n. 4 cpc rende evidente il richiamo alla nullità della sentenza e quindi la censura di omesso esame di un motivo di appello può ritenersi ammissibile.
Fatta questa necessaria premessa, osserva il Collegio che effettivamente la Corte d’appello non ha compiutamente scrutinato il
primo motivo di appello proposto dal COGNOME: l’appellante , infatti, come risulta già dalla compiuta formulazione del motivo del presente ricorso, aveva, con il primo motivo di impugnazione, dedotto sia la errata valutazione degli elementi strutturali della costruzione realizzata dalla società sulla scogliera, chiedendo fosse riesaminata la natura di opera precaria come ritenuta dal primo Giudice, sia invocato l’operatività del comma 1 n. 1 dell’art. 9 del d.m. 1444/68 (sulla disciplina degli interventi edilizi su edifici ricadenti in zona A).
Ebbene, l a Corte d’appello , si pronunciata sulla non applicabilità alla fattispecie del secondo e del terzo comma dello stesso articolo, ma non ha risposto all’altra censura, sulla valutazione delle caratteristiche strutturali della costruzione e non ha valutato l’ operatività del primo comma n. 1 dell’art. 9 invocato, pur avendo dato atto del l’ubicazione degli immobili in zona A 4 del Comune di Cefalù. E conseguentemente non ha considerato la giurisprudenza di riferimento che pure l’appellante aveva richiam ato.
L ‘error in procedendo è palese e comporta, pertanto, la cassazione della sentenza impugnata, in relazione al primo motivo di ricorso.
2 . Dall’accoglimento del primo motivo, deriva, in logica conseguenza, l’assorbimento del secondo motivo, articolato in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui il ricorrente ha prospettato la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ., per essere stata resa una motivazione apparente sulla non applicabilità del n. 1 del primo comma dell’art. 9 del d.m. 1444/68 e del terzo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui è stata, invece, prospettata la violazione dell’art. 3 DPR n. 280/2001, dell’art. 9 comma 1 n. 1 D.M. n. 1444/1968 e l’erronea applicazione dell’art. 873 cod. civ., per non avere la Corte d’appello tenuto in conto che i fabbricati
interessati e le opere controverse, insistendo nel centro storico e precisamente, secondo il piano particolareggiato, nell’isolato A4 fronte a mare erano assoggettate alla norma di cui al n. 1 dell’art. 9 comma 1 n. 1.
Il giudice di rinvio, che si individua nella Corte d’appello di Palermo in diversa composizione, rimedierà alla lacuna e regolerà anche le spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda